Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 33672 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 33672 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12260/2020 R.G. proposto da: COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso da se stesso e dall’avv. NOME COGNOME presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente-
contro
COMMISSIONE NAZIONALE PER LE SOCIETÀ E LA BORSA, in persona delle legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME, anche disgiuntamente, elettivamente domiciliata presso di loro in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Torino n. 1559/2019, depositata il 24 settembre 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25 giugno 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. -Con ricorso ritualmente notificato, NOME COGNOME ha sottoposto a critica la delibera n. 20280 del 24 gennaio 2018 notificatigli il 26 marzo 2018, e gli atti in essa richiamati e/o presupposti, con cui la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (Consob) ha applicato nei suoi confronti, per la rivestita qualità di presidente del collegio sindacale di BIM, dal l’ 11 settembre 2013 al 4 aprile 2016, la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 44.500,00 per l’accertamento delle seguenti violazioni: A) dell’art. 21, comma 1, lett. d), del T.U.F. e degli artt. 15 e 29 del Regolamento Congiunto, nonché dell’art. 21, comma 1, lett. a), del T.U.F. e degli artt. 39 e 40, 41 e 42 del Regolamento Intermediari in relazione al servizio di consulenza e alla valutazione di adeguatezza/appropriatezza (periodo di riferimento: 23 gennaio 2012 – 31 dicembre 2015); B) dell’art. 21, comma 1, lett. d), del T.U.F. e degli artt. 15 e 29 del Regolamento Congiunto, nonché dell’art. 21, comma 1, lett. a), del T.U.F. e degli artt. 48, commi 1, 2, 5, 6 e 49, commi 1 e 3, del Regolamento Intermediari in relazione alla gestione degli ordini di vendita delle azioni Veneto Banca (periodo di riferimento: 1 dicembre 2012 – 28 aprile 2015); C) dell’art. 21, comma 1, lett. a), del T.U.F. in relazione alle modalità di relazione con la clientela (periodo di riferimento: 23 gennaio 2012 – 13 novembre 2015). Il ricorrente ha concluso per la declaratoria di nullità o l’annullamento o, comunque, per la disapplicazione o la riforma del provvedimento sanzionatorio e degli atti presupposti o, in subordine, per la rideterminazione della sanzione irrogata. All’esito dell’attività ispettiva svolta nei confronti della BIM nel periodo 6 luglio 2015 25 luglio 2016 e, quindi, dell’istruttoria condotta dall’ufficio interno a ciò deputato, seguita, alla conclusione della fase decisoria, dalla pronuncia della delibera sanzionatoria
impugnata, la Consob aveva ritenuto accertata l’ascrivibilità a NOME COGNOME in qualità di Presidente del Collegio sindacale di BIM (nonché di NOME COGNOME e NOME COGNOME componenti dello stesso Collegio, dei sindaci precedentemente in carica, degli amministratori, dei dirigenti generali e di altri componenti degli organi interni della società succedutisi in BIM nei periodi indicati) delle violazioni, descritte nella lettera di Contestazione della Divisione Intermediari del 19 gennaio 2017 e così sintetizzabili:
Quanto alla violazione n. 1 (‘ A ‘), la Consob aveva accertato la inidoneità dell ‘ apparato procedurale ed operativo della Banca a garantire l’effettiva cura dell ‘ interesse del cliente nella prestazione del servizio di consulenza: secondo la Consob il modello di servizio sarebbe risultato di non chiara definizione già a partire dalla individuazione dei vari livelli operativi, i cui contenuti sarebbero stati rimessi alla discrezionalità del Relationship Manager (cioè del consulente assegnato a ciascun cliente) senza l’attivazione di strumenti di monitoraggio circa l’effettiva corrispondenza del servizio reso in relazione al livello prescelto dal cliente. Erano state anche ravvisate varie carenze, da parte della normativa interna, riguardanti in particolare: le raccomandazioni di prodotti provenienti dai Relationship Managers; i sistemi di tracciatura della loro attività; le procedure di valutazione dell ‘ adeguatezza (profilatura della clientela; mappatura dei prodotti; controlli di adeguatezza; valutazione di adeguatezza/appropriatezza degli ordini di acquisto delle azioni Veneto Banca). Ciò avrebbe comportato la violazione delle norme sopra riportate sub A), sia in relazione all ‘ obbligo degli intermediari di dotarsi di procedure idonee ad assicurare il corretto svolgimento dei servizi di investimento e di tenere per tutti i servizi e tutte le opera-zioni registrazioni adeguate e ordinate delle attività svolte, sia in relazione all ‘ obbligo degli intermediari di comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio l’interesse dei clie nti, e di curare, anche a tal fine, la profilatura del
cliente e la valutazione di adeguatezza e appropriatezza degli investimenti. L ‘ ipotesi di violazione è stata riferita al periodo 23 gennaio 2012 – 31 dicembre 2015 ed è stata ritenuta imputabile anche al Collegio sindacale della Banca perché riguardante carenze dell’assetto procedurale ed aspetti istituzionali e funzionali incidenti sulla complessiva operatività dell ‘ intermediario e, quindi, profili rientranti nella competenza diretta del Consiglio di amministrazione ed al cui controllo erano tenuti i membri del Collegio sindacale. La violazione contestata riguardava, secondo la Consob, anche un ‘ operatività avente ad oggetto le azioni della capogruppo, che presentava significativi profili di attenzione in termini di conflitto di interessi; tale operatività era stata oggetto di precise deliberazioni del Consiglio di amministrazione che avrebbe acriticamente approvato la proposta di eliminare l’ originario divieto di rilasciare raccomandazioni personalizzate sulle azioni emesse dalla controllante, a causa dei connessi profili di conflitto di interesse e nella consapevolezza della natura di titoli illiquidi, omettendo di adottare stringenti presidi procedurali e di controllo al fine di garantire che l’ investimento in azioni Veneto Banca da parte della clientela avvenisse nel preminente interesse di quest ‘ ultima
In relazione alla violazione n. 2 (‘B’), la Consob aveva contestato la ‘Gestione degli ordini di vendita delle azioni Veneto Banca e (la) strategia di trasmissione degli ordini: le soluzioni procedurali adottate da BIM secondo la Consob avrebbero evidenziato carenze nei presidi a tutela della corretta ed efficiente esecuzione delle operazioni di investimento. In particolare, sarebbero stati riscontrati dagli ispettori ritardi nell ‘ esecuzione degli ordini di vendita non giustificati da alcuna concreta attività di analisi e verifica ed inseriti in un contesto di generale attenzione di BIM ad evitare pressioni sul lato dell ‘ offerta sul mercato delle azioni emesse dalla propria capogruppo. Ciò avrebbe comportato la violazione delle norme sopra indicate sub B), che impongono agli intermediari di
dotarsi di procedure idonee ad assicurare il corretto svolgimento dei servizi di investimento e dì tenere per tutti i servizi e tutte le operazioni registrazioni adeguate e ordinate delle attività svolte, nonché di comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio l’interesse dei clienti, e che disciplinano le regole di condotta cui gli intermediari devono attenersi nella trasmissione e nella gestione degli ordini dei clienti. L’ipotesi di violazione in discorso è stata riferita al periodo 1 dicembre 2012 – 28 aprile 2015 ed imputata, per ragioni analoghe alla precedente, anche ai componenti del Collegio sindacale della Banca. In particolare, è stata sottolineata l’ampiezza, diffusione e rilevanza di tali irregolarità, tali da investire la verifica dell ‘ efficacia della strategia adottata ai fini della trasmissione degli ordini di vendita delle azioni Veneto Banca e, quindi, un ‘ operatività in titoli illiquidi ed in confitto di interesse. Il Consiglio di amministrazione non avrebbe richiesto approfondimenti sul tema, venendo meno al proprio ruolo di indirizzo dell ‘ azione della Banca e di controllo sulla correttezza del processo di vendita delle azioni Veneto Banca, né interventi concreti in tal senso sarebbero stati assunti da parte del Collegio sindacale.
Quanto, infine, alla violazione n. 3 (‘C’), la Consob aveva contestato, tra gli altri, la ‘Correttezza nelle modalità di relazione con la clientela’, in particolare con riferimento al profilo relativo ‘all’operatività con il cliente RAGIONE_SOCIALE caratterizzata dalla violazione dei doveri di diligenza e correttezza nei suoi confronti, in particolare con riferimento al suo status, all’operatività in derivati non prevista dallo Statuto dell’ Istituto né appositamente autorizzata ed alle modalità di relazione con il cliente, caratterizzate anche in tal caso da un’elevata discrezionalità operativa da parte del Relationship Manager. Gli addebiti in esame avrebbero comportato la violazione delle norme richiamate sub C) che impongono agli intermediari di comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio l ‘ interesse dei clienti.
L ‘ ipotesi di violazione è stata riferita al periodo 23 gennaio 2012 – 13 novembre 2015 ed è stata imputata anche ai componenti del Collegio sindacale per gli stessi motivi sopra indicati.
Instauratosi il contradditorio, si costituiva la Consob chiedendo il rigetto dell’opposizione.
La Corte di appello di Torino, in parziale accoglimento dell’opposizione proposta, ha escluso la violazione sub A) e la sanzione per essa applicata, confermando le violazioni contestate sub B) e C) e rideterminando l’importo della sanzione complessiva a carico dell’opponente in euro 17.000,00 . Le spese dell’opposizione sono state dichiarate compensate in misura di due terzi e NOME COGNOME è stato condannato a rifondere alla Consob il residuo terzo.
–NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi.
La Consob ha resistito con controricorso.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
Entrambe le parti hanno depositato una memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 24 l. n. 262/05, e successive modifiche; dell’art. 195 T.U.F.; dell’art. 97 Cost. e degli artt. 3 e 21 octies l. n. 241/90, e successive modificazioni; dell’art. 11 l. n. 689/81 (in riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4. cod. proc. civ.). Afferma il ricorrente che la Corte d’appello , nell’esaminare le censure preliminari sollevate in merito alla pretesa violazione del principio di separazione tra funzioni istruttorie e decisorie nel Regolamento del procedimento sanzionatorio della Consob, ne avrebbe omesso ‘aspetti essenziali’ , confondendo le argomentazioni del primo e del secondo motivo di opposizione. La Corte di appello, in particolare, avrebbe escluso il potere del giudice adito ai sensi dell’art. 195 T.U.F. di annullare la delibera sanzionatoria ‘per pro fili di illegittimità
strutturale del procedimento sanzionatorio come regolato dalla normativa primaria e secondaria vigente’ ovvero di disapplicare il regolamento Consob che disciplina il procedimento, disapplicazione che presuppone un sindacato del giudice stesso, che sarebbe, a dire della Corte, inammissibile e ingiustificato, essendo questa sede deputata all’esame dell’effettiva esistenza degli elementi costitutivi dell’illecito contestato e della corretta irrogazione della sanzione. La stessa Corte, poi, quanto all’individuato secondo profilo di doglianza, osserva che non sarebbe ipotizzabile neppure la lamentata omissione totale di motivazione del provvedimento sanzionatorio, la quale riguarderebbe la qualità sostanziale degli argomenti utilizzati da Cons ob per fondare l’accertamento positivo della violazione contestata e l’ irrogazione delle sanzioni, laddove le doglianze relative alla prospettata violazione dei diritti di difesa e di contraddittorio potrebbero avere autonoma rilevanza, traducendosi altrimenti in questioni di principio prive di attinenza con il giudizio, solo ove accompagnate da una specifica individuazione della lesione in concreto sofferta per iniziative o difese o allegazioni ulteriori che avrebbero potute essere svolte e sono state invece in concreto rese impossibili.
1.1. -Il motivo è infondato.
In tema di sanzioni che, pur qualificate come amministrative, abbiano natura sostanzialmente penale, la garanzia del giusto processo, ex art. 6 della CEDU, può essere realizzata, alternativamente, nella fase amministrativa – nel qual caso, una successiva fase giurisdizionale non sarebbe necessaria – ovvero mediante l’assoggettamento del provvedimento sanzionatorio adottato in assenza di tali garanzie – ad un sindacato giurisdizionale pieno, di natura tendenzialmente sostitutiva ed attuato attraverso un procedimento conforme alle richiamate prescrizioni della Convenzione, il quale non ha l’effetto di sanare alcuna illegittimità originaria della fase amministrativa giacché la stessa, sebbene non
connotata dalle garanzie di cui al citato art. 6, è comunque rispettosa delle relative prescrizioni, per essere destinata a concludersi con un provvedimento suscettibile di controllo giurisdizionale (Cass., Sez. II, 13 gennaio 2017, n. 770, in relazione a fattispecie in tema di sanzioni applicate dalla Consob all’esito del procedimento amministrativo previsto dall’art. 187septies del d.lgs. n. 58 del 1998).
Il fatto che la regolamentazione secondaria dell’organizzazione della Consob preveda in capo alla stessa, nell’ambito del procedimento di accertamento e contestazione di illeciti nell’attività soggetta alla sua vigilanza, un cumulo successivo di funzioni decisorie (cautelari e nel merito), non comporta per ciò solo alcuna violazione dell’art . 6 CEDU in tema di garanzia del giusto processo; per un verso, infatti, detta garanzia è realizzata, alternativamente rispetto alla fase amministrativa, con l’assoggettamento del provvedimento sanzionatorio a un sindacato giurisdizionale pieno, e, per altro verso, il semplice fatto che siano già state assunte decisioni prima della deliberazione finale non è sufficiente a generare un ragionevole timore di mancanza di imparzialità, dovendosi aver riguardo, in tal senso, alla portata ed alla natura di tali decisioni, da valutarsi caso per caso (Cass., Sez. II, 15 febbraio 2018, n. 3734).
Alla luce della giurisprudenza richiamata, pertanto, non sussiste alcuna violazione delle disposizioni invocate nel presente motivo di ricorso, risultando infondata la censura riguardo alla violazione del principio di separazione delle funzioni istruttorie da quelle decisorie.
2. -Con il secondo motivo di ricorso si prospetta la violazione e falsa applicazione dell ‘art. 24 l. n. 262/05, e successive modifiche; dell’art. 195 T.U.F.: dell’art. 97 Cost. e degli artt. 3 e 21 octies legge n. 241/90, e successive modificazioni; dell’art. 11 l. n. 689/81 (in riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ. Il vulnus del diritto di difesa del ricorrente risulterebbe inoltre dalla circostanza -puntualmente evidenziata dal Condemi nelle
contro
deduzioni scritte in replica alle considerazioni de ll’ Ufficio sanzioni amministrative (USA) e ulteriormente ribadita nell’atto di opposizione secondo cui nell’atto di contestazione si faceva riferimento ad atti e documenti, ivi comprese talune rilevanti (nell’economia della ricostruzione fattuale) e -mail, di cui il ricorrente, sia a titolo personale, sia nell’esercizio della funzione organica rivestita di Presidente del Collegio sindacale, non conosceva né avrebbe mai potuto (lecitamente) conoscere il contenuto; con la conseguenza che detti documenti non potevano costituire – come invece era avvenuto – elementi dai quali evincere attività e procedure suscettibili di valutazioni in termini di responsabilità da ascrivere al ricorrente. Inoltre, il ricorrente lamenta di avere dedotto la nullità della relazione de ll’ USA poiché priva dei numerosi allegati in essa richiamati e quindi affetta da nullità insanabile, attesa la palese e insanabile lesione del diritto di difesa. L’eccezione di nullità in questione, attesa l’assenza di detta documentazione quali allegati alla relazione , è stata altresì ribadita nel corso dell’udienza di discussione dinanzi alla Corte d’appello di Torino. Detti documenti non sarebbero stati depositati dalla Consob nel giudizio di opposizione e neanche dopo che la Corte all’ udienza del 6 novembre 2018 aveva rinviato la causa concedendo alle parti termine per deposito di note e documenti. Al riguardo, nella sentenza la Corte ha sostenuto, in aperta contraddizione con le evidenze agli atti, che ‘non risulta che l’ufficio USA abbia trasmesso la relazione finale senza allegare parte dei documenti e, del resto, non risulta che NOME COGNOME che si è ampiamente difeso nel merito anche dopo il deposito della relazione USA, con allegazione di note, abbia chiesto di accedere a documenti non condivisi o a lui non noti ricevendo risposta negativa’. L’assunto risulterebbe paradossale nella parte in cui ritiene sussistere un onere in capo all’incolpato (poi sanzionato) di attivarsi (formulando istanza di accesso alla documentazione) al fine di sanare la condotta illegittima dell’Autorità che ha omesso di
allegare alla relazione dell’USA, resa al termine del procedimento, documentazione dalla medesima ritenuta rilevante (e probante) ai fini di ritenere la sussistenza di responsabilità in capo all’incolpato.
2.1. -Il motivo è infondato.
La Corte di appello ha escluso omissioni nella messa a disposizione della documentazione da parte della Consob, che risulta aver condiviso quanto utilizzato per fondare l’accertamento delle condotte costitutive degli illeciti contestati. La Corte non ha posto a carico del ricorrente un onere di attivarsi per sanare la condotta dell’autorità che avrebbe omesso di allegare la relazione ma ha evidenziato come egli, anche dopo il deposito della relazione USA, non abbia chiesto di accedere a documenti non condivisi o a lui non noti. Parte ricorrente, invero, mira a ottenere una inammissibile rivalutazione delle risultanze istruttorie.
3. -Con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 24 l. n. 262/05, e successive modifiche; dell’art. 195 T.U.F.; dell’art. 97 Cost. e degli artt. 3 e 21 octies l. n. 241/90, e successive modificazioni; dell’art . 11 l. n. 689/81 (in riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4. cod. proc. civ.). Secondo quanto argomentato, la sentenza sarebbe illegittima perché viola gli artt. 19 e 24, commi 1 e 2, l. n. 262/05, e successive modifiche, nonché l’art. 3 l. n. 241/90 e successive modifiche, anche nella parte in cui ha ritenuto non sussistere il difetto di motivazione del provvedimento impugnato sotto il profilo della mancata autonoma valutazione, da parte della Commissione, in fase decisoria delle controdeduzioni dell’odiern o ricorrente (profilo dedotto dal ricorrente medesimo nel secondo motivo dell’opposizione unitamente a quello concernente l ‘ illegittimità della motivazione ob relationem ). Fermo restando che in nessun passaggio dell’atto di opposizione l’odierno ricorrente ha lamentato di non essere potuto addivenire alla ‘articolazione di un atto di opposizione argomentato nel merito’ -ragione per cui l’affermazione resa al riguardo dalla
Corte di appello di Torino sarebbe del tutto ultronea e inconferente sarebbe evidente che qualora si ritenesse legittimo che nel corso del procedimento amministrativo l’organo decisorio fosse legittimato come ritenuto dalla Corte di appello -a ‘non affrontare’ ‘analiticamente tutte le difese dell’incolpato ” , detto organo potendosi appiattire pedissequamente agli ‘esiti della relazione USA ‘ poiché ‘ la fondatezza nel merito degli accertamenti effettuati da Consob” può invece essere sottoposto (solo) successivamente all’Autorità giurisdizionale, tanto varrebbe e eliminare il contraddittorio dal procedimento amministrativo. Si evidenzia, inoltre, che la Commissione, nella fase della decisione, a conferma dell’effettiva posizione di autonomia e di indipendenza dalla struttura organizzativa USA (da essa gerarchicamente dipendente), avrebbe dovuto esaminare e valutare le controdeduzioni delle parti interessate e spiegare perché riteneva non accoglibili, né in tutto né in parte, le argomentazioni e la documentazione prodotta a sostegno della non colpevolezza dei soggetti che svolgono funzioni di r esponsabilità nell’ambito della Banca e, in particolare, dell’odierno ricorrente.
3.1. -Il motivo è inammissibile.
È principio consolidato che in tema di opposizione a ordinanza ingiunzione per l’irrogazione di sanzioni amministrative, i vizi di motivazione in ordine alle difese presentate dall’interessato in sede amministrativa non comportano la nullità del provvedimento, e quindi l’insussistenza del diritto di credito derivante dalla violazione commessa, in quanto il giudizio di opposizione non ha ad oggetto l’atto, ma il rapporto, con conseguente cognizione piena del giudice, che potrà (e dovrà) valutare le deduzioni difensive proposte in sede amministrativa (eventualmente non esaminate o non motivatamente respinte), in quanto riproposte nei motivi di opposizione, decidendo su di esse con pienezza di poteri, sia che le stesse investano questioni di diritto che di fatto (Cass., Sez. II, 21 maggio 2018, n.
12503; Cass., Sez. I, 7 agosto 2014, n. 17799; Cass., Sez. Un., 28 gennaio 2010, n. 1786).
Nel caso di specie non sussiste la totale carenza o la mera apparenza della motivazione del provvedimento della Consob e la Corte d’appello , alla luce dell’istruttoria compiuta, ha esplicitato le ragioni che l’hanno indotta a ritenere fondate le tesi dell’ufficio sanzioni, escludendo una specifica violazione dei diritti di difesa della parte ricorrente.
4. -Con il quarto motivo di ricorso si denuncia la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 149, 150, 151 del T.U.F.: artt. 2403, 2403 bis e 2407 cod. civ.; art. 149 del T.U.F., art. 195, comma 9, T.U.F. e art. 3 l. n. 689/1981 (in riferimento all’art. 360 , comma 1, n. 3 cod. proc. civ. ). Violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. (nullità della sentenza in riferimento all’art. 360 , comma 1, n. 4 cod. proc. civ.). Travisamento della prova; violazione e falsa applicazione degli artt. 115. 116 cod. proc. civ.: nullità della sentenza e del procedimento (in riferimento all ‘art. 360 n. 4 cod. proc. civ.). Omessa pronuncia in relazione alle doglianze relative all’attività svolta dall’opponente quale Presidente del Collegio sindacale di Veneto Banca e alla mancata pacifica conoscenza, da parte del prof. avv . Condegni ‘delle e -mail intercorse tra dirigenti di BIM a cui fa riferimento Consob nell’accertamento, che dimostrano ritardi diffusi e voluti nella trasmissione degli ordini di vendita di azioni VB”, alle condizioni difficili di operatività di BIM e della controllante alla intervenuta ampia operatività in generale del Collegio sindacale. Nullità della sentenza e del procedimento (in riferimento all’art. 360 n. 4 cod. proc. civ.). Il ricorrente, dopo aver riportato il brano della sentenza che ha escluso la sussistenza della responsabilità per la prima violazione, contesta la parte della decisione in cui la Corte ha ritenuto sussistente la seconda, relativa alla negoziazione dei titoli Veneto Banca. Secondo quanto argomentato, la Corte sarebbe giunta a tale conclusione sulla base di un ragionamento erroneo,
omettendo di considerare i principi poco prima richiamati dalla stessa Corte in relazione alla ‘violazione sub A’ contestata allo stesso COGNOME, travisando il contenuto della prova documentale offerta dall’opponente. La sentenza avrebbe errato nel l’ attribuirgli la responsabilità perché la problematica relativa alla gestione degli ordini di vendita delle azioni Veneto Banca e la relativa ‘strategia’, nonché ai presidi a tutela della corretta ed efficiente esecuzione delle operazioni di investimento che la Consob espressamente riferisce al periodo 23 gennaio 2012-31 dicembre 2015 a fronte del fatto che l’odierno ricorrente ha assunto la carica nel settembre 2013, sono state ripetutamente affrontate e stigmatizzate dal collegio sindacale presieduto dal COGNOME (ovviamente allorquando e nei limiti in cui la predetta problematica e le relative carenze sono state rilevate e rappresentate al Collegio da parte delle Funzione interne costantemente sollecitate anche con la ripetuta richiesta di Audit straordinari) e altresì segnalate alle Autorità di Vigilanza. Richiamando i verbali del Collegio sindacale e le comunicazioni del medesimo che dimostrerebbero la tesi del ricorrente, per cui il Presidente del Collegio sindacale di RAGIONE_SOCIALE avrebbe non solo rilevato le violazioni in questione, ma, anche, diligentemente operato e ripetutamente sollecitato, stigmatizzato, richiesto interventi riparatori, al fine di porvi rimedio, e, infine, comunque segnalato le violazioni medesime agli Organi di Vigilanza, si evidenzia che il collegio sindacale di RAGIONE_SOCIALE da lui presieduto avrebbe posto in essere una costante attività di verifica dell’attività gestoria nel suo complesso, evidenziato alla Consob le irregolarità ex art. 149, comma 3 del T.U.F. Inoltre il ricorrente avrebbe costantemente formulato, ove necessario, le proprie osservazioni e sollecitazioni direttamente al Consiglio di amministrazione e al Direttore generale, oltre che a ogni struttura deputata, nel corso delle periodiche riunioni e anche tramite comunicazioni specifiche indirizzate allo stesso presidente del Consiglio di amministrazione e al Direttore generale.
Aggiunge, infine, che vi sarebbe contraddizione tra la parte della pronuncia che ha escluso la sussistenza della prima violazione e quella che ha ritenuto esistente la seconda, nonché che la Corte sarebbe incorsa in una violazione della prova documentale ove ha ritenuto che i rilievi contenuti nei verbali richiamati non attengono ai profili di concreta operatività di BIM per la trasmissione a Veneto Banca degli ordini di negoziazione di azioni della medesima società e, poi, per la verifica sull’esecuzione in concreto di detti ordini da parte della capogruppo con tempestività e nel rispetto del criterio temporale, ma riguardano altre questioni. Parte ricorrente censura altresì la sentenza nella parte in cui ha ritenuto che la posizione di NOME COGNOME in Veneto Banca, per la quale ricopriva la carica di Presidente del Collegio sindacale può offrire utili elementi di valutazione per escludere, sotto il profilo soggettivo, l’esistenza dell’illecito contestato: anzi, la possibilità di conoscere l’effet tivo andamento delle operazioni di negoziazione delle azioni sulla base di ordini provenienti da BIM dall’interno di Veneto Banca poteva semmai render più agevole la percezione di una situazione che avrebbe dovuto essere monitorata attentamente dalla controllata, con assunzione di iniziative a tutela degli investitori di BIM. Tale assunto sarebbe viziato da travisamento della prova e da omessa pronuncia circa il rilievo della concreta attività svolta dal prof. avv. COGNOME quale presidente del Collegio sindacale di Veneto Banca in materia di negoziazione di azioni della stessa Veneto Banca. Si censura, inoltre, il capo della sentenza che ha ritenuto irrilevanti ai fini dell’esclusione della sua responsabilità la mancata conoscenza, da parte del medesimo, delle email intercorse tra i dirigenti di RAGIONE_SOCIALE a cui fa riferimento Consob nell’accertamento, che dimostrano ritardi diffusi e voluti nella trasmissione degli ordini di vendita di azioni VB nonché le condizioni difficili di operatività di RAGIONE_SOCIALE e della controllante, né l’ampia operatività in generale del Collegio sindacale. Tale affermazione sarebbe viziata da omessa pronuncia o costituirebbe
una motivazione apparente rispetto al contenuto della censura perché omette di considerare le circostanze (fatti storici) emergenti documentalmente che, se considerate, avrebbero dovuto indurre la Corte ad addivenire a un giudizio di esclusione di qualsivoglia responsabilità in capo all’odierno ricorrente. Dalle citate email sarebbe emerso che tali pratiche operative erano state oggetto di attenzione anche da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, con la conseguenza che dette attività erano state svolte nell’ambito di pratiche illecite fuoriuscenti dalla ordinaria attività di controllo e dall’esercizio delle lecite attività di acquisizione da parte del Collegio sindacale alla quale segue la trascrizione di alcune pagine dell’atto di accertamento che dimostrerebbero come di tali circostanze sarebbe stato edotto il solo Direttore Generale. La Corte avrebbe altresì errato nel non considerare ulteriori elementi di fatto evidenziati dal ricorrente in primo grado come la drammaticità e faticosità degli interventi richiesti e svolti dal Collegio sindacale di BIM anche al fine di rappresentare la situazione di default in cui la Capogruppo Veneto Banca si era venuta a trovare a partire dal 1 gennaio 2015, l’intensissima attività svolta dal prof. COGNOME quale presidente del Collegio sindacale della BIM dal momento dell’assunzione della carica sino alla cessazione, nonché gli interventi effettuati quale presidente del Collegio sindacale e le comunicazioni inoltrate dal medesimo nel corso del 2016 al Direttore Generale e al Presidente del Consiglio amministrazione e, infine, le criticità presenti nell’assetto economico funzionale sia presso la controllata RAGIONE_SOCIALE sia presso la controllante Veneto Banca; criticità che determinavano una difficile situazione organizzativo-funzionale anche presso BIM (secondo il ricorrente: un assetto di governance precario presso la controllante; i particolari legami esistenti tra l’amministratore delegato di RAGIONE_SOCIALE e quello di Veneto Banca; l’attività di acquisizione di informazioni posta in essere dal sig. COGNOME le determinazioni intraprese dal medesimo allo scopo di orientare
l’agire di BIM al massimo livello di osservanza della normativa vigente).
4.1. -Il motivo è inammissibile.
Il ricorrente per cassazione non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, in quanto, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass., Sez. II, 23 aprile 2024, n. 10927; Cass., Sez. V, n. 32505 22 novembre 2023).
Nel caso di specie, al di là di una confusa mescolanza in rubrica di vizi diversi, in riferimento all’art. 360 , comma 1, cod. proc. civ. tanto al n. 3 quanto al n. 4 (Cass., Sez. IV, 6 febbraio 2024, n. 3397), risulta evidente che il ricorrente – prospettando un’alternativa ricostruzione della vicenda fattuale – mira a ottenere un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio, a fronte di una articolata motivazione della Corte d’appello che ha spiegato le ragioni in base alle quali ha ritenuto sussistente la violazione riguardante la negoziazione delle azioni Veneto Banca, rispetto alla quale sono emerse significative carenze in relazione alle soluzioni adottate, confermando pertanto la sanzione irrogata dalla Consob (pp. 28-31).
-Con il quinto motivo di ricorso si prospetta ex art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 149, 150, 151 del T.U.F.; artt. 2403, 2403 bis e 2407 cod. civ.; art. 149 del T.U.F.; art. 195, comma 9, T.U.F. e art. 3 l. n. 689/1987 nonché la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. (nullità
della sentenza in riferimento all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ.). Travisamento della prova; violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116 cod. proc. civ.; nullità della sentenza e del procedimento (in riferimento all’art. 360 n. 4 cod. proc. civ.). Con riferimento alla terza violazione contestata, attinente all’operatività di BIM con l’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti il ricorrente afferma che la Corte non avrebbe correttamente considerato l’attività svolta dal ricorrente allorquando la situazione è stata sottoposta all’attenzione dello stesso da part e della competente Funzione interna della Banca (Audit) e, all’uopo cita i contenuti di alcuni verbali delle sedute del Collegio sindacale. Inoltre il Condemi sottolinea che l’ipotesi di violazione è stata riferita al periodo 23 gennaio 2012 – 13 novembre 2015 e che ha assunto la carica nel settembre 2013; che la questione è stata per la prima volta sottoposta all’attenzione del Collegio sindacale da parte della funzione preposta nel giugno 2015; che essa è stata definitivamente affrontata (e risolta proprio per esplicito intervento del Collegio sindacale) nel settembre 2015. La Corte sarebbe quindi incorsa in un travisamento della prova documentale
5.1. -Il motivo è inammissibile.
Al di là della mescolanza e della sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ., che di per sé rendono inammissibile il motivo (Cass., Sez. IV, 6 febbraio 2024, n. 3397; Cass., Sez. VI-L, 26 novembre 2021, n. 36881; Cass., Sez. Un., 8 novembre 2021, n. 32415; Cass., Sez. IV, 18 agosto 2020, n. 17224), vi è da osservare che nella specie il ricorrente mira ancora una volta una inammissibile rivalutazione delle risultanze istruttorie, prospettando una diversa ricostruzione dei fatti, a fronte di una specifica motivazione fornita dalla Corte d’appello in merito alle doglianze prospettate.
6. -Il ricorso va dunque rigettato.
Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Poiché il ricorso è stato rigettato, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -l. di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore della controricorrente, in euro 3.400,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificat o pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione