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Responsabilità CFO: la Cassazione conferma la sanzione

Un manager con il ruolo di Chief Financial Officer (CFO) di un istituto bancario è stato sanzionato dall’autorità di vigilanza per irregolarità e omissioni informative relative a una complessa operazione finanziaria. Dopo il rigetto della sua opposizione da parte della Corte d’Appello, il dirigente ha presentato ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la sanzione e delineando i contorni della responsabilità CFO. La decisione sottolinea che il ruolo del CFO non è meramente formale, ma implica una posizione di garanzia che impone un dovere attivo di verifica e di corretta comunicazione verso gli organi di vigilanza, anche per operazioni iniziate prima dell’assunzione della carica.

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Responsabilità CFO: La Cassazione Conferma la Sanzione per Omessa Comunicazione

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato i severi contorni della responsabilità CFO (Chief Financial Officer) e degli alti dirigenti bancari in materia di comunicazioni all’autorità di vigilanza. La Suprema Corte, rigettando il ricorso di un ex dirigente, ha stabilito che la posizione apicale comporta una vera e propria ‘posizione di garanzia’, che non permette di eludere le responsabilità, neanche per operazioni complesse avviate prima dell’assunzione formale della carica. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e i principi di diritto espressi.

I Fatti: Il Ruolo del Dirigente e l’Operazione Finanziaria

Il caso trae origine da una sanzione amministrativa pecuniaria inflitta dall’autorità di vigilanza bancaria a un dirigente, all’epoca Vice Direttore Generale e CFO di un importante istituto di credito. La sanzione era legata a presunte irregolarità informative connesse a una complessa operazione di rafforzamento patrimoniale. Secondo l’autorità, il dirigente aveva omesso di comunicare informazioni cruciali che avrebbero permesso una corretta valutazione dei rischi dell’operazione.

Il manager si era opposto alla sanzione, sostenendo di non essere responsabile, poiché parte delle condotte omissive si erano consumate prima della sua nomina a CFO e che il suo ruolo non implicava un obbligo diretto di comunicazione su quel tipo di operazioni. Inoltre, lamentava la violazione di diversi principi giuridici, tra cui il principio di specialità rispetto a un procedimento penale parallelo.

La Decisione della Corte: La Conferma della Responsabilità CFO

Sia la Corte d’Appello prima, sia la Corte di Cassazione poi, hanno respinto le difese del dirigente, confermando la legittimità della sanzione. La decisione della Suprema Corte si fonda su alcuni pilastri argomentativi chiave che definiscono la portata della responsabilità CFO.

Rigetto del Principio di Specialità

Uno dei motivi di ricorso principali riguardava la presunta violazione dell’art. 9 della Legge 689/1981 (principio di specialità), secondo cui, in caso di concorso tra una norma penale e una amministrativa che sanzionano lo stesso fatto, si applica solo la disposizione speciale. La Corte ha chiarito che il ‘fatto’ non era identico. L’illecito amministrativo contestato richiedeva la semplice ‘suitas’ della condotta, ovvero la coscienza e volontà dell’omissione. Il reato penale di ostacolo alle funzioni di vigilanza (art. 2638 c.c.), invece, richiede il ‘dolo specifico’, cioè l’intenzione specifica di ostacolare. Data la diversità dell’elemento soggettivo, le due sanzioni possono coesistere.

L’Obbligo di Comunicazione e la Posizione di Garanzia

Il punto centrale della decisione riguarda la natura degli obblighi del CFO. La Corte ha stabilito che chi ricopre tale ruolo assume una posizione di garanzia. Questo significa che il suo compito non è quello di un mero ‘passacarte’, ma implica il ‘pieno padroneggiamento della vicenda finanziaria’ e la responsabilità di curare ‘la correttezza delle segnalazioni di vigilanza’.

Anche se il dirigente era stato nominato CFO dopo l’inizio dell’operazione, la Corte ha ritenuto che, una volta assunta la carica, avesse l’obbligo di informarsi, ricostruire la vicenda e garantire che le comunicazioni successive all’autorità di vigilanza fossero complete e veritiere, soprattutto in risposta a richieste esplicite.

Le Motivazioni della Cassazione sulla Responsabilità CFO

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione evidenziando che il ruolo del direttore finanziario non può essere interpretato in senso riduttivo. Al contrario, la cura della ‘correttezza’ delle segnalazioni implica necessariamente una verifica proattiva e un controllo sostanziale, non solo formale. Sostenere il contrario, secondo i giudici, significherebbe ‘svilire’ il ruolo a quello di un semplice impiegato d’ordine.

Inoltre, la Corte ha ribadito un principio fondamentale in materia di sanzioni amministrative: la presunzione di colpa. Una volta che l’autorità competente ha provato la condotta materiale che costituisce l’illecito (l’omissione), spetta al sanzionato dimostrare di aver agito senza colpa, fornendo la prova di un errore scusabile o di cause di forza maggiore. Nel caso di specie, il dirigente non è riuscito a fornire tale prova, rendendo la sua condotta colpevole e la sanzione legittima.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza invia un messaggio chiaro ai manager e ai dirigenti apicali del settore bancario e finanziario. La responsabilità CFO è una responsabilità sostanziale, non delegabile e non limitata a un’esecuzione meccanica di compiti. Chi accetta un ruolo di vertice, specialmente in aree sensibili come la finanza e il reporting, assume un dovere di vigilanza attiva e di piena comprensione delle operazioni che gestisce. L’assunzione di una carica ‘in corsa’ non costituisce una scusante, ma impone un dovere ancora più stringente di acquisire tutte le informazioni necessarie per adempiere correttamente ai propri obblighi verso l’azienda e, soprattutto, verso le autorità di controllo.

Quando un dirigente bancario può essere ritenuto personalmente responsabile per omessa comunicazione all’autorità di vigilanza?
Un dirigente di alto livello, come un CFO, assume una ‘posizione di garanzia’ che gli impone il dovere di assicurare la correttezza e completezza delle comunicazioni alla vigilanza. Questa responsabilità è personale e richiede un ruolo attivo di verifica e pieno controllo della materia, non un mero inoltro di informazioni. La responsabilità sorge anche per operazioni iniziate prima dell’assunzione della carica, poiché il dirigente ha l’obbligo di informarsi e ricostruire i fatti per adempiere correttamente ai suoi doveri.

Il principio di specialità esclude la sanzione amministrativa se esiste un’ipotesi di reato per lo stesso fatto?
No, non necessariamente. La Corte di Cassazione ha chiarito che il principio di specialità si applica solo se il fatto materiale e l’elemento soggettivo sono identici. Nel caso esaminato, l’illecito amministrativo richiedeva la sola coscienza e volontà della condotta (suitas), mentre il reato di ostacolo alla vigilanza esige l’intenzione specifica di ostacolare (dolo specifico). Poiché l’elemento psicologico è diverso, i due procedimenti (amministrativo e penale) possono coesistere.

In materia di sanzioni amministrative bancarie, su chi grava l’onere di provare la colpa?
La sentenza riafferma il principio della presunzione di colpa. Una volta che l’autorità di vigilanza ha dimostrato la condotta materiale che integra l’illecito (ad esempio, l’omissione di una comunicazione dovuta), la colpa del soggetto agente si presume. Grava quindi sul dirigente sanzionato l’onere di dimostrare di aver agito in assenza di colpevolezza, provando, ad esempio, un errore scusabile o altre circostanze che escludano la sua responsabilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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