Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 17141 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 17141 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14250/2021 R.G. proposto
da
COGNOME , elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO
Oggetto: Contratti bancari – Revoca affidamento – Risarcimento danni
R.G.N. 14250/2021
Ud. 11/06/2025 CC
278, presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
-controricorrente – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO MILANO n. 805/2021 depositata il 11/03/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 11/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 805/2021, pubblicata in data 11 marzo 2021, la Corte d’appello di Milano, nella regolare costituzione dell’appellata BANCO BPM SPARAGIONE_SOCIALE ha respinto l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Lodi n. 649/2019.
L’odierna ricorrente aveva convenuto l’istituto di credito odierno controricorrente, chiedendone la condanna al risarcimento del danno non patrimoniale e per l’esattezza del danno biologico da malattia depressiva che l’attrice assumeva di avere risentito a causa della condotta della banca che, avendo revocato gli affidamenti ed azionato un decreto ingiuntivo in relazione ad un conto corrente intestato alla società di cui la ricorrente medesima era socia -e per un debito che, all’esito di un giudizio , era stato rideterminato in misura significativamente minore -aveva conseguentemente impedito alla stessa ricorrente di attingere a tale conto per alimentare un diverso conto corrente cointestato a sé ed al coniuge e sul quale venivano addebitate le rate del mutuo ipotecario contratto dai coniugi per l’acquisto della propria abitazione, in tal modo dando origine ad un’azione esecutiva sull’immobile stesso.
L’odierna ricorrente aveva quindi dedotto l’illiceità della condotta dell’istituto di credito per avere il medesimo applicato al primo conto corrente -quello intestato alla società -addebiti insussistenti, determinandone la passività e provocando in tal modo gli ulteriori riflessi sull’altro conto corrente.
Costituitasi regolarmente RAGIONE_SOCIALE, il Tribunale aveva disatteso la domanda.
La Corte d’appello ha respinto il gravame, osservando, in sintesi che:
-il dedotto collegamento tra i due conti correnti non poteva ‘già a livello di allegazione, ritenersi né effettivamente operante né, men che meno, concretamente provato’ , stante l’autonomia soggettiva dei titolari e la riconducibilità dei rapporti di conto corrente a due contratti distinti;
-esclusa la prova di una connessione tra i due conti correnti ‘mancando qualsivoglia riscontro in merito al fatto che la consistenza dell’uno si riverberasse automaticamente sulla consistenza dell’altro’ , era poi da rilevare che il conto corrente intestato alla società -anche a seguito della rideterminazione del saldo in sede giudiziale -era risultato comunque passivo;
-non era stata acquisita prova del fatto che lo stesso contro alimentasse il diverso conto corrente intestato all ‘odierna ricorrente ed al di lei coniuge;
-l’ipotizzata responsabilità dell’Istituto di credito avrebbe avuto natura extracontrattuale, con la conseguenza che la ricorrente avrebbe dovuto fornire la prova non solo del nesso causale tra i descritti comportamenti ed il danno patito ma anche del dolo o della colpa dell’odierna controricorrente, nella specie non sussistente;
-risultava quindi superfluo l’esame delle censure riferite al mancato espletamento di approfondimenti istruttori di natura medico-legale, essendo in radice esclusa la responsabilità dell’Istituto di credito.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Milano ricorre NOME COGNOME
Resiste con controricorso BANCO BPM SPA.
5. La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
Le parti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a cinque motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce:
-in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza e del procedimento in relazione all’art. 115, primo comma, c.p.c.;
-in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., ‘omesso esame circa fatti decisivi discussi dalle parti’ .
Argomenta, in particolare, il ricorso che la decisione impugnata avrebbe omesso di valorizzare la condotta di non contestazione dell’odierna controricorrente in relazione all’allegazioni della stessa ricorrente, così incorrendo non solo nella violazione de ll’art. 115 c.p.c., ma anche nell’omesso esame circa fatti decisivi.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 1453, 1819, 1820 e 2909 c.c.
Si censura la decisione della Corte d’appello di Milano, nella parte in cui la stessa ha affermato che l’ipotizzata responsabilità dell’Istituto di credito avrebbe avuto natura extracontrattuale, con i relativi riflessi
in tema di prova non solo del nesso causale tra i descritti comportamenti ed il danno patito ma anche del dolo o della colpa dell’odierna controricorrente.
Deduce, in contrario, la ricorrente che la responsabilità della controricorrente, fondandosi sul contratto di mutuo, avrebbe avuto natura di responsabilità da inadempimento.
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 1218 e 1176, secondo comma, c.c.
Il motivo -nella sua integralità -è, testualmente, argomentato: ‘La ha parimenti errato nel non cogliere che, nel rapporto con la banca, è ravvisabile un fenomeno di contatto sociale che impone all’istituto di credito di adottare comportamenti conformi al dovere di diligenza professionale (art. 1176 comma 2 c.c.). La violazione di questo dovere dà origine a una responsabilità di natura contrattuale, non extracontrattuale. In questo modo, la Corte D’Appello, non ha riconosciuto la sussistenza di un vincolo assimilabile a un rapporto obbligatorio generale assistito dalla tutela generale prevista dall’art. 1218 c.c. che coinvolge l’insieme delle vicende dei vari rapporti, inclusa l’iniziativa di mandare ingiustificatamente all’asta la casa della ricorre nte.’ .
1.4. Con il quarto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., ‘omesso esame circa fatti decisivi discussi dalle parti’ .
La ricorrente censura l’affermazione, contenuta nella decisione impugnata, per cui l’applicazione dell’anatocismo da parte dell’odierna controricorrente non integrerebbe una forma di colpa in quanto sino al 1999, vi era convinzione della legittimità dell’applicazione di interessi anatocistici ritenuta conforme a un uso normativo.
Deduce la ricorrente che ‘la Corte D’Appello così, fermandosi all’anatocismo, ha omesso di considerare fatti decisivi implicanti –
anche in via extracontrattuale -la responsabilità della Banca e la certezza del nesso causale e del relativo elemento soggettivo’ , avendo il Tribunale di Lodi accertato con la propria precedente decisione ‘la illegittimità della creazione del macroscopico passivo addossato ai correntisti’ nonché ‘marcati fenomeni di applicazione di interessi superiori al tasso soglia successivi alla riforma dell’art. 644 portata dalla l. 7.3.1996, n. 108’ .
1.5. Con il quinto motivo il ricorso deduce:
-in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione dell’art. 2043 c.c.;
-in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., ‘omesso esame circa fatti decisivi discussi dalle parti’ .
Si censura la decisione impugnata per aver disatteso le istanze della ricorrente volte a produrre documentazione medica attestante il danno biologico risentito dalla ricorrente medesima.
Si argomenta che ‘la mancata considerazione delle stesse porta la Corte a non considerare fatti che provano il nesso causale fra la condotta della Banca e il danno’ , laddove le risultanze di natura medica ‘costituiscono un fatto decisivo, evidente, ampiamente trattato dalle parti, non considerato dalla Corte’ .
Il ricorso risulta procedibile, sebbene parte ricorrente non abbia provveduto al deposito della copia notificata della sentenza impugnata, pur avendo allegato espressamente la circostanza della sua notifica in data 18 marzo 2021.
Poiché la notifica del ricorso risulta avvenuta oltre il termine di cui all’art. 325 c.p.c. computato con riferimento alla data di pubblicazione della sentenza impugnata, il ricorso sarebbe stato esposto alla declaratoria di improcedibilità che tuttavia è preclusa dal fatto che la copia notificata della sentenza è stata prodotta dalla controricorrente
(Cass. Sez. U – Sentenza n. 10648 del 02/05/2017; Cass. Sez. U Sentenza n. 21349 del 06/07/2022; Cass. Sez. 6 – Ordinanza n. 15832 del 07/06/2021; Cass. Sez. 5 – Sentenza n. 1295 del 19/01/2018; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 11376 del 11/05/2010; Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 25070 del 10/12/2010).
I motivi di ricorso, tuttavia, sono, nel loro complesso, inammissibili.
3.1. In linea generale -e per evitare inutili ripetizioni nell’esame dei singoli motivi -deve essere dichiarata l’inammissibilità di tutte le doglianze riferite, nei singoli motivi di ricorso, alla previsione di cui all’art. 360, n. 5), c.p.c.
Infatti, essendo stato instaurato il giudizio di appello nel 2019, trova applicazione il disposto di cui all’art. 348 -ter c.p.c., dal momento che la decisione della Corte d’Appello non risulta in alcun modo essersi distaccata dal ragionamento del giudice di primo grado, né parte ricorrente ha indicato le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. Sez. L – Sentenza n. 20994 del 06/08/2019; Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 26774 del 22/12/2016; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5528 del 10/03/2014).
3.2. L’inammissibilità del primo motivo di ricorso – nella parte non riferita all’ipotesi di cui all’art. 360, n. 5), c.p.c. , in relazione alla quale già si è detto -discende dal mancato rispetto della regola di specificità di cui all’art. 366 c.p.c. , risultando il motivo sostanzialmente mutilo dell’adeguata riproduzione del contenuto essenziale degli atti dai quali dovrebbe emergere un atteggiamento di non contestazione dell’odierna controricorrente, non certo desumibile dal minimo frammento riprodotto nel corpo del motivo.
Escluso -in virtù di tale radicale carenza – l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, il quale comunque postula l’ammissibilità del motivo di ricorso (Cass. Sez. U – Sentenza n. 20181 del 25/07/2019; Cass. Sez. 5 – Sentenza n. 27368 del 01/12/2020; Cass. Sez. U, Sentenza n. 8077 del 22/05/2012; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 15071 del 10/09/2012), si deve peraltro ulteriormente richiamare la regola generale per cui spetta al giudice del merito apprezzare, nell’ambito del giudizio di fatto al medesimo riservato, l’esistenza ed il valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte, la quale, ex art. 115 c.p.c., produce l’effetto della relevatio ab onere probandi (Cass. Sez. 2 Ordinanza n. 27490 del 28/10/2019; Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 3680 del 07/02/2019), in quanto tale apprezzamento esige l’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza della domanda e delle deduzioni delle parti da ciò derivando che l’accertamento della sussistenza di una contestazione ovvero d’una non contestazione risulta sindacabile in cassazione solo per solo per difetto assoluto o apparenza di motivazione o per manifesta illogicità della stessa (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 27490 del 28/10/2019; Cass. Sez. L, Sentenza n. 10182 del 03/05/2007).
3.3. Il secondo motivo di ricorso risulta invece inammissibile in quanto lo stesso non aggredisce quella che è la ratio decidendi primaria della decisione impugnata, e cioè l’assenza di prova di un collegamento tra il conto corrente della società ed il conto corrente cointestato alla ricorrente ed al coniuge nonché la legittimità dell’operato dell’istituto di credito nel momento in cui era emerso che, pur a seguito della rideterminazione del suo saldo, il conto corrente intestato alla società era risultato passivo, giustificando in tal modo l’iniziativa dell’odierna controricorrente di procedere al recupero forzoso del proprio credito.
Rationes , queste ultime che né il motivo in esame né i motivi ulteriormente formulati vengono a censurare.
Opera, conseguentemente, il principio per cui, qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2108 del 14/02/2012; Cass. Sez. 5 – Ordinanza n. 11493 del 11/05/2018; Cass. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 22753 del 03/11/2011; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12372 del 24/05/2006).
3.4. Quanto appena evidenziato vale ad evidenziare l’inammissibilità anche del terzo motivo, il quale , ancora una volta, si concentra su una ratio non fondamentale, decisiva essendo la considerazione per cui l’autonomia dei due rapporti di conto corrente veniva a precludere qualsiasi valutazione di fondatezza della pretesa risarcitoria della ricorrente.
Considerazione, questa, che non esime dal rilevare che la domanda azionata dall’odierna ricorrente viene a basarsi sul singolare postulato per cui il socio della società sarebbe pienamente legittimato a prelevare risorse dal conto corrente della società medesima per procedere al pagamento di propri debiti personali.
Si tratta di una tesi che viene ad obliare radicalmente il principio essenziale per cui il patrimonio della società non appartiene ai soci (se non nel residuato dell’attività liquidatoria finale) ma è finalizzato sia all’esercizio dell’attività di impresa da parte della compagine sia alla
correlata garanzia dei creditori sociali che su tale patrimonio fanno affidamento e che con esso devono vedere soddisfatti i propri crediti, non potendo quindi il patrimonio medesimo essere legittimamente sottratto a tale funzione per esigenze personali dei soci.
3.5. L’inammissibilità del quarto motivo discende dalla già richiamata applicazione dell’art. 348 -ter c.p.c., in ordine alla quale non è d’uopo ripetersi , fermo restando che anche in questo caso il motivo non aggredisce la ratio principale della decisione che è l’assenza di prova del collegamento tra i due conti correnti.
3.6. Il quinto ed ultimo motivo, invece, deve ritersi inammissibile, in quanto viene ad impugnare un profilo che la decisione impugnata ha ritenuto espressamente assorbito, in virtù della dichiarata insussistenza dell’ an della pretesa risarcitoria, con statuizione di assorbimento improprio (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 26507 del 14/09/2023; Cass. Sez. L – Sentenza n. 12193 del 22/06/2020; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 28995 del 12/11/2018).
Da ciò consegue l’applicazione del principio per cui, n el giudizio di legittimità introdotto a seguito di ricorso per cassazione non possono trovare ingresso, e perciò non sono esaminabili, le questioni sulle quali, per qualunque ragione, il giudice inferiore non si sia pronunciato per averle ritenute assorbite in virtù dell’accoglimento di un’eccezione pregiudiziale (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 19442 del 16/06/2022; Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 15583 del 08/07/2014; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 4804 del 01/03/2007).
Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
5. Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 8.200,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima