Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 25385 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 25385 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25337/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA SPA, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di FIRENZE n. 541/2021 depositata il 05/03/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/09/2024 dal Presidente NOME COGNOME.
Fatti di causa
La Corte d’appello di Firenze respinse il gravame della RAGIONE_SOCIALE nei confronti della sentenza con la quale il Tribunale di Siena, adito dalla Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., ne aveva respinto a sua volta la domanda di danni per l’avvenuto pagamento a persona diversa dal beneficiario di un assegno bancario con clausola di non trasferibilità.
Per quanto ancora interessa, la c orte d’appello ritenne doversi escludersi la responsabilità della banca negoziatrice del titolo, perché il pagamento era avvenuto in favore di soggetto che, avendo presentato una falsa patente di guida intestata e un tesserino di codice fiscale, era stato così identificato sulla base di documenti apparentemente regolari.
La sentenza venne impugnata dalla RAGIONE_SOCIALE con ricorso per cassazione. Questa Corte, con sentenza n. 3405 del 2016, ha accolto il ricorso, affermando che in generale la responsabilità della banca prescinde da qualsiasi addebito di colpa.
Riassunto da RAGIONE_SOCIALE, il giudizio di rinvio è stato definito dalla Corte d’appello di Firenze con sentenza pubblicata il 5 -3-2021.
La corte d’appello ha accolto parzialmente il gravame contro la sentenza del tribunale senese ritenendo esistente una responsabilità della banca negoziatrice (ai sensi dell’art. 1218 cod. civ., in difetto di prova liberatoria) in concorso con l’assicurazione, al 50 %, atteso che l’assegno era stato spedito per posta ordinaria con conseguente esposizione a rischio del mittente superiore a quella prevista dalle regole di ordinaria prudenza.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ulteriore ricorso, deducendo tre motivi.
La banca ha replicato con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie.
Ragioni della decisione
I. – Il primo motivo assume la violazione dell’art. 384 cod. proc. civ., perché il giudice del rinvio avrebbe affrontato – e risolto -la questione in contrasto col principio di diritto. Difatti, secondo la sentenza di cassazione, l’addebito nei
riguardi della banca si sarebbe dovuto fondare sulla oggettiva responsabilità della stessa, e dunque sulla scorta di un semplice collegamento causale tra l’ inadempimento (il mancato pagamento del titolo intrasferibile a soggetto non legittimato) e il danno (la sottrazione della provvista accantonata con relativa destinazione a soggetto diverso dall’avente diritto) . Di contro il giudice del rinvio avrebbe reso la decisione in applicazione dell’art. 1218 cod. civ., secondo i dettami di una giurisprudenza sopravvenuta, tale per cui la banca si poteva sottrarre all’addebito provando la diligenza professionale.
II. – Il secondo motivo assume la violazione degli artt. 115, 112 e 132 cod. proc. civ. , per avere la corte d’appello con motivazione solo apparente incentrato la concorrente responsabilità sulla spedizione dell’assegno per posta, spedizione della quale non era stata acquisita, però, alcuna prova e che neppure era stata considerata dalle anteriori decisioni.
– Il terzo motivo prospetta la violazione dell’art. 91 cod. proc. civ. a proposito della compensazione delle spese processuali, disposta come conseguenza di una decisione incongrua.
IV. – Il ricorso è infondato.
– Il primo motivo coglie semplicemente un profilo di errata motivazione in iure, che tuttavia può essere emendato in questa sede senza bisogno di cassare la sentenza.
La denunciata violazione del principio di diritto impartito dalla sentenza di cassazione non ha avuto un’ incidenza causale sulla decisione finale.
Per quanto facendo leva su una giurisprudenza (anche delle Sezioni Unite) sopravvenuta (Cass. Sez. U n. 12477-18, Cass. Sez. U n. 12478-18), determinativa del superamento dell’anteriore indirizzo incentrato sulla responsabilità oggettiva della banca negoziatrice in casi del genere di quello in esame, la corte territoriale ha confermato la responsabilità della banca, sebbene dicendo non offerta la prova liberatoria di cui all’art. 1218 cod. civ.
In effetti il principio di diritto, alla quale la corte era astretta, non consentiva divagazioni sul tema della responsabilità per colpa (art. 1218 cod. civ.), visto che la vincolatività del principio di diritto enunciato in sede rescindente è assoluta, sia per il giudice del rinvio sia per la Corte di cassazione nuovamente investita del ricorso avverso la sentenza pronunziata in sede di rinvio. Restano salvi solo i casi di ius superveniens correlato a sentenza di incostituzionalità o
a decisioni della giurisprudenza unionale (v. tra le varie Cass. Sez. 3 n. 2541422).
Tuttavia, quel principio non ostava a stabilire l’esistenza di profili concorrenti di responsabilità della compagnia assicuratrice, per avvenuta spedizione dell’assegno per posta ordinaria.
In questa prospettiva il primo motivo va ritenuto infondato, per la ragione che la corte territoriale ha comunque mantenuto l’affermazione di responsabilità della banca negoziatrice per il pagamento dell’assegno a non legittimato. Che lo abbia fatto con motivazione errata non è motivo di cassazione della sentenza, essendo quella motivazione giustappunto emendabile in questa sede ai sensi del medesimo art. 384.
VI. – Il secondo motivo è inammissibile.
Sebbene in modo sintetico, la corte d’appello ha accertato che anche la compagnia assicuratrice era stata in colpa per aver spedito l’assegno per posta ordinaria.
L’affermazione è sintonica a quanto questa Corte va ripetendo (v. Cass. Sez. U n. 976920), e al riguardo l’accertamento non era inibito dal principio di diritto enunciato nella sentenza n. 3405-16.
Non lo era perché il giudice di rinvio è vincolato al principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione in relazione ai punti decisivi non congruamente valutati dalla sentenza cassata, ma conserva il potere di procedere a una nuova valutazione di tutti quegli altri fatti la cui acquisizione si renda necessaria in relazione alle direttive espresse dalla sentenza di annullamento ( ex aliis Cass. Sez. U n. 17779-13, Cass. Sez. 2 n. 3150-24).
L’accertamento di fatto è censurato in relazione all’art. 115 e 112 cod. proc. civ., sul rilievo che la prova della spedizione non era stata acquisita e il fatto non era stato previamente accertato.
Ma è evidente l’inammissibilità della duplice censura : da un lato, l’art. 115 cod. proc. civ. non può essere impiegato onde sovvertire l’accertamento di fatto (v. Cass. Sez. U n. 20867-20) ; dall’altro, la circostanza che anteriormente nessuna delle decisioni l’avessero apprezzato non è ragione impeditiva del potere di verifica del giudice del rinvio.
Né la motivazione, per quanto estremamente sintetica, può dirsi parvente, essendo dalla sentenza chiaramente espressa la ratio decisionale.
Nella parte espositiva del motivo la ricorrente adombra -senza peraltro fornirla di maggior supporto -l’idea che il fatto determinativo di responsabilità concorrente non fosse stato allegato. Ma la riguardo l’esposizione non soddisfa il fine di autosufficienza, donde non è suscettibile di inficiare la diversa implicita valutazione della sentenza.
VII. – Il terzo motivo resta di conseguenza assorbito.
Le spese processuali seguono la soccombenza.
p.q.m.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, che liquida in 5.200,00 EUR, di cui 200.00 EUR per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile, addì 19