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Responsabilità avvocato: prova del danno da errore

Un’ordinanza della Cassazione chiarisce i confini della responsabilità avvocato in caso di errore professionale. La Corte ha rigettato la richiesta di maxi-risarcimento di due clienti contro il loro ex legale, sottolineando che non basta dimostrare l’errore del professionista. È onere del cliente provare, tramite un giudizio prognostico, che un’azione legale correttamente impostata avrebbe avuto un’alta probabilità di successo e che l’errore ha causato un danno concreto, il quale non è mai automatico (in re ipsa).

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Responsabilità Avvocato: Non Basta l’Errore per il Risarcimento

Quando un cliente subisce un torto e si affida a un legale, l’aspettativa è quella di ottenere giustizia. Ma cosa succede se l’avvocato commette un errore? La recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 30311/2024 affronta un tema cruciale: la responsabilità avvocato non scatta automaticamente con la dimostrazione dell’errore, ma richiede una prova rigorosa del danno che ne è derivato. Analizziamo questo caso per capire quali sono gli oneri probatori a carico del cliente che intende chiedere un risarcimento al proprio legale.

I Fatti: Un Acquisto Immobiliare Finito Male

La vicenda ha origine con la firma di un contratto preliminare per l’acquisto di un immobile. Una coppia di promissari acquirenti versa una cospicua caparra confirmatoria, pari a 310.000 euro, a fronte di un prezzo totale di 450.000 euro. Tuttavia, prima che il loro contratto venga trascritto, la società venditrice stipula e trascrive un secondo preliminare per lo stesso immobile con un’altra società. Questo rende di fatto impossibile per la coppia portare a termine l’acquisto.

Per tutelare i propri diritti, i due si rivolgono a un avvocato e avviano una causa contro la società venditrice e il notaio. L’obiettivo è ottenere il risarcimento dei danni subiti. Il Tribunale, però, dichiara inammissibili le domande risarcitorie e tardiva quella di risoluzione del contratto. Nonostante la difesa dello stesso legale, i clienti promuovono una seconda causa, questa volta solo contro il notaio, ma anche questa viene rigettata per il principio del ne bis in idem.

La Causa Contro il Legale e la Decisione della Cassazione

A questo punto, i clienti decidono di citare in giudizio la propria legale, accusandola di negligenza professionale. Sostengono che a causa dei suoi errori nell’impostazione delle cause, hanno perso la possibilità, che ritenevano certa, di recuperare il doppio della caparra versata, per un totale di 620.000 euro.

Il percorso giudiziario è complesso. Mentre la Corte d’Appello riconosce un errore del legale, liquida un danno minimo, ben lontano dalla cifra richiesta. La coppia non si arrende e ricorre in Cassazione, lamentando un’errata applicazione delle norme sul risarcimento e una motivazione contraddittoria da parte della Corte territoriale.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, rigetta definitivamente il ricorso, confermando un principio consolidato in materia di responsabilità avvocato.

La Prova del Nesso Causale nella Responsabilità Avvocato

Le motivazioni della Suprema Corte sono chiare e didattiche. I giudici ribadiscono che, in tema di responsabilità professionale, il cliente che si ritiene danneggiato ha un onere probatorio molto specifico. Non è sufficiente dimostrare che l’avvocato ha commesso un errore o è stato negligente.

Il cliente deve provare due elementi fondamentali:
1. Il nesso causale tra l’errore e l’evento di danno: bisogna dimostrare che la condotta negligente del legale è stata la causa diretta della perdita subita.
2. La fondatezza dell’azione originaria: è necessario provare, attraverso un giudizio prognostico, che se l’avvocato avesse agito con la dovuta diligenza, l’azione legale originaria avrebbe avuto elevate probabilità di successo.

In altre parole, il danno non è in re ipsa, cioè non è una conseguenza automatica dell’errore. Il giudice non può presumere che, senza l’errore, il cliente avrebbe vinto la causa e ottenuto il risarcimento. È il cliente che deve convincere il giudice che la vittoria era ‘più probabile che non’.

Nel caso specifico, la Corte di Cassazione ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse correttamente valutato i fatti, concludendo che i ricorrenti non avevano fornito la prova necessaria a dimostrare questo nesso di causalità. La valutazione sull’esito probabile della causa originaria è un accertamento di fatto che, se motivato in modo logico e non contraddittorio, non può essere riesaminato in sede di legittimità.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Clienti e Avvocati

Questa ordinanza offre spunti di riflessione importanti. Per i clienti, emerge la consapevolezza che intentare una causa per responsabilità avvocato è un percorso complesso che richiede una preparazione probatoria solida. Non basta sentirsi vittime di un errore; è indispensabile poter dimostrare, con ragionevole certezza, quale sarebbe stato l’esito favorevole senza quella negligenza.

Per gli avvocati, la decisione ribadisce l’importanza della diligenza e della corretta impostazione strategica di ogni causa. Tuttavia, offre anche una tutela contro pretese risarcitorie infondate, riaffermando che un errore professionale non si traduce automaticamente in un obbligo di risarcire l’intero valore della pretesa originaria del cliente, se questa non aveva solide fondamenta fin dall’inizio.

Se un avvocato commette un errore, il risarcimento per il cliente è automatico?
No, il danno non è mai automatico (in re ipsa). Il cliente deve dimostrare che l’errore del professionista è la causa diretta di un danno concreto e che, senza tale errore, l’azione legale avrebbe avuto un’alta probabilità di successo.

Cosa deve provare un cliente per ottenere un risarcimento dal proprio avvocato negligente?
Il cliente deve provare il nesso di causalità tra la condotta negligente dell’avvocato e la perdita subita. Questo richiede un ‘giudizio prognostico’, ovvero dimostrare che l’esito della causa sarebbe stato molto probabilmente favorevole se l’avvocato avesse agito correttamente.

Perché la Cassazione ha respinto la richiesta di risarcimento legata alla perdita del doppio della caparra?
La Corte ha ritenuto che i clienti non avessero fornito la prova sufficiente del nesso causale tra l’errore del loro avvocato e la perdita della possibilità di ottenere il doppio della caparra. La valutazione della Corte d’Appello, secondo cui non era stata dimostrata l’alta probabilità di successo dell’azione originaria, è stata considerata un accertamento di fatto ben motivato e non sindacabile in sede di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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