Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 19449 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 19449 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27197/2022 R.G. proposto da :
STUDIO LEGALE TRIBUTARIO, elettivamente domiciliato in PARMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende.
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE.
-controricorrente-
avverso il DECRETO del TRIBUNALE di VENEZIA n. 7863/2022 depositato il 08/10/2022,
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Per quanto ancora rileva, il Tribunale di Venezia, con decreto n. 7863/2022, depositato in data 8.10.2022, ha rigettato l’opposizione ex art. 98 l.fall. proposta dallo Studio Legale Tributario avverso il decreto con cui il Giudice Delegato del fallimento Miotto Generale
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ha rigettato l’istanza di insinuazione al passivo, in prededuzione ex art. 111, comma 2, l.fall., del credito di € 218.868,00, vantato a titolo di compenso per l’assistenza legale fornita nel concordato preventivo n. 2/2019.
Il Tribunale di Venezia ha escluso il credito in oggetto, ‘ tenuto conto del carattere frodatorio dell’iniziativa del debitore, sì come accertato dal Tribunale in sede di revoca ex art. 173 l.fall. cui non poteva dirsi estraneo il professionista incaricato dell’assistenza legale e dell’inadempimento dell’obbligazione assunta dall’opponente’.
Il giudice di merito ha, in primo luogo, premesso che era stato accertato, in sede di revoca del concordato cui era stata ammessa la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, che nel piano concordatario era stata prevista la vendita degli immobili siti in Marghera, INDIRIZZO sia nell’ambito del ramo d’azienda, sia separatamente come immobilizzazioni materiali, con conseguente inserimento nel piano di poste attive non esistenti.
Effettuata tale premessa, il Tribunale di Venezia ha osservato che, nella memoria difensiva dell’1.2.2021 depositata nella procedura di concordato, la debitrice, in contrasto con il riconosciuto errore involontario, aveva affermato che era stato corretto appostare come voci distinte dell’attivo immobiliare i cespiti di INDIRIZZO sia quelli del civico 3/A sia del civico INDIRIZZO. Ne consegue che della doppia valorizzazione lo studio professionale era perfettamente consapevole, avendone rivendicata la precisa scelta, sicché doveva ritenersi provata la consapevole partecipazione dello studio legale rispetto alle scelte della proponente.
Né la diretta responsabilità dello studio legale poteva in alcun modo essere esclusa dal rilievo che si tratterebbe di valutazioni esclusivamente economiche e non legali, ovvero dalla esclusiva riferibilità della responsabilità all’attestatore, come sostenuto dal patrocinio dell’opponente.
Il giudice di merito ha, altresì, osservato che era stato integrato il grave inadempimento alla prestazione professionale di assistenza legale, richiamando un precedente di questa Corte (15807/2021), in cui era stato affermato che il curatore è legittimato a sollevare l’eccezione di inadempimento quando il prestatore ha causalmente contribuito all’allestimento di un concordato privo della sua causa concreta , cioè inidoneo al superamento della crisi d’impresa, e ciò per essersi interrotto il nesso funzionale tra prestazione professionale e procedura.
Infine, il giudice di merito ha osservato che, al fine di dimostrare il corretto adempimento, non poteva neppure farsi valere il mero riferimento alla ritenuta applicabilità della previsione di cui all’art. 2236 c.c., atteso che lo studio opponente avrebbe dovuto dimostrare quel particolare grado di complessità tecnicoredazionale che la consulenza avrebbe richiesto.
Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso per cassazione lo Studio Legale Tributario (d’ora in poi SLT) affidandolo a tre motivi. La curatela del fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ha resistito in giudizio con controricorso.
Il P.M., in persona del sostituto Procuratore generale, cons. NOME COGNOME ha depositato requisitoria scritta, chiedendo il rigetto del ricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è stata dedotta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1362 c.c. nonché l’ omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., nella parte in cui il Tribunale di Venezia aveva ritenuto SLT non estraneo all’atto in frode contestato al debitore, sulla base di una errata interpretazione della memoria difensiva del 01.02.2021.
Espone lo studio ricorrente che il decreto impugnato ha ritenuto SLT non estraneo all’iniziativa frodatoria del debitore, sulla base di una interpretazione errata della memoria difensiva del 1 febbraio 2021, che, in realtà, aveva detto esattamente l’opposto di quanto affermato dal Tribunale, posto che nella memoria si era affermato che la duplicazione contestata non poteva essere considerata un atto in frode, ma un errore contenuto nel Piano redatto dall’ advisor finanziario, così come espressamente indicato nella segnalazione ex art. 173 l.fall. del commissario giudiziale. Dunque, dalla memoria era emerso in maniera evidente che si era trattato di un atto del tutto estraneo a SLT, compiuto e rientrante nella sfera di competenza esclusiva di terzi ( advisor finanziario, attestatore, perito).
Peraltro, nella memoria si era sempre parlato di errore inconsapevole e involontario del redattore del Piano, termini che nel loro significato letterale avevano un significato contrario alle parole ‘precisa, scelta, consapevole’, poste a fondamento del giudizio espresso dal Tribunale di Venezia.
Pertanto, il decreto doveva essere censurato per erronea interpretazione degli atti processuali delle parti con riguardo ai criteri di ermeneutica contrattuale, tra cui l’art. 1362 c.c., che valorizza l’intenzione delle parti e che, pur essendo dettato in materia di contratti, ha portata generale.
Il motivo è inammissibile, in primo luogo, per difetto di autosufficienza.
Il decreto impugnato ha giustificato il proprio assunto secondo cui lo studio ricorrente non era estraneo al carattere frodatorio dell’iniziativa del debitore, evidenziando che, nella memoria difensiva dell’1.2.2021, quest’ultimo aveva affermato che era corretto appostare come voci distinte dell’attivo immobiliare i cespiti di INDIRIZZO sia quelli del civico 3/A sia del civico INDIRIZZO.
Pertanto, della doppia valorizzazione lo studio professionale era perfettamente consapevole, avendone rivendicato la precisa scelta. Il ricorrente ha contestato tale affermazione, fornendo una diversa chiave di lettura della memoria difensiva dell’1.2.2021, non assolvendo, tuttavia, in modo sufficientemente idoneo al proprio onere di allegazione.
Il ricorrente, infatti, per dimostrare che non era in alcun modo consapevole della duplicazione delle poste dell’attivo concordatario – la quale sarebbe stata solo il frutto di un errore riconducibile all’ advisor finanziario, attestatore e perito – ha trascritto nel ricorso alcuni estratti di poche righe della memoria difensiva dell’1.2.2021 (segnatamente delle pagine 10,12,14,27, 29) che non consentono di ricostruirne adeguatamente, nel suo complesso, il contenuto e di verificare, pertanto, se siano stati dal Tribunale, nella sua interpretazione, violati o meno i criteri di ermeneutica contrattuale, applicabili anche nella interpretazione degli atti processuali.
Inoltre, le censure del ricorrente sono, comunque, inammissibili, in quanto sollecitano, nella sostanza, il riesame dell’interpretazione di un atto processuale riservata al giudice del merito, limitandosi a proporre la opzione esegetica alternativa.
In ogni caso, da un’attenta lettura del decreto impugnato emerge che il tribunale ha parlato di consapevolezza della scelta di MIOTTO da parte di SLT, non di paternità, ed ha precisato che la responsabilità non era esclusa dal fatto che trattavasi di valutazioni economiche riferibili all’attestatore (vedi decreto pag. 7). Ne consegue che il motivo non censura integralmente la ratio e comunque il ragionamento del tribunale si inserisce nel quadro di una argomentazione ben più ampia (il tribunale ha detto ‘va inoltre sottolineato’ (vedi sempre pag. 7 decreto impugnato).
Con il secondo motivo è stata dedotta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1218 c.c., nella parte in cui il Tribunale di
Venezia ha ritenuto che SLT fosse stata gravemente inadempiente ai propri obblighi di assistenza legale per aver partecipato alla violazione di legge determinante la revoca del concordato preventivo della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione.
Espone lo studio ricorrente che nel decreto impugnato non viene mossa alcuna censura specifica sull’attività svolta (oppure eventualmente omessa) da SLT durante la procedura concordataria.
Rileva che non ha alcun pregio né logico né giuridico la pretesa di addebitare a SLT un inadempimento alle sue obbligazioni per il solo rilievo che si sarebbe verificata una violazione di legge nella procedura concordataria per effetto della presunta attività fraudolenta del debitore. SLT non aveva il compito di effettuare quelle attività, né le era stato contestato altro inadempimento.
Con il terzo motivo è stata dedotta violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1176, co.2 e 2236 c.c., nella parte in cui il Tribunale di Venezia ha ritenuto non applicabile a SLT la previsione di cui all’art. 2236 c.c., richiamando quanto stabilito da Cass. Sez. Un. n. 42093/2021 sul tema della perizia esigibile al professionista delle crisi.
Ad avviso dello studio ricorrente, si dovrebbe comunque ritenere applicabile la previsione di cui all’art. 2236 c.c., poiché l’asserita duplicazione dell’attivo della Miotto andrebbe sussunta nelle ipotesi di ‘errore tecnico’ di speciale difficoltà che SLT avrebbe potuto individuare solo con un grado di perizia di gran lunga superiore al livello medio corrente nell’attività professionale di assistenza legale esercitata.
Tale errore era, peraltro, contenuto nel Piano – in particolare, in una sua parte prettamente tecnica, relativa alla ricognizione delle poste attive e passive della società – ossia in un documento che non era stato redatto da SLT bensì da altro advisor terzo. Ne consegue che non poteva essere addebitato all’odierno ricorrente,
che aveva ricevuto dalla COGNOME un incarico per la sola assistenza legale, nella quale doveva ritenersi esclusa qualsiasi analisi o revisione di documenti di terzi professionisti incaricati dalla COGNOME.
Il secondo ed il terzo motivo, da esaminare unitariamente, attenendo entrambi dall’adempimento della prestazione da parte del professionista, sono inammissibili.
In primo luogo, il ricorrente non si è seriamente confrontato con la precisa affermazione del Tribunale, seppur veicolata con il richiamo ad uno specifico precedente di questa Corte, secondo cui integrava un grave inadempimento la circostanza che il prestatore avesse causalmente contribuito all’allestimento di un concordato privo della sua causa in concreto, cioè inidoneo al superamento della crisi d’impresa, e ciò per essersi interrotto il nesso funzionale tra prestazione professionale e procedura.
Le censure del ricorrente, secondo cui non sarebbe stato suo onere svolgere quella tipologia di attività, si configurano come di merito, come tali inammissibili, essendo dirette a sollecitare una diversa ricostruzione dei fatti rispetto a quella operata dallo stesso Tribunale, che ha, implicitamente, ritenuto la responsabilità di SLT a titolo di concorso omissivo nel fatto commissivo della debitrice.
Pertanto, la ricorrente censura, inammissibilmente, una valutazione rilevante sul piano del giudizio di fatto, tale essendo il giudizio sulla gravità dell’inadempimento.
Quanto alla dedotta speciale difficoltà di cui all’art. 2236 c.c., va osservato, in primo luogo, che la limitazione di responsabilità per dolo o colpa grave, ex art. 2236 c.c., attiene all’imperizia (cfr. Cass. n. 9085/2006), mentre la ricorrente non ha colto che il giudice di merito, nel ritenere che RAGIONE_SOCIALE fosse consapevole e non autore delle scelte fraudatorie dell’attestatore, ha riscontrato una negligenza, ovvero una diversa tipologia di colpa.
In ogni caso, secondo il costante orientamento della giurisprudenza di questa Corte, è, comunque, il professionista che deve allegare e
dimostrare la speciale complessità rilevante ex art. 2236 c.c., che comporta responsabilità per la colpa grave (cfr. Cass. 3957/1974; più recentemente, Cass. S.U. n. 42093/2021; Cass. n. 34412/2023).
Orbene, secondo la ricostruzione del decreto impugnato, lo studio ricorrente -che non ha nemmeno specificato il profilo di imperizia che non sarebbe stato tenuto in conto (con conseguente genericità delle censure) -non ha neppure assolto al proprio onere probatorio, non dimostrando quel particolare grado di complessità tecnico-redazionale che la propria attività di consulenza avrebbe richiesto. Trattasi di ulteriore valutazione di fatto non sindacabile in sede di legittimità.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in € 7.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 28.5.2025.