Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 26832 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 26832 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 14383/2019 r.g. proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, questi ultimi tre quali eredi di NOME COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME (n. il DATA_NASCITA), quale erede di NOME COGNOME (n. il DATA_NASCITA), COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME, questi ultimi cinque quali eredi di NOME COGNOME, COGNOME NOME, quale erede di NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, questi ultimi tre quali eredi di NOME COGNOME, COGNOME NOME e COGNOME, entrambi quali eredi di COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME
NOME (n. il DATA_NASCITA), COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, quale erede di NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME (n. il DATA_NASCITA), COGNOME NOME e COGNOME NOME, questi ultimi quattro quali eredi di COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, in proprio e quale erede di NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, questi ultimi quattro quali eredi di NOME COGNOME, NOME NOME, COGNOME NOME, quale erede di NOME COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, questi ultimi tre quali eredi di NOME COGNOME, COGNOME NOME e COGNOME COGNOME, entrambe quali eredi di NOME COGNOME, COGNOME NOME, quale erede di NOME COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME CINZIA, COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, in proprio e quale erede di NOME COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, queste ultime tre quali eredi di NOME COGNOME, COGNOME NOME, in proprio e quale erede di COGNOME, TORREGROSSA COGNOME (n. il DATA_NASCITA), TORREGROSSA COGNOME (n. il DATA_NASCITA) TORREGROSSA CONCETTA, TORREGROSSA COGNOME NOME e
COGNOME NOME, questi ultimi quattro quali eredi di NOME COGNOME, COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, in proprio e quale erede di NOME COGNOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, tutti rappresentati e difesi, in forza di procure speciali allegate al ricorso, da ll’ AVV_NOTAIO, con cui elettivamente domiciliano in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO .
-ricorrenti -contro
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, alla INDIRIZZO, in persona del suo presidente e legale rappresentante pro tempore AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al controricorso, dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, con cui elettivamente domicilia nella propria sede, presso l’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO .
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza, n. cron. 6993/2018, della CORTE DI APPELLO DI ROMA pubblicata il giorno 05/11/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 10/10/2024 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
Con atto notificato il 30 aprile 1999, centoventitré risparmiatori, tutti clienti della commissionaria di borsa RAGIONE_SOCIALE, citarono la RAGIONE_SOCIALE innanzi al Tribunale di Roma chiedendone la condanna al risarcimento dei danni da essi patiti in conseguenza del fallimento della menzionata RAGIONE_SOCIALE, a loro dire autorizzata all’esercizio dell’attività di RAGIONE_SOCIALE imRAGIONE_SOCIALE in assenza dei requisiti di legge.
1.1. Costituendosi in giudizio, la RAGIONE_SOCIALE eccepì la improcedibilità, in rito e nel merito, dell’avversa azione, comunque contestando la pretesa che ne costituiva l’oggetto di cui chiese il rigetto.
1.2. Istruita la causa documentalmente, l’adito tribunale: i ) con sentenza non definitiva n. 20934/2002, dichiarò la nullità della citazione dell’attore NOME COGNOME, respinse tutte le eccezioni pregiudiziali, in rito e nel merito, sollevate dalla RAGIONE_SOCIALE e rimise la causa sul ruolo, con separata ordinanza, per la prosecuzione del giudizio. La convenuta formulò tempestiva riserva di gravame contro questa decisione; ii ) con successiva sentenza definitiva n. 34309/2024, accolse le domande di ciascun attore, sul presupposto della illegittima iscrizione della società RAGIONE_SOCIALE (commissionaria di borsa) all’albo delle SIM, rilasciata dalla RAGIONE_SOCIALE il 28 dicembre 1992, e, per l’effetto, condann ò quest’ultima al pagamento, a titolo di risarcimento del danno, in favore di ognuno di essi, delle somme ivi liquidate in via equitativa e specificamente indicate in dispositivo, oltre accessori e spese di lite.
Pronunciando sul gravame promosso contro entrambe tali pronunce dalla RAGIONE_SOCIALE con atto notificato alle controparti il 19 aprile 2005, l’adita Corte di appello di Roma, con sentenza del 10 gennaio/5 novembre 2018, n. 6993, confermò la impugnata sentenza non definitiva n. 20934/2002, accolse l’appello contro quella definitiva e, per l’effetto, rigettò le domande proposte dai risparmiatori ivi elencati e li condannò a restituire alla RAGIONE_SOCIALE quanto da ciascuno percepito in esecuzione della sentenza di primo grado, oltre interessi di legge.
2.1. In particolare, per quanto qui di residuo interesse, quella corte escluse che potesse attribuirsi all’appellante una qualsivoglia responsabilità per i danni lamentati dai risparmiatori, osservando ( cfr., amplius , pag. 7 e ss. della sentenza n. 6993/2018) che: i ) « , non può imputarsi alla RAGIONE_SOCIALE una autonoma responsabilità civile per i danni cagionati ai risparmiatori dovuti ad una mala gestio della RAGIONE_SOCIALE »; ii ) « La RAGIONE_SOCIALE, nel periodo antecedente all’autorizzazione all’iscrizione all’albo SIM, aveva infatti posto in essere una serie di controlli ed accertamenti ispettivi, in parte ostacolati dalle false comunicazioni da parte di RAGIONE_SOCIALE poi condannato dal Tribunale di Milano. Le perdite subite dai risparmiatori, inoltre, non trovano una precisa allegazione in merito all’arco temporale durante il quale sono stati effettuati gli investimenti o affidati i risparmi, nonché delle tipologie degli investimenti
stessi e soglie di rischio. Si ritiene pertanto erronea la quantificazione effettuata dal giudice di primo grado che individua l’ammontare del pregiudizio, in via equitativa, nell’importo rispettivamente ammesso al passivo del fallimento RAGIONE_SOCIALE (previa detrazione di una somma pari al 55%, avendo il RAGIONE_SOCIALE risarcito il 25% della perdita, e considerando una liquidazione del 30% da parte della Curatela Fallimentare), evidenziando una responsabilità diretta della RAGIONE_SOCIALE per le perdite subite dai risparmiatori »; iii ) « Se è vero che la RAGIONE_SOCIALE aveva un potere di controllo e di verifica sul possesso dei requisiti previsti dall’art. 19 della L. n. 19/91 posseduti dalla COGNOME al momento dell’autorizzazione e funzione di tutela del risparmio, non può qui evidenziarsi un collegamento diretto tra autorizzazione all’iscrizione all’albo SIM e perdite subite dai risparmiatori, avendo la stessa attuato i poteri istruttori, ispettivi e inibitori ».
Per la cassazione di questa sentenza hanno promosso ricorso i risparmiatori tutti come in indicati in epigrafe, affidandosi a due motivi, illustrati anche da memoria ex art. 380bis. 1 cod. proc. civ. Ha resistito, con controricorso, la RAGIONE_SOCIALE, proponendo pure ricorso incidentale recante un motivo.
3.1. Con successivo atto datato 17 novembre 2023, la medesima controricorrente ha dichiarato di rinunciare al ricorso incidentale unicamente nei confronti dei soggetti ivi specificamente indicati ed ha chiesto pronunciarsi l’estinzione di questo giudizio di legittimità, a spese compensate, verso quelli, pure analiticamente individuati, che, « non avendo proposto ricorso principale, non saranno più ‘parte’ del giudizio in epigrafe a seguito della presente rinuncia ».
RAGIONI DELLA DECISIONE
I formulati motivi di impugnazione prospettano, rispettivamente, in sintesi:
« Art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., violazione delle seguenti norme di diritto: violazione della Legge 2 gennaio 1991, n. 1, artt. 3 e 19 (“Disciplina dell’attività di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e disposizioni sull’organizzazione dei mercati mobiliari”, come vigente all’epoca dei fatti causa) e dell’art. 2043
c.c. ». Si ascrive alla corte distrettuale di non aver considerato il dovere di vigilanza e di inibizione che la legge n. 1 del 1991 prescriveva alla RAGIONE_SOCIALE, la quale concesse, il 28 dicembre 1992, alla RAGIONE_SOCIALE, che non aveva i requisiti di legge, di divenire RAGIONE_SOCIALE (la RAGIONE_SOCIALE sarà commissariata nel 1993, per poi fallire nel 1994) quando la prima aveva il potere e dovere di inibirlo, con conseguente danno cagionato ai risparmiatori per culpa in vigilando ;
II) « Art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ». Si assume che RAGIONE_SOCIALE, « prima di autorizzare la RAGIONE_SOCIALE a divenire RAGIONE_SOCIALE SIM, ha disposto tantissime ispezioni senza mai valorizzarne le risultanze; l’esito dell’ultima ispezione pervenne sulla scrivania della RAGIONE_SOCIALE la mattina del giorno stesso nel cui pomeriggio la RAGIONE_SOCIALE autorizzò la trasformazione in SIM: detto esito era allarmante e preclusivo al ‘via libera” e pertanto la RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto inibire detta trasformazione. Ebbene, la Corte di Appello, incomprensibilmente, afferma che RAGIONE_SOCIALE ha correttamente esercitato i poteri inibitori mentre l’oggetto del giudizio è, in sostanza, proprio il fatto che RAGIONE_SOCIALE ha omesso di esercitare i poteri inibitori che la Legge n. 1/91 le conferiva. Se avesse esercitato i poteri inibitori, avrebbe inibito alla RAGIONE_SOCIALE di divenire RAGIONE_SOCIALE e i risparmiatori non avrebbero subito i danni che il Tribunale civile di Roma ha loro riconosciuto ».
Il primo di tali motivi si rivela complessivamente inammissibile alla stregua delle considerazioni tutte di cui appresso.
2.1. Giova premettere che il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. (specificamente invocato dalla ricorrente nella doglianza in esame) può rivestire la forma della violazione di legge (intesa come errata negazione o affermazione dell’esistenza o inesistenza di una norma, ovvero attribuzione alla stessa di un significato inappropriato) e della falsa applicazione di norme di diritto (intesa come sussunzione della fattispecie concreta in una disposizione non pertinente perché, ove propriamente individuata ed interpretata, riferita ad altro, ovvero deduzione da una norma di conseguenze
giuridiche che, in relazione alla fattispecie concreta, contraddicono la sua, pur corretta, interpretazione. Cfr . Cass. nn. 19423, 16448 e 5436 del 2024; Cass. n. 1015 del 2023; Cass. n. 5490 del 2022; Cass. n. 3246 del 2022; Cass. n. 596 del 2022; Cass. n. 40495 del 2021; Cass. n. 28462 del 2021; Cass. n. 25343 del 2021; Cass. n. 4226 del 2021; Cass. n. 395 del 2021; Cass. n. 27909 del 2020; Cass. n. 4343 del 2020; Cass. n. 27686 del 2018). È opportuno evidenziare, inoltre, che questa Corte, ancora recentemente ( cfr ., pure nelle rispettive motivazioni, oltre alle pronunce appena citate, Cass. n. 35041 del 2022, Cass. n. 33961 del 2022 e Cass. n. 13408 del 2022), ha chiarito, tra l’altro, che: a ) non integra violazione, né falsa applicazione di norme di diritto, la denuncia di una erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, poiché essa si colloca al di fuori dell’ambito interpretative ed applicativo della norma di legge; b ) il discrimine tra violazione di legge in senso proprio (per erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa) ed erronea applicazione della legge (in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta) è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, diversamente dalla prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa ( cfr . Cass. n. 10313 del 2006; Cass. n. 195 del 2016; Cass. n. 26110 del 2015; Cass. n. 8315 del 2013; Cass. n. 16698 del 2010; Cass. n. 7394 del 2010); c ) le doglianze attinenti non già all’erronea ricognizione della fattispecie astratta recata dalle norme di legge, bensì all’erronea ricognizione della fattispecie concreta alla luce delle risultanze di causa, ineriscono tipicamente alla valutazione del giudice di merito ( cfr . Cass. n. 13238 del 2017; Cass. n. 26110 del 2015).
2.2. È doveroso rammentare, poi, che, come spiegato da Cass. n. 22164 del 2019, ( cfr . pag. 8-9 della motivazione), « l’attività di natura discrezionale della RAGIONE_SOCIALE deve svolgersi non solo nei limiti e con l’esercizio dei poteri di cui alle leggi speciali che ne regolano il funzionamento, ma anche della norma primaria del neminem laedere, alla luce dei principi costituzionali di legalità, imparzialità e buona amministrazione della P.A. (art. 97 Cost.) e di tutela del risparmio (art. 47 Cost.). Pertanto, la norma dell’art. 2043 c.c. è applicabile anche nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, in quanto si pone come limite esterno alla
sua attività discrezionale, la quale, di per sé, non può mai estendersi alla scelta radicale tra l’attivarsi o meno, specie qualora siano emersi gravi indizi di irregolarità. Dunque, anche in detto ambito l’illecito civile segue le comuni regole codicistiche per quanto riguarda l’imputabilità soggettiva, il nesso di causalità, l’evento di danno e la sua quantificazione, con la precisazione che, ove, come nella specie, l’addebito si configura come omissione di un certo comportamento, tale omissione trova rilievo, quale condizione determinativa del processo causale dell’evento dannoso, allorché si tratti di condotta imposta da una norma giuridica specifica, per cui il giudizio relativo alla sussistenza del nesso causale non può limitarsi alla mera valutazione della materialità fattuale, bensì postula la preventiva individuazione dell’obbligo specifico di tenere la condotta omessa in capo al soggetto ».
2.2.1. A tal riguardo, dunque, vengono in evidenza i poteri-doveri della RAGIONE_SOCIALE, funzionali all’esercizio delle sue attribuzioni di vigilanza e controllo, siccome individuati ed imposti dalla normativa di settore nel tempo succedutasi, riguardanti, per quanto qui di concreto interesse, i compiti specifici di vigilanza nei riguardi delle società RAGIONE_SOCIALE (SRAGIONE_SOCIALE), assumendo già al momento dell’autorizzazione all’attività i poteri di accertamento di taluni requisiti (art. 3), concernenti: la consistenza del capitale sociale della società per azioni (comma 2, lett. a); l’onorabilità degli amministratori, direttori generali e dirigenti muniti di rappresentanza, anche in relazione al possesso delle condizioni di non esclusione dai locali della borsa di cui all’art. 8 della legge n. 272 del 1913 e con estensione dei menzionati requisiti a coloro, persone fisiche o giuridiche, che esercitino, anche in vi indiretta, il controllo della S.i.m. (artt. 3, comma 1 0 2, lettere a, b ed e, della legge 2 gennaio 1991, n. 1, richiamato anche dal successivo art. 18).
2.2.2. Poteri di accertamento corroborati, altresì, dalle indicazioni provenienti dalla stessa RAGIONE_SOCIALE, dettati in forza di proprio regolamento, circa le modalità di presentazione della domanda di iscrizione all’albo delle S.i.m., gli elementi informativi che la domanda deve contenere, i documenti che devono essere forniti in allegato, nonché le modalità di svolgimento dell’istruttoria (art. 3, comma 3, della citata legge n. 1 del 1991).
2.3. È sicuramente vero, poi, che, come si legge in Cass. n. 1070 del 2019 ( cfr . pag. 12 e ss. della sua motivazione), il sistema dei controlli e relative sanzioni spettanti alla RAGIONE_SOCIALE giusta quanto previsto dalla legge n. 1 del 1991 -pacificamente applicabile ratione temporis alla odierna controversia -« era diretto alla tutela ‘dell’interesse alla correttezza del comportamento degli intermediari finanziari, per i riflessi che ne possono derivare sul buon funzionamento dell’intero mercato” (Cass., Sez. Un., 19 dicembre 2007, n. 26725), essendo la RAGIONE_SOCIALE non soltanto “organo di vigilanza del mercato dei valori, ma… anche organo di garanzia del risparmio pubblico e privato” (Cass. 23 marzo 2011, n. 6681) ».
2.3.1. Ne deriva, quindi, in linea generale, che la RAGIONE_SOCIALE, nella veste ad essa riconosciuta dal legislatore di ” organo di garanzia del risparmio “, era (ed è) assoggettata ad un vero e proprio obbligo giuridico di impedire o circoscrivere, nei limiti del possibile, possibili danni a carico di risparmiatori mediante l’esercizio dei propri poteri ispettivi e di vigilanza. Una tale conclusione, del resto, trova conferma nel principio, sancito da Cass. n. 6681 del 2011(e ribadito, poi, come si è già detto, da Cass. n. 22164 del 2019), che il Collegio condivide, secondo cui « L’attività di natura discrezionale della RAGIONE_SOCIALE deve svolgersi non solo nei limiti e con l’esercizio dei poteri di cui alle leggi speciali che ne regolano il funzionamento, ma anche della norma primaria del neminem laedere , alla luce dei principi costituzionali di legalità, imparzialità e buona amministrazione della P.A. (art. 97 Cost.) e di tutela del risparmio (art. 47 Cost.). Pertanto, la norma dell’art. 2043 cod. civ. è applicabile anche nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, in quanto si pone come limite esterno alla sua attività discrezionale, e l’illecito civile segue le comuni regole del codice civile anche per quanto riguarda la cd. imputabilità soggettiva, il nesso di causalità, l’evento di danno e la sua quantificazione ».
2.4. È doveroso ricordare, infine, che, allorquando agisca ex art. 2043 cod. civ., spetta alla parte attrice, giusta la regola desumibile dall’art. 2697 cod. civ., dimostrare il fatto, l’evento dannoso ed il nesso di causalità tra il primo ed il secondo, altresì precisandosi, in relazione a quest’ultimo profilo e te nuto conto della concreta vicenda oggi all’esame di questa Corte, che: i ) la
verifica del nesso causale tra condotta omissiva e fatto dannoso si sostanzia nell’accertamento della probabilità, positiva o negativa, del conseguimento del risultato idoneo ad evitare il rischio specifico di danno riconosciuta alla condotta omessa, da compiersi mediante un giudizio controfattuale che pone al posto dell’omissione il comportamento accertato come dovuto; ii ) costituisce apprezzamento di fatto, non censurabile in sede di legittimità, la verifica della sussistenza, o meno, di una condotta, anche omissiva, dotata di efficienza determinante ed assorbente, tale da escludere ogni responsabilità concorrente; iii ) parimenti costituisce apprezzamento incensurabile quello concernente tanto l’idoneità dell’espletamento dei necessari controlli ad impedire il verificarsi del danno secondo il principio della regolarità causale, quanto la violazione dell’obbligo di diligenza per aver tardato ad attivarsi a seguito delle notizie apprese.
2.5. Fermo tutto quanto precede, rileva il Collegio che, come si è ampiamente riferito al § 2.1. dei ‘ Fatti di causa ‘, la corte distrettuale ha escluso che potesse attribuirsi alla odierna controricorrente una qualsivoglia responsabilità per i danni lamentati dagli appellanti/odierni ricorrenti. A tale conclusione la stessa è giunta, all’esito della valutazione del mate riale istruttorio, opinando che quei danni erano stati dovuti unicamente alla autonoma mala gestio della RAGIONE_SOCIALE, prima commissariata e poi fallita. Invero, ha riferito quella corte che « La RAGIONE_SOCIALE, nel periodo antecedente all’autorizzazione all’iscrizione all’albo SIM, aveva infatti posto in essere una serie di controlli ed accertamenti ispettivi, in parte ostacolati dalle false comunicazioni da parte di RAGIONE_SOCIALE poi condannato dal Tribunale di Milano », altresì rimarcando che « Se è vero che la RAGIONE_SOCIALE aveva un potere di controllo e di verifica sul possesso dei requisiti previsti dall’art. 19 della L. n. 19/91 posseduti dalla RAGIONE_SOCIALE al momento d ell’autorizzazione e funzione di tutela del risparmio, non può qui evidenziarsi un collegamento diretto tra autorizzazione all’iscrizione all’albo SIM e perdite subite dai risparmiatori, avendo la stessa attuato i poteri istruttori, ispettivi e inibitori ».
2.5.1. La stessa ha puntualizzato, poi, che « Le perdite subite dai risparmiatori, inoltre, non trovano una precisa allegazione in merito all’arco
temporale durante il quale sono stati effettuati gli investimenti o affidati i risparmi, nonché delle tipologie degli investimenti stessi e soglie di rischio. Si ritiene pertanto erronea la quantificazione effettuata dal giudice di primo grado che individu a l’ammontare del pregiudizio, in via equitativa, nell’importo rispettivamente ammesso al passivo del fallimento RAGIONE_SOCIALE (previa detrazione di una somma pari al 55%, avendo il RAGIONE_SOCIALE risarcito il 25% della perdita, e considerando una liquidazione del 30% da parte della Curatela Fallimentare), evidenziando una responsabilità diretta della RAGIONE_SOCIALE per le perdite subite dai risparmiatori ». Affermazione, quest’ultima, rimasta priva di adeguata e specifica censura, in questa sede, da parte dei ricorrenti: tale non può considerarsi, infatti, il solo assunto, assolutamente generico, oltre che implicante accertamenti di natura fattuale preclusi in questa sede, rinvenibile alla pag. 27 del ricorso, secondo cui « Erra, , la Corte nell’affermare in sentenza che era necessario individuare l’arco temporale nel quale gli investimenti sono stati fatti; se RAGIONE_SOCIALE non avesse concesso l’ imprimatur alla RAGIONE_SOCIALE di divenire RAGIONE_SOCIALE, tutti coloro che da detta data di concessione in poi hanno effettuato investimenti non li avrebbero fatti in quanto la SIM non sarebbe esistita; coloro i quali avevano effettuato investimenti prima di quel 28/12/92 potevano chiederne ed ottenerne la restituzione: infatti, il passivo di 44 miliardi di lire si creò proprio nel periodo successivo all’ imprimatur della RAGIONE_SOCIALE. Fra l’altro, la maggior parte degli odierni ricorrenti fecero, mantennero e rinnovarono gli investimenti dopo quella data e proprio perché si sentivano garantiti dall’operato della RAGIONE_SOCIALE e comunque la liquidazione di primo grado è stata fatta in via equitativa con una decurtazione del 55% sulla somma effettivamente perduta ».
2.5.2. In definitiva, la corte capitolina ha ricondotto il danno lamentato dai risparmiatori alla condotta fraudolenta e dissimulatrice del presidente della RAGIONE_SOCIALE, contestualmente escludendo, in assenza di idonea dimostrazione in tal senso, che le perdite finanziarie degli investitori siano dipese da una colpevole omessa vigilanza e verifica, da parte della RAGIONE_SOCIALE,
dei presupposti e requisiti, patrimoniali e personali, per l’iscrizione della società RAGIONE_SOCIALE nell’albo Sim di quest’ultima.
2.6. Posto, allora, che, come si è già riferito, i ricorrenti non si confrontano adeguatamente con il rilievo della corte territoriale, chiaramente decisivo, concernente la carenza di prova circa il quando (se, cioè, prima o dopo l’intervento della RAGIONE_SOCIALE che aveva autorizzato l’iscrizione della società poi fallita nell’albo speciale delle SIM) gli investitori avevano conferito i propri risparmi alla COGNOME, non resta che prendere atto degli accertamenti fattuali compiti dalla corte di merito, accertamenti, rispetto ai quali le argomentazioni della censura in esame, benché sotto l’egida della violazione di legge, si rivelano sostanzialmente volte ad ottenerne un riesame, così dimenticando che: i ) il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. deve essere dedotto, a pena di inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366, n. 4, cod. proc. civ., non solo con la indicazione delle norme assuntivamente violate, ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendosi alla Corte regolatrice di adempiere al suo istituzionale compito di verificare il fondamento della lamentata violazione ( cfr . tra le più recenti, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 19423, 16448 e 15033 del 2024; Cass. nn. 13408, 10033 e 9014 del 2023; Cass. n. 31071 del 2022; Cass. nn. 28462 e 25343 del 2021; Cass. n. 16700 del 2020. Si veda pure Cass., SU, n. 23745 del 2020, a tenore della quale, « In tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto
normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni -la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa »); ii ) le doglianze attinenti non già all’erronea ricognizione della fattispecie astratta recata dalle norme di legge, bensì all’erronea ricognizione della fattispecie concreta alla luce delle risultanze di causa, ineriscono tipicamente alla valutazione del giudice di merito ( cfr . l’ampi a rassegna giurisprudenziale già indicata alla fine del § 2.1. di questa motivazione); iii ) il giudizio legittimità non può essere trasformato in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative ( cfr . Cass. n. 21381 del 2006, nonché, tra le più recenti, Cass. n. 8758 del 2017; Cass., SU, n. 34476 del 2019; Cass. nn. 32026 e 40493 del 2021; Cass. nn. 1822, 2195, 3250, 5490, 9352, 13408, 5237, 21424, 30435, 35041 e 35870 del 2022; Cass. nn. 1015, 7993, 11299, 13787, 14595, 17578, 27522, 30878 e 35782 del 2023; Cass. nn. 4582, 4979, 5043, 6257, 9429, 10712, 19423 e 25495 del 2024).
2.7. Ragioni di completezza, infine, atteso il richiamo ad essa contenuto nella memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ. dei ricorrenti depositata il 27 settembre 2024, impongono di rimarcare che, nella fattispecie esaminata da Cass. n. 22164 del 2019, -diversamente da quella oggi all’attenzione di questo Collegio, nella quale, come si è riferito, la corte distrettuale ha escluso qualsivoglia responsabilità dell’appellante oggi controricorrente erano stati entrambi i giudici di merito ad accertare, in concreto, la responsabilità della RAGIONE_SOCIALE e la Suprema Corte disattese i motivi di ricorso di quest’ultima senza assolutamente rimettere in discussione, ovviamente (né avrebbe potuto farlo, stanti le caratteristiche proprie del giudizio di legittimità), quell’accertamento fattuale.
Il secondo motivo di ricorso è parimenti inammissibile.
3.1. Invero, è opportuno premettere che il vizio di motivazione, ancor più in rapporto all’attuale testo introdotto dall’art. 54, comma 1, lett. b) , del
d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 134 del 2012 -dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. (qui applicabile ratione temporis , risultando impugnata una sentenza resa dalla corte di appello il 5 novembre 2018), non può consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo al giudice predetto individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova; mentre alla Corte di cassazione non è conferito il potere di riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa, bensì solo quello di controllare, sotto il profilo logico e formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione compiuti dal giudice del merito, cui è riservato l’apprezzamento dei fatti ( cfr . Cass. nn. 6127 e 2607 del 2024; Cass. n. 30878 del 2023).
3.1.1. In altri termini, l’attuale art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., riguarda un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto controverso e decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia) per il giudizio, da intendersi riferito ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni, sicché sono inammissibili le censure che, come nella specie, irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo ( cfr ., ex aliis, anche nelle rispettive motivazioni, Cass., nn. 6127 e 2607 del 2024; Cass., SU, n. 23650 del 2022; Cass. n. 9351 del 2022; Cass. n. 2195 del 2022; Cass. n. 595 del 2022; Cass. n. 4477 del 2021; Cass. n. 395 del 2021; Cass. n. 22397 del 2019; Cass. n. 26305 del 2018; Cass., SU, n. 16303 del 2018; Cass. n. 14802 del 2017; Cass. n. 21152 del 2015). A tanto deve solo aggiungersi che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze istruttorie ( cfr ., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 3845 del 2018; Cass. n. 9253 del 2017),
così come il mancato esame di elementi probatori contrastanti con quelli posti a fondamento della pronuncia costituisce vizio di omesso esame di un fatto decisivo solo se le risultanze processuali non esaminate siano tali da invalidare, con un giudizio di certezza, e non di mera probabilità, l’efficacia probatoria delle altre risultanze sulle quali il convincimento è fondato, onde la ratio decidendi viene a trovarsi priva di fondamento ( cfr ., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 3845 del 2018; Cass. n. 20188 del 2017).
3.2. Alla stregua di tali principi, che il Collegio condivide ed intende ribadire, ne deriva, quindi, in via assolutamente dirimente, che il preteso omesso esame come lamentato nella odierna doglianza dei ricorrenti si rivela, a tacer d’altro, privo di dec isività, posto che, come si è già precedentemente riferito, gli stessi non si sono confrontati adeguatamente con il rilievo della corte territoriale, questo si chiaramente decisivo, concernente la carenza di prova circa il quando (se, cioè, prima o dopo l’intervento della RAGIONE_SOCIALE che aveva autorizzato l’iscrizione della società poi fallita nell’albo speciale delle SIM) gli investitori avevano conferito i propri risparmi alla RAGIONE_SOCIALE.
In definitiva, l’odierna impugnazione principale dei ricorrenti tutti indicati in epigrafe deve essere dichiarata inammissibile.
Con l’unico motivo del proprio ricorso incidentale, la RAGIONE_SOCIALE ha chiesto dichiararsi la « Nullità della sentenza, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per violazione degli articoli 132, comma 2, n. 2, cod. proc. civ. e 112 cod. proc. civ., quanto alla omessa indicazione, nell’epigrafe e nel dispositivo, del nominativo di talune parti del giudizio di appello e alla conseguente omessa pronuncia sull’appello proposto nei loro confronti da RAGIONE_SOCIALE; nonché all’omessa indicazione del nomina tivo dei difensori di talune parti del giudizio di appello ».
5.1. Con successivo atto del 17 novembre 2023, peraltro, la stessa ha comunicato: i ) di aver depositato, presso la Corte d’appello di Roma, ricorso per la correzione di errore materiale ex artt. 287 e 288, comma 2, cod. proc. civ. con il quale ha chiesto di provvedere alla correzione di alcuni dei medesimi errori di cui sarebbe inficiata la sentenza impugnata, già fatti valere in questa sede con il ricorso incidentale suddetto; ii ) che, a definizione del
predetto giudizio di correzione di errore materiale, la Corte d’appello di Roma ha depositato l’ordinanza di correzione in data 4 febbraio 2021, annotata sulla sentenza impugnata, con la quale ha corretto parte degli errori fatti qui valere con il menzionato ricorso incidentale proposto; iii ) che, per tutto quanto appena detto, « è venuto meno l’interesse di RAGIONE_SOCIALE a coltivare parte del ricorso incidentale », sicché ha dichiarato di rinunciare a quest’ultimo unicamente nei confronti dei soggetti specificamente indicati alla pagina 4 di detto atto del 17 novembre 2023 ed ha chiesto dichiararsi l’estinzione del giudizio, a spese compensate, « ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 390 cod. proc. civ. », unicamente nei confronti dei soggetti specificamente indicati alla pagina 5 del medesimo atto, « che, non avendo proposto ricorso principale, non saranno più ‘parte’ del giudizio in epigrafe a seguito della presente rinuncia ».
5.2. Tanto premesso, rileva il Collegio che il descritto ricorso incidentale di RAGIONE_SOCIALE (sicuramente tempestivo, ex art. 333 cod. proc. civ., perché qui trova applicazione il termine annuale ex art. 327 cod. proc. civ. nel testo ante riforma di cui alla legge n. 69 del 2009, trattandosi di controversia iniziata, in primo grado, nel 1999), nella misura in cui non è stato espressamente rinunciato nei confronti dei soggetti specificamente indicati alle pagine nn. 4 e 5 d ell’atto depositato dalla controricorrente il 17 novembre 2023 (con riguardo ai quali deve essere dichiarata la corrispondente estinzione di questo giudizio di legittimità limitatamente ai relativi rapporti processuali), deve considerarsi fondato esclusivamente nei termini di cui appresso.
5.2.1. RAGIONE_SOCIALE ha dedotto e documentato che: i ) il giudizio di appello era stato interrotto svariate volte per l’intervenuto decesso di taluni appellati; ii ) a fronte di ogni interruzione, la stessa aveva tempestivamente e regolarmente riassunto il giudizio nei confronti degli eredi degli appellati deceduti (notificando il corrispondente ricorso ex art. 303 cod. proc. civ. o collettivamente ed impersonalmente oppure ad eredi individualmente identificati), riproponendo, nei loro confronti, le conclusioni rassegnate nell’atto di gravame; iii ) la decisione oggi impugnata non aveva dato conto degli eventi interruttivi e delle conseguenti riassunzioni, fatta eccezione per
il decesso di NOME COGNOME ( cfr . pag. 8), la cui posizione era stata definita, poi, dalla corte distrettuale con la sentenza n. 7007/2018; iv ) sia nell’epigrafe, sia nel dispositivo, la decisione oggi impugnata aveva omesso di indicare il nome degli eredi costituiti ed il nome degli eredi che, regolarmente evocati, erano rimasti contumaci, nonché, nel dispositivo, il nome di un appellato costituito. Così facendo, quella decisione « non si è pronunciata nei confronti di tutti gli appellati e dei loro aventi causa rispetto ai quali RAGIONE_SOCIALE ha proposto il gravame. L’omissione qui censurata genera una situazione di totale incertezza in ordine ai soggetti cui la sentenza d’appello si riferisce, incertezza a cui non è possibile rimediare, posto che, come detto, la Corte d’appello non ha dato conto delle intervenute interruzioni e riassunzioni » ( cfr . pag. 60 del controricorso recante ricorso incidentale).
5.2.1.1. Alle pagine da 61 a 65 del proprio controricorso, poi, RAGIONE_SOCIALE ha esaustivamente descritto i vari eventi interruttivi verificatisi nel corso del giudizio di appello ed indicato i soggetti nei cui confr onti quest’ultimo era stato, di volta in volta, riassunto. Successivamente, ha analiticamente specificato ( cfr . pag. da 65 a 70): i ) i nominativi dei soggetti indicati nell’epigrafe della sentenza impugnata in luogo dei loro eredi costituiti nei cui confronti, dunque, doveva ravvisarsi una omissione di pronuncia; ii ) i nominativi, n on riportati nell’epigrafe della medesima sentenza, degli eredi contumaci degli appellati deceduti, con conseguente omissione di pronuncia anche nei loro confronti; iii ) i nominativi di alcuni degli eredi costituiti e di altri rimasti contumaci di alcuni appellati deceduti omessi nel dispositivo della menzionata sentenza, così nuovamente dando luogo ad una omissione di pronuncia nei loro confronti.
5.2.2. Orbene, rileva il Collegio che, nell’intestazione e nel dispositivo della sentenza della corte capitolina n. 6993/2018, oggi impugnata, effettivamente si rinvengono i vizi suddetti, né la sua motivazione fornisce alcuna spiegazione di tanto, ivi non dandosi conto dei vari eventi interruttivi verificatisi nel corso del giudizio di gravame e delle conseguenti riassunzioni, fatta eccezione per il decesso di NOME COGNOME.
5.2.2.1. Ciò determina, dunque, esclusivamente in relazione a quei soggetti la cui indicazione è stata omessa nell’epigrafe e nel dispositivo della sentenza suddetta e che, al contempo, non rientrano tra coloro nei cui confronti RAGIONE_SOCIALE ha dichiarato di rinunciare al proprio ricorso incidentale con l’atto de l 17 novembre 2023, la sussistenza di una situazione di incertezza, non eliminabile a mezzo della lettura dell’intero provvedimento, in ordine alle persone cui la decisione si riferisce e determina, di conseguenza, la nullità della sentenza solo con riferimento ai soggetti predetti, poiché le omissioni di cui si è riferito, in nessun modo giustificate, non consentono alla pronuncia di svolgere la propria funzione essenziale di ” legge del caso concreto ” ( cfr ., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 16535 del 2012; Cass. n. 22275 del 2017; Cass. n. 3766 del 2018; Cass. n. 14106 del 2023).
5.3. Quanto, invece, alla semplice mancata indicazione degli effettivi difensori per alcuni appellati, pure dedotta RAGIONE_SOCIALE ( cfr . pag. 68 del suo controricorso recante ricorso incidentale), ritiene il Collegio che -non incidendo la stessa sull’effettivo esito della decisione, né viziandone, in concreto, la sua descritta funzione essenziale di ‘ legge del caso concreto ‘ -si sia al cospetto di una mera omissione emendabile, con la procedura ex artt. 287-288 cod. proc. civ., direttamente dalla Corte di appello di Roma ( cfr . Cass. n. 5660 del 2015; Cass. n. 22275 del 2017; Cass. n. 19437 del 2019), attesa la regola per cui il procedimento di correzione è insensibile alla proposizione dell’impugnazione ed è di competenza del giudice che ha emesso il provvedimento affetto da errore ( lato sensu ) ostativo o omissione, la cui unica eccezione -costituita dalla sentenza di primo grado già investita dall’appello -è stata dichiarata costituzionalmente illegittima dalla sentenza della Corte costituzionale n. 335 del 2004.
6. In conclusione, dunque: i ) l’odierno ricorso principale dei soggetti tutti indicati in epigrafe deve essere dichiarato inammissibile; ii ) questo giudizio di legittimità va dichiarato estinto limitatamente al ricorso incidentale di RAGIONE_SOCIALE nei confronti dei soli soggetti specificamente individuati alle pagine nn. 4 e 5 d ell’atto dalla stessa depositato il 17 novembre 2023; iii ) il medesimo ricorso incidentale, invece, nella parte in cui non è stato da
RAGIONE_SOCIALE rinunciato contro i soli soggetti da ultimo specificamente indicati, va accolto esclusivamente nei limiti di cui si è detto e la causa va rinviata alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame (da effettuarsi individuando analiticamente i soggetti residui -rispetto a quelli, indicati alle pagine 4 e 5 dell’atto depositato da RAGIONE_SOCIALE il 17 novembre 2023, in relazione ai quali detto ricorso incidentale, appunto, è stato rinunciato -i cui nominativi non risultano essere stati indicati nell’epigrafe e nel dis positivo della sentenza oggi impugnata) e per la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.
6.1. Deve darsi atto, infine, stante il complessivo tenore della pronuncia adottata, -ed in assenza di ogni discrezionalità al riguardo ( cfr . Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 -che sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/02, i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti principali, in via solidale, di un ulteriore importo a titolo dì contributo unificato, pari a quello previsto per il loro ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre « spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento ».
PER QUESTI MOTIVI
La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale dei soggetti tutti indicati in epigrafe.
Dichiara estinto il giudizio di legittimità limitatamente al ricorso incidentale di RAGIONE_SOCIALE nei confronti dei soli soggetti specificamente individuati alle pagine nn. 4 e 5 d ell’atto dalla stessa depositato il 17 novembre 2023.
Accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il medesimo ricorso incidentale nella parte in cui non è stato da RAGIONE_SOCIALE rinunciato contro i suddetti soggetti e rinvia la causa alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame, da effettuarsi secondo le modalità pure
indicate in motivazione, e per la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti principali, in via solidale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il loro ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile