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Responsabilità attestatore: quando il compenso è a rischio

Il compenso di un professionista per una relazione di attestazione è stato negato a causa della sua grave negligenza. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, sottolineando che l’inadempimento che rende la prestazione inutile giustifica il mancato pagamento. Questo caso evidenzia l’elevato standard di diligenza e la responsabilità attestatore nelle procedure di risanamento aziendale, dove la mera consegna del documento non è sufficiente se il lavoro è sostanzialmente viziato.

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Responsabilità dell’Attestatore e Diritto al Compenso: Quando la Diligenza è Tutto

L’attività del professionista che attesta un piano di risanamento aziendale è cruciale per il successo della procedura. Ma cosa succede se il suo lavoro, pur formalmente consegnato, è viziato da grave negligenza? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta il tema della responsabilità attestatore, stabilendo che un inadempimento sostanziale può portare alla perdita totale del diritto al compenso. Questo principio riafferma che la diligenza professionale non è un optional, ma il cuore della prestazione.

I Fatti del Caso

Un professionista veniva incaricato di redigere la relazione di attestazione per un piano di concordato preventivo di una società in crisi. Successivamente, la proposta di concordato veniva dichiarata inammissibile e la società falliva. Il professionista chiedeva quindi di essere ammesso al passivo del fallimento per il pagamento del suo compenso, sostenendo di aver adempiuto ai suoi obblighi con la consegna degli elaborati richiesti.

La curatela fallimentare si opponeva, eccependo l’inadempimento del professionista. Secondo il Tribunale, l’attestatore aveva agito con negligenza, non verificando adeguatamente la fattibilità del piano. In particolare, aveva omesso di accertare la solidità di un impegno finanziario esterno e aveva attestato un piano basato su una liquidazione dall’esito assolutamente incerto. Di conseguenza, il Tribunale rigettava la richiesta di pagamento e il professionista ricorreva in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione del Tribunale. I giudici hanno chiarito che l’obbligazione del professionista attestatore non si esaurisce nel mero deposito della relazione. È invece un’obbligazione di mezzi che richiede l’impiego della massima diligenza professionale, come previsto dall’art. 1176, comma 2, del codice civile.

L’aver attestato la fattibilità di un piano palesemente irrealizzabile, senza adeguate verifiche, costituisce un grave e inescusabile inadempimento. Tale inadempimento ha reso la prestazione del tutto inutile per la società cliente, legittimando il rifiuto del pagamento da parte della curatela attraverso l’eccezione di inadempimento (art. 1460 c.c.).

Le Motivazioni: La Responsabilità dell’Attestatore va Oltre la Mera Forma

Il fulcro della decisione risiede nella distinzione tra adempimento formale e sostanziale. La Corte ha stabilito che la responsabilità attestatore impone un dovere di accuratezza e serietà che va ben oltre la semplice stesura di un documento. Il professionista deve attenersi a protocolli rigorosi e a regole tecniche per fornire una valutazione completa e veritiera, che permetta ai creditori di decidere con cognizione di causa.

Nel caso specifico, sono state individuate diverse mancanze gravi:

1. Mancata verifica della finanza esterna: Il piano si basava sull’apporto di un terzo finanziatore, ma il professionista non aveva verificato la presenza di un impegno vincolante e la solvibilità di tale soggetto.
2. Valutazioni errate: L’attestazione si fondava su una previsione di liquidazione degli asset definita di “incertezza assoluta”, senza assicurare il pagamento minimo del 20% ai creditori chirografari come richiesto dalla legge.
3. Inutilità della prestazione: A causa di queste gravi deficienze, l’intera attività professionale è risultata “totalmente improduttiva di effetti” per la società committente. L’errore del professionista ha precluso l’accesso alla procedura concordataria, rendendo inutile anche la relazione giurata accessoria.

La Corte ha sottolineato che, a fronte dell’eccezione di inadempimento sollevata dalla curatela, spettava al professionista dimostrare di aver eseguito la prestazione in modo esatto e diligente, prova che non è stata fornita.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Professionisti

Questa ordinanza invia un messaggio chiaro ai professionisti che operano nel campo delle attestazioni. La decisione rafforza un principio fondamentale: il diritto al compenso è strettamente legato alla qualità e all’utilità della prestazione resa. Un lavoro negligente, anche se formalmente completato, può essere considerato un inadempimento contrattuale tale da giustificare il mancato pagamento.

Le implicazioni pratiche sono significative:

* Diligenza come prerequisito: I professionisti devono adottare il massimo rigore nell’analisi dei dati aziendali e nella valutazione della fattibilità dei piani di risanamento.
* Verifiche sostanziali: È indispensabile non limitarsi ai dati forniti dall’impresa, ma condurre verifiche autonome e approfondite, specialmente riguardo a impegni di terzi e previsioni di realizzo.
* Rischio del compenso: La responsabilità attestatore non si limita a eventuali azioni di risarcimento danni, ma incide direttamente sul diritto a percepire il corrispettivo per il lavoro svolto se questo si rivela inesatto e inutile.

Un professionista ha diritto al compenso se il piano di concordato che ha attestato viene respinto?
Non necessariamente. Secondo la Corte, se la reiezione del piano è dovuta a una grave negligenza e a inadempienze del professionista nella redazione dell’attestazione, il suo diritto al compenso può essere negato. La prestazione, sebbene eseguita, è considerata inesatta e inutile.

Qual è il livello di diligenza richiesto a un professionista che attesta un piano di risanamento?
È richiesta una diligenza professionale qualificata ai sensi dell’art. 1176, comma 2, c.c. Ciò significa che il professionista non può limitarsi a un deposito formale dell’elaborato, ma deve verificare in modo accurato e completo la veridicità dei dati aziendali e la reale fattibilità del piano, seguendo protocolli e regole tecniche specifiche.

Per negare il compenso al professionista è necessario dimostrare un danno o una colpa grave?
La Corte chiarisce che per sollevare l’eccezione di inadempimento e rifiutare il pagamento non sono necessari gli stessi presupposti della risoluzione del contratto. È sufficiente che la prestazione sia stata inesatta o parziale. Nel caso di specie, il grave inadempimento del professionista ha reso la sua prestazione totalmente inutile, giustificando il mancato pagamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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