Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5865 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 5865 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10059/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– ricorrente e controricorrente al ricorso incidentale contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende unitamente all’ avvocato NOME COGNOME;
– controricorrenti e ricorrenti incidentali –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 4220/2018 depositata il 20/09/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME proponeva opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dalla RAGIONE_SOCIALE per il pagamento di euro 6092,61 oltre interessi in relazione ai lavori edili eseguiti presso l’appartamento di sua proprietà sito in Piano di Sorrento.
In particolare, lamentava l’erronea posa in opera della pavimentazione per la quale aveva dovuto affrontare spese pari ad euro 2346,34 di materiali ed euro 1800 di manodopera. Per questo motivo aveva corrisposto un pagamento parziale dei lavori della controparte riservandosi di corrispondere la parte restante all’esito della verifica del consuntivo e previa decurtazione delle spese sostenute per la ripavimentazione.
Istruita la causa con assunzione degli interrogatori e assunzione delle testimonianze svolgimento di consulenza tecnica il T ribunale rigettava l’opposizione e confermava l’ingiunzione di pagamento.
Gli eredi di fortunata NOME COGNOME proponevano appello avverso la suddetta sentenza.
Si costituiva in giudizio la società RAGIONE_SOCIALE e proponeva appello incidentale avverso il mancato riconoscimento dei danni subiti a causa dei ritardi nell’esecuzione delle opere.
5. La C orte d’ Appello accoglieva il gravame solo in parte e, per quel che ancora rileva, riteneva non provata da parte della RAGIONE_SOCIALE appaltatrice ,al fine della liberatoria dalla propria responsabilità, di aver reso edotta la committente della necessità di posare la pavimentazione con le fughe. Da tale circostanza era derivata l’erronea posa in opera della pavimentazione che aveva comportato la necessità di eseguire nuovamente il lavoro.
La Corte d’Appello rigettava l’appello incidentale relativo alla omessa pronuncia sulla domanda di risarcimento per il protrarsi dei lavori in quanto l’allegazione era rimasta del tutto indimostrata.
La società RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza.
Gli eredi hanno resistito con controricorso e hanno proposto ricorso incidentale.
Entrambe le parti con memoria depositata in prossimità dell’udienza ha nno insistito nelle rispettive richieste.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione degli articoli 1668 e 2967 c.c., e dell’art. 230 c.p.c. per omesso esame dell’interrogatorio formale , quindi, di un elemento decisivo della controversia oggetto di discussione tra le parti nei due gradi del giudizio di merito.
In sostanza la ricorrente lamenta il fatto che la controparte in sede di interrogatorio formale aveva ammesso di essere stata lei ad insistere per la posa in opera del pavimento senza le fughe nonostante gli fosse stato fatto notare dal posatore e dal tecnico dalla stessa RAGIONE_SOCIALE che era necessaria una fuga di almeno due millimetri. In sostanza era stata la stessa COGNOME a pretendere
l’apposizione del pavimento senza fughe nonostante la RAGIONE_SOCIALE appaltatrice aveva iniziato ad applicarlo con le fughe. Tale circostanza era confermata anche dal direttore dei lavori.
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione falsa applicazione dell’articolo 116 c.p.c. e dell’articolo 2697 c.c.
La censura attiene alla testimonianza del teste COGNOME che non dovrebbe considerarsi ‘ de relato ‘ in quanto aveva assistito personalmente alla discussione.
Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione dell’ articolo 116 c.p.c. per omesso esame di un fatto decisivo della controversia rilevato nella consulenza tecnica.
La sentenza avrebbe incluso nella presunta errata posa in opera del pavimento anche quella effettuata nel bagno che, invece, il consulente aveva escluso.
Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione dell’ articolo 116 c.p.c.
La ricorrente insiste nella propria domanda di risarcimento del danno per il ritardo nell’esecuzione dei lavori evidenziando che la C orte d’ A ppello ha erroneamente rigettato l’appello incidentale perché rimasto non provato mentre invece vi era la testimonianza del teste NOME COGNOME che confermava il danno.
4.1 I quattro motivi del ricorso principale che possono esaminarsi congiuntamente stante la loro evidente connessione, sono in parte inammissibili, in parte infondati.
La Corte d’Appello ha escluso che vi fosse la prova che la ricorrente nella qualità di RAGIONE_SOCIALE appaltatrice avesse informato la controparte nella qualità di committente della necessità di
predisporre le c.d. ‘ fughe ‘ tra una mattonella e l’altra per una corretta posa in opera del pavimento.
Dall’interrogatorio formale emerge solo che la COGNOME ha ammesso che l’opera è stata eseguita in base alle sue direttive ma non che la stessa sia stata informata della necessità di predisporre le fughe e tantomeno che, nonostante ciò, abbia imposto la posa in opera del pavimento nella modalità non corretta.
Anche dalle dichiarazioni del teste indicato dal ricorrente non è possibile ricavare la prova che la RAGIONE_SOCIALE appaltatrice avesse preventivamente messo al corrente la committente della corretta tecnica di installazione delle mattonelle.
Ne consegue che nessun omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione è possibile riscontrare nel caso in esame.
Quanto alla dedotta violazione dell’art. 116 c.p.c. deve ribadirsi che: In tema di ricorso per cassazione, la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa -secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora
consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Sez. U – , Sentenza n. 20867 del 30/09/2020, Rv. 659037 – 02).
Nella specie, come si è detto, la Corte d’Appello sulla base delle risultanze istruttorie ha ritenuto non provata la suddetta circostanza e anche sotto questo profilo nessuna violazione dell’art. 2697 c.c. si è verificata spettando al ricorrente il relativo onere della prova. Infatti, spetta al committente dimostrare l’esistenza dei vizi e delle conseguenze dannose lamentate e, qualora essi risultino provati, spetta all’appaltatore, in base alle regole generali sulla responsabilità del debitore, non solo dimostrare di avere adoperato la diligenza e la perizia tecnica dovute, ma anche il fatto specifico, a lui non imputabile, che abbia causato il difetto (vedi Sez. 2, Sentenza n. 7267 del 2023).
Infine, è inammissibile la doglianza circa l’inclusione nel l’erronea posa in opera del pavimento anche quella effettuata nel bagno che il consulente aveva escluso, trattandosi di una circostanza in fatto che non risulta oggetto di discussione nel giudizio di appello e che dunque riveste il carattere della novità. La RAGIONE_SOCIALE appaltatrice nel ricorso a sostegno della censura si limita ad affermare di aver contestato nel giudizio di appello il fatto che il computo metrico non era mai stato contestato dalla COGNOME ma tale aspetto è del tutto irrilevante ai fini della questione in esame.
Secondo l’indirizzo consolidato di questa Corte, infatti, «In tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtù del principio di
autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel “thema decidendum” del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito né rilevabili di ufficio» ( ex plurimis Sez. 2, Sent. n. 20694 del 2018, Sez. 61, Ord n. 15430 del 2018).
In definitiva, le complessive censure proposte dal ricorrente, compresa quella di cui al quarto motivo avente ad oggetto la richiesta di risarcimento del danno, anche là dove denunciano il vizio di violazione e falsa applicazione di legge, si risolvono nella sollecitazione ad effettuare una nuova valutazione di risultanze di fatto emerse nel giudizio di merito. Come si è più volte sottolineato, compito della Corte di cassazione non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, né quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici del merito, dovendo invece la Corte di legittimità limitarsi a controllare se costoro abbiano dato conto delle ragioni della loro decisione e se il ragionamento probatorio, da essi reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato, si sia mantenuto entro i limiti del ragionevole e del plausibile; ciò che, come dianzi detto, nel caso di specie è dato riscontrare.
L’unico motivo del ricorso incidentale è così rubricato: omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.
I ricorrenti incidentali lamentano che nonostante nel corso del giudizio si sia accertato che la COGNOME aveva corrisposto euro 17.000 nell’ultima pagina della sentenza si faceva riferimento ad acconti e somme già pagate per complessivi euro 15.000 e sulla base di questo erronea indicazione è stata stabilita la somma ancora dovuta.
Il motivo del ricorso incidentale è fondato.
Come evidenziato dal ricorrente principale, nella sentenza impugnata si dà atto che COGNOME alla consegna del consuntivo di € 20.000,00 aveva corrisposto alla RAGIONE_SOCIALE € 17.000 , mentre al punto 4.4 della medesima sentenza, dopo aver calcolato tutte le voci ed eliminato dal computo alcune di esse per complessivi e 4714,37, si fa riferimento senza alcuna motivazione sul punto alla somma dovuta pari a € 21546,71 e al pagamento di acconti per € 15.000,00 con una rimanenza di € 609 ,76 da versare a saldo.
Nel caso di specie non è possibile, come richiesto dal controricorrente al ricorso incidentale, ricondurre il vizio della sentenza ad un mero errore di calcolo, emendabile ai sensi dell’art. 287 c.p.c., in quanto la Corte non compie un’erronea utilizzazione delle regole matematiche sulla base di presupposti numerici, individuazione ed ordine delle operazioni da compiere esattamente determinati e non contestati, quanto piuttosto parte da un presupposto in fatto che poi omette di considerare nella motivazione.
Deve ribadirsi, infatti, che: «L’errore di calcolo può essere denunciato con ricorso per cassazione quando sia riconducibile all’impostazione delle operazioni matematiche necessarie per ottenere un certo risultato, lamentandosi un “error in iudicando”
nell’individuazione di parametri e criteri di conteggio, mentre, ove consista in un’erronea utilizzazione delle regole matematiche sulla base di presupposti numerici, individuazione e ordine delle operazioni da compiere esattamente determinati, è emendabile con la procedura di correzione ex art. art. 287 c.p.c. (Sez. 3 – , Sentenza n. 23704 del 22/11/2016, Rv. 642984 – 01)
In conclusione, la Corte accoglie l’unico motivo del ricorso incidentale, rigetta il ricorso principale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte accoglie l’unico motivo del ricorso incidentale, rigetta il ricorso principale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità;
ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione