Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 10228 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 10228 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 37950/2019 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente incidentale-
nonché
RAGIONE_SOCIALE DI NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE C, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME
COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO L’AQUILA n. 1576/2019 depositata il 03/10/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La controversia concerne un’azione di risarcimento danni promossa dalla committente società RAGIONE_SOCIALE nei confronti dell’impresa appaltatrice COGNOME NOME –NOME e del direttore dei lavori geom. NOME COGNOME per vizi concernenti l’impermeabilizzazione del terrazzo di un fabbricato di proprietà della committente . Quest’ultima ha dedotto che le infiltrazioni riscontrate sono imputabili alla cattiva realizzazione delle opere da parte dell’impresa esecutrice, nonché alla negligente vigilanza del diret tore dei lavori. Ha quindi convenuto entrambi dinanzi al Tribunale di Teramo per la loro condanna in solido al risarcimento del danno commisurato ai costi di riparazione dei vizi e di ripristino dello stato dei luoghi. Il Tribunale ha accolto la domanda, ritenendo accertata la responsabilità dell’ appaltatrice per la non corretta realizzazione delle pendenze del massetto alleggerito e dello strato impermeabilizzante, nonché per l’errata quota delle bocchette di scarico. Ha altresì ritenuto corresponsabile il direttore dei lavori per omessa vigilanza. Ha pertanto condannato entrambi al pagamento, in solido, della somma di € 106.015,34 oltre accessori. La pronuncia di primo grado è stata confermata in secondo grado.
Ricorrono in cassazione l’impresa di costruzioni appaltatrice in via principale con cinque motivi e il direttore dei lavori in via incidentale con tre motivi, illustrati da memoria. Resiste la società committente con due distinti controricorsi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Conviene anteporre l’esposizione d ei primi tre motivi del ricorso principale, poiché ruotano intorno a questioni strettamente collegate.
2.1. – Il primo motivo del ricorso principale denuncia un errore di percezione delle risultanze della c.t.u. da parte della Corte di appello, con conseguente violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. Si sostiene che il giudice di merito abbia erroneamente ritenuto provata la concorrente responsabilità dell’Impresa RAGIONE_SOCIALE senza considerare le dichiarazioni rese dal c.t.u. in sede di chiarimenti. In particolare, si evidenzia che il consulente, a ll’udienza del 15/04/2014, ha chiarito che la sua affermazione di mancanza di pendenze non riguardava il massetto alleggerito realizzato dall’impresa, bensì il solaio sottostante, il quale notoriamente è privo di significative pendenze per convogliare le acque meteoriche . Si contesta che la corte di appello abbia attribuito rilevanza decisiva all’affermazione secondo cui lo strato impermeabilizzante eseguito dall’Impresa appaltatrice non era stato realizzato a regola d’arte, senza tuttavia verificare se tale valutazione derivasse da un accertamento tecnico fondato su dati certi. Si evidenzia inoltre che la Corte di appello avrebbe fondato la propria decisione sulla presunta mancanza di pendenze, senza considerare che il c.t.u. aveva espressamente dichiarato di non essere in grado di misurarle direttamente. Si lamenta, pertanto, un errore di percezione della p rova, che avrebbe indotto il giudice d’appello a confermare la responsabilit à dell’Impresa COGNOME sulla base di un presupposto non correttamente accertato .
Il secondo motivo del ricorso principale denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, cioè che l’ausiliario, sempre alla udienza del 15/04/2014 ha testualmente dichiarato, smentendo se stesso e l’intero costrutto della relazione : « Non ribadisco il concetto di concausa così come invece sembra essere stato inteso da parte attrice ». Tale dichiarazione, se esaminata, avrebbe demolito la tesi della Corte in ordine alla sussistenza del nesso di causalità.
Il terzo motivo del ricorso principale denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e una motivazione contraddittoria della sentenza impugnata in merito alla valutazione della responsabilità dell’ impresa appaltatrice nella causazione delle infiltrazioni. Si contesta che la Corte di appello abbia ritenuto determinante la mancanza di pendenze del massetto alleggerito e dello strato impermeabilizzante, senza considerare che il c.t.u., nei chiarimenti resi in udienza, aveva dichiarato di non poter accertare con certezza tale circostanza a causa della demolizione del terrazzo avvenuta successivamente. Si evidenzia che la Corte di appello ha fondato la propria decisione sulla presunta difettosità delle pendenze e sulla cattiva realizzazione degli scarichi, senza tener conto delle dichiarazioni del c.t.u., il quale aveva affermato che lo strato impermeabilizzante eseguito dall’ impresa appaltatrice seguiva le pendenze del solaio sottostante, il quale è privo di significative inclinazioni per convogliare le acque meteoriche. Si sostiene che, se il c.t.u. non ha potuto verificare le pendenze dello strato impermeabilizzante, non avrebbe potuto nemmeno determinare con certezza a quale livello esso si arrestasse rispetto alle bocchette di scarico . Il motivo richiama le affermazioni del c.t.u. secondo cui la presunta mancanza di pendenze dello strato impermeabilizzante non poteva essere accertata, in quanto le misurazioni dirette non erano state possibili a causa dell’alterazione dei luoghi.
2.2. – Il primo motivo e il terzo motivo (nella parte in cui censura la contraddittorietà della motivazione) sono infondati.
Si riportano gli stralci rilevanti della sentenza di appello: « Il primo giudice sulla scorta dei documenti (in particolare dello stato di avanzamento dei lavori) e della CTU svolta in corso di giudizio ha accertato che l’odierna appellante ha realizzato lo strato per la realizzazione delle pendenze del pavimento, consistente in un massetto alleggerito, lo strato impermeabilizzante composto da una guaina, lo strato per isolamento termico e lo strato barriera vapore e ha
ritenuto che le lamentate infiltrazioni erano da attribuire in misura concorrente alla Impresa COGNOME per non avere realizzato a regola d’arte le pendenze del massetto alleggerito e dello strato impermeabile e per avere posto gli scarichi ad una quota superiore rispetto a quella dello strato impermeabile. Alla luce di tali circostanze è evidente l’irrilevanza della questione relativa alla efficacia impermeabilizzante assoluta o relativa della guaina bituminosa (strato impermeabile) ovvero dello svolgimento in concreto della funzione di impermeabilizzazione della stessa. Il primo giudice ha ritenuto la responsabilità concorrente dell’appellante società appaltatrice basandosi sulle risultanze della CTU, che , chiaramente ascrive efficacia di concausa alla non esecuzione a regola d’arte delle opere predette. Non è possibile ravvisare alcuna intima contraddizione negli accertamenti svolti dal CTU ing. COGNOME In ogni caso si deve osservare come nessuno degli appellanti ha contestato specificamente l’accerta-mento, pure effettuato dal CTU ing. COGNOME relativo alle bocchette di scarico orizzontali, che sono state realizzate ad ‘un’alte zza superiore di circa 5-6 cm rispetto allo strato impermeabilizzante ».
La comparazione del contenuto del primo e del terzo motivo (nella parte in cui censura la contraddittorietà della motivazione) con gli stralci di motivazione appena riportati (che peraltro si inseriscono in un contesto argomentativo più ampio) attesta che la ricorrente sovrappone il suo apprezzamento ricostruttivo della situazione di fatto rilevante all’accertamento che il giudice di merito ha espresso in una motivazione che non si espone a censure in sede di giudizio legittimità. La ricorrente scambia il ruolo della Corte di cassazione per quello di una terza istanza di merito. Dinanzi a tali censure, il compito di questa Corte è di verificare che il giudice di merito manifesti di aver fatto buon governo del proprio potere di apprezzamento. Ciò è accaduto nel caso di specie. Infatti, il giudice di merito che fondi il
proprio apprezzamento su alcuni elementi piuttosto che su altri non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento in una motivazione effettiva, risoluta e coerente (che rispetti quindi i canoni dettati da Cass. SU 8053/2014). Di talché egli – in obbedienza al canone di proporzionalità di una motivazione necessaria, idonea allo scopo e adeguata – non è tenuto a discutere esplicitamente ogni singolo elemento probatorio o a confutare ogni singola deduzione che aspiri ad una diversa ricostruzione della situazione di fatto rilevante. Sarebbe superfluo ricordare che l’esito positivo della verifica compiuta dalla Corte di cassazione non implica logicamente che essa faccia proprio tale apprezzamento: esso è e rimane del giudice di merito.
Il primo motivo e il terzo motivo (nella parte in cui censura la contraddittorietà della motivazione) e il quarto motivo sono rigettati.
2.3. -Il secondo motivo e il terzo motivo (nella parte in cui censura l’omesso esame di fatto decisivo) sono inammissibili.
Infatti, ci troviamo dinanzi ad una doppia pronuncia conforme in primo e secondo grado. In tale ipotesi, ai sensi dell’art. 348 -ter, co. 5 c.p.c. (applicabile, ai sensi dell’art. 54, co. 2 d.l. 83/2012, conv. in l. 134/2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012), la parte ricorrente in cassazione, per evitare che il motivo ex art. 360 n. 5 c.p.c. sia dichiarato inammissibile (cfr. art. 348-ter, co. 5 c.p.c., nel suo richiamo al comma precedente), deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse, onere non assolto nel caso di specie (cfr. Cass. 7724/2022). L’onere non è stato assolto nel caso di specie.
– Il quarto motivo (rubricato per errore con il n. 3) denuncia la violazione dell’art. 1227 co. 1 c.c., affermando che la Corte di appello avrebbe erroneamente escluso la colpa concorrente della società
danneggiata, nonostante che gli elementi di fatto dedotti nel giudizio di merito dimostrassero che l’impresa successivamente intervenuta avrebbe potuto accorgersi delle anomalie e adottare misure correttive. Si lamenta che il giudice d’appello abbia escluso il concorso di colpa della committente sul presupposto che non sarebbero stati allegati elementi di fatto idonei a dimostrarlo, quando invece la società RAGIONE_SOCIALE aveva sin dal primo grado evidenziato che i danni lamentati derivavano da interventi successivi della stessa parte danneggiata . Il motivo sostiene che la committente avrebbe contribuito alla causazione del danno poiché, dopo l’intervento dell’ impresa appaltatrice, aveva eseguito direttamente o per il tramite di altra ditta la pavimentazione del terrazzo senza giunti e con un pacchetto di impermeabilizzazione difettoso in Mapelastic. Si evidenzia che l’errata posa della pavimentazione e l’assenza di giunti tecnici sarebbero la causa principale delle infiltrazioni, e che il giudice d’appello avrebbe dovuto riconoscere un concorso di colpa del danneggiato. Si richiama la giurisprudenza di questa Corte secondo cui il giudice deve procedere d’ufficio all’indagine sulla colpa concorrente del danneggiato, qualora risultino prospettati elementi di fatto che la rendano configurabile. Si sostiene che la corte di appello abbia omesso di valutare adeguatamente tali elementi, trascurando un accertamento che sarebbe stato decisivo per escludere o ridurre la responsabilità dell’Impresa COGNOME .
In relazione a tutto ciò, la ricorrente argomenta che gli elementi di fatto ai quali fa riferimento la Corte come tardivamente allegati, si aggiungono, senza escluderli, a quelli già tempestivamente dedotti e reiterati.
Il quinto motivo (rubricato per errore con il n. 4) fa valere le circostanze indicate nel motivo precedente sotto il profilo dell’ omesso esame di fatti decisivi.
3.1. -Del quarto motivo è da dichiarare l’ina mmissibilità.
La parte di sentenza censurata dal quarto motivo è la seguente: « Inammissibile è invece il quarto motivo dell’appello principale con il quale l’impresa COGNOME assume l’interruzione del nesso causale tra il proprio adempimento e le accertate infiltrazioni per la condotta tenuta dalla società appellata, che, pur avendo le competenze specifiche, ha omesso di effettuare le misurazioni delle pendenze, delle bocchette di scarico, mini sondaggi esplorativi dello strato sottostante, affermando che si tratterebbe di accorgimenti tutti necessitati in ogni opera edile. Se infatti è pacifico il principio di diritto per cui il giudice d’ufficio deve procedere all’indagine in ordine al concorso di colpa del danneggiato sotto il profilo causale è anche vero che è onere della parte allegare specificamente gli elementi di fatto dai quali sia ricavabile la colpa concorrente sul piano causale del danneggiato . Nella specie l’appellante nulla ha dedotto né nella comparsa di costituzione e risposta né nella prima memoria 183 c.p.c. né nelle memorie istruttorie, sicché le allegazioni fattuali tardivamente effettuate solo nella memoria conclusionale di replica di primo grado e qui ribadite appaiono tardive ed inammissibili in quanto del tutto sottratte al contraddittorio».
L’ inammissibilità del quarto motivo deriva da difetti di specificità. In primo luogo, la ricorrente assume che si sia verificato un error in procedendo, cioè l’erronea dichiarazione di tardività delle allegazioni, ma non specifica la violazione delle corrispondenti norme processuali, bensì fa valere impropriamente la violazione di una norma sostanziale (l’art. 1227 c.c.): il che preclude l’accesso ai fascicoli di causa per verificare la fondatezza del motivo. Quand’anche si potesse mettere da parte questo p rofilo (riqualificando il motivo come uno ex art. 360 n. 4 c.p.c.), ci si imbatterebbe in un secondo, distinto, profilo di inammissibilità, poiché l ‘esercizio del potere d i questa Corte di esame diretto degli atti del giudizio di merito al fine accertare gli errores in procedendo presuppone il puntuale rispetto ad opera della parte ricorrente del
requisito di specificità della censura (ex art. 366 co. 1, n. 6 c.p.c.). In altri termini, l’accesso al fascicolo di causa presuppone che il ricorso riporti con precisione – che non può essere certo disgiunta da chiarezza e sinteticità -indicazioni che consentano alla Corte di individuare i luoghi rilevanti all’interno dei singoli atti e di confrontarli con una censura formulata in termini così stringenti da sollecitare un efficiente e produttivo esercizio del potere di controllo, evitando di compiere general-generiche verifiche degli atti o anche solo indagini integrative per colmare lacune nell’indicazione delle circostanze rilevanti per la valutazione della decisività della questione (cfr. Cass. SU 34469/2019, Cass. 9878/2020, 23834/2019, 2771/2017). Orbene, anche sotto questo profilo , l’articolazione del motivo si rivela carente, poiché le frammentarie citazioni degli atti processuali pregressi contenute a p. 12-14 del ricorso non distinguono l’aspetto (acclarato) del concorso di colpa della seconda ditt a incaricata dall’attrice da quello concernente il concorso di colpa propria di quest’ultima (a cagione di asseriti suoi interventi), al quale solo si riferisce il capo di sentenza censurato.
Il quarto motivo è inammissibile.
3.2. -Il quinto motivo è inammissibile per la stessa ragione esposta indietro, al paragrafo n. 2.3., cui si rinvia (doppia pronuncia conforme in primo e secondo grado, che impedisce la censura ex art. 360 n. 5 c.p.c.).
– Il sesto motivo del ricorso principale (rubricato per errore con il n. 5) denuncia la violazione del principio del tantum devolutum quantum appellatum e l’errata applicazione dell’art. 1226 c.c., contestando la liquidazione equitativa delle spese di tinteggiatura effettuata dalla Corte di appello. Si afferma che la ricorrente aveva già impugnato in appello la decisione di primo grado, sostenendo che la parte attrice non aveva fornito prova delle spese di ritinteggiatura e che il tribunale le aveva erroneamente liquidate in via equitativa. La sentenza di primo grado aveva rilevato che il CTU aveva escluso
la congruità delle spese per tinteggiatura, affermando di non poter valutare la loro correttezza per mancanza di elementi documentali idonei a stabilire le superfici da ripristinare. La Corte di appello, invece, ha confermato la liquidazione equitativa della somma di € 15.000 basandosi su un computo metrico prodotto dalla parte attrice, senza verificare se sussistessero le condizioni per una valutazione equitativa del danno. Il motivo di ricorso sostiene che il giudice d’appello avrebbe dovuto limitarsi a v erificare se ricorressero le condizioni per il ricorso all’equità ai sensi dell’art. 1226 c.c., invece di operare un nuovo accertamento. Si richiama la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la liquidazione equitativa del danno è consentita solo quando risulti impossibile o estremamente difficile provare il danno nel suo preciso ammontare. Nel caso in esame, la ricorrente ritiene che l’assenza di prova sia imputabile alla co ndotta della parte attrice, che avrebbe autonomamente eliminato gli elementi di prova necessari per la determinazione del danno.
La parte di sentenza censurata dal sesto motivo è essenzialmente la seguente: « Sulla base degli elementi esposti questa Corte ritiene di condividere le conclusioni raggiunte dal primo giudice, che ha ritenuto provata sia l’effettiva esecuzione dei lavori di tinteggiatura (che siano stati integrali emerge dal corredo fotografico sopra richiamato) sia il costo della stessa (provvedendo peraltro ad una riduzione rispetto all’importo indicato in fattura) e ha ritenuto necessaria l’integrale tinteggiatura di tutte le pareti (interne ed esterne) danneggiate dalle infiltrazioni al fine di assicurare l’uniformità cromatica delle stesse. Il CTU sentito a chiarimenti all’udienza del 15/4/2014 non ha rilevato la inadeguatezza dei valori unitari del costo delle varie tipologie di tinteggiatura riportato nel computo metrico già sottopostogli, ma si è limitato ad affermare di non poter valutare la congruità della richiamata fattura n. 6, non essendo a conoscenza delle misure delle superfici da tinteggiare. L’appellata società con la seconda memoria istruttoria ha depositato
il computo metrico predisposto dalla RAGIONE_SOCIALE COGNOME che ha effettuato i lavori di rispristino (all’epoca ancora in corso), che a pag. 3 riporta puntualmente i lavori di tinteggiatura e le quantità delle superfici da pitturare; né l’appellante incidentale né quello principale hanno contestato detto documento nella successiva memoria istruttoria o nella prima udienza successiva » .
Il sesto motivo del ricorso principale è dunque rigettato: la Corte territoriale non ha liquidato il danno in via equitativa, ma sulla base di elementi probatori in atti, valutati in guisa tale da non esporsi a censure in sede di legittimità.
– Il ricorso principale è rigettato.
6.1. – I motivi del ricorso incidentale si articolano come segue.
Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 1218, 1667, 2055 e 2697 c.c., nonché degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione agli artt. 40 e 41 c.p., sostenendo che la corte di appello ha erroneamente ritenuto il direttore dei lavori corresponsabile del danno, senza accertamento puntuale di ciò. Si contesta la motivazione della sentenza nella parte in cui ha affermato la responsabilità solidale senza un rigoroso accertamento del nesso causale tra la condotta del direttore dei lavori e il danno subito dalla società attrice.
Il secondo motivo denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, rappresentato dalla circostanza che la guaina bituminosa posata dall’impresa COGNOME avrebbe comunque impedito il passaggio dell’acqua negli strati sottostanti. Si afferma che tale elemento, non contestato dalle parti, avrebbe dovuto condurre all’esclusione della responsabilità del direttore dei lavori, in quanto dimostrerebbe che le infiltrazioni sarebbero state causate esclusivamente dall’errata posa in opera del successivo st rato impermeabilizzante in Mapelastic.
Il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 1226 e 2697 c.c., nonché 115 e 116 c.p.c., contestando la decisione della Corte di appello di confermare la liquidazione equitativa del danno relativa
alla pittura del fabbricato per un importo di € 15.000. Si sostiene che il giudice di merito avrebbe errato nel ritenere giustificata tale voce di danno in assenza di una prova adeguata della sua effettiva entità.
6.2. -Il primo motivo del ricorso incidentale è inammissibile, in quanto è caratterizzato dall’idea che: (a) si possa ottenere un accoglimento del ricorso se si prospettano come errori di diritto quelli che in realtà sono (pretesi) errori commessi nella ricostruzione e apprezzamento della situazione di fatto rilevante in causa; (b) si possa aprire la prospettiva di un terzo accertamento in fatto relativo alla stessa controversia dinanzi al giudice di rinvio, nonostante che l’apprezzamento dei fatti rilevanti compiuto nei due precedenti gradi di giudizio abbia trovato la propria espressione in una motivazione effettiva, resoluta e coerente, senza che la corte di legittimità debba impegnarsi a fare proprio l’apprezzamento, che rimane del giudice di merito anche dopo aver superato il vaglio del giudizio di legittimità (cfr. l’aggettivo possessivo «suo», impiegato in modo pregnante dall’art. 116 co. 1 c.p.c.).
Il secondo motivo del ricorso incidentale è inammissibile per la stessa ragione che sorregge l’inammissibilità del secondo , del terzo (nella parte in cui censura l’omesso esame di fatto decisivo) e del quinto motivo del ricorso principale: ci troviamo dinanzi a una doppia pronuncia conforme in primo e secondo grado, che impedisce la censura ex art. 360 n. 5 c.p.c. Cfr. indietro, paragrafo 2.3., cui si rinvia.
Il terzo motivo del ricorso incidentale è infondato per la stessa ragione indicata a fondamento del rigetto del sesto motivo del ricorso principale (v. indietro, paragrafo 4).
6.3. -Il ricorso incidentale è rigettato.
– La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera delle parti ricorrenti (in via principale e in via incidentale),
di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale, compensa le spese tra le parti ricorrenti e condanna ciascuna di loro a rimborsare alla parte controricorrente Ardis le spese del presente giudizio, che liquida in € 5.000 , oltre a € 200 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi, e agli accessori di legge.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera delle parti ricorrenti (in via principale e in via incidentale), di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 05/03/2025.