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Responsabilità appaltatore: analisi di una sentenza

Una sentenza del Tribunale di Torino affronta il tema della responsabilità appaltatore in un caso di ristrutturazione con vizi. Un committente ha citato in giudizio l’impresa per difetti alla pavimentazione e all’impianto di condizionamento. Il Tribunale ha affermato la piena responsabilità dell’impresa, chiarendo che anche il semplice riconoscimento del vizio, senza ammissione di colpa, interrompe i termini di prescrizione e decadenza. La sentenza ha inoltre rigettato la difesa dell’impresa, che si qualificava come mero esecutore (“nudus minister”), condannandola al risarcimento del danno quantificato dal perito del tribunale.

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Responsabilità Appaltatore: Quando i Difetti in Casa Diventano un Caso Legale

La responsabilità appaltatore è un tema centrale e spesso fonte di contenzioso nel settore delle ristrutturazioni edilizie. Una recente sentenza del Tribunale di Torino getta luce su aspetti cruciali come la denuncia dei vizi, i termini di prescrizione e l’onere della prova, offrendo spunti preziosi sia per i committenti che per le imprese. Il caso analizzato riguarda una ristrutturazione di un alloggio i cui lavori hanno manifestato diversi difetti, portando il proprietario a citare in giudizio l’impresa esecutrice.

I fatti di causa: una ristrutturazione problematica

Nel 2019, un proprietario di casa affida a un’impresa la ristrutturazione del proprio alloggio. A seguito dei lavori, emergono diversi problemi: fessurazioni nella pavimentazione, malfunzionamenti all’impianto di condizionamento e la mancata consegna di alcuni termosifoni. Di fronte a queste problematiche, il committente denuncia prontamente i vizi all’appaltatore e, non ottenendo una soluzione soddisfacente, avvia un procedimento per Accertamento Tecnico Preventivo (ATP), all’esito del quale un Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU) accerta l’esistenza dei difetti, quantificandone i costi di ripristino in oltre 11.000 euro.

Le difese dell’impresa e la chiamata di terzi

L’impresa convenuta in giudizio si difende eccependo la decadenza e la prescrizione dell’azione di garanzia. Sostiene, inoltre, di non essere responsabile, attribuendo le colpe a un professionista incaricato dal committente per la progettazione e la direzione dei lavori. Secondo l’impresa, era stato questo professionista a insistere per l’utilizzo di materiali di scarsa qualità (come piastrelle da parete usate per il pavimento) e a causare i difetti all’impianto di condizionamento. L’impresa, a suo dire, avrebbe agito come un semplice nudus minister, un mero esecutore delle volontà altrui. Per questo, chiede di essere manlevata sia dal professionista che dalla sua compagnia di assicurazione.

Responsabilità Appaltatore e Decadenza: l’analisi del Tribunale

Il Tribunale di Torino ha rigettato tutte le difese dell’impresa, affermando in modo chiaro la sua piena responsabilità appaltatore. La decisione si fonda su diversi pilastri giuridici.

Innanzitutto, le eccezioni di decadenza e prescrizione sono state respinte. Il giudice ha evidenziato che il committente aveva inviato numerose comunicazioni e solleciti (atti interruttivi della prescrizione) ben prima della scadenza dei due anni dalla consegna dell’opera. Inoltre, l’impresa stessa, sostituendo alcune piastrelle e rifacendo il massetto del bagno, aveva di fatto riconosciuto l’esistenza del vizio. La giurisprudenza consolidata, richiamata in sentenza, stabilisce che tale riconoscimento, anche se non accompagnato da un’ammissione di colpa, è sufficiente a svincolare il committente dai brevi termini di decadenza e prescrizione previsti dall’art. 1667 c.c.

le motivazioni

Il cuore della motivazione risiede nel principio secondo cui l’appaltatore, in quanto soggetto tecnicamente qualificato, ha un preciso dovere di controllo e di avviso. Il Tribunale ha chiarito che l’appaltatore risponde dei difetti dell’opera anche quando utilizza materiali forniti o scelti dal committente, se questi presentano vizi riconoscibili da un tecnico del settore. L’impresa avrebbe dovuto segnalare l’inidoneità delle piastrelle o qualsiasi altro problema tecnico, come uno spessore insufficiente del sottofondo. Non avendolo fatto, non può eludere la propria responsabilità adducendo che i materiali erano difettosi. La difesa basata sul ruolo di nudus minister è stata rigettata perché non è stata fornita alcuna prova di un’ingerenza del committente o del suo professionista così pervasiva da privare l’impresa di ogni autonomia decisionale. Il compenso percepito dal professionista è stato ritenuto congruo per la sola attività di progettazione, non per un ruolo di direttore dei lavori di fatto. La CTU ha inoltre confermato che i vizi erano riconducibili a problematiche esecutive e non a scelte progettuali errate.

le conclusioni

In conclusione, il Tribunale ha condannato l’impresa appaltatrice a risarcire il committente per un importo pari a quello stimato dalla CTU (€ 11.776,12 oltre IVA, interessi e rivalutazione), respingendo la maggiore richiesta dell’attore basata sulla necessità di un rifacimento totale dei pavimenti. La domanda di manleva nei confronti del professionista e della sua assicurazione è stata rigettata, con conseguente condanna dell’impresa a pagare le spese legali anche a loro. La sentenza ribadisce un principio fondamentale: la responsabilità appaltatore è ampia e non viene meno facilmente. L’impresa ha l’obbligo di eseguire i lavori a regola d’arte e di agire con la diligenza professionale necessaria per garantire un risultato esente da vizi, anche vigilando sulla qualità dei materiali impiegati, indipendentemente dalla loro provenienza.

L’appaltatore è responsabile se utilizza materiali scelti dal committente che poi si rivelano difettosi?
Sì. La sentenza afferma che l’appaltatore, in quanto tecnico esperto, risponde dei difetti dell’opera anche se accetta materiali forniti dal committente che presentano vizi riconoscibili. Ha il dovere di avvisare il committente della loro inidoneità e, in mancanza di tale avviso, non può eludere la propria responsabilità.

Il riconoscimento di un vizio da parte dell’appaltatore, senza un’ammissione di colpa, ha effetti legali?
Sì. Secondo la sentenza, il semplice riconoscimento dell’esistenza di un vizio da parte dell’appaltatore (ad esempio, intervenendo per ripararlo parzialmente) è sufficiente a liberare il committente dall’onere di rispettare i brevi termini di decadenza (60 giorni dalla scoperta) e prescrizione (2 anni dalla consegna) per far valere la garanzia.

Quando un appaltatore può essere considerato un ‘nudus minister’ e quindi non responsabile dei vizi?
Un appaltatore può essere considerato un ‘nudus minister’ (mero esecutore) solo se viene fornita la prova di un’ingerenza predominante e continua da parte del committente o del direttore dei lavori, tale da ridurlo a un mero esecutore passivo, privo di qualsiasi autonomia tecnica e decisionale. Nel caso esaminato, questa prova non è stata raggiunta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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