Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 33931 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 33931 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/12/2024
ORDINANZA
COGNOMERAGIONE_SOCIALE LIQUIDAZIONE E IN CONCORDATO PREVENTIVO, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, COGNOME (CODICE_FISCALE, domiciliazione telematica come in atti -ricorrenti-
RAGIONE_SOCIALE, COGNOME, COGNOME, COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE , domiciliazione telematica come in atti
-controricorrenti-
nonché contro
SOTTOVIA COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, NOME (CODICE_FISCALE , domiciliazione telematica come in atti
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 1859/2022 depositata il 12/08/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/11/2024 dal Presidente di sezione NOME COGNOME
Rilevato quanto segue.
RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Venezia -sezione specializzata in materia di impresa NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME quali amministratori, e RAGIONE_SOCIALE quale ex socia di RAGIONE_SOCIALE, chiedendo il risarcimento del danno ai sensi degli art. 2394, 2395 e 2043 c.c.. Esposero gli attori quanto segue.
A fronte di operazione che appariva esente da rischi e a costo zero, ed offerta al nuovo proprietario della somma di Euro 5.000.000,00 (da versarsi in tre anni) quale partecipazione ai costi sotto forma di sponsorizzazione RAGIONE_SOCIALE tramite RAGIONE_SOCIALE, società facente capo a
RAGIONE_SOCIALE, di proprietà della famiglia COGNOME ed a sua volta proprietaria di RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME aveva acquistato nel 2013 il 48% di quest’ultima società, prendendo tuttavia atto dopo l’acquisto dell’ingente immediato fabbisogno di cassa emerso nei primi mesi dell’agosto 2013. RAGIONE_SOCIALE aveva quindi anticipato i crediti dovuti a RAGIONE_SOCIALE adova per circa un milione di euro. Emersa l’urgenza di provvedere al pagamento degli stipendi entro il 15 gennaio 2014, la società aveva ottenuto un’a pertura di credito in relazione al conto intrattenuto presso Banca Intesa s.p.a. garantita da RAGIONE_SOCIALE. Promesso verbalmente da RAGIONE_SOCIALE di mantenere la linea di fido, il RAGIONE_SOCIALE aveva acquistato il restante 52% di Calcio Padova nel gennaio 2014, ma nel medesimo mese si era avuta la certezza che RAGIONE_SOCIALE aveva revocato la linea di fido ed aveva per di più trattenuto il denaro già versato per crediti vantati da Calcio Padova sul conto Banca Intesa. Si era quindi deciso di giungere alla fine del campionato mediante cessione ad RAGIONE_SOCIALE, società di famiglia del COGNOME, di Euro 800.000,00, circa pari a quattro rate di sponsorizzazione, e con richiesta all’istituto Credito Sportivo di anticipare la rimanente somma del contratto di sponsorizzazione (Euro 2.300.000,00 circa), dietro cessione del credito da notificare a RAGIONE_SOCIALE e prestazione di fideiussione personale da parte del COGNOME. Essendo prossima la necessità dell’iscrizione al campionato 2014 -2015, RAGIONE_SOCIALE aveva promesso verbalmente che si sarebbe procurata la fideiussione necessaria per l’iscrizione, conseguendo in cambio la manleva sottoscritta dal COGNOME, ma non avendo poi, nonostante la promessa, versato Unicomm alcunché, Calcio Padova non si era potuta iscrivere al campionato, perdendo i contributi cui avrebbe avuto diritto e l’intero patrimonio aziendale, e presentando poi domanda di ammissione alla procedura di cui all’art. 182 bis l. fall.
Il Tribunale adito rigettò la domanda. Osservò il Tribunale che la domanda era da ricondurre all’ambito dell’art. 2934 c.c., traendo titolo
dalla qualità di creditori di Calcio Padova e derivando dalla inosservanza degli obblighi inerenti al la conservazione dell’integrità del patrimonio sociale, e che COGNOME – che si professava creditrice, in quanto cessionaria del credito di GSport verso Calcio Padova – aveva rinunciato a buona parte del credito, credito per il residuo estinto per pagamento, mentre il COGNOME – affermatosi creditore in forza di fidei ussione prestata a garanzia dell’esposizione debitoria di Calcio Padova verso l’istituto di RAGIONE_SOCIALE non aveva dimostrato di avere diritto al regresso in conseguenza di pagamento del creditore garantito, diritto cui aveva comunque rinunciato. Aggiunse che non vi era adeguato riscontro del nesso causale tra l’insufficienza patrimoniale e l’inosservanza degli obblighi di conservazione del patrimonio sociale da parte degli amministratori, oltretutto genericamente dedotti, mentre la responsabilità derivante da danno c.d. diretto (art. 2395 c.c.), non era stata supportata da «condotte addebitabili all’organo gestorio, … in sé idonee ad arrecare direttamente pregiudizio al terzo».
Avverso detta sentenza proposero appello gli attori. Con sentenza di data 12 agosto 2022 la Corte d’appello di Venezia rigettò l’appello.
Premise la Corte territoriale che il Tribunale aveva sussunto la fattispecie nel paradigma dell’art. 2043 c.c. e che le domande erano state scrutinate «non solo sotto il profilo della carenza degli elementi costitutivi della responsabilità ex art. 2394 c.c. (inosservanza di obblighi inerenti la conservazione dell’integrità del patrimonio con la conseguente sua insufficienza), sibbene anche sotto il profilo della lesione della sfera patrimoniale degli attori quale (diretta) conseguenza delle condotte degli amministratori». Precisò che «quanto alle ragioni di merito che hanno condotto il Tribunale ad escludere in concreto la sussistenza di responsabilità, il motivo non vi si confronta effettivamente, limitandosi ad affermare apoditticamente che gli atti asseritamente illegittimi degli amministratori sono stati compiuti non
solo ai danni della società ma anche nei confronti diretti di COGNOME e COGNOME, soggetti terzi».
Osservò, circa il secondo motivo di appello, che «l’assunto secondo cui il risarcimento ex art. 2043 c.c. prescinde, anche nei confronti degli amministratori, dalla qualità di creditori sociali dei danneggiati, non ha concreta rilevanza ai fini dell’accoglimento del gravame. Il tribunale infatti ha escluso la responsabilità dei convenuti, sia in relazione all’azione ex art. 2394 c.c., il cui presupposto legittimante è la qualità di creditore sociale, sia in relazione all’azione ex art. 2395 c.c., che prescinde da tale presupposto richiedendo soltanto che l’atto doloso o colposo dell’amministratore sia idoneo ad arrecare, in modo diretto, un pregiudizio alla sfera personale o patrimoniale del socio o del terzo ed ha natura extracontrattuale, costituendo un’applicazione dell’ipotesi disciplinata dall’art. 2043 c.c. (Cass. 3.4.2007, n. 8359). Neppure ha fondamento l’ulteriore profilo di censura, secondo cui il tribunale avrebbe errato nel ritenere che gli attori non erano creditori di Calcio Padova RAGIONE_SOCIALE Il credito di Ormis nei confronti della società si è infatti estinto per rinuncia (doc. 4 fascicolo di primo grado appellati COGNOME ed altri) e, per la parte residua, per pagamento. Quanto al Penocchio, il cui pregiudizio è stato prospettato in atto d’appello siccome consistito nell’aver subito l’escussione della garanzia fideiussoria prestata in favore del Credito Sportivo, non è stata dimostrata l’effettiva esecuzione di pagamenti al creditore garantito, in dipendenza dai quali sia sorto in capo al Penocchio diritto di regresso, diritto comunque da egli pacificamente rinunciato nei confronti della società (doc. 27, fascicolo appellanti). Quanto alla posizione di RAGIONE_SOCIALE, la sua responsabilità (ex art. 2043 c.c.) sarebbe consistita, secondo la prospettazione degli appellanti, ‘nell’aver usufruito di somme provenienti dalla s.p.a. Calcio Padova in forza di atti gestori degli amministratori, atti di palese mala gestio ‘. La censura è inammissibilmente vaga ed indeterminata nell’individuazione degli
elementi qualificanti la condotta illecita, atteso che non vengono compiutamente esposte le ragioni per le quali la decisione degli amministratori di procedere al rimborso del finanziamento del socio RAGIONE_SOCIALE, oltre che essere fonte di responsabilità per coloro che l’hanno assunta, involgerebbe di per sé anche la responsabilità del socio creditore rimborsato; inoltre, la censura non si confronta con le ragioni poste dal tribunale a fondamento della decisione, non avendo in particolare gli appellanti dimostrato né la natura postergata del credito di RAGIONE_SOCIALE, né l’insufficienza del patrimonio sociale di Calcio Padova al momento del pagamento».
Aggiunse poi quanto segue. «Con riferimento alle ipotesi di responsabilità ex art. 2395 e/o 2043 c.c., non sono state individuate precise e specifiche condotte degli amministratori, mediante le quali sarebbe stato da costoro arrecato pregiudizio patrimoniale diretto ad Ormis In particolare, non viene esposto – in modo tale da soddisfare i requisiti stabiliti dall’art. 342 c.p.c. – in quale modo un pregiudizio diretto ed immediato, e non meramente riflesso e conseguente al depauperamento del patrimonio sociale, sia derivato dalle operazioni ed atti gestori – rimborso del finanziamento del socio RAGIONE_SOCIALE; mancato rimborso di quanto dovuto a RAGIONE_SOCIALE da RAGIONE_SOCIALE per effetto del contratto di consolidamento fiscale; impossibilità di prosecuzione del rapporto di sponsorizzazione con RAGIONE_SOCIALE in conseguenza della situazione finanziaria di Calcio Padova e conseguente perdita dei relativi proventi; appostazione all’attivo patrimoniale del valore di un calciatore, non più idoneo all’attività
agonistica; stipula del finanziamento con il Credito Sportivo cui è seguita, stante l’incapacità della debitrice principale di restituire quanto erogato, l’escussione del fideiussore Penocchio; sopravvenienze passive asseritamente emerse dopo cessione delle quote sociali imputati agli amministratori in quanto manifestazione di mala gestio . Con il che la critica rivolta alla decisione impugnata, di aver omesso
di valutare correttamente gli atti ed comportamenti dei convenuti, rimane priva di sostanza ed effettività. Inoltre, sia fidejussione da parte di COGNOME come cessione credito tra Calcio Padova (in persona del suo presidente NOME COGNOME: doc. 28 fascicolo appellanti) ed Ormis (società di cui lo stesso COGNOME era azionista ed amministratore: doc. 9 fascicolo appellati Unicomm ed altri) sono atti perfezionati successivamente alle operazioni addebitate agli amministratori, il cui contenuto pertanto COGNOME, e tramite lui anche COGNOME, erano perciò, o avrebbero comunque dovuto essere, in grado di conoscere e valutare, anche in relazione al loro possibile impatto sulla situazione patrimoniale e finanziaria di Calcio Padova. Deve, infine, essere rilevato come il COGNOME, n ell’agosto del 2015, abbia concluso con RAGIONE_SOCIALE una transazione (doc. 23 fascicolo appellanti), diretta alla definitiva composizione de ‘le possibili controversie derivanti dalle richieste di risarcimento, indennizzo o manleva sino ad ora avanzate, direttamente o indirettamente … nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e degli amministratori da essa nominati in seno al consiglio del Padova Calcio, nonché quelle ulteriori che comunque potessero derivare dai rapporti contrattuali ed extracontrattuali intercorsi sino alla data odierna …’ rinunciando irrevocabilmente, per se e per Padova Calcio, ad ogni richiesta di risarcimento. indennizzo o manleva precedentemente formulata’, riconoscendo espressamente ‘…all’esito di accertamenti e valutazioni in ordine alle circostanze di fatto sottese alle proprie contestazioni … che Unicomm, ed i signori NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME …, hanno operato nel pieno rispetto delle norme di legge e di statuto nonché delle disposizioni di ogni contratto intercorrente tra ciascuno di essi, da un lato, e DP, … o Padova Calcio, dall’altro’ e dichiarando di nulla più avere nei loro confronti ‘…nelle loro pregressa qualità di socio e amministratori del Padova Calcio, a qualsivoglia titlo o ragione, relativamente a quanto compiuto sino ad oggi…’. Alla stregua dei rilievi tutti che
precedono, i capitoli di prova per interpello e testi articolati dagli appellanti, che peraltro vertono in massima parte su circostanze documentali o valutative, non sono rilevanti ai fini della decisione, mentre la ctu è esplorativa, laddove diretta ad individuare elementi costitutivi della fattispecie, che sarebbe stato onere degli appellanti compiutamente allegare e provare, ed è comunque superflua, siccome finalizzata ad accertare l’esistenza di atti già risultanti documentalmente’ (atto d’appello, pag. 27), senza che le verifiche affidate al consulente possano comunque condurre all’accoglimento delle pretese azionate in giudizio, in difetto, per le ragioni esposte, di effettivo pregiudizio risarcibile».
Hanno proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione e in concordato preventivo, e NOME COGNOME sulla base di tre motivi e resistono con distinti controricorsi NOME COGNOME da una parte, e RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME dall’altra. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 cod. proc. civ.. Sono state presentate memorie.
Considerato quanto segue.
Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2394, 2395 e 2043 cod. civ., nonché dell’art. 132 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che, in relazione al motivo di appello concernente le norme di cui in rubrica, la Corte territoriale non ha esaminato compiutamente il motivo di appello, limitandosi ad affermare la validità delle argomentazioni del Tribunale, come risulta dall’atto di appello trascritto nel motivo di ricorso. Precisa che il giudice di appello non ha tenuto conto dei danni diretti conseguenti al fatto illecito compiuto dai convenuti, limitandosi ad affermare che la censura avrebbe carattere apodittico, senza tenere conto della specifica indicazione degli atti illegittimi e del danno derivato, da cui, anche per questo aspetto, la carenza della motivazione.
Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2394, 2395, 2043, 2497 quinquies , 2467 e 2697 cod. civ., nonché dell’art. 132 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che la Corte territoriale, affermando che «non sono state individuate precise e specifiche condotte degli amministratori», ha omesso di esaminare le condotte degli amministratori e di Unicomm richiamate dagli appellanti. Precisa che la natura di finanziamento soci dei versamenti di RAGIONE_SOCIALE rientra nella fattispecie di cui all’art. 2467 c.c., con conseguente applicazione della postergazione, per cui costituisce violazione dell’art. 2697 c.c. affermare che avrebbero dovuto gli appellanti dimostrare la natura postergata del credito e l’insufficienza del patrimonio di Calcio Padova. Aggiunge che risulta omesso l’esame del secondo motivo di appello (quanto all’ambito della intervenuta rinuncia ed alla prova del danno), come trascritto nel motivo di ricorso, da cui la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 132 c.p.c..
Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2394, 2395 e 2043 cod. civ., nonché degli artt. 112, 115, 61 e 132 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che la Corte territoriale, affermando che «non sono state individuate precise e specifiche condotte degli amministratori», ha dimenticato quanto espressamente affermato nel motivo di appello, così come trascritto nel motivo di ricorso, fornendo una motivazione apparente. Aggiunge, quanto all’asserita assenza di danno in capo a NOME COGNOME perché non vi sarebbe la prova del pagamento della fideiussione, che il socio è legittimato a chiedere il risarcimento dei danni diretti nella sua sfera personale e patrimoniale e che sono stati prodotti gli atti di precetto e pignoramento notificati a NOME COGNOME dall’Istituto per il Credito Sportivo in forza della fideiussione prestata. Osserva ancora che la Corte territoriale ha omesso di considerare che nella transazione risulta
fatta espressa riserva di agire in rivalsa nei confronti di soggetti diversi da RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE per i pagamenti effettuati quale fideiussore in favore dell’Istituto di Credito Sportivo e che in mancanza di motivazione sono state riconosciute irrilevanti le istanze istruttorie, trascritte nel motivo, laddove invece dalle stesse può aversi conferma della condotta dolosa o quanto meno colposa dei convenuti a danno degli attori.
I motivi, da trattare congiuntamente in quanto affetti da vizi comuni, sono inammissibili. Le censure, come si intende anche dal richiamo in rubrica dell’art. 132 c.p.c., denunciano l’omissione di motivazione sotto il profilo dell’inesistenza del requisito motivazionale del provvedimento giurisdizionale. Al riguardo va rammentato che è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass. Sez. U. n. 8053 del 2014). La carenza motivazionale, in tutti i motivi di censura, risulta denunciata non sotto il profilo dell’intrinseca inidoneità della motivazione a rendere percepibile la ratio decidendi , ma mediante il raffronto con le risultanze processuali, ed in particolare il contenuto dei motivi di appello. Né risulta denunciata la mera omissione di pronuncia su motivo, poiché le censure assumono che una pronuncia vi sia stata, solo che essa sarebbe carente di motivazione per un’omessa considerazione delle ragioni a sostegno del singolo motivo di appello. D’altra parte, le censure, là dove denunciano l’omessa consi derazione di circostanze di fatto, non possono essere riqualificate come denuncia di omesso esame di fatto storico, decisivo e controverso, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., atteso che, così riqualificate, le censure in parola sarebbero comunque inammissibili, stante il divieto di cui all’art. 348 ter c.p.c. per la conformità delle due decisioni di merito quanto alle
ragioni inerenti alle questioni di fatto. Al netto dell’inammissibilità rilevata, i motivi refluiscono nella confutazione del giudizio di fatto che, essendo in quanto tale riservato al giudice del merito, non è sindacabile in sede di legittimità.
Ciò premesso in linea generale, sotto il profilo del vizio di inammissibilità di carattere assorbente che accomuna tutti i motivi, va evidenziato, quanto alla denunciata violazione dell’art. 2697 c.c. nel secondo motivo, per avere la Corte territoriale preteso la prova da parte degli appellanti della natura postergata del credito e dell’insufficienza del patrimonio di Calcio Padova, che il motivo non coglie la ratio decidendi , ed è pertanto privo di decisività, avendo la Corte territoriale affermato che «la censura non si confronta con le ragioni poste dal tribunale a fondamento della decisione, non avendo in particolare gli appellanti dimostrato né la natura postergata del credito di RAGIONE_SOCIALE, né l’insufficienza del patrimonio sociale di Calcio Padova al momento del pagamento». Nel rilevare che «la censura non si confronta con le ragioni poste dal tribunale a fondamento della decisione » la Corte territoriale ha inteso evidenziare l’inammissibilità del motivo ai sensi dell’art. 342 c.p.c., statuizione rimasta non impugnata. La mancata impugnazione della statuizione di inammissibilità ai sensi dell’art. 342 rende priva di decisività anche la censura proposta nel primo motivo in relazione alla questione dei danni diretti.
E’ appena il caso di aggiungere che, derivando dalla qualificazione di finanziamento di socio la conseguenza della postergazione di cui all’art. 2467 c.c., è onere della parte che allega la natura di finanziamento provare il presupposto di fatto contemplato dal secondo comma della norma citata e, dunque, nell’esigere dall’attore la prova della postergazione ( rectius , del finanziamento), non vi sarebbe violazione dell’onere probatorio.
Circa la questione della legittimazione del socio a chiedere il risarcimento dei danni diretti, censura sollevata con il terzo motivo, emerge nuovamente l’eccentricità della censura rispetto alla ratio decidendi , posto che la Corte territoriale non ha inteso negare la detta legittimazione, ma ha compiuto una valutazione relativa al presupposto di fatto della responsabilità degli amministratori, che è giudizio istituzionalmente riservato al giudice del merito.
Quanto alla mancata assunzione di mezzi istruttori, denunciata sempre nel terzo motivo, va rammentato che il vizio di motivazione per omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui esso investa un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa o non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la “ratio decidendi” risulti priva di fondamento (Cass. n. 18072 del 2024; n. 16214 del 2019). La censura acquista così la caratteristica di denuncia di vizio motivazionale (Cass. n. 5654 del 2017). Come si è anticipato, l’esistenza di doppia conforme preclude la proponibilità del vizio motivazionale.
E’ appena il caso di aggiungere che la censura attiene alla congruità probatoria del mezzo istruttorio, rispetto al quale la Corte territoriale ha espresso la propria valutazione di irrilevanza, valutazione che istituzionalmente compete al giudice del merito. Il provvedimento reso sulle richieste istruttorie, a parte il vizio di motivazione, è censurabile con ricorso per cassazione per violazione del diritto alla prova, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. allorquando il giudice di merito rilevi preclusioni o decadenze insussistenti ovvero affermi l’inammissibilità del mezzo di prova per motivi che prescindano da una valutazione della
sua rilevanza in rapporto al tema controverso ed al compendio delle altre prove richieste o già acquisite (Cass. n. 30810 del 2023).
Infine, rimessa all’apprezzamento discrezionale del giudice del merito è l’assunzione di CTU, nel limite dell’esistenza della motivazione al riguardo, limite nella specie rispettato.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Poiché il ricorso viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 – quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna i ricorrenti al pagamento, in favore di NOME COGNOME, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Condanna i ricorrenti al pagamento, in favore di RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di c ontributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il giorno 21 novembre 2024