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Responsabilità amministratori fallimento: la Cassazione

La Corte di Cassazione conferma la condanna di ex amministratori di una società fallita, stabilendo principi chiave sulla responsabilità amministratori fallimento. Viene chiarito che l’azione del curatore è unitaria e inscindibile, rendendo inapplicabile la clausola compromissoria statutaria. La Corte ha inoltre rigettato le eccezioni di prescrizione e le contestazioni sul merito per genericità, ribadendo che il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti.

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Responsabilità amministratori fallimento: la Cassazione sull’azione del curatore

L’ordinanza in esame affronta un tema cruciale nel diritto societario e fallimentare: la responsabilità degli amministratori a seguito del fallimento della società da loro gestita. Con una decisione chiara, la Corte di Cassazione ribadisce principi fondamentali sull’azione esercitata dal curatore fallimentare, sull’inapplicabilità delle clausole compromissorie statutarie e sui limiti delle difese degli ex amministratori. Questa pronuncia offre importanti spunti di riflessione per chiunque operi nel contesto aziendale, evidenziando le gravi conseguenze di una gestione societaria negligente.

I Fatti di Causa

Il curatore del fallimento di una società a responsabilità limitata citava in giudizio il presidente del consiglio di amministrazione e un consigliere, contestando la loro responsabilità per i danni causati alla società. Le accuse principali erano due: aver proseguito l’attività sociale nonostante l’erosione del patrimonio e aver posto in essere attività distrattive dei beni aziendali. Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda, condannando gli ex amministratori al pagamento di un cospicuo risarcimento. La decisione veniva confermata in secondo grado dalla Corte d’Appello, spingendo gli amministratori a presentare ricorso per cassazione.

La questione della responsabilità amministratori fallimento e la Clausola Compromissoria

Il primo motivo di ricorso si basava sull’esistenza di una clausola compromissoria nello statuto sociale, che devolveva le controversie a un collegio arbitrale. Secondo i ricorrenti, il Tribunale non era competente a decidere, almeno per quanto riguarda l’azione sociale di responsabilità.

La Cassazione rigetta fermamente questa tesi. La Corte spiega che l’azione esercitata dal curatore ai sensi dell’art. 146 della Legge Fallimentare ha una natura speciale: essa cumula e unifica in sé sia l’azione sociale di responsabilità (quella che la società avrebbe potuto intentare contro i propri amministratori) sia l’azione a tutela dei creditori sociali. Questo rimedio ha un carattere unitario e inscindibile, finalizzato a reintegrare il patrimonio sociale a garanzia di tutti i soggetti coinvolti nel fallimento.

Di conseguenza, la clausola compromissoria, che riguarda solo l’azione sociale, non può essere opposta al curatore. L’azione del curatore, infatti, include anche la tutela dei creditori, i quali sono terzi rispetto allo statuto e alla clausola stessa. Permettere l’applicazione della clausola snaturerebbe la portata unitaria del rimedio fallimentare.

L’inammissibilità delle Altre Doglianze

Gli altri motivi di ricorso sono stati dichiarati inammissibili dalla Corte per ragioni processuali che meritano attenzione.

1. Eccezione di Prescrizione: I ricorrenti sostenevano che l’azione fosse prescritta, poiché lo stato di crisi della società era evidente già da molti anni. Tuttavia, la Corte ha rilevato la genericità della doglianza. Gli amministratori si erano limitati a un generico richiamo alla documentazione prodotta, senza confutare in modo specifico l’assunto della Corte d’Appello, secondo cui non era stata fornita una prova puntuale del momento in cui l’insufficienza patrimoniale era diventata oggettivamente percepibile dai creditori.
2. Contestazioni sul Merito: Gli ex amministratori avevano tentato di rimettere in discussione la loro responsabilità e la quantificazione del danno, adducendo presunti crediti inesistenti e la natura fittizia di alcune operazioni. Anche in questo caso, la Cassazione ha ritenuto il motivo inammissibile. Il ricorso si limitava a riproporre le stesse tesi difensive già respinte nei gradi di merito, senza un confronto critico con le argomentazioni della sentenza d’appello. La Corte ha ribadito che il giudizio di legittimità non è un ‘terzo grado di merito’ e non consente una nuova valutazione dei fatti.

Le Motivazioni della Corte

La Corte Suprema fonda la sua decisione su un orientamento giurisprudenziale consolidato. Il punto cardine è il carattere unitario e inscindibile dell’azione di responsabilità esercitata dal curatore fallimentare. Sebbene questa azione sia il risultato della confluenza di due diverse azioni (sociale e dei creditori), essa assume una connotazione autonoma nel contesto concorsuale. La sua finalità è la reintegrazione del patrimonio sociale a garanzia della massa dei creditori. Per questo motivo, le limitazioni previste per la sola azione sociale, come la clausola compromissoria, non possono trovare applicazione.

Inoltre, la Corte ha applicato con rigore i principi sull’ammissibilità del ricorso per cassazione. Le censure devono essere specifiche, autosufficienti e non possono risolversi in una mera richiesta di riesame dei fatti. I ricorrenti non sono riusciti a superare questi sbarramenti processuali, rendendo le loro doglianze inesaminabili nel merito.

Conclusioni

L’ordinanza rappresenta un importante monito per gli amministratori di società. La loro responsabilità in caso di fallimento è severa e l’azione del curatore è uno strumento potente ed efficace. La decisione conferma che le clausole arbitrali statutarie non offrono alcuna protezione in questo scenario. Inoltre, emerge chiaramente che, per difendersi efficacemente, è necessario formulare argomentazioni precise e puntualmente provate fin dai primi gradi di giudizio, poiché le contestazioni generiche o la semplice riproposizione di tesi già respinte non troveranno accoglimento in sede di legittimità.

Quando una società fallisce, gli amministratori possono usare una clausola arbitrale dello statuto per evitare una causa in tribunale da parte del curatore?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’azione di responsabilità del curatore fallimentare unifica in sé sia l’azione sociale sia quella a tutela dei creditori. Data questa natura unitaria e inscindibile, la clausola compromissoria, che riguarda solo i rapporti interni alla società, non è opponibile al curatore e non può impedire l’azione davanti al giudice ordinario.

È sufficiente per gli amministratori fare un generico riferimento a documenti per dimostrare che un’azione di responsabilità è prescritta?
No. La Corte ha ritenuto inammissibile un motivo di ricorso basato su una simile difesa generica. È necessario che la parte che eccepisce la prescrizione fornisca elementi specifici e puntuali per dimostrare il momento esatto da cui il termine di prescrizione avrebbe dovuto decorrere, non potendosi limitare a un vago richiamo a documentazione allegata.

Il ricorso in Cassazione può essere utilizzato per ottenere una nuova valutazione dei fatti e della responsabilità degli amministratori?
No. La Corte ha ribadito che il giudizio di Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. Non è possibile chiedere alla Corte di rivalutare i fatti del caso, la sussistenza della colpa o l’ammontare del danno. Il ricorso è ammissibile solo se denuncia violazioni di legge o vizi di motivazione nei limiti previsti dal codice di procedura civile, e non può tradursi in un terzo grado di giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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