Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 11324 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 11324 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21782/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in ROMAINDIRIZZO (STUDIO RAGIONE_SOCIALE), presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
nonché contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrenti-
COGNOME NOME, COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO PERUGIA n. 228/2020 depositata il 11/03/2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
-Nel 2013 il RAGIONE_SOCIALE convenne in giudizio gli amministratori della società fallita NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, evidenziando una serie di anomalie contabili e chiedendone la condanna al risarcimento del danno nella misura di € 655.054 ,00, derivante dalla somma dei crediti iscritti nel bilancio al 31/12/2008 (non depositato presso il registro delle imprese) come ‘ crediti verso altri ‘ -derivanti da una non meglio giustificata trasformazione della ‘ liquidità ‘ d i € 582.634,00 risultante dal bilancio al 31/12/2007 -nonché ‘crediti esigibili oltre l’esercizio successivo’ rinveniente da analoga trasformazione della somma di € 72.420,00 iscritta nel bilancio al 31/12/2007 come ‘credito esigibile entro l’esercizio’ in quanto risultati di impossibile riscossione.
1.1. -Si costituirono in giudizio solo gli amministratori NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, nonché i sindaci NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME da essi chiamati in causa.
1.2. -Il Tribunale di Perugia rigettò la domanda, rilevando tra l’altro che , pur sussistendo un forte indizio di falsità della postazione dei suddetti crediti nel bilancio al 31/12/2008, essi risultavano esigibili in buona parte oltre l’esercizio successivo, sicché, essendo stato il fallimento dichiarato con sentenza del 24/02/2010, non era ipotizzabile un’inerzia degli amministratori, i quali non avevano avuto il tempo minimo necessario per procedere al recupero dei crediti.
1.3. -La RAGIONE_SOCIALE impugnò la decisione con cinque motivi di appello, nel primo dei quali, in particolare, denunciò l’erronea qualificazione della domanda, poiché il fatto costitutivo allegato non era l’inerzia degli amministratori, bensì la dissipazione delle liquidità esistenti.
1.4. -La Corte d’appello di Perugia ha rigettato l’appello osservando (per quanto ancora rileva in questa sede) che, nonostante fossero «evidenti gli indizi di un’ irregolare tenuta delle scritture contabili da parte degli amministratori» -i quali non erano stati in grado di fornire indicazioni sulle fonti dei crediti e sull ‘ identità dei debitori , né di giustificare l’operazione di trasformazione della ‘liquidità’ di € 582.634,00 del bilancio 2007 in ‘crediti verso altri esigibili oltre l’esercizio successivo’ nel bilancio 2008, con conseguente «falsità delle poste indicate a credito nel bilancio al 31.12.2008» -tuttavia la RAGIONE_SOCIALE non aveva «individuato la natura del pregiudizio derivato alla società fallita dal dedotto mancato recupero dei crediti societari che, alla data del fallimento, erano da poco divenuti esigibili».
-Il RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione in due motivi, illustrato da memoria. Hanno resistito con separati controricorsi NOME COGNOME e NOME COGNOME, nonché NOME COGNOME, la quale ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. -Con il primo motivo, rubricato ‘ violazione dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. in relazione all’art. 112 c.p.c. (vizio di extrapetizione) ‘ , il ricorrente si duole che la Corte territoriale, travisando il primo motivo d’appello, non ha rilevato il vizio di extra petizione da cui era affetta la decisione di primo grado, così incorrendo a sua volta nel medesimo vizio, in quanto il fatto costituivo della domanda non era proprio l’inerzia degli amministratori nel recupero dei crediti risultanti dal bilancio al 31/12/2008, bensì, per un verso, la dissipazione delle liquidità di € 582.634,00 risultanti dal bilancio al 31/12/2007 ( ‘ trasformate ‘ in crediti mediante un’operazione che era rimasta priva di qualsivoglia giustificazione) e, per altro verso, l ‘altrettanto ingiustificata conversione d ella somma di € 72.420,00 da ‘crediti esigibil i entro
l’esercizio’ (nel bilancio al 31/12/2007 ) a ‘ crediti esigibili oltre l’esercizio successivo ‘ (nel bilancio al 31/12/2008), con la conseguenza che le relative poste erano risultate insuscettibili di acquisizione all’attivo RAGIONE_SOCIALE.
2.2. -Il secondo mezzo denuncia violazione dell’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 146 l.fall. e 2392, 2394, 2394-bis e 2697 c.c., per avere la corte d’appello applicato principi giuridici in materia di allegazione dell’inadempimento e prova del nesso causale e del danno afferenti, però, alla diversa ipotesi dell’omessa o irregolare tenuta delle scritture contabili, e dunque non pertinenti alla fattispecie concreta, in cui era stato invece dedotto un inadempimento qualificato degli amministratori, avuto riguardo alle ingiustificate trasformazioni di significative poste attive di bilancio dal 2007 al 2008, tali da determinare l’impossibilità oggettiva di recupero di ingenti crediti , perché del tutto sforniti di indicazioni relative al titolo e alla individuazione dei soggetti debitori, con conseguente irrilevanza del lasso di tempo a disposizione degli amministratori per il loro recupero, su cui si è basata la motivazione della sentenza impugnata.
-Le censure, esaminabili congiuntamente in quanto connesse, sono fondate e vanno accolte , risultando decisivo l’ error in procedendo denunziato con il primo mezzo.
3.1. -Se è vero, infatti, che la individuazione e interpretazione del contenuto della domanda è attività riservata al giudice di merito, è altrettanto vero che tale attività resta sindacabile in cassazione in alcune ipotesi, segnatamente: i) ove quell’attività ridondi in un vizio di nullità processuale, nel qual caso la sua difformità dal paradigma della norma processuale violata va dedotta come vizio di legittimità ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.; ii) qualora essa comporti un vizio del ragionamento logico decisorio tale da incidere sulla esatta individuazione del “petitum”, con conseguente violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato , anch’esso prospettabile come vizio di nullità processuale ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.; iii) quando si traduca in un errore che coinvolge la “qualificazione giuridica” dei fatti allegati nell’atto introduttivo, ovvero la omessa rilevazione di
un “fatto allegato e non contestato da ritenere decisivo”, ipotesi nella quale la censura va proposta, rispettivamente, in relazione al vizio di “error in judicando”, in base all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., o al vizio di “error facti”, nei limiti consentiti dall’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.» (Cass. 11103/2020, 10727/2021; cfr. Cass. 30770/2023, per la seconda ipotesi).
3.2. -Con specifico riguardo al caso concreto, viene in rilevo la consolidata giurisprudenza di questa Corte in base alla quale «il potere-dovere del giudice di inquadrare nella esatta disciplina giuridica i fatti e gli atti che formano oggetto della contestazione incontra il limite del rispetto del “petitum” e della “causa petendi”, sostanziandosi nel divieto di introduzione di nuovi elementi di fatto nel tema controverso, sicché il vizio di “ultra” o “extra” petizione ricorre quando il giudice di merito, alterando gli elementi obiettivi dell’azione (“petitum” o “causa petendi”), emetta un provvedimento diverso da quello richiesto (“petitum” immediato), oppure attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso (“petitum” mediato), così pronunciando oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni fatte valere dai contraddittori» (Cass. 8048/2019; conf. Cass. 11304/2018, 9002/2018, 18868/2015, 15383/2010, 21484/2007, 11455/2004, 12471/2001).
3.3. -Ebbene, dalla puntuale ricostruzione effettuata dal ricorrente, con pieno assolvimento dell’onere di autosufficienza del ricorso, è emerso che la “causa petendi” dell’azione di responsabilità proposta dal curatore, ai sensi dell’art. 146 l.fall. , è stata semplicisticamente ridotta dai giudici di merito alla negligenza degli amministratori nel recupero di crediti risultanti dal bilancio al 31/12/2008 -bilancio ritenuto dagli stessi giudici irregolare e falso -quando invece i fatti specificamente dedotti tracciavano una storia di ingenti liquidità improvvisamente dissoltesi attraverso una ingiustificata riqualificazione come crediti esigibili in esercizi successivi, però sforniti di qualsivoglia indicazione utile, in punto di titoli e soggetti debitori, a consentirne il recupero da parte del curatore RAGIONE_SOCIALE, non avendo pacificamente gli amministratori saputo riferire alcunché al riguardo.
3.4. -È allora evidente che, a fronte di disponibilità patrimoniali inspiegabilmente fuoriuscite dall’attivo della società, il curatore, nell’ agire per il risarcimento del danno nei confronti degli amministratori, ben poteva limitarsi ad allegarne l’inadempimento, consistente nella distrazione o dispersione di dette risorse, spettando invece ai convenuti l’onere di p rovarne il corretto impiego o la lecita destinazione, conformemente alla disciplina normativa e statutaria. Ciò in forza della natura contrattuale della responsabilità degli amministratori sociali per i danni cagionati alla società amministrata, che impone al curatore, il quale agisca ai sensi dell’ art. 146 l. fall., di allegare le violazioni compiute dagli amministratori ai loro doveri, come pure a provare il danno e il nesso di causalità tra la violazione e il danno, ed onera invece gli amministratori stessi di dimostrare, con riferimento agli addebiti contestati, l’osservanza dei predetti doveri (Cass. 25631/2023, 2975/2020, 17441/2016).
-In conclusione, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte d’appello di Perugia, che, in diversa composizione, provvederà a decidere la causa alla luce dei principi sopra richiamati, oltre che a regolare le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Perugia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12/03/2024.