Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 6196 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 6196 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 282/2021 R.G. proposto da :
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
COGNOME NOMECOGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE -ricorrente- contro
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO
DEGLI SCIPIONI INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 1983/2020 depositata il 21/10/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, già socio di RAGIONE_SOCIALE, ha convenuto davanti al Tribunale di Firenze, Sezione Specializzata in materia di Impresa, NOMECOGNOME NOME e COGNOME, in qualità di amministratori della suddetta società cooperativa, esperendo nei loro confronti azione di responsabilità di cui all’art. 2395 cod. civ.
L ‘attore ha premesso di avere sottoscritto nel 2001 domanda di adesione alla menzionata società cooperativa e successivo contratto di prenotazione di immobile da costruire; ha, poi, dedotto di avere, nel dicembre 2011, intimato agli amministratori il rilascio della garanzia fideiussoria di cui al d. lgs. n. 122/2005 e di avere agito davanti al Tribunale di Firenze, nei confronti della società, per la declaratoria di nullità del contratto di prenotazione dell’immobile e dell’ adesione alla cooperativa per mancato rilascio della garanzia fideiussoria. Quel giudizio si è concluso -come risulta dalla sentenza impugnata – con ordinanza del Tribunale di Firenze del 30 gennaio 2013, passata in giudicato, che ha dichiarato la nullità del contratto di prenotazione dell’immobile e « dell’atto di adesione alla cooperativa », condannando la società al risarcimento dei danni pari agli importi versati dal socio alla società cooperativa, oltre accessori
e rivalutazione. La società non ha dato esecuzione alla sentenza, essendo stata ammessa alla procedura di concordato preventivo.
L’attore ha dedotto che gli amministratori erano venuti meno ai loro obblighi gestori, violando il principio di parità di trattamento tra i soci della società cooperativa, avendo -in particolare -omesso di offrire all’attore il rilascio della garanzia, laddove analoga offerta fosse stata fatta in favore di altri soci; questo comportamento avrebbe generato secondo l’attore un danno pari all’obbligazione di rimborso ottenuta dall’attore nei confronti della società cooperativa.
Il Tribunale di Firenze ha accolto la domanda dell’attore.
La Corte di Appello di Firenze, Sezione Specializzata di RAGIONE_SOCIALE, ha rigettato gli appelli riuniti degli amministratori. Ha ritenuto il giudice di appello -per quanto qui ancora rileva – che il socio mantiene la propria legittimazione ad agire nei confronti degli amministratori, nonostante il passaggio in giudicato della sentenza che dichiara la nullità della adesione alla cooperativa; ciò in quanto il venir meno del rapporto sociale nei confronti della società cooperativa, per quanto ex tunc , non preclude all’ex socio di agire nei confronti degli amministratori per comportamenti assunti quando il danneggiato rivestiva lo status di socio. La sentenza impugnata ha, pertanto, ritenuto che il socio possa far valere anche successivamente alla cessazione del rapporto sociale il comportamento discriminatorio assunto dagli amministratori nei propri confronti in violazione dell’art. 2516 cod. civ .. La Corte territoriale ha reputato discriminatorio il comportamento degli amministratori che non avevano offerto all ‘ appellato il rilascio della polizza fideiussoria a fronte dell’ offerta di analoga polizza ad altro socio. Ha, infine, ritenuto che la quantificazione del danno causato all’ex socio dagli amministratori -in misura corrispondente a quanto dovuto dalla società al socio a titolo di rimborso per gli importi a suo
tempo da questi versato alla cooperativa, per effetto della nullità del rapporto sociale – costituisce misura di quantificazione del danno diretto sul patrimonio dell’ex socio derivante dalla condotta illecita degli amministratori.
Gli amministratori propongono un ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, cui resiste con controricorso l’ex socio , ulteriormente illustrato da memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il pri mo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 342 cod. proc. civ. nonché, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., omessa pronuncia su motivo di gravame in violazione degli artt. 112, 132 cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto inammissibile il motivo di appello con cui gli appellanti, odierni ricorrenti, deducevano l’infondatezza dell’azione di responsabilità ex art. 2395 cod. civ. per effetto del venir meno del rapporto sociale conseguente alla sentenza del Tribunale di Firenze del 30 gennaio 2013. Deducono i ricorrenti che il motivo di appello -trascritto per specificità – non poteva considerarsi inammissibile.
2 . Il primo motivo è inammissibile, in quanto la statuizione di inammissibilità del motivo non costituisce propriamente ratio decidendi della sentenza impugnata. La qualificazione di inammissibilità è riferita, nella sentenza impugnata, alle argomentazioni utilizzate degli appellanti in relazione alle statuizioni della sentenza di primo grado, ma non alla assenza di specificità dei motivi ex art. 342 cod. proc. civ., traducendosi in una sostanziale valutazione di infondatezza dell’appello. Tanto che come lo stesso ricorrente osserva -il giudizio di inammissibilità è stato tratto per rimarcare l’irrilevanza e, quindi, l’infondatezza delle argomentazioni
utilizzate dagli appellanti. Né vi è omessa pronuncia, essendosi il giudice di appello pronunciato sui motivi di impugnazione.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dei principi in tema di effetti della nullità degli atti negoziali, dell’art. 2909 cod. civ., degli artt. 2395 e 2516 cod. civ., nonché -sotto un ulteriore profilo -violazione e falsa applicazione dell’art. 2 d. lgs. n. 122/2005. Osservano i ricorrenti che l’appellato non pote va qualificarsi più come socio . Tale deduzione deriva dall’efficacia di giudicato esterno attribuita all’ ordinanza del Tribunale di Firenze del 30 gennaio 2013, nella parte in cui ha dichiarato nulla l’adesione del socio alla cooperativa, così privando il socio ex tunc dello status di socio. Conseguentemente, l’ex socio non avrebbe avuto accesso alla tutela del principio di non discriminazione tra soci di cui all’art. 2516 cod. civ., essendo equiparabile a un terzo creditore, il quale non può invocare comportamenti discriminatori tra soci quale fonte dell’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori (« il COGNOME non è socio, né lo è mai stato (…) nessuna dismissione è configurabile, perché tale qualifica non vi è mai validamente stata »).
4 . Con un secondo profilo i ricorrenti deducono, in relazione allo stesso motivo di censura, che la sentenza impugnata avrebbe male interpretato l’art. 2 d. lgs. n. 122/2005 relativo al rilascio della fideiussione per gli immobili da costruire. Osservano i ricorrenti che l’esperimento dell’azione di nullità del rapporto sociale non avrebbe avuto come antecedente logico l’obbligo per gli amministratori di rilasciare la fideiussione e non potrebbe costituire eccezione agli effetti della nullità del rapporto sociale.
Il secondo motivo, in disparte l’omessa impugnazione della statuizione del giudice di appello, secondo cui il venir meno della
qualità di socio dell’appellato sarebbe da ricondurre al comportamento assunto dagli amministratori, è infondato. Presupposto per l’insorgenza della responsabilità risarcitoria, di natura extracontrattuale, degli amministratori nei confronti dei soci è la prova di una condotta dolosa o colposa degli amministratori medesimi, del danno e del nesso causale tra questa e il danno patito (Cass., n. 3779/2019, cit.; Cass., n. 6558/2011).
6 . Tali presupposti vanno esaminati in relazione a comportamenti assunti dai soci nel momento in cui gli stessi rivestivano la qualità di soci, a nulla rilevando eventi successivi, modificativi della qualità di socio, dovendosi accertare il nesso tra la condotta degli amministratori e il danno arrecato al socio al momento in cui la condotta è stata posta in essere. E’, pertanto, al momento in cui è stata adottata la condotta da parte degli amministratori nei confronti del socio che va accertata la violazione del principio di parità di trattamento dei soci nelle società cooperative da parte dei suoi amministratori, fonte di responsabilità degli amministratori nei confronti dei soci ex art. 2395 cod. civ. (Cass., n. 6510/2004).
7. In altri termini, il comportamento assunto dagli amministratori all’atto del rifiuto dell’offerta del rilascio della garanzia al controricorrente, ha costituito fatto generatore di un duplice evento, come del resto accertato dalla stessa sentenza impugnata con statuizione non oggetto di censura. Da un lato, si è generata l’obbligazione di rimborso nei confronti della società per effetto della declaratoria della nullità del rapporto sociale ; dall’altro , è insorta l’obbligazione risarcitoria a titolo di responsabilità ex art. 2395 cod. civ. nei confronti degli amministratori che quel comportamento hanno posto in essere per i danni ingenerati al socio oggetto del comportamento discriminatorio.
L’opposta soluzione perverrebbe, peraltro, a conclusioni paradossali, perché la declaratoria di nullità del rapporto sociale o, comunque, il venir meno del rapporto sociale, ove questo spieghi efficacia ex tunc , precluderebbe ogni pretesa di danni nei confronti degli amministratori fondata sulla violazione dello status di socio della società cooperativa. La sentenza impugnata ha, pertanto, fatto corretta applicazione dei suddetti principi.
Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 2395 e 2516 cod. civ., nonché dell’art. 2 d. lgs. n. 122/2005 nonché, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza per violazione degli artt. 132 cod. proc. civ. e dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. nonché ancora, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti. Osservano i ricorrenti che non ricorrerebbe nel caso di specie la violazione del principio di parità di trattamento di soci di società cooperativa per effetto del rifiuto opposto al Gesualdo del rilascio della fideiussione a fronte dell’offerta di analoga fideiussione ad altro socio, trattandosi di comportamento comparativo assunto in sede di trattativa con l’altro socio e non qualificabile come causa del comportamento discriminatorio. Si contesta, inoltre, la rilevanza della natura discriminatoria del permesso consentito ad altri soci di trasportare i versamenti su altri immobili quale omesso esame di fatto decisivo, in quanto comportamento che sarebbe stato consentito anche all’appellato odierno controricorrente .
Il motivo è inammissibile, in quanto la censura impinge nelle valutazioni del giudice del merito relative alla idoneità causale di un comportamento incidente sulla violazione del principio di non discriminazione. Va qui ricordato che la responsabilità degli organi
sociali, derivante dall’azione proposta dal socio ex art. 2395 cod. civ. ha natura extracontrattuale, postulando la sussistenza di fatti illeciti direttamente imputabili a un comportamento colposo o doloso degli amministratori. Ove l’evento dannoso si ricolleghi a più azioni od omissioni, il problema della concorrenza di una pluralità delle cause trova la sua soluzione nella disciplina di cui all’art. 41, cod. pen., in virtù del quale il concorso di più cause concorrenti non esclude il rapporto di causalità fra dette cause e l’evento, essendo quest’ultimo riconducibile a ciascuna di esse, a meno che non sia raggiunta la prova dell’esclusiva efficienza causale di una sola (Cass., n. 3779/2019).
11. Nella specie, parte ricorrente si duole dell’efficienza causale del comportamento assunto nei confronti dell’appellato (rifiuto di rilascio di polizza fideiussoria a fronte dell’offerta di rilascio ad altro socio) quale comportamento che si pone in termini di efficienza causale rispetto al divieto di discriminazione tra soci. Il giudizio espresso dalla Corte di Appello appare sorretto da motivazione adeguata, avendo posto in comparazione condotte tra loro difformi (l’offerta di una polizza fideiussoria a un socio e il diniego di polizza ad altro socio), condotte idonee a integrare disparità di trattamento tra soci di una società cooperativa. Deve, quindi, farsi applicazione del principio secondo cui l ‘ accertamento del nesso di causalità giuridica, che lega l’evento alle conseguenze dannose risarcibili e che va compiuto in applicazione della regola eziologica posta dall’art. 1223 cod. civ. costituisce, al pari di quello relativo al nesso di causalità materiale tra l’inadempimento e il danno, nonché dell’accertamento circa la prevedibilità del danno medesimo, un apprezzamento di fatto, insindacabile in sede di legittimità, ove sorretto da motivazione adeguata ed immune da errori (Cass., n. 18509/2021; Cass., n. 20961/2017), salvo che la valutazione si
fondi su un presupposto manifestamente e totalmente errato (Cass., n. 28903/2024), ovvero su motivazione abnorme (Cass., n. 26304/2021).
12 . Inammissibile è, inoltre, l’ulteriore profilo dedotto dai ricorrenti attinente alla deduzione della discriminazione dal comportamento assunto nei confronti di altri soci volto a consentir loro di trasportare i versamenti su altri immobili: tale profilo è estraneo alla ratio decidendi.
Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza per violazione degli artt. 132 cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ. nonché, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2395 cod. proc. civ. , nella parte in cui la sentenza impugnata ha determinato il danno diretto al patrimonio dell’appellato nell’importo determinatosi a seguito del giudizio conclusosi nei confronti della società cooperativa con ordinanza del Tribunale di Firenze del 30 gennaio 2013. Osservano i ricorrenti che il comportamento che ha causato il danno va rinvenuto, come indicato nella sentenza impugnata, nella violazione del principio di disparità di trattamento, consistente nell’avere offerto ad altro socio la polizza fideiussoria che è stata negata all’appellato , ma non nel mancato rilascio della fideiussione. Parte ricorrente denuncia assenza di motivazione sulla esistenza del danno diretto, nonché sulla quantificazione dello stesso in misura pari a quanto determinato nel precedente giudizio in relazione agli importi versati alla società cooperativa, laddove la prova del danno deve incentrarsi sulle conseguenze dannose direttamente discendenti dal rifiuto di rilascio della polizza.
Il motivo è fondato in relazione alla dedotta nullità della motivazione, con assorbimento dell’ulteriore profilo. La sentenza
impugnata, ha statuito che l’illecito ascrivibile agli amministratori per violazione del divieto di non discriminazione tra soci, scaturisce dal rifiuto del rilascio al controricorrente di una garanzia fideiussoria che era stata offerta ad altro socio. La responsabilità ingenerata dal comportamento discriminatorio degli amministratori involge, pertanto, un danno differenziale conseguente alla mancanza nel patrimonio del socio del beneficio ricevuto dal l’altro socio per effetto dell’offerta della garanzia, evento in base al quale il comportamento degli amministratori è stato considerato discriminatorio.
15. Tuttavia la motivazione adottata dalla sentenza impugnata non dà contezza delle ragioni per le quali questo danno differenziale va ad identificarsi con l’importo pari alle somme già versata dal controricorrente alla società c ooperativa e oggetto dell’ordinanza del tribunale del 30 gennaio 2013. La sentenza impugnata, dopo avere ribadito che la condotta causativa del danno consiste nel differente trattamento tra soci (avere gli amministratori offerto la fideiussione ad altro socio ma non al controricorrente) e avere precisato che l’obbligazione di rimborso a carico della società cooperativa degli importi a suo tempo versati dal socio è diversa dall’obbligazione risarcitoria assunta dagli amministratori per tale comportamento), si è limitata ad affermare che la mancata offerta della fideiussione costituisce danno « direttamente incidente sul patrimonio» dell’ex socio. Manca nella sentenza impugnata l’illustrazione dell’iter logico seguito ai fini della decisione (Cass., Sez. U., n. 8053/2014), che riconduca la quantificazione del danno derivante dalla mancata offerta della fideiussione, quale comportamento discriminatorio assunto dagli amministratori della società cooperativa, a una somma pari all’obbligazione di rimborso della società cooperativa, sia pure scaturita dal medesimo fatto generatore.
La sentenza va, pertanto, cassata, con rinvio al fine di rideterminare la quantificazione del danno scaturente dalla violazione del principio di non discriminazione tra soci derivato dalla mancata offerta della fideiussione al Gesualdo. Al giudice del rinvio è rimessa la regolazione delle spese processuali del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto motivo, dichiara inammissibili il primo e il terzo motivo, rigetta il secondo motivo del ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte di Appello di Firenze, in diversa composizione, anche per la regolazione e la liquidazione delle spese processuali del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, il 11/02/2025.