Sentenza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 12949 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 1 Num. 12949 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/05/2025
SENTENZA
sul ricorso n. 33394/2019 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Manoppello (PE), alla INDIRIZZO, in persona dell’amministratore unico e legale rappresentante pro tempore ing. NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE, con sede in Pescara, alla INDIRIZZO, in persona del presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante pro tempore ing. NOME COGNOME e PARCO RAGIONE_SOCIALE con sede in Chieti, INDIRIZZOINDIRIZZO, alla INDIRIZZO tutte rappresentate e difese, giusta procura speciale allegata al ricorso, dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME con cui elettivamente domiciliano presso lo studio di quest’ultimo in Roma, alla INDIRIZZO
-ricorrenti – contro
COGNOME rappresentato e difeso, giusta procura speciale allegata al controricorso, dall’Avvocato NOME COGNOME con cui elettivamente domicilia in Roma, alla INDIRIZZO presso lo studio dell’Avvocato NOME COGNOME
-controricorrente –
e
NOME COGNOME rappresentato e difeso, giusta procura speciale allegata al controricorso, dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME presso il cui studio elettivamente domicilia in Roma, al INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza, n. cron. 1339/2019, della CORTE DI APPELLO DI L’AQUILA , pubblicata in data 29/07/2019; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 17/04/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso; udito, per le ricorrenti, l’ Avv. R. COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso; udito, per il controricorrente NOME COGNOME l’Avv. NOME. COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile l’avverso ricorso ; NOME COGNOME che ha udita , per il controricorrente NOME COGNOME l’Avv. chiesto dichiararsi inammissibile o, comunque, rigettarsi l’avverso ricorso ; lette le memorie ex art. 378 cod. proc. civ. depositate dalle parti.
FATTI DI CAUSA
Con atto ritualmente notificato il 28 luglio 2005, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE società tutte facenti parti del Consorzio RAGIONE_SOCIALE‘Abruzzo, promossero azione di responsabilità, ex art. 2393bis cod. civ., nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME
COGNOME, consiglieri di amministrazione del Consorzio da ultimo indicato, chiedendone la revoca e la condanna al risarcimento dei danni subiti dal Consorzio stesso, nella misura di € 1.000.000,00, per le specifiche condotte (erosione di oltre un terzo del patrimonio netto con erosione del fondo consortile; consistente riduzione dei ricavi dell’anno 2005; sottoscrizione del capitale della ” RAGIONE_SOCIALE ” per € 58.800,00; assunzione di lavoratori a progetto con un costo superiore alle entrate; irregolare attuazione di un progetto per l’erogazione di contributi in violazione del divieto dell’Unione Europea di aiuto di Stato alle Imprese; impedimento dell’attività di controllo ed infedeltà nella verbalizzazione delle riunioni del consiglio di amministrazione) ivi ad essi ascritte.
1.1. Si costituirono il COGNOME, il COGNOME, il COGNOME ed il COGNOME, eccependo, tra l’altro, la carenza di legittimazione attiva delle menzionate società e contestandone integralmente gli assunti. Si costituì pure il Consorzio RAGIONE_SOCIALE dell’Abruzzo facendo proprie le domande attrici.
1.2. Con sentenza del 28 gennaio 2014 (poi corretta il 20 marzo successi), n. 77, l’adito Tribunale di L’Aquila accolse parzialmente tali domande e condannò il COGNOME, il COGNOME, il COGNOME ed il COGNOME, in solido, al risarcimento del danno, quantificat o in € 432.264,00, oltre rivalutazione ed interessi, in favore del Consorzio Parco Scientifico e Tecnologico dell’Abruzzo.
Pronunciando sui gravami autonomamente proposti dal COGNOME e dal COGNOME contro quella decisione, la Corte di appello di L’Aquila, previa loro riunione, li accolse con sentenza del 29 luglio 2019, n. 1339, resa nel contraddittorio con RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (già Consorzio Parco Scientifico e Tecnologico d’Abruzzo) e nella contumacia di RAGIONE_SOCIALE, e dichiarò inammissibile la domanda proposta, ai sensi dell’art. 2393 -bis cod. civ., dalle società consorziate e dal Consorzio Parco RAGIONE_SOCIALE d’Abruzzo, nei confronti dei suddetti appellanti.
2.1. Quella corte, dopo aver premesso che nella disciplina dei consorzi, differentemente da quella in tema di società di capitali, « il regime della responsabilità di coloro che sono preposti al consorzio è specificamente previsto dall’art. 2608 c.c. », norma che « prevede che la responsabilità dei predetti verso i consorziati è regolata dalle norme sul mandato », osservò che: i ) « La mera configurazione della responsabilità dei soggetti preposti al consorzio ‘verso i consorziati’ secondo le norme sul mandato in duce a ritenere che, rispetto a tali enti, non sia prevista un’azione sociale di responsabilità, cioè un’azione per gli atti di amministrazione che abbiano recato un pregiudizio all’ente, come quella prevista dall’art. 2393 -bis c.c., ma solo un’azione individuale per il pregiudizio subito da ciascuno dei consorziati ». Tanto « emerge chiaramente dai principi affermati dalla Corte di Cassazione secondo cui non è postulabile un’azione di responsabilità esercitabile dal consorzio nei confronti dei propri amministratori, proprio perché questi ultimi rispondono solo direttamente nei confronti dei singoli consorziati ai sensi dell’art. 2608 c.c. (Cass. 3.6.2010 n. 13465) »; ii ) « Nel caso di specie, gli attori hanno agito ai sensi dell’art. 2393 -bis c.c. nei confronti degli amministratori del Consorzio deducendo non la verificazione di danni propri, ma di quelli subiti dall’Ente per la imprudente e negligente amministrazione e la domanda è stata decisa in riferimento alla citata disposizione »; iii ) « La diversità, già rilevata, tra tale fattispecie dell’art. 2393 -bis c.c. e quella delineata dall’art. 2608 c.c., con la conseguente divergenza tra l’oggetto e le ragioni di fatto e di diritto delle rispettive azioni, non consente di sussumere la prima nella seconda. Né si può affermare che la citata differenza sia esclusa dal fatto che il Consorzio, costituitosi nel giudizio di primo grado, abbia fatto proprie le domande dei consorziati, poiché, secondo la specifica disposizion e dell’art. 2608 c.c., non è ipotizzabile un’azione di responsabilità esercitabile dal consorzio medesimo nei confronti dei propri amministratori. Pertanto, la domanda di risarcimento proposta dai consorziati in questo giudizio deve
dichiararsi inammissibile per il difetto della loro legittimazione attiva, la quale impedisce l’esame della controversia nel merito ».
Per la cassazione di questa sentenza hanno proposto ricorso RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (già Consorzio RAGIONE_SOCIALEAbruzzo) , affidandosi ad un motivo. Hanno resistito, con distinti controricorsi, NOME COGNOME e NOME COGNOME. Tutte le parti costituite hanno depositato memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ.
3.1. La Prima Sezione civile di questa Corte, investita della decisione della controversia, con ordinanza interlocutoria del 13 aprile/9 giugno 2023, n. 16417, rilevato che « il ricorso per cassazione non risulta notificato al RAGIONE_SOCIALE, appellato contumace, e che, pertanto, deve disporsi la integrazione del contraddittorio nei confronti di detta società », ha rinviato la causa a nuovo ruolo, disponendo la suddetta integrazione.
3.2 . Successivamente le ricorrenti, con ‘ Nota di deposito documenti e istanza di fissazione di nuova udienza ‘ del 7 settembre 2023, hanno evidenziato che il RAGIONE_SOCIALE « è stato sciolto e liquidato con atto del 23.12.2013 per Notaio COGNOME, notaio in L’Aquila, con conseguente cancellazione dal Registro delle Imprese avvenuta in data 8.1.2014 », sicché hanno chiesto fissarsi « una nuova udienza per la prosecuzione del giudizio ». In prossimità dell’adunanza camerale dell’8 marzo 2024, NOME COGNOME ha depositato altra memoria ex art. 380-bis.1 cod. proc. civ. , eccependo la inammissibilità dell’avverso ricorso, ex art. 331, comma 2, cod. proc. civ., stante la mancata notificazione della disposta integrazione del contraddittorio nei confronti dei soci del disciolto RAGIONE_SOCIALE
3.3. Con ulteriore ordinanza interlocutoria dell’8/25 marzo 2024, n. 7998, questa Corte, ritenuto che « Il ricorso in esame pone all’attenzione del Collegio alcune questioni di carattere pregiudiziale e, ove superate queste ultime, di merito, in ordine alle quali, consideratane la peculiarità, si rivela opportuno sentire le parti ed acquisire la requisitoria della Procura Generale.
In particolare, occorre approfondire i seguenti profili:
a) la configurabilità, o meno, in relazione all’azione ex art. 2393 -bis cod. civ., come concretamente proposta dalle società attrici con la citazione introduttiva del giudizio, della legittimazione di queste ultime, al fine di valutare pure se tra esse sia ipotizzabile, o non, una situazione di litisconsorzio necessario, eventualmente anche solo di carattere processuale (tenuto conto del complessivo tenore letterale della menzionata norma codicistica), tale da giustificare la integrazione del contraddittorio come disposta dall’ordinanza interlocutoria n. 16417 del 2023;
le concrete conseguenze, ove confermata la necessità dell’adempimento di cui alla suddetta ordinanza, di quanto rimarcato nella ‘Nota di deposito documenti e istanza di fissazione di nuova udienza’ del 7 settembre 2023, con cui le società attrici, dopo aver evidenziato che il RAGIONE_SOCIALEè stato sciolto e liquidato con atto del 23.12.2013 per Notaio VCOGNOME, notaio in L’Aquila, con conseguente cancellazione dal Registro delle Imprese avvenuta in data 8.1.2014′, hanno chiesto fissa rsi ‘una nuova udienza per la prosecuzione del giudizio’. Occorre, dunque, interrogarsi sull’applicabilità, o meno, nella specie, dei principi sanciti da Cass., SU, nn. 6070, 6071 e 6072 del 2013, per l’ipotesi di cancellazione di una società dal Registro delle imprese, con conseguente sua estinzione, evento, questo, verificatosi, nella vicenda de qua, ancor prima della instaurazione del giudizio di appello in cui, peraltro, RAGIONE_SOCIALE è rimasto contumace. È intuitivo, inoltre, che l’es ito di una siffatta indagine si ripercuote su quello della eccezione, sollevata dal Tenaglia nella memoria ex art. 380bis. 1 cod. proc. civ. datata 23 febbraio 2024, di inammissibilità dell’avverso ricorso, ex art. 331, comma 2, cod. proc. civ., stante la mancata notificazione della disposta integrazione del contraddittorio nei confronti dei soci del disciolto RAGIONE_SOCIALE;
la integrità, o non, già in sede di appello, del contraddittorio, non emergendo dagli atti, almeno prima facie , l’avvenuta citazione, in quel grado, anche di NOME COGNOME (non pure di NOME COGNOME nei cui confronti l’azione
era stata medio tempore rinunciata. Cfr. pag. 4 della sentenza oggi impugnata). Si tratta di uno dei componenti del consiglio di amministrazione nei confronti dei quali è stata originariamente intrapresa l’odierna azione di responsabilità da parte delle società socie del Consorzio Parco RAGIONE_SOCIALE d’Abruzzo, per diverse condotte illegittime e causative di danni, poste in essere collettivamente e singolarmente dai diversi componenti del consiglio predetto. Occorre, dunque, valutare se si tratti, o meno, di cause dipendenti, che prevedono il litisconsorzio necessario processuale, essendosi al cospetto di una ipotesi di cd. ‘litisconsorzio unitario’, situazione, quest’ultima, che, in generale, è configurabile allorché si è al di fuori dei casi di cui all’art. 102 cod. proc. civ., nei quali più parti devono agire o essere convenute nello stesso processo e rendersi destinatarie di una medesima pronuncia, e, non di meno, in un giudizio che già vede presenti più soggetti, ricorre la necessità che le p arti siano trattate ‘in condizioni di parità’ e la causa sia decisa in maniera uniforme per tutte;
la possibilità, o non, stante la previsione di cui all’art. 2608 cod. civ., di esperire anche l’azione sociale di responsabilità ex art. 2393 -bis cod. civ. nei confronti dell’organo amministrativo di un consorzio;
gli effetti dell’avvenuta formulazione da parte delle originarie attrici, sebbene in via gradata, della domanda ex art. 2608 cod. civ. di cui si rinviene menzione nelle conclusioni non già nella citazione introduttiva del giudizio ma dell’istanza di fissazione di udienza ex art. 8 del d.lgs. n. 5 del 2003 (abrogato dalla legge n. 69 del 2009, ma qui applicabile ratione temporis ).
Per tali ragioni, dunque, va disposta la rimessione della causa alla pubblica udienza di questa sezione », ha disposto in conformità e rinviato la causa nuovo ruolo.
3.4 . Successivamente è stata fissata l’odierna pubblica udienza, in prossimità della quale sono state depositate memorie ex art. 378 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. L’unico formulato motivo di ricorso è rubricato « Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2608 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. ». Le ricorrenti deducono, innanzitutto, di avere agito ai sensi dell’articolo 2393bis cod. civ. ma anche, in subordine, per le medesime causali, ex art. 2608 cod. civ. Affermano, poi, che quest’ultima disposizione, diversamente da quanto opinato da Cass. n. 13465 del 2010, posta dalla corte aquilana a fondamento della propria decisione, non esclude qualsivoglia azione sociale da parte del consorzio. Osservano, infatti, che: i ) « Anzitutto, il testo dell’articolo si rivela scarsamente profittevole perché non è in grado di offrire una soluzione univoca alla questione in esame. Difatti, il riferimento in esso contenuto alle ‘norme sul mandato’ non appare affatto risolutivo in relazione alla questione che occupa, essendo pacifica la tesi che ne esclude un valore definitorio volto a qualificare come mandato il rapporto che lega i singoli consorziati agli organi consortili, dovendosi piuttosto intendere tale riferimento come rinvio alla disciplina di detto contratto ai soli fini della precisazione degli obblighi incombenti sugli amministratori, similmente a quanto si riteneva con riguardo al 2392 c.c. nella formulazione ante riforma »; ii ) « qualificare come mandato il rapporto che lega gli amministratori al consorzio è senz’altro riduttivo per definire l’attività degli amministratori, attività che, soprattutto nei consorzi con attività esterna – quale quello che occupa – lungi dal sostanziarsi nel compimento di singoli atti giuridici (compito istituzionale del mandatario) implica una vera e propria attività economica di amministrazione lato sensu dell’impresa. Senza considerare, poi, che la legge sottopone gli amministratori dei consorzi a sanzioni penali e amministrative (v. artt. 2621 e seg. c.c.: ipotesi di falso in bilancio, omesso deposito della prescritta situazione patrimoniale), sanzioni difficilmente comprensibili per una mera attività di mandato »; iii ) « Lo stesso dato testuale dell’art. 2608 c.c., sebbene faccia espresso riferimento ad una responsabilità degli amministratori verso i consorziati, non consente, comunque, di escludere tout court il rilievo di una responsabilità degli stessi verso il consorzio e, quindi, la possibilità dell’esercizio da parte di quest’ultimo di
un’azione sociale in presenza di un danno al patrimonio sociale », atteso che « il richiamo dei ‘consorziati’, quali soggetti rispetto ai quali gli organi preposti al consorzio sono responsabili del loro operato, se, da un lato, depone nel senso della legittimazione (anche) del singolo consorziato all’esperimento dell’azione di responsabilità, dall’altro lato ben potrebbe essere interpretato come non preclusivo di un’azione di responsabilità esercitata dallo stesso consorzio previa conforme delibera da parte dei consorziati »; iv ) « Alle argomentazioni che si fondano sull’analisi del dato letterale della norma di cui all’art. 2608 c.c., si aggiungono quelle di carattere storico -sistematico », essendo stato evidenziato, « ad esempio, che la formulazione del testo dell’art. 2608 c.c. è rimasta identica anche a seguito della riforma introdotta dalla L. n. 377/1976, riforma con cui è stata ampliata la nozione di consorzio: da un lato, con la novella del 2602 c.c. si è ricondotta la cooperazione fra imprese alla causa tipica del contratto in aggiunta alla tradizionale funzione anticoncorrenziale, dall’altro, con la modifica dell’art. 2615 c.c. si è accentuata l’autonomia patrimoniale dei consorzi ». In tale contesto, « appare difficile escludere la possibilità che gli amministratori siano chiamati a rispondere nei confronti del consorzio per quanto attiene la gestione consortile sulla base del solo disposto dell’art. 2608 c.c., perché pensato dal Legislatore ante riforma con prevalente riguardo ai consorzi con attività anti concorrenziale, nei quali centrale era solo il ‘momento obbligatorio del patto anticonsortile ed in relazione ai quali la (eventuale) costituzione di un ufficio destinato a svolgere un’attività con i terzi aveva un carattere meramente strumentale rispetto alla primaria esigenza di controllare il rispetto da parte dei consorziati delle obbligazioni assunte con il patto consortile. . Non mancandosi, altresì, di rilevare che la facoltà per il consorzio, quale ente autonomo, di esercitare, quando si tratti di far valere un danno subito dal patrimonio comune, l’azione sociale di responsabilità previa deliberazione dell’assemblea dei consorziati discenderebbe già solo dalla regola comune di ogni organizzazione di carattere associativo di cui all’art. 22 c.c. ».
Ritiene il Collegio che, al fine di assicurare una maggiore chiarezza di questa motivazione, sia opportuno procedere, innanzitutto, allo scrutinio delle questioni di carattere pregiudiziale evidenziate nell’ordinanza interlocutoria n. 7998 del 202 4, seguendone l’ordine ivi descritto, posticipando, rispetto ad esse ed ove ancora necessario, l’esame del merito del formulato motivo di ricorso.
Orbene, l’ordinanza suddetta ha posto, in primis , il quesito concernente « la configurabilità, o meno, in relazione all’azione ex art. 2393 -bis cod. civ., come concretamente proposta dalle società attrici con la citazione introduttiva del giudizio, della legittimazione di queste ultime, al fine di valutare pure se tra esse sia ipotizzabile, o non, una situazione di litisconsorzio necessario, eventualmente anche solo di carattere processuale (tenuto conto del complessivo tenore letterale della menzionata norma codicistica), tale da giustificare la integrazione del contraddittorio come disposta dall’ordinanza interlocutoria n. 16417 del 2023 ».
Ad un tale interrogativo il Collegio ritiene di dover dare risposta negativa.
3.1. Invero, come condivisibilmente osservato anche dal sostituto procuratore generale nella sua requisitoria scritta, l ‘azione di responsabilità promossa ai sensi dell’art. 2393 -bis cod. civ. (a tenore del quale, giova ricordarlo, ‘ L’azione sociale di responsabilità può essere esercitata anche dai soci che rappresentino almeno un quinto del capitale sociale o la diversa misura prevista nello statuto, comunque non superiore al terzo. Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, l’azione di cui al comma precedente può essere esercitata dai soci che rappresentino un quarantesimo del capitale sociale o la minore misura prevista nello statuto. La società deve essere chiamata in giudizio e l’atto di citazione è ad essa notificato anche in persona del presidente del collegio sindacale. I soci che intendono promuovere l’azione nominano, a maggioranza del capitale posseduto, uno o più rappresentanti comuni per l’esercizio dell’azione e per il compimento degli atti conseguenti. In caso di accoglimento della domanda, la società rimborsa agli attori le spese del giudizio e quelle sopportate
nell’accertamento dei fatti che il giudice non abbia posto a carico dei soccombenti o che non sia possibile recuperare a seguito della loro escussione. I soci che hanno agito possono rinunciare all’azione o transigerla; ogni corrispettivo per la rinuncia o transazione deve andare a vantaggio della società. Si applica all’azione prevista dal presente articolo l’ultimo comma dell’articolo precedente ‘) nei confronti degli amministratori della società è finalizzata alla tutela del patrimonio sociale, sotto il profilo della conservazione dell’integrità del capitale sociale, e , proprio per questo, ha natura latamente surrogatoria, atteso che, tramite questo strumento, i soci mirano a prevenire un eventuale depauperamento del patrimonio dell’ente o a ripristinare l’integrità patrimoniale della società, intaccata da un comportamento negligente dei singoli amministratori. In senso ancora più ampio, può dirsi che l’azione suddetta rappresenta un’ipotesi, tipicamente prevista, di sostituzione processuale ex art. 81 cod. proc. civ. (come testimonia anche il fatto che la società stessa deve essere chiamata in giudizio, essendone litisconsorte necessaria), nella misura in cui viene consentito ai soci che rappresentino una determinata quota del capitale sociale di far valere nel processo, in nome proprio, un diritto altrui (il risarcimento del danno eventualmente patito dalla società per condotte illegittime dei propri amministratori).
Per tali ragioni, dunque, l’esercizio dell’azione di cui all’art. 2393 -bis cod. civ. non può essere utilizzata al di fuori della specifica ipotesi prevista dalla legge (le fattispecie di sostituzione processuale, infatti, sono tipiche, come agevolmente emerge dal disposto dell’art. 81 cod. proc. civ.); né la stessa dà luogo ad una situazione di litisconsorzio necessario dal lato attivo o passivo del rapporto, potendo essere indifferentemente proposta nei confronti di specifici amministratori e/o da parte di soggetti che rappresentano una quota minima del capitale sociale versato . Tutt’al più, essa può determinare una situazione di litisconsorzio cd. unitario o processuale, fenomeno che si verifica allorquando la presenza di più parti nel giudizio di primo grado debba
persistere anche in sede di appello per evitare il formarsi di giudicati contrastanti ( cfr. , in motivazione, Cass. n. 31339 del 2021).
3.2. L’azione di cui all’art. 2608 c od. civ. (secondo cui ‘ La responsabilità verso i consorziati di coloro che sono preposti al consorzio è regolata dalle norme sul mandato ‘) , invece, tutela l’interesse di ciascun imprenditore consorziato alla preservazione del patrimonio consortile comune attuato mediante la costituzione del fondo consortile (art. 2614 cod. civ.) e, quindi, sulla base del proprio conferimento. Questa azione, dunque, non presenta una finalità surrogatoria ma è volta alla tutela della posizione specifica del singolo consorziato rispetto ai propri conferimenti.
Le due azioni fin qui descritte, pertanto, non sono sovrapponibili, vertendo la prima (quella ex art. 2393bis cod. civ.) al ripristino del patrimonio dell’ente, la seconda (quella ex art. 2608 cod. civ.) a quello dei singoli consorziati. Entrambe, tuttavia, possono essere proposte verso uno o più amministratori, i quali, in quanto solidalmente obbligati verso il soggetto agente nei loro confronti, sarebbero litisconsorti facoltativi, salvo il configurarsi tra gli stessi di una situazione di litisconsorzio cd. unitario o processuale ove ne ricorrano i presupposti di cui si è detto in precedenza.
3.3. Merita di essere rimarcato, poi, che: i ) nell’odierna vicenda, e sempre in relazione all’azione come inizialmente e concretamente esperita dalle originarie attrici, specificamente, ex art. 2393bis cod. civ. ( cfr . il loro atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado in cui hanno richiesto la condanna dei « convenuti, in solido, a risarcire i danni prodotti al patrimonio del Consorzio RAGIONE_SOCIALE », sigla di Parco Scientifico e Tecnologico d’Abruzzo. Ndr), mai si è discusso tra le parti del fatto che le stesse raggiungessero la percentuale minima di capitale prevista dalla citata norma: ciò, del resto, discende dal chiaro rilievo che il consorzio è un istituto diverso rispetto alla società per struttura, finalità e base economico-finanziaria, ed in relazione al quale non esiste un capitale sociale (come per le società per azioni, all’interno della cui disciplina è inserita quella disposizione), bensì unicamente un fondo consortile (art. 2614 cod. civ., riferito, peraltro, ai consorzi con rilevanza
esterna), del tutto diverso, rispetto al primo, per formazione e funzione. Tanto testimonia ulteriormente, ove ancora ce ne fosse bisogno, l’inconfigurabilità di un’azione ex art. 2393bis cod. civ. promuovibile dai singoli consorziati per i danni derivati al consorzio (e non ai primi) da condotte illegittime dei preposti ad esso; ii ) la già spiegata natura latamente surrogatoria dell’azione suddetta , inoltre, postulerebbe, logicamente, l’esperibilità, da parte del Consorzio RAGIONE_SOCIALE Tecnologico d’Abruzzo di cui -la circostanza è rimasta sempre incontroversa -le attrici erano componenti al momento dell’instaurazione di questo processo, dell’azione di responsabilità ex art. 2393 cod. civ. Di questo ulteriore tema, tuttavia, non è più possibile occuparsi in questa sede, posto che il Consorzio predetto, benché intervenuto in giudizio facendo proprie le domande delle originarie attrici, non ha proposto impugnazione incidentale avverso la decisione di primo grado che, dopo aver accolto la domanda di queste ultime ex art. 2393bis cod. civ., ha espressamente rigettato ‘ ogni altra domanda ‘ (nemmeno risulta, peraltro, una mera riproposizione, ex art. 346 cod. proc. civ., -che sarebbe stata comunque insufficiente, stante la pronuncia reiettiva espressa suddetta – di tali domande nella sua comparsa di costituzione in appello). Altrettanto è a dirsi pure quanto alle domande subordinate tutte formulate dalle attrici (tra cui anche quella ex artt. 2608 e/o 1710 cod. civ. per i danni da ciascuna di esse subiti per effetto delle denunciate condotte del COGNOME e del COGNOME) nella memoria ex art. 6 del d.lgs. n. 5 del 2003. Su questo aspetto, comunque, si tornerà più avanti, esaminandosi il corrispondente quesito posto dall’ordinanza interlocutoria n. 7998 del 2024.
3.4. Per concludere sul profilo in esame, allora, dalle argomentazioni fin qui esposte deriva, da un lato, la non sovrapponibilità tra l’azione ex art. 2393bis cod. civ., concretamente esperita originariamente dalle attrici con la citazione del giudizio di primo grado, con quella ex art. 2608 cod. civ. e, dall’altro, l’inconfigurabilità, tra le attrici medesime, di una situazione di litisconsorzio necessario dal lato attivo, sicché, diversamente da quanto opinato dall’ordinanza interlocutoria n. 16417 del 2013, non vi era la
necessità di integrare il contraddittorio, neppure sotto il profilo processuale, nei confronti del RAGIONE_SOCIALE rispetto alla quale l’assenza di ricorso in cassazione a seguito della soccombenza in appello può ragionevolmente interpretarsi -in astratto -come acquiescenza rispetto alla soccombenza medesima e come rinuncia alla pretesa. Ciò ancor più alla luce di quanto sancito dalle Sezioni Unite di questa Corte con le sentenze nn. 6070, 6071 e 6072 del 2013 ed in considerazione della circostanza fattuale (dedotta e documentata dalle odierne ricorrenti) per cui quella società consortile è stata liquidata dai soci in pendenza di giudizio nella quale la stessa si professava creditrice di somme verso gli amministratori.
Conseguentemente, non risultando dovuta la disposta integrazione del contraddittorio ordinata, nei confronti del RAGIONE_SOCIALE (già attrice in primo grado), dall’ordinanza interlocutoria n. 16417/2023, la sua inosservanza da parte delle odierne ricorrenti non può comportare l’inammissibilità della presente loro impugnazione, ex art. 331, comma 2, cod. proc. civ., come invece richiesto dai controricorrenti. Giusta la qui condivisa giurisprudenza di legittimità, infatti, « L’ordine di integrazione del contraddittorio, emesso in difetto dei presupposti per la sua emanazione, è privo di effetti, sicché la mancata ottemperanza allo stesso, essendo irrilevante, non determina l’inammissibilità dell’impugnazione » ( cfr ., in termini, Cass. n. 2593 del 2006; in senso sostanzialmente conforme, vedasi anche la successiva Cass. n. 7862 del 2008).
Peraltro, in ragione dello specifico e documentato motivo per cui le medesime ricorrenti non hanno proceduto alla integrazione del contraddittorio suddetta, comunque si sarebbe dovuto tenere conto del principio sancito da Cass. n. 2551 del 2019, a tenore della quale, « In caso di litisconsorzio necessario, ove non si ottemperi all’ordine di integrazione del contraddittorio, impartito dal giudice di appello, in ragione dell’intervenuta estinzione della società nel momento in cui detto ordine poteva essere eseguito, il gravame non può essere dichiarato inammissibile ».
Il secondo quesito posto dall’ordinanza interlocutoria n. 7998 del 2024, riguarda « le concrete conseguenze, ove confermata la necessità dell’adempimento di cui alla suddetta ordinanza, di quanto rimarcato nella ‘Nota di deposito documenti e istanza di fissazione di nuova udienza’ del 7 settembre 2023, con cui le società attrici, dopo aver evidenziato che il RAGIONE_SOCIALEè stato sciolto e liquidato con atto del 23.12.2013 per Notaio COGNOME, notaio in L’Aquila, con conseguente cance llazione dal Registro delle Imprese avvenuta in data 8.1.2014′, hanno chiesto fissarsi ‘una nuova udienza per la prosecuzione del giudizio’. Occorre, dunque, interrogarsi sull’applicabilità, o meno, nella specie, dei principi sanciti da Cass., SU, nn. 6070 , 6071 e 6072 del 2013, per l’ipotesi di cancellazione di una società dal Registro delle imprese, con conseguente sua estinzione, evento, questo, verificatosi, nella vicenda de qua , ancor prima della instaurazione del giudizio di appello in cui, peraltro, RAGIONE_SOCIALE è rimasto contumace. È intuitivo, inoltre, che l’esito di una siffatta indagine si ripercuote su quello della eccezione, sollevata dal Tenaglia nella memoria ex art. 380bis. 1 cod. proc. civ. datata 23 febbraio 2024, di inammissibilità dell’avverso ricorso, ex art. 331, comma 2, cod. proc. civ., stante la mancata notificazione della disposta integrazione del contraddittorio nei confronti dei soci del disciolto RAGIONE_SOCIALE ».
4.1. Orbene, le esaustive considerazioni già esposte nei precedenti §§ da 3.1. a 3.4. consentono agevolmente di ritenere superato il problema delle conseguenze della mancata integrazione del contraddittorio, in questo giudizio di legittimità, nei confronti del RAGIONE_SOCIALE su cui, dunque, non occorre dilungarsi oltre.
4.2. Non sussiste, invece, con riguardo alla medesima società consortile da ultimo indicata, la sua mancata partecipazione al precedente grado di appello, sicché la corrispondente questione sollevata dalle odierne ricorrenti nella loro memoria ex art. 378 cod. proc. civ. del 4 aprile 2025 ( cfr . pag. 23) non merita seguito.
Invero, emerge dagli atti di causa che il RAGIONE_SOCIALE è stato sciolto e liquidato con atto del 23 dicembre 2013 per Notaio COGNOME, notaio in L’Aquila, con conseguente cancellazione dal Registro delle Imprese avvenuta in data 8 gennaio 2014 ( cfr . la documentazione allegata alla memoria delle ricorrenti del 7 settembre 2023) e sua estinzione: evento, questo, verificatosi ancor prima della instaurazione del giudizio di appello in cui RAGIONE_SOCIALE è rimasta contumace.
Quest’ultima, tuttavia, era stata ivi ritualmente citata mediante la notificazione dei corrispondenti gravami del COGNOME e del COGNOME effettuata presso il suo difensore costituito in primo grado (come tale, dunque, munito di regolare procura ad litem almeno per quel grado), il quale doveva considerarsi pienamente legittimato a ricevere tali notificazioni alla stregua dei principi tutti sanciti da Cass., SU, n. 15295 del 2014, secondo cui: « L’incidenza sul processo degli eventi previsti dall’art. 299 c.p.c. (morte o perdita di capacità della parte) è disciplinata, in ipotesi di costituzione in giudizio a mezzo di difensore, dalla regola dell’ultrattività del mandato alla lite, in ragione della quale, nel caso in cui l’evento non sia dichiarato o notificato nei modi e nei tempi di cui all’art. 300 c.p.c., il difensore continua a rappresentare la parte come se l’evento non si sia verificato, risultando così stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata (rispetto alle altre parti ed al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale e nelle successive fasi di quiescenza e riattivazione del rapporto a seguito della proposizione dell’impugnazione. Tale posizione giuridica è suscettibile di modificazione nell’ipotesi in cui, nella successiva fase d’impugnazione, si costituiscano gli eredi della parte defunta o il rappresentante legale della parte divenuta incapace, oppure se il procuratore di tale parte, originariamente munito di procura alla lite valida anche per gli ulteriori gradi del processo, dichiari in udienza o notifichi alle altri parti l’evento verificatosi, o se, rimasta la medesima parte contumace, l’evento sia documentato dall’altra parte (come previsto dalla novella di cui all’art. 46 della legge n. 69 del 2009), o notificato o certificato dall’ufficiale giudiziario ai sensi del quarto
comma dell’art. 300 c.p.c. Ne deriva che: a) la notificazione della sentenza fatta a detto procuratore, a norma dell’art. 285 c.p.c., è idonea a far decorrere il termine per l’impugnazione nei confronti della parte deceduta o del rappresentante legale della parte divenuta incapace; b) detto procuratore, qualora gli sia originariamente conferita procura alla lite valida anche per gli ulteriori gradi del processo, è legittimato a proporre impugnazione (ad eccezione del ricorso per cassazione, per la proposizione del quale è richiesta la procura speciale) in rappresentanza della parte che, pur deceduta o divenuta incapace, va considerata nell’ambito del processo ancora in vita e capace; c) è ammissibile l’atto di impugnazione notificato, ai sensi del primo comma dell’art. 330 c.p.c., presso il procuratore, alla parte deceduta o divenuta incapace, pur se la parte notificante abbia avuto diversamente conoscenza dell’evento ».
La medesima pronuncia, inoltre, espressamente chiarisce in motivazione, tra l’altro ( cfr . pag. contrassegnata dal n. 24), che il decesso o la perdita della capacità della parte non pregiudicano « alcun diritto dei suoi successori, in quanto la presenza in giudizio del procuratore ad litem garantisce ed assicura il rispetto del contraddittorio. Di qui il potere del difensore di proseguire il processo nonostante il verificarsi dell’evento interruttivo, insuscettibile di ledere il contraddittorio e di pregiudicare o menomare in qualche modo l’esercizio dell’attività tecnica difensiva, che è di esclusiva competenza del procuratore, sul quale graverà, se mai, l’onere (tenuto conto della personale responsabilità di cui si faceva cenno) di dare notizia dell’esistenza e pendenza del processo ai legittimati alla prosecuzione del giudizio per concordare con questi la determinazione di interrompere o meno il processo. L’unico, vero limite, invece, che il procuratore della parte può incontrare nell’esercizio del potere discrezionale di proseguire il processo successivamente all’evento interruttivo è quello del grado di giudizio, in pendenza del quale si è verificato l’accadimento. In altre parole, allorché, la parte abbia conferito procura ad litem per il solo giudizio di primo grado, il difensore, che non avesse dichiarato o notificato l’evento, potrebbe solo ricevere la notifica della sentenza o
dell’atto di impugnazione, ma non potrebbe mai né notificare validamente la sentenza né, tantomeno, interporre o costituirsi nel giudizio di gravame. Diversamente, potrebbe attendere e svolgere legittimamente le attività in oggetto e quelle procuratorie in generale, qualora sia munito di procura anche per gli altri gradi di giudizio ».
Il terzo quesito posto dall’ordinanza interlocutoria n. 7998 del 2024, concerne « la integrità, o non, già in sede di appello, del contraddittorio, non emergendo dagli atti, almeno prima facie , l’avvenuta citazione, in quel grado, anche di NOME COGNOME (non pure di NOME COGNOME nei cui confronti l’azione era stata medio tempore rinunciata. Cfr. pag. 4 della sentenza oggi impugnata). Si tratta di uno dei componenti del consiglio di amministrazione nei confronti dei quali è stata originariamente intr apresa l’odierna azione di responsabilità da parte delle società socie del Consorzio Parco RAGIONE_SOCIALE d’Abruzzo, per diverse condotte illegittime e causative di danni, poste in essere collettivamente e singolarmente dai diversi componenti del consiglio predetto. Occorre, dunque, valutare se si tratti, o meno, di cause dipendenti, che prevedono il litisconsorzio necessario processuale, essendosi al cospetto di una ipotesi di cd. ‘litisconsorzio unitario’, situazione, quest’ultima, che, in gene rale, è configurabile allorché si è al di fuori dei casi di cui all’art. 102 cod. proc. civ., nei quali più parti devono agire o essere convenute nello stesso processo e rendersi destinatarie di una medesima pronuncia, e, non di meno, in un giudizio che già vede presenti più soggetti, ricorre la necessità che le parti siano trattate ‘in condizioni di parità’ e la causa sia decisa in maniera uniforme per tutte ».
5.1. Il corrispondente problema, tuttavia, deve intendersi definitivamente superato, avendo il COGNOME ed il COGNOME pienamente documentato di aver notificato i loro rispettivi gravami (anche) al COGNOME, in data 28 luglio 2014, presso i suoi difensori costituiti in primo grado.
Il quarto tema su cui ha sollecitato l’attenzione l’ordinanza interlocutoria n. 7998 del 2024, riguarda « la possibilità, o non, stante la previsione di cui all’art. 2608 cod. civ., di esperire anche l’azione sociale di
responsabilità ex art. 2393 -bis cod. civ. nei confronti dell’organo amministrativo di un consorzio».
6.1. Orbene, le esaustive considerazioni già esposte nei precedenti §§ da 3.1. a 3.4. di questa motivazione, da ritenersi qui riprodotte per quanto di concreto interesse, consentono agevolmente di rispondere negativamente al quesito suddetto.
6.2. Resta qui da aggiungere che il ragionamento seguito dalle ricorrenti a sostegno della loro odierna impugnazione muove dal presupposto secondo cui , per essere ammissibile l’azione sociale ex 2393bis cod. civ. da parte dei consorziati di minoranza, deve dimostrarsi che può essere esercitata l’azione di responsabilità del consorzio contro i propri amministratori. Tuttavia, malgrado l’impegno profuso su quest’ultimo punto, il loro intendimento non persuade.
Esso, infatti, si risolve, essenzialmente, nell’assunto che l’art. 2608 c od. civ . non è di ostacolo all’ammissibilità di un’azione del consorzio nei confronti dei propri amministratori in quanto ‘ la definizione come mandato (de)l rapporto che lega gli amministratori al consorzio è senz’altro riduttivo per definire l’attività degli amministratori, attività che, soprattutto nei consorzi con attività esterna…, lungi dal sostanziarsi nel compimento di singoli atti giuridici (compito istituzionale del mandatario) implica una vera e propria attività economica di amministrazione lato sensu dell’impresa’. Di qui, soprattutto dopo la riforma dell’art. 2516 c od. civ., non può essere esclusa l’esperibilità di un’azione di responsabilità del consorzio nei confronti dell’organo amministrativo, come previsto anche per le associazioni ex art. 22 cod. civ.
Questa tesi, però, non convince.
Invero, le ricorrenti invocano, sostanzialmente, l’applicazione in via analogica degli artt. 2393 e 2393bis cod. civ. Nella fattispecie in esame, tuttavia, non è ravvisabile alcuna lacuna normativa in tema di responsabilità dei preposti al consorzio: l’art. 2608 c od. civ. prevede, infatti, che gli stessi rispondono ai sensi delle norme sul mandato nei confronti dei consorziati.
Mancando una lacuna normativa, dunque, è escluso che si possa -come, invece, preteso dalle ricorrenti far ricorso all’analogia per applicare l’art. 2393 cod. civ . o l’art. 22 c od. civ. ai consorzi.
Peraltro, l ‘azione di cui all’art. 2608 c od. civ. si presenta, sotto alcuni punti di vista, più efficace e tempestiva di quella prevista, in ambito di s.p.a., dall’art. 2393 -bis c.c., potendo essere promossa, differentemente da quest’ultima, dal singolo consorziato in ogni momento.
Nemmeno può darsi seguito al l’affermazione delle ricorrenti secondo la quale l’attività degli amministratori non può essere ricondotta al mandato, pur essendo richiamato dagli artt. 2608 e 2609 cod. civ.
Secondo questa Corte, infatti, ‘ la disciplina privatistica dei consorzi, applicabile anche al … ed ai suoi consorziati, in quanto non esclusa dalla legge istitutiva né limitata dalle previsioni statutarie, prevede all’art. 2608 c.c., che la responsabilità degli organi “preposti al Consorzio” sia regolata dalle norme del mandato, così evidenziandone il vincolo contrattuale e la natura ed il contenuto degli obblighi civilistici che avvincono tali organi. Gli organi del consorzio sono tenuti a realizzare gli scopi del consorzio in qualità di mandatari (art. 2609 c.c., comma 2) e la loro attività esterna impegna il consorzio ed i consorziati senza che, per questi ultimi, sia necessaria la spendita del nome (art. 2615 c.c., comma 2; Cass. 6569 del 2020). All’interno di questa modulazione delle regole del mandato rientra la responsabilità degli organi di gestione e di controllo del consorzio per la malagestio ‘ (cfr. Cass., SU, n. 781 del 2021) .
In definitiva, l’art. 2608 c od. civ. costituisce impedimento insuperabile all’azione del consorzio contro i suoi amministratori per la violazione delle norme sul mandato, in quanto il legislatore affida esclusivamente ai consorziati il potere agire nei confronti di questi ultimi. A detta conclusione, del resto, è già pervenuta la qui condivisa pronuncia resa da Cass. n. 13465 del 2010, che ha stabilit o che ‘ non è postulabile un’azione di responsabilità esercitabile dal consorzio medesimo nei confronti dei propri amministratori, i
quali rispondono solo direttamente nei confronti dei singoli consorziati (art. 2608, cit.) ‘.
Fermo, dunque, l’insuperabile ostacolo costituito dall’art. 2608 c od. civ., non può sottacersi che, in ogni caso, pure volendo considerare la struttura associativa, l’autonomia patrimoniale e l’eventuale svolgimento di un’attività con i terzi del consorzio è palese che la carenza di personalità giuridica, l’inesistenza di una disciplina del capitale sociale (mentre nella s.p.a. il capitale, quale valore fisso, è il parametro di riferimento per il valore delle azioni, per la riportabilità a nuovo esercizio delle perdite, per la liquidazione…), la partecipazione suddivisa in quote (anziché azioni, anche di diverse categorie), la necessaria qualifica di imprenditore del consorziato e l’interesse allo svolgimento in comune di fasi dell’impresa (l’azionista non h a interesse alla gestione, ma è sostanzialmente un investitore), l’inesistenza di una organizzazione consortile normativamente predeterminata (per le s.p.a. è previsto il cd. sistema classico, quello dualistico e quello monistico), la possibilità di ricorrere al mercato di rischio, sono solo alcune delle marcatissime differenze che precludono qualsivoglia applicabilità, in via analogica, dell’art. 2393 c od. civ. alla odierna fattispecie.
Pertanto, privo di fondamento si rivela l’assunto d elle ricorrenti secondo cui , se fosse riconosciuta l’esperibilità di un’azione di responsabilità del consorzio nei confronti dei preposti, verrebbe riconosciuta automaticamente la legittimazione delle ricorrenti all’azione ex art. 2393bis cod. civ., effettivamente proposta.
Il quinto tema posto dall’ordinanza interlocutoria n. 7998 del 2024 intende approfondire gli effetti « dell’avvenuta formulazione da parte delle originarie attrici, sebbene in via gradata, della domanda ex art. 2608 c.c., di cui si rinviene menzione nelle conclusioni, non già nella citazione introduttiva del giudizio, ma nell’istanza di fissazione di udienza ex art. 8 del d.lgs. n. 5 del 2003».
7.1 Con riguardo a tale profilo, rileva il Collegio che, come si è già anticipato nel precedente § 3.3. di questa motivazione, le originarie attrici,
già nella loro memoria ex art. 6 del d.lgs. n. 5 del 2003 (non già, dunque, per la prima volta, nell’istanza di fissazione di udienza ex art. 8 del medesimo d.lgs., come riferito nella citata interlocutoria), formularono alcune domande subordinate, tra cui anche quelle ex artt. 2608 e/o 1710 cod. civ. per i danni da ciascuna di esse subiti per effetto delle denunciate condotte del COGNOME e del COGNOME.
A sua volta il Consorzio RAGIONE_SOCIALE‘Abruzzo (di cui le stesse attrici erano componenti), intervenendo nel corso del giudizio di primo grado, aveva fatto proprie le domande le domande delle attrici (come si legge a pag. 4 della sentenza oggi impugnata).
Tanto premesso, deve rilevarsi che né queste ultime, né il Consorzio predetto, hanno proposto impugnazione incidentale avverso la decisione di primo grado che, dopo aver accolto la domanda delle prime ex art. 2393bis cod. civ., ha espressamente rigettato ‘ ogni altra domanda ‘ . Nemmeno risulta, peraltro, una mera riproposizione, da parte dei medesi soggetti, ex art. 346 cod. proc. civ., -che sarebbe stata comunque insufficiente, stante la pronuncia reiettiva espressa suddetta – di tali domande con l’atto di costituzione in appello.
Affatto correttamente, quindi, la corte territoriale non ha preso in considerazione alcuna domanda ex artt. 2608 e/o 1710 cod. civ. (delle originarie attrici e fatte proprie dal Consorzio Parco Scientifico e Tecnologico d’Abruzzo) , perché, in realtà, mai entrate a far parte del thema decidendum del giudizio di secondo grado, essendosi sulle stesse formato il giudicato interno in ragione della descritta condotta processuale delle parti ivi appellate. Ne è conferma, del resto, il fatto che, in questa sede, le ricorrenti hanno impugnato la sentenza della corte distrettuale, per violazione dell’art. 2608 cod. civ., non con riferimento all’ omessa pronuncia sulla domanda formulata a tale titolo, ma perché detta norma è stata considerata impedimento insuperabile al riconoscimento della legittimazione attiva delle società consorziate all’esperibilità dell’azione ‘sociale’ di responsabilità ex art. 2393 cod. civ. nei confronti degli amministratori del consorzio.
Alla stregua delle considerazioni tutte fin qui svolte , dunque, l’odierno ricorso di RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE deve essere respinto, potendosi procedere alla integrale compensazione tra le parti delle spese di questo giudizio di legittimità, in ragione della pluralità e complessità delle questioni, anche processuali, affrontate.
8.1. Deve darsi atto, infine, -in assenza di ogni discrezionalità al riguardo ( cfr . Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 -che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte delle medesime ricorrenti, in solido tra loro, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre « spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento ».
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
Compensa interamente tra le parti le spese di questo giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera delle menzionate ricorrenti, in solido tra loro, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, giusta il comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 17 aprile 2025.
Il Consigliere estensore Il Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME