Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 26839 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 26839 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12175/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrenti- contro
BANCA D’ITALIA, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 5275/2019, depositata il 7/08/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
PREMESSO CHE
A seguito di una serie di accertamenti ispettivi eseguiti dalla RAGIONE_SOCIALE d’Italia, nel periodo tra novembre 2016 e aprile 2017, presso RAGIONE_SOCIALE venivano contestate:
-ai componenti del consiglio di amministrazione ‘carenze nella gestione e nel controllo dei rischi di credito, operativi e finanziari e nelle politiche di remunerazione, nonché inesatta informativa all’organo di vigilanza’, in violazione degli artt. 51 e 53, primo comma, lett. b) e d) d.lgs. 385/1993, dell’art. 2 d.lgs. 72/2015, del capitolo 7 del titolo V delle nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche -circolare 263/2006, dei capitoli 1, 2 e 3 del titolo IV della parte I della circolare 285/2013;
-ai componenti del RAGIONE_SOCIALE sindacale ‘carenze nei controlli’, in violazione degli artt. 51 e 53, primo comma, lett. b) e d) d.lgs. 385/1993, dell’art. 2 d.lgs. 72/2015, del capitolo 7 del titolo V delle nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche -circolare 263/2006, dei capitoli 1, 2 e 3 del titolo IV della parte I della circolare 285/2013.
All’esito dell’istruttoria veniva comminata a ciascun componente il consiglio di amministrazione e a ciascun sindaco la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 22.000.
I dieci componenti del consiglio di amministrazione e i tre componenti del RAGIONE_SOCIALE sindacale proponevano opposizione alle sanzioni di fronte alla Corte d’appello di Roma.
La Corte d’appello di Roma, con la sentenza 7 agosto 2019, n. 5275, ha rigettato l’opposizione.
Avverso la sentenza ricorrono per cassazione i tre componenti del RAGIONE_SOCIALE sindacale e otto componenti del consiglio di amministrazione, così come indicati in epigrafe.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE d’Italia.
I ricorrenti hanno depositato memoria.
Memoria è stata depositata pure dalla controricorrente, che ha ‘dato conto a fini di completezza -dell’intervenuta sentenza n. 4957 della Corte d’appello di Firenze, depositata il 24 gennaio 2024, la quale, in relazione ai fatti principalmente emersi dall’accertamento ispettivo condotto dalla RAGIONE_SOCIALE d’Italia tra il 14 novembre 2016 e il 4 aprile 2017 presso RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, ha dichiarato tutti gli odierni ricorrenti responsabili del delitto di false comunicazioni sociali ex art. 2622 c.c. (capo di imputazione A, sotto-capi a1, a2, a3), nonché ha giudicato i sig.ri COGNOME e COGNOME altresì responsabili dei delitti loro specificamente contestati di ostacolo alle funzioni di vigilanza della RAGIONE_SOCIALE d’Italia ex art. 2638 c.c.’.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in tre motivi.
Il primo motivo denuncia ‘violazione degli artt. 24 legge 262/2005 e s.m., legge 689/1981, legge 241/1990 e s.m., 145 TUB e s.m., d.lgs. 72/2015, 24 e 97 Cost., violazione del contradditorio, del diritto di difesa e del principio di scissione del potere istruttorio e decisionale’: dall’esame dei provvedimenti e delle varie fasi in cui si è articolato il procedimento sanzionatorio emerge come non sia stata rispettata la distinzione tra le funzioni istruttorie e le funzioni decisorie, essendo le due funzioni attribuite ad articolazioni della medesima autorità, e considerata anche la scansione temporale in cui hanno operato le strutture coinvolte nel procedimento sanzionatorio.
Il motivo è infondato. Ad avviso dei ricorrenti nel caso in esame sarebbe stato violato l’art. 24 della legge 262/2005, secondo il
quale ‘i procedimenti sanzionatori sono svolti nel rispetto dei principi della piena conoscenza degli atti istruttori, del contraddittorio, della verbalizzazione, nonché della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie rispetto all’irrogazione della sanzione’. In particolare, non sarebbe stato rispettato il principio della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie, in quanto tali funzioni sono state attribuite ad articolazioni della medesima RAGIONE_SOCIALE d’Italia, prive di separatezza in quanto quella a cui è stata affidata la funzione istruttoria si trova in posizione gerarchicamente subordinata rispetto a quella cui è stata affidata la funzione decisoria.
Al riguardo costante è l’orientamento di questa Corte secondo il quale ‘l’affidamento della decisione sulla sanzione all’organo gerarchicamente sovraordinato rispetto a quello preposto allo svolgimento dell’istruttoria’ non comporta violazione dei principi enunciati dall’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, anche perché, data la natura bifasica del procedimento, è garantita la possibilità di impugnare il provvedimento amministrativo davanti a un giudice indipendente e imparziale presso il quale è assicurato il pieno dispiegamento del contraddittorio tra le parti sull’intero rapporto interessato dal provvedimento sanzionatorio (cfr., da ultimo, Cass. n. 3834/2020 e Cass.22 marzo 2019, n. 8237; v. anche Cass. 3 dicembre 2013, n. 27038).
2. Il secondo motivo contesta ‘violazione degli artt. 1, 3, 9, 11 e 14 legge 689/1981, 144 TUB, legge 241/1990 e s.m., 24 Cost., delle istruzioni di vigilanza disciplinanti il procedimento sanzionatorio, difetto di motivazione in ordine all’entità e al riparto della sanzione’: i ricorrenti avevano evidenziato di essere stati sanzionati, nella loro qualità di componenti del consiglio di amministrazione e del RAGIONE_SOCIALE sindacale, senza che alcuna specificazione fosse stata effettuata in ordine alle presunte condotte illecite dagli stessi commesse e, pertanto, senza
specificazione dei comportamenti ad essi imputabili singolarmente e in ordine alle condotte adottate da altri soggetti e il loro apporto causale.
Il motivo è infondato. I ricorrenti lamentano, come hanno già fatto di fronte alla Corte d’appello, che le condotte addebitate con i provvedimenti sanzionatori siano state raggruppate in due sostanziali rilievi (‘carenze nella gestione e nel controllo dei rischi di credito, operativi e finanziari e nelle politiche di remunerazione, nonché inesatta informativa all’organo di vigilanza’ da parte dei componenti del consiglio di amministrazione e del direttore generale, ‘carenze nei controlli’ da parte dei componenti del RAGIONE_SOCIALE sindacale), mentre nella contestazione formale è stata addebitata una serie plurima di infrazioni descritte in modo analitico. La Corte d’appello al riguardo ha osservato che da tale accorpamento non è ‘derivato alcun pregiudizio per il diritto di difesa degli interessati’. L’affermazione della Corte è condivisibile proprio in base a quanto sottolineano i ricorrenti, ossia che l’art. 14 della legge 689/1981 e l’art. 145, comma 1 TUB e le istruzioni di vigilanza in materia di procedimento sanzionatorio ‘prevedono espressamente che la contestazione deve essere precisa e circostanziata e deve recare la descrizione dei fatti addebitati’, il che è appunto quello che i ricorrenti hanno dedotto essere stato fatto in relazione alla contestazione formale.
3. Il terzo motivo lamenta ‘violazione degli artt. 2392, 2393, 2396, 2403, 2407 c.c., 51 e 53, comma 1, lett. b) e d) d.lgs. 385/1993, 2 d.lgs. 72/2015, circolari 263/2006 e 285/2013; la responsabilità del consiglio di amministrazione e del RAGIONE_SOCIALE sindacale’: la Corte d’appello ha affermato la responsabilità del consiglio di amministrazione e del RAGIONE_SOCIALE sindacale quando invece si tratta di condotte tutte ascrivibili all’operato del direttore generale, ‘che ha operato all’insaputa dei comparenti, a cui pertanto non può ascriversi alcuna responsabilità’.
Il motivo è inammissibile. Con esso (si vedano le pagg. 19-35 del ricorso) si chiede a questa Corte una inammissibile rivalutazione degli elementi di fatto analiticamente esaminati e valutati dal giudice di merito (cfr. le pagg. 8-26 della sentenza impugnata). La Corte d’appello ha tra l’altro specificamente considerato la deduzione dei ricorrenti relativa al ruolo del direttore generale, concludendo come sia risultato provato ‘con tranquillizzante certezza’ l’avallo del consiglio di amministrazione e del RAGIONE_SOCIALE sindacale al ‘discusso operato del direttore generale’ (v. la pag. 24 della sentenza).
II. Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/ 2002, si d à atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio in favore della controricorrente, che liquida in euro 3.800, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, ex art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione