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Responsabilità amministratori associazione: la Cassazione

La Corte di Cassazione interviene sulla responsabilità degli amministratori di un’associazione non riconosciuta. Gli eredi del presidente defunto, citati per mala gestio, avevano chiamato in causa gli altri consiglieri. La Corte ha stabilito che la chiamata in garanzia era ammissibile e che la sospensione della prescrizione si applica anche a tali enti, annullando la decisione precedente per difetto di motivazione sulla quantificazione del danno. Il caso riguarda la distrazione di un fondo mutualistico per investimenti immobiliari.

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Responsabilità Amministratori Associazione: Chiamata in Garanzia e Prescrizione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato temi cruciali in materia di responsabilità degli amministratori di associazione non riconosciuta. La pronuncia chiarisce importanti aspetti procedurali, come la chiamata in causa dei co-amministratori, e sostanziali, come la sospensione della prescrizione, alla luce di un fondamentale intervento della Corte Costituzionale. Questo caso offre spunti decisivi per chiunque operi all’interno di enti non profit, delineando con precisione i confini dei doveri e delle tutele.

I fatti di causa

La vicenda trae origine da un’azione di responsabilità promossa da un’associazione culturale e ricreativa nei confronti degli eredi del suo ex Presidente, in carica per diversi anni fino al 2011. L’associazione accusava il defunto presidente di mala gestio per aver distratto parte del fondo mutualistico, destinato a scopi assistenziali, per finanziare due operazioni immobiliari: l’acquisto di un immobile come sede e, successivamente, l’acquisto di un centro sportivo da ristrutturare.

Gli eredi, convenuti in giudizio, si sono difesi contestando le accuse e, soprattutto, hanno richiesto di chiamare in causa gli altri componenti del consiglio di amministrazione dell’epoca. Secondo la loro tesi, le operazioni contestate erano state deliberate e approvate collegialmente, pertanto la responsabilità, se esistente, doveva essere condivisa in solido.

La decisione dei giudici di merito

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno dato ragione all’associazione, condannando gli eredi al risarcimento di un ingente danno patrimoniale. Tuttavia, entrambe le corti hanno dichiarato inammissibile la domanda degli eredi nei confronti degli altri amministratori. Secondo i giudici di merito, gli eredi avrebbero dovuto agire con una separata azione di regresso solo dopo aver pagato il risarcimento, e non potevano chiedere una condanna diretta dei terzi chiamati a favore dell’associazione attrice.

La responsabilità amministratori associazione in Cassazione

La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione dei giudici di merito su punti fondamentali, accogliendo il ricorso degli eredi e rinviando la causa alla Corte d’Appello per un nuovo esame.

La chiamata in causa dei co-amministratori: un errore da correggere

Il primo e più significativo punto chiarito dalla Cassazione riguarda l’ammissibilità della chiamata in causa. La Corte ha stabilito che l’amministratore convenuto per un’azione di responsabilità ha il pieno diritto di chiamare in causa altri soggetti che ritiene corresponsabili del medesimo fatto illecito. Questa non è una semplice richiesta di regresso futuro, ma una domanda di garanzia propria, finalizzata ad accertare subito, nello stesso processo, la responsabilità solidale di tutti i presunti corresponsabili. Affermare, come hanno fatto i giudici di merito, che l’unica via sia un’azione di regresso successiva, è un errore di diritto. La difesa dell’amministratore convenuto non può essere limitata a un giudizio futuro e incerto.

La prescrizione e l’intervento della Corte Costituzionale

Un’altra importante questione era quella della prescrizione. Gli eredi sostenevano che l’azione fosse prescritta. La Cassazione ha respinto questa tesi, confermando la correttezza della decisione d’appello sul punto, ma con una motivazione rafforzata da un recente e decisivo intervento della Corte Costituzionale (sent. n. 86/2025). È stato ribadito che l’art. 2941, n. 7 c.c., che prevede la sospensione della prescrizione per le azioni di responsabilità finché gli amministratori restano in carica, si applica non solo alle persone giuridiche riconosciute ma anche alle associazioni non riconosciute. Qualsiasi altra interpretazione creerebbe una disparità di trattamento irragionevole e incostituzionale, poiché la difficoltà di agire contro un amministratore in carica è la stessa per ogni tipo di ente.

La quantificazione del danno: una motivazione carente

Infine, la Cassazione ha censurato la sentenza d’appello per la sua motivazione sulla quantificazione del danno, giudicata “gravemente carente” e “solo apparente”. I giudici di merito non avevano adeguatamente spiegato come fossero giunti alla cifra liquidata, omettendo di considerare elementi cruciali sollevati dagli appellanti. Tra questi, la mancata valutazione del fatto che il nuovo consiglio di amministrazione avesse venduto il centro sportivo a un prezzo ritenuto vile e che un mutuo contratto per l’operazione fosse stato estinto con una transazione vantaggiosa. La Corte ha ricordato che una sentenza deve rendere percepibile il fondamento della decisione, non limitarsi ad affermazioni generiche.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata basandosi su tre principi cardine. In primo luogo, ha riaffermato il diritto dell’amministratore convenuto di chiamare in causa i co-amministratori per accertare la corresponsabilità solidale nello stesso giudizio, qualificando tale azione come garanzia propria e non come un mero regresso differito. In secondo luogo, recependo i principi di una recente sentenza della Corte Costituzionale, ha confermato che la causa di sospensione della prescrizione prevista per le azioni contro gli amministratori si applica pienamente anche alle associazioni non riconosciute, per garantire parità di tutela. Infine, ha sanzionato con la nullità la motivazione apparente della sentenza d’appello in tema di quantificazione del danno, sottolineando l’obbligo del giudice di esporre un percorso logico-giuridico comprensibile che dia conto delle censure mosse dalle parti.

Le conclusioni

Questa sentenza ha implicazioni pratiche di grande rilievo. Innanzitutto, rafforza gli strumenti di difesa a disposizione degli amministratori di associazioni citati in giudizio, consentendo loro di non essere gli unici a sostenere il peso del processo quando le decisioni sono state prese collegialmente. In secondo luogo, consolida un principio di eguaglianza, estendendo una tutela fondamentale come la sospensione della prescrizione a tutti gli enti, a prescindere dal formale riconoscimento della personalità giuridica. Infine, costituisce un forte monito per i giudici di merito a motivare in modo esauriente e trasparente le loro decisioni, specialmente quando si tratta di complesse valutazioni economiche per la liquidazione dei danni.

Un amministratore di un’associazione citato per cattiva gestione può chiamare in causa gli altri membri del consiglio di amministrazione?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’amministratore convenuto può chiamare in causa coloro che ritiene corresponsabili del fatto dannoso. Questa è una domanda di garanzia propria per accertare la responsabilità solidale di tutti i soggetti coinvolti nello stesso processo, non un’azione di regresso da esperire in un secondo momento.

La sospensione della prescrizione per l’azione di responsabilità si applica anche agli amministratori di associazioni non riconosciute?
Sì. La Corte, richiamando una recente sentenza della Corte Costituzionale, ha confermato che la norma sulla sospensione della prescrizione (art. 2941, n. 7 c.c.) si applica anche alle associazioni non riconosciute. Il termine di prescrizione rimane sospeso finché gli amministratori sono in carica, poiché la difficoltà per l’ente di agire è la medesima a prescindere dal riconoscimento giuridico.

Perché la Cassazione ha annullato la quantificazione del danno decisa dalla Corte d’Appello?
La Cassazione ha ritenuto la motivazione della sentenza d’appello sulla liquidazione del danno “gravemente carente” e “solo apparente”. La Corte d’Appello non ha spiegato in modo comprensibile le ragioni della sua decisione né ha risposto in modo esauriente alle specifiche censure degli appellanti riguardo ai criteri di calcolo e agli elementi che avrebbero potuto ridurre l’importo del danno.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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