Sentenza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 18126 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 1 Num. 18126 Anno 2025
COGNOME: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/07/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 16620/2024 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, TREQUATTRINI CRISTINA, rappresentate e difese dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE),
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE),
-controricorrente- nonchè contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME, COGNOME NOME, rappresentati e difesi da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE ,
-controricorrenti- nonchè contro
COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE),
-controricorrenti-
nonchè contro
COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME,
-intimati- avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO PERUGIA n. 254/2024 depositata il 16/04/2024.
Udita la relazione RAGIONE_SOCIALEa causa svolta nella pubblica udienza del 10/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Sentito il AVV_NOTAIO.M. in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto che la Corte di Cassazione rigetti tutti i motivi di ricorso siccome infondati ( terzo e ottavo) o inammissibili (secondo, quarto, quinto, sesto, settimo, nono e decimo) ad eccezione del primo di cui si chiede l’accoglimento.
Sentiti gli AVV_NOTAIO per le ricorrenti, i quali insistono per l’accoglimento del ricorso riportandosi agli scritti difensivi per quanto riguarda le questioni di diritto.
Sentit o l’AVV_NOTAIO, sostituito dall’AVV_NOTAIO, difensore dei controricorrenti NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOMECOGNOME NOME COGNOMECOGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, che ha chiesto l’ accoglimento del controricorso, non condividendo la tesi RAGIONE_SOCIALEa Procura, inammissibilità del ricorso.
Sentito l’AVV_NOTAIO difensore dei controricorrenti NOME COGNOMECOGNOME NOME COGNOMECOGNOME NOME COGNOMECOGNOME COGNOME ha chiesto l’a ccoglimento del controricorso, l’inammissibilità del ricorso non condividendo la tesi RAGIONE_SOCIALEa Procura AVV_NOTAIO.
Sentito l’AVV_NOTAIO, difensore RAGIONE_SOCIALEa controricorrente RAGIONE_SOCIALE che si riporta agli scritti difensivi, insiste sul concetto di prescrizione decennale, è applicabile l ‘ art 2941 n7 cc.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 254/2024, pubblicata il 16/4/2024, ha confermato integralmente la sentenza a n. 49/2022 del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE in composizione monocratica, con la quale, all’esito di consulenza tecnica d’ufficio, era stata accolta l’azione di responsabilità promossa da RAGIONE_SOCIALE tra i dipendenti RAGIONE_SOCIALEa Banca RAGIONE_SOCIALE, con atto di citazione in data 10/12/2014, nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali eredi del loro, rispettivamente, coniuge e padre Sig. NOME COGNOME, il quale aveva ricoperto la carica di COGNOME del Consiglio di Amministrazione RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE, per gli anni dal 2004 al 2011, accertata la mala gestio del de cuius in ordine alla asserita dismissione parziale del fondo mutualistico per l’acquisto di un immobile, da destinare a sede RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, e per l’acquisto del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di San RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE, da destinare, previa sua ristrutturazione, ad attività ricreative, sociali e sportive degli associati, con condanna RAGIONE_SOCIALEe convenute al pagamento RAGIONE_SOCIALEa somma di € 331.814,00 ciascuna, con rivalutazione dal 26.10.2016 alla pronuncia, con interessi compensativi calcolati sulla somma via via rivalutata, oltre agli interessi legali ex art. 1284 co. 1 c.c., dalla pronuncia al saldo.
In particolare, in punto di chiamata in causa, richiesta dalle convenute in sede di costituzione e autorizzata dal giudice, in garanzia, dei terzi componenti del consiglio di amministrazione, che avevano amministrato, insieme al COGNOME NOME COGNOME, l’RAGIONE_SOCIALE non riconosciuta RAGIONE_SOCIALE, deliberando ed approvando tutte le operazioni che l’RAGIONE_SOCIALE, poi, aveva
addebitato a titolo di pretesa mala gestio allo stesso COGNOME, il Tribunale, in sede di decisione, aveva ritenuto inammissibile la domanda per carenza di legittimazione attiva; il Tribunale aveva, tuttavia, affermato che restava salva la possibilità per le convenute, in separato e successivo giudizio, di agire « in regresso pro quota (in ragione del diverso contributo causale e del grado di colpa di ognuno dei consiglieri ai singoli atti gestori) nei confronti di coloro che, insieme al de cuius hanno concorso alle condotte lesive, votando in senso favorevole in occasione RAGIONE_SOCIALEe delibere di cui al paragrafo precedente oppure, pur non avendo partecipato alla votazione favorevole, erano comunque a conoscenza RAGIONE_SOCIALE‘atto che si stava per compiere e non hanno manifestato il loro dissenso; nonché nei confronti di coloro che sono stati nominati membri RAGIONE_SOCIALEe commissioni ristrette con poteri decisori e/o di controllo sulle opere in esecuzione che tali poteri/doveri abbiano malamente esercitato ». Nel merito, il Tribunale non aveva condiviso le conclusioni RAGIONE_SOCIALEe convenute (che richiamavano sul punto le valutazioni del consulente tecnico d’ufficio, AVV_NOTAIOssa COGNOME), nel senso RAGIONE_SOCIALE‘esclusione di un danno risarcibile, in relazione all’acquisto, al prezzo di € 300.000,00, RAGIONE_SOCIALEa sede in INDIRIZZO, avvenuta nel 2004, mediante il parziale utilizzo RAGIONE_SOCIALEa liquidità esistente nel fondo mutualistico, che aveva solo subito unicamente una diversa composizione patrimoniale, senza essere per nulla dismesso e/o distratto, essendo passato da una composizione in denaro infruttifero ad una composizione in denaro ed immobile (fruttifero perché rivalutabile e perché utilizzato a sede RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, senza così la necessità di esborso di canoni), il tutto conformemente allo Statuto all’epoca vigente, nonché nel senso RAGIONE_SOCIALE‘assenza di alcun danno risarcibile quanto all’acquisto, al prezzo di € 400.000,00, con le risorse RAGIONE_SOCIALE‘associazione e del suo fondo patrimoniale, nonché attraverso un mutuo concesso da Unicredit, del RAGIONE_SOCIALE, rientrante
nell’oggetto RAGIONE_SOCIALEe attività previste dallo Statuto (art. 3, lett. b) « attività ludico-RAGIONE_SOCIALE dei soci ») e in ordine al quale, peraltro, le asserite spese di ristrutturazione erano rimaste indimostrate.
Il Tribunale, a fronte RAGIONE_SOCIALE‘accertamento contabile compiuto dal consulente del AVV_NOTAIO, AVV_NOTAIO, in un procedimento penale e nella fase RAGIONE_SOCIALEe indagini preliminari, aveva accertato, invece, la responsabilità per mala gestio RAGIONE_SOCIALE‘ex COGNOME RAGIONE_SOCIALE‘ente, stante la distrazione del fondo mutualistico, dapprima mediante l’acquisto RAGIONE_SOCIALE‘immobile adibito a sede RAGIONE_SOCIALE‘associazione, già in comodato d’uso gratuito, e poi mediante l’acquisto, con demolizione e ristrutturazione, del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in NOME in RAGIONE_SOCIALE e aveva liquidato il danno patrimoniale nella misura, in linea capitale, di complessivi € 663.628,00.
La Corte d’appello ha respinto tutti i motivi di gravame.
In particolare, è stato respinto il sesto motivo di appello in punto di declaratoria del difetto di legittimazione passiva nei confronti dei terzi chiamati in causa componenti del Consiglio di amministrazione, essendosi rilevato che le convenute non avevano agito in regresso nei loro confronti ma, erroneamente, ne avevano chiesto la condanna diretta al pagamento in favore RAGIONE_SOCIALE‘attrice, in solido con le convenute, il che era loro precluso, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art.2393 c.c., in quanto la legittimazione attiva alla proposizione di azione di responsabilità ex art. 2393 c.c., compete esclusivamente all’ente che può far valere la responsabilità di uno o di tutti gli amministratori per atti di mala gestio , ben potendo agire per l’intero nei confronti di uno solo degli amministratori, che avevano partecipato alla delibera consiliare; alle convenute iure hereditatis per fatti RAGIONE_SOCIALE‘amministratore competeva unicamente, l’azione di regresso diretta ad accertare la quota di responsabilità ascrivibile a ciascuno dei corresponsabili e a ottenere contestuale condanna al pagamento di quanto anticipatamente corrisposto in qualità di condebitore solidale, da esperirsi nel medesimo ovvero in
successivo giudizio, mentre non gli competeva alcuna azione che ampliasse il novero dei soggetti passivi RAGIONE_SOCIALEa domanda attorea.
E’ stato respinto il secondo motivo di appello, rilevandosi che nella specie si era esercitata, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 2393 c.c., un’ azione di responsabilità RAGIONE_SOCIALE‘associazione nei confronti RAGIONE_SOCIALEe eredi RAGIONE_SOCIALE‘amministratore, COGNOME del Consiglio di Amministrazione, Sig. COGNOME, tenuto ad adempiere il proprio mandato con la diligenza del buon padre di famiglia, ai sensi degli artt. 18 e 1710 c.c., azione sociale di responsabilità che si configura quale azione contrattuale, soggetta a prescrizione decennale, nella specie sospesa, in ragione del rapporto fra le parti, fin tanto che gli amministratori erano in carica, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 2941, n. 7, c.c.
In punto di onere RAGIONE_SOCIALEa prova, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 1218 c.c., ricadeva sull’associazione attrice l’onere RAGIONE_SOCIALEa prova del conferimento RAGIONE_SOCIALE‘incarico all’amministratore e RAGIONE_SOCIALE‘allegazione RAGIONE_SOCIALE‘inadempimento del medesimo e, sulle eredi convenute in giudizio, l’onere RAGIONE_SOCIALEa prova liberatoria RAGIONE_SOCIALE‘esatto adempimento ovvero RAGIONE_SOCIALE‘impossibilità RAGIONE_SOCIALE‘inadempimento per causa non imputabile. E trattandosi di atto gestorio soggetto a sindacato solo in relazione al vaglio di diligenza nell’esecuzione del mandato, le allegazioni RAGIONE_SOCIALE‘attrice, di inadempimento del COGNOME del C.d.A., basate anche sulla « pregressa, minuziosa ed esaustiva » Consulenza tecnica svolta dalla Consulente del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, che aveva integrato le lacune contabili, erano sufficienti e idonee a comprovare la distrazione del RAGIONE_SOCIALE dalle finalità meramente assistenziali cui era destinato, l’omessa adozione RAGIONE_SOCIALEe dovute cautele nella fase prodromica RAGIONE_SOCIALE‘investimento immobiliare e l’ostinata prosecuzione RAGIONE_SOCIALEe opere demolitorie, nella fase successiva all’acquisto del compendio immobiliare in San RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE, benché l’investimento fosse finanziariamente insostenibile, già in ottica ex ante , anche avuto riguardo alle complessive risorse patrimoniali RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE. L’inadempimento era fondato in
ragione RAGIONE_SOCIALEa distrazione del fondo mutualistico, dapprima, mediante l’acquisto di immobile in INDIRIZZO, adibito a sede RAGIONE_SOCIALE‘associazione, già in comodato d’uso gratuito RAGIONE_SOCIALEa medesima, e successivamente, mediante « l’improvvido progetto di acquisto, demolizione e ristrutturazione » del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in San RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE. Invero, « a norma RAGIONE_SOCIALEo Statuto e del Regolamento, il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non poteva certamente essere impiegato in investimenti immobiliari non produttivi di alcun reddito, rispondenti a mere logiche di investimento immobiliare (come nel caso RAGIONE_SOCIALE‘acquisto RAGIONE_SOCIALE‘immobile, già deputato a sede RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE e detenuto in comodato d’uso gratuito) ovvero a finalità meramente culturali e ricreative (come nel caso RAGIONE_SOCIALE‘acquisto di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in San RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE) ed inidonei a consentire uno smobilizzo repentino onde far fronte alla precipua finalità RAGIONE_SOCIALE in vista RAGIONE_SOCIALEa quale il RAGIONE_SOCIALE stesso è stato costituito e cui le finanze del RAGIONE_SOCIALE erano destinate ».
In punto di quantificazione erronea del danno, per aver il Giudice di prime cure erroneamente liquidato una somma pari alla differenza tra il valore del RAGIONE_SOCIALE e le somme ricavate all’esito RAGIONE_SOCIALEa vendita RAGIONE_SOCIALEo stesso, pur trattandosi di beni non omogenei, in ragione RAGIONE_SOCIALE‘omesso completamento RAGIONE_SOCIALEa pianificata ristrutturazione, nonché RAGIONE_SOCIALE‘omessa valutazione RAGIONE_SOCIALE‘abbattimento dei costi di finanziamento, da € 596.379,71 ad € 130.000,00 in sede transattiva, la doglianza era infondata. Si doveva, invero, imputare al COGNOME non solo l’incauto acquisto di compendio immobiliare in violazione RAGIONE_SOCIALEe norme statutarie e regolamentari, nel difetto di adeguata copertura economica in prospettiva già ex ante , ma anche la demolizione RAGIONE_SOCIALEe opere murarie nel difetto di risorse idonee a garantirne la successiva ricostruzione, e il grave decremento di valore che aveva imposto la vendita alla cifra di € 130.000,00, onde evitare un aggravamento RAGIONE_SOCIALEa posizione debitoria; né assumeva alcun rilievo l’abbattimento
dei costi di finanziamento iniziali, neppure considerati in sede di quantificazione del danno.
Avverso la suddetta pronuncia, NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali eredi di NOME COGNOME, propongono ricorso per cassazione, notificato 12/7/2024, affidato a dieci motivi, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE tra i dipendenti RAGIONE_SOCIALEa Banca RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE spa (che resiste con controricorso), di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME (che resistono con controricorso), di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME (che resistono con controricorso) e di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME (che non svolgono difese).
Il P.G. ha depositato memoria, chiedendo l’accoglimento del primo motivo, assorbiti i restanti.
Tutte le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Le ricorrenti lamentano: a) con il primo motivo, la violazione o falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 106 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c.; b) con il secondo motivo, la nullità RAGIONE_SOCIALEa sentenza ex art. 132, n. 4), c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c.; c) con il terzo motivo, la falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 2941, comma 1, n. 7, c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., in punto di asserita sospensione RAGIONE_SOCIALEa prescrizione decennale relativa all’azione di responsabilità ex art. 2393 c.c.; d) con il quarto motivo, la falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 2117 c.c. alla fattispecie, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., quanto alla pretesa distrazione del fondo mutualistico istituito dall’RAGIONE_SOCIALE e disciplinato ratione temporis dal relativo Regolamento: e) con il quinto motivo, la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 2697 c.c., con riguardo all’art. 2393 c.c. (azione sociale di
responsabilità), in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.; f) con il sesto motivo, la nullità RAGIONE_SOCIALEa sentenza ex art. 132, n. 4), c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., quanto all’assolvimento dei carichi probatori in tema di azione di responsabilità ex art. 2393 c.c.; g) con il settimo motivo, la violazione del diritto alla prova e quindi, RAGIONE_SOCIALE‘art. 115 c.p.c., tutelato anche a livello comunitario, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c. o, in subordine, la nullità RAGIONE_SOCIALEa sentenza, ex art. 132 n. 4) c.p.c., per manifesta illogicità, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c.; h) con l’ottavo motivo, la falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 1223 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c. con riferimento alla statuizione in punto di risarcimento del danno da preteso inadempimento contrattuale per difetto dei suoi presupposti; i) con il nono motivo, la nullità RAGIONE_SOCIALEa sentenza ex art. 132 n. 4) c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., con riguardo all’entità del risarcimento del danno disposta dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE e dalla Corte di Appello; l) con il decimo motivo, la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 1227 c.c., in relazione all’art. 360, c 1, n. 3) c.p.c.., e, in subordine, la nullità RAGIONE_SOCIALEa sentenza ex art. 132 n. 4 c.p.c., in relazione all’art. 360, c. 1, n. 4), c.p.c.
Le prime due censure sono fondate.
2.1. Deducono le ricorrenti, con il primo motivo, di avere formulato domanda di chiamata in causa e in garanzia dei componenti del C.d.A, che, all’epoca, insieme al COGNOME del C.d.A., avevano compiuto collegialmente le operazioni che l’attrice assumeva illegittime, per sentire (coma da conclusioni ritrascritte) « in via subordinata, nella denegata ipotesi in cui tale domanda dovesse essere, in tutto o in parte, accolta, dichiarare i chiamati in causa tenuti in solido con le comparenti (che peraltro rispondono, quali eredi, pro quota ex art. 1295 c.c.) al pagamento di tutte le eventuali somme che dovessero risultare dovute agli attori, per sorte, accessori e spese ».
In sede di memoria, ex art. 183, n. 1, c.p.c. in data 20/11/2017, e già prima nelle note autorizzate del 3/6/2017, tali conclusioni erano state ribadite, deducendosi che la chiamata dei suddetti amministratori era a titolo di c.d. garanzia propria, atteso che quanto addebitato in citazione, senza fondamento , al COGNOME aveva ricevuto l’approvazione dei membri del C.d.A. (e anche RAGIONE_SOCIALE‘assemblea dei soci) per tutti gli anni di riferimento nei quali sarebbero state realizzate le operazioni censurate come illegittime.
Si precisa che le originarie convenute, non negando la loro legittimazione passiva, ma solo contestando il fondamento nel merito RAGIONE_SOCIALEa domanda di responsabilità promossa da RAGIONE_SOCIALE nei confronti del loro de cuius , quale. COGNOME RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE non riconosciuta, avevano invece piena legittimazione attiva, tant’è che la loro domanda di chiamata in causa e in garanzia era stata accolta dal precedente G.I., con ordinanza 20/10/2015.
Vero che chi agisce per responsabilità ex art. 2393 c.c. può scegliersi il responsabile, ma è altrettanto vero che il prescelto possa chiamare in causa, a ciò essendo abilitato dall’art. 106 c.p.c., colui o coloro che ritiene essere con lui corresponsabili e quindi obbligati in solido (art. 1292 e 2055 c.c.), il tutto a prescindere dall’azione di regresso, che rappresenta un posterius che presuppone la previa affermazione RAGIONE_SOCIALEa responsabilità solidale del soggetto chiamato (art. 1292 c.c.), in relazione al fatto dannoso ascritto al convenuto principale.
Ammessa la chiamata in causa del terzo, quand’anche ritenendo non operante l’estensione automatica RAGIONE_SOCIALEa domanda attrice nei suoi confronti, restava ferma la facoltà RAGIONE_SOCIALE‘attore di estendere la domanda nei confronti degli stessi corresponsabili.
2.2. Con il secondo motivo, si denuncia il difetto di motivazione in punto di statuizione di inammissibilità RAGIONE_SOCIALEa domanda in garanzia per avere le convenute originarie, allegando la responsabilità dei terzi chiamati in causa, non agito in regresso nei loro confronti, ma
chiesto la loro « condanna diretta » al pagamento in favore RAGIONE_SOCIALE‘attrice in solido con le convenute.
Le convenute hanno, invece, inteso esperire, non una domanda diretta di condanna, che competenza solo alla parte attrice, ma un’azione di « garanzia propria », nei confronti di tutti coloro che avevano deliberato, approvato e condiviso le operazioni censurate come atti di pretesa mala gestio , chiedendo che tali soggetti ne rispondessero solidalmente con il COGNOME.
2.3. Le ricorrenti hanno richiesto in primo grado ed in appello la chiamata in causa dei terzi, art. 106 c.p.c. nella veste di coamministratori RAGIONE_SOCIALEa società, affinché fosse accertata la loro corresponsabilità rispetto al danno « dovendo rispondere coloro che hanno operato insieme al presidente a titolo di garanzia propria » (chiamata per comunanza di causa ex art. 106, prima parte, c.p.c.), allegando quindi la compartecipazione degli altri amministratori al fatto lesivo denunciato dalla società.
Tale prospettazione è stata chiarita quale « chiamata in causa propria al fine di tenere indenni le convenute », anche a seguito RAGIONE_SOCIALEa richiesta ex art. 164 VI c.p.c. del giudice di prime cure di chiarimento in ordine all’esatto tenore RAGIONE_SOCIALEa domanda dispiegata.
Orbene, questa Corte ha chiarito (Cass. 157/1976) che ricorre l’ipotesi di « garanzia propria » quando l’azione di regresso proposta contro il garante si basa sullo stesso titolo dedotto a fondamento RAGIONE_SOCIALEa domanda principale, ovvero quando sussiste una connessione obbiettiva di titoli fra la domanda principale e quella accessoria, mentre si ha garanzia impropria quando la chiamata in causa sia diretta a riversare sul terzo gli effetti RAGIONE_SOCIALEa domanda RAGIONE_SOCIALEo attore, in base ad un titolo distinto, autonomo ed indipendente da quello principale.
Ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 106 c.p.c., si può operare la chiamata di un terzo in giudizio, estendendo a questi la domanda svolta dall’attore di maniera che lo stesso venga individuato come effettivo unico
responsabile o come corresponsabile del fatto lesivo denunciato dall’attore.
Quando si invoca una garanzia propria del terzo chiamato non si contesta la propria legittimazione passiva, contestazione che è presupposta invece qualora il convenuto, nel dedurre il difetto RAGIONE_SOCIALEa propria legittimazione passiva, chiami un terzo, indicandolo come il vero legittimato.
Si è poi discusso RAGIONE_SOCIALE‘estensione o meno automatica RAGIONE_SOCIALEa domanda attorea al terzo chiamato.
Il principio RAGIONE_SOCIALE‘estensione automatica RAGIONE_SOCIALEa domanda RAGIONE_SOCIALE‘attore al chiamato in causa da parte del convenuto trova applicazione solo allorquando la chiamata del terzo sia effettuata al fine di ottenere la liberazione RAGIONE_SOCIALEo stesso convenuto dalla pretesa RAGIONE_SOCIALE‘attore, in ragione del fatto che il terzo s’individui come unico obbligato nei confronti RAGIONE_SOCIALE‘attore e « in vece » RAGIONE_SOCIALEo stesso convenuto, realizzandosi in tal caso un ampliamento RAGIONE_SOCIALEa controversia in senso soggettivo (divenendo il chiamato parte del giudizio in posizione alternativa con il convenuto) e oggettivo (inserendosi l’obbligazione del terzo dedotta dal convenuto verso l’attore in alternativa rispetto a quella individuata dall’attore), ferma restando, tuttavia, in ragione di detta duplice alternatività, l’unicità del complessivo rapporto controverso.
Il suddetto principio, invece, non opera allorquando il chiamante faccia valere nei confronti del chiamato un rapporto diverso da quello dedotto dall’attore come « causa petendi » (Cass. 13131/2006; Cass. 13374/2007; Cass. 20610/2011; Cass. 5580/2018).
In linea, si è ribadito che « il principio RAGIONE_SOCIALE‘estensione automatica RAGIONE_SOCIALEa domanda RAGIONE_SOCIALE‘attore nei confronti del terzo chiamato in causa dal convenuto opera solo quando tale chiamata sia effettuata dal convenuto per ottenere la sua liberazione dalla pretesa attorea, individuandosi il terzo come l’unico obbligato nei confronti
RAGIONE_SOCIALE‘attore, in posizione alternativa con il convenuto ed in relazione ad un unico rapporto, mentre non opera in caso di chiamata in garanzia impropria, attesa l’autonomia dei rapporti », ma che tuttavia, « anche in caso di rapporto oggettivamente unico, la presunzione su cui si fonda il principio RAGIONE_SOCIALE‘estensione automatica RAGIONE_SOCIALEa domanda RAGIONE_SOCIALE‘attore al terzo chiamato (ossia che l’attore voglia la condanna del chiamato, pur avendo agito nei confronti del solo convenuto) non può operare se l’attore escluda espressamente che la propria domanda sia stata proposta nei confronti del terzo chiamato » (Cass. 8411/2016).
E si è affermato che il principio RAGIONE_SOCIALE‘estensione automatica RAGIONE_SOCIALEa domanda principale al terzo, chiamato in causa dal convenuto, non opera quando lo stesso terzo venga evocato in giudizio come obbligato solidale o in garanzia propria od impropria, essendo in questo caso necessaria la formulazione di un’espressa ed autonoma domanda da parte RAGIONE_SOCIALE‘attore (Cass. 23308/2007).
Si è ulteriormente chiarito che « qualora il convenuto in un giudizio di risarcimento dei danni, chiami in causa un terzo indicandolo come soggetto (cor)responsabile RAGIONE_SOCIALEa pretesa fatta valere dall’attore e chieda di essere manlevato in caso di accoglimento RAGIONE_SOCIALEa pretesa attorea, senza porre in dubbio la propria legittimazione passiva, si versa in una ipotesi di chiamata in garanzia, nella quale non opera la regola RAGIONE_SOCIALEa automatica estensione RAGIONE_SOCIALEa domanda al terzo chiamato, atteso che la posizione assunta dal terzo nel giudizio non contrasta, ma anzi coesiste, con quella del convenuto rispetto all’azione risarcitoria, salvo che l’attore danneggiato proponga nei confronti del chiamato (quale coobbligato solidale) una nuova autonoma domanda di condanna » (Cass. 30601/2018).
Nella recentissima Cass. n. 7332/2025, si è ribadito che « In materia di responsabilità civile, la parte evocata in giudizio per il risarcimento del danno può chiamare in causa, in via preventiva,
un altro corresponsabile, al fine di esercitare il regresso contro questo per il caso di esito positivo RAGIONE_SOCIALE‘azione intrapresa dal danneggiato » (in una fattispecie relativa al danno cagionato ad un appartamento dalle infiltrazioni provenienti dalle unità immobiliari poste ai piani superiori, al cui risarcimento erano stati condannati in solido per l’intero i diversi titolari di diritti reali su di essi, uno dei quali si era doluto RAGIONE_SOCIALEa responsabilità ascrittagli anche per la parte di danno riconducibile ad altri, senza avere però preventivamente proposto nei confronti di questi ultimi domanda di regresso).
Ma questo tema specifico (l’estensione, automatica o meno, RAGIONE_SOCIALEa pretesa attorea ai terzi chiamati) non attiene a quello controverso nel presente giudizio, in cui la domanda di garanzia verso i terzi chiamati, indicati dai convenuti quali corresponsabili, in ipotesi di fondatezza RAGIONE_SOCIALEa domanda attorea, nell’illecito contestato, dopo essere stata autorizzata la chiamata ex art.106 c.p.c., è stata dichiarata inammissibile per difetto di legittimazione attiva RAGIONE_SOCIALEe chiamanti.
Orbene, non è in discussione il diritto RAGIONE_SOCIALEa società di agire ex art. 2393 c.c. nei confronti di ciascuno degli amministratori.
Ma, se, da un lato, la società è libera di agire nei confronti di un singolo amministratore, e non degli altri, quale unico responsabile del fatto lesivo, è altrettanto ammissibile che quell’amministratore possa difendersi in giudizio individuando altri soggetti come corresponsabili RAGIONE_SOCIALE‘illecito ovvero quali unici responsabili.
Nella specie, la chiamata del terzo era formulata dalle convenute, in qualità di eredi RAGIONE_SOCIALE‘ex amministratore, nei confronti di coloro che erano ritenuti corresponsabili, al fine di fare accertare la loro responsabilità solidale in relazione allo stesso fatto dannoso imputabile a più persone.
Non è corretto affermare, invece, come ritenuto dalla Corte d’appello, che l’unica difesa disponibile per il convenuto sia il regresso verso i condebitori solidali, a giudizio concluso.
E, d’altronde, se il giudice avesse ritenuto radicalmente inammissibile la chiamata del terzo in causa, sulla base dei principi da lui esposti, rientrava nei suoi poteri non procedere al differimento RAGIONE_SOCIALE‘udienza per permetterne al convenuto la chiamata ex art. 269 II c.p.c. (Cass. SS.UU. 4309/10 e Cass. n. 3692/20).
3. Si lamenta, con il terzo motivo, che si sia rigettata, decidendo sul secondo motivo di gravame, l’eccezione di prescrizione RAGIONE_SOCIALE‘azione, promossa con citazione del dicembre 2014 (perché decorso il termine decennale dalla data RAGIONE_SOCIALEa delibera di dismissione del fondo mutualistico, del giugno 2004, non impugnata nel termine quinquennale ai sensi degli artt.23 e 1442 c.c.), essendosi affermato, nella sentenza impugnata, che nella specie, operava la prescrizione decennale, ex art.2941, comma 1 n. 7, c.c. e che il termine era sospeso fino alla cessazione RAGIONE_SOCIALEa carica di COGNOME RAGIONE_SOCIALE‘associazione, avvenuta nel 2011.
Si denuncia la falsa applicazione di norma che, essendo riferita agi amministratori di persone giuridiche ed essendo di stretta interpretazione quale norma eccezionale, non si può applicare alle associazioni non riconosciute.
La censura è infondata.
3.1.I casi di sospensione RAGIONE_SOCIALEa prescrizione sono tassativamente indicati dalla legge e sono insuscettibili di applicazione analogica e di interpretazione estensiva, in quanto il legislatore regola inderogabilmente le cause di sospensione, limitandole a quelle che consistono in veri e propri impedimenti di ordine giuridico, con esclusione degli impedimenti di mero fatto (Cass 11004/2018, ove si è ritenuto che la espressa previsione RAGIONE_SOCIALEa interdizione per infermità di mente come causa di sospensione impedisce l’estensione RAGIONE_SOCIALEa medesima disciplina alla incapacità naturale; Cass. n. 4191/1975).
Questa Corte (Cass. n. 4603/1985) ha affermato che « poiché la norma di cui all’art. 2949 cod. civ. -che stabilisce la prescrizione
quinquennale dei diritti che derivano dai rapporti sociali, se la società è iscritta nel registro RAGIONE_SOCIALEe imprese – si pone in rapporto di specialità rispetto alla disciplina generale in tema di prescrizione, essa trova applicazione anche con riguardo alle società in accomandita semplice, essendo tale società soggetta all’obbligo di registrazione, senza che, con riguardo all’azione di responsabilità intentata dalla detta società (e da uno dei soci accomandatari) nei confronti di altro socio accomandatario in relazione alla vendita di beni sociali, possa invocarsi la sospensione del termine di prescrizione stabilita dal n. 7 RAGIONE_SOCIALE‘art. 2941 cod. civ. tra le persone giuridiche ed i loro amministratori finché sono in carica, operando detta statuizione soltanto per le società di capitali e non per quelle di persone ».
Il P.G. osserva che l’art. 2941 c.c. esprime un principio di carattere generale per cui qualsiasi soggetto giuridico è impedito nella effettiva percezione del danno attuato dal soggetto posto in posizione apicale e/o dirigenziale fintanto che lo stesso è in carica (vedi sull’occultamento del danno il punto n. 8 RAGIONE_SOCIALE‘art. 2941 c.c.).
Ed evidenzia come la Corte Costituzionale abbia, di fatto, interpretato la norma come applicabile anche agli amministratori di società in accomandita semplice (Corte Cost. 24.7.1998, n. 322) e, da ultimo, anche agli amministratori di società in nome collettivo (Corte Cost. 11.12.2015, n. 262), sulla base RAGIONE_SOCIALEa considerazione per cui la ratio RAGIONE_SOCIALEa norma sulla sospensione si rinviene nelle esigenze di tutela RAGIONE_SOCIALEa società, nel senso che durante la permanenza in carica degli amministratori è più difficile per la società acquisire compiuta conoscenza degli illeciti dagli stessi commessi e quindi promuovere azioni di responsabilità.
3.2.In generale, si è ritenuto che l’associazione non riconosciuta, ancorché sfornita di personalità giuridica, è considerata dall’ordinamento come RAGIONE_SOCIALE di imputazione di situazioni giuridiche distinto dagli associati, cui sono analogicamente
applicabili, in mancanza di diversa previsione di legge o degli accordi associativi, le norme stabilite in materia di associazioni riconosciute o di società, cosicché, in caso di unificazione di due associazioni non riconosciute, può farsi riferimento alle norme sulla fusione, con la conseguenza che la sopravvenuta unificazione non incide sull’ammissibilità del ricorso per cassazione proposto a nome di una RAGIONE_SOCIALEe associazioni unificate in quanto parte del giudizio di merito; infatti, a seguito RAGIONE_SOCIALEa nuova formulazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 2504-bis cod. civ., in base al cui primo comma la società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi RAGIONE_SOCIALEe società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione, la fusione configura una vicenda meramente evolutivo-modificativa del medesimo soggetto giuridico, senza la produzione di alcun effetto successorio ed estintivo (Cass. 1476/2007).
L’associazione non riconosciuta, ancorché sfornita di personalità giuridica, deve comunque essere considerata come un RAGIONE_SOCIALE di imputazione di situazioni giuridiche distinto dagli associati, cui sono analogicamente applicabili, in mancanza di diversa previsione di legge o degli accordi associativi, le norme stabilite in materia di associazioni riconosciute o di società (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 664 del 12/01/2023).
Ne discende l’applicabilità alle associazioni non riconosciute RAGIONE_SOCIALE‘art. 18 c.c., a mente del quale « gli amministratori sono responsabili verso l’ente secondo le norme del mandat o», sia pure escluse le disposizioni incompatibili dettate dagli artt.1712 e 1713 c.c. (Cass. n. 664/2023e Cass. n. 13092/2025).
In punto di prescrizione RAGIONE_SOCIALE‘azione di responsabilità per inadempimento RAGIONE_SOCIALE‘amministratore RAGIONE_SOCIALE‘associazione non riconosciuta, in Cass. n. 13092/2025 si è ribadito che la natura RAGIONE_SOCIALE‘illecito quale fonte di danno incide sul dies a quo prescrizionale attraverso le caratteristiche, in essa insite, RAGIONE_SOCIALEa sua
conoscibilità/percepibilità da parte del danneggiato (così Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 24270 del 03/11/2020) e che la regola, per la quale il termine di prescrizione decorre da quando il danneggiato ha avuto o avrebbe potuto avere conoscenza RAGIONE_SOCIALEa ingiustizia del danno, ossia del fatto che esso si è prodotto e che va attribuito a taluno, non muta a seconda del titolo di responsabilità, se contrattuale o extracontrattuale, valendo anche in caso di responsabilità contrattuale (Cass. n. 29328 del 13/11/2024; Cass. n. 31919 del 28/10/2022).
Nel presente giudizio, l’azione di responsabilità, proposta nel 2014, è stata ritenuta tempestiva, essendosi ritenuto applicabile il termine decennale di prescrizione, termine sospeso fin tanto che gli amministratori erano in carica. Nella specie, il COGNOME è cessato dalla carica di COGNOME del C.d.A. nel 2011.
3.2. Oggetto di doglianza non è tanto il dies a quo individuato per la decorrenza del termine, quanto la ritenuta applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art.2941 n. 7 c.c., quale ipotesi normativa eccezionale (« tra le persone giuridiche e i loro amministratori finché sono in carica per le azioni di responsabilità contro di essi ») non estensibile in via analogica.
Invero, sotto il primo profilo, le ricorrenti si limitano solo a dedurre, del tutto genericamente, che il decorso RAGIONE_SOCIALEa prescrizione dovrebbe iniziare dalla data « RAGIONE_SOCIALEa delibera del 26/6/2004 (con la quale sarebbe avvenuta «la asserita dismissione parziale del fondo mutualistico) », in relazione quindi al solo acquisto RAGIONE_SOCIALE‘immobile sede RAGIONE_SOCIALE‘associazione, laddove la condotta contestata e accertata nel merito attiene all’acquisto sia di tale immobile, nel 2004, sia del complesso immobiliare relativo al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, negli anni 20072008.
In relazione al secondo, e principale, profilo di doglianza, occorre rilevare che la Corte costituzionale, con sentenza n. 86 del 26 giugno 2025, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, per
contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., RAGIONE_SOCIALE‘art. 2941, primo comma, n. 7, c.c., nella parte in cui non prevede la sospensione RAGIONE_SOCIALEa prescrizione tra le associazioni non riconosciute e i loro amministratori, finché sono in carica, per le azioni di responsabilità contro di essi. La Corte Costituzionale ha osservato, in premessa, che si tratta di una norma che non è suscettibile di applicazione analogica, in quanto connotata da eccezionalità, e che la stessa Corte ha già dichiarato costituzionalmente illegittima, nella parte in cui non trova applicazione a due tipologie di società prive RAGIONE_SOCIALEa personalità giuridica: le società in accomandita semplice (sentenza n. 322 del 1998) e quelle in nome collettivo (sentenza n. 262 del 2015). La ratio RAGIONE_SOCIALEa disciplina è stata individuata in un’esigenza di natura sostanziale, costituita dalla difficoltà che l’ente incontra sia nell’avere piena cognizione RAGIONE_SOCIALE‘operato degli amministratori, sì da poter acquisire informazioni idonee a evidenziare una loro eventuale responsabilità, sia nel promuovere l’azione, fintantoché i destinatari RAGIONE_SOCIALEa stessa conservino l’incarico gestionale e una posizione di preminenza decisionale (ancora le sentenze n. 262 del 2015 e n. 322 del 1998).
La Corte ha evidenziato che la persistenza di una disciplina che subordina alla titolarità RAGIONE_SOCIALEa personalità giuridica RAGIONE_SOCIALE‘ente la sospensione del termine prescrizionale per l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori determina un’irragionevole disparità di trattamento rispetto alle associazioni riconosciute, in quanto il riconoscimento giuridico, diversamente da quanto si riteneva nell’epoca in cui è stato emanato il codice civile del 1942, non determina una linea di demarcazione correlata alla dimensione RAGIONE_SOCIALEa soggettività e anche gli enti privi di personalità giuridica, fra cui le associazioni non riconosciute, sono autonomi centri di imputazione di situazioni giuridiche soggettive, la cui differenza rispetto alle compagini dotate di personalità giuridica non opera sui
rapporti interni fra gli amministratori e l’ente ma riguarda essenzialmente il piano dei rapporti esterni (art. 38 cod. civ.).
La Corte Costituzionale ha, inoltre, soggiunto che l’irragionevole disparità di trattamento si verifica anche nei riguardi RAGIONE_SOCIALEe società in accomandita semplice e RAGIONE_SOCIALEe società in nome collettivo, per le quali l’illegittimità costituzionale RAGIONE_SOCIALEa mancata sospensione RAGIONE_SOCIALEa prescrizione è già stata dichiarata -rispettivamente, con le sentenze n. 322 del 1998 e n. 262 del 2015 -, nonostante la presenza di strumenti di garanzia che operano a favore dei soci, di modo che la medesima omissione determina, a fortiori , un vulnu s all’effettività del diritto di difesa RAGIONE_SOCIALE‘ente nei confronti degli amministratori, fintantoché essi sono in carica, per le associazioni non riconosciute, per le quali simili rimedi non sono contemplati.
La sopravvenuta sentenza di accoglimento RAGIONE_SOCIALEa Corte costituzionale ha effetti erga omnes e impedisce di applicare la norma preclusiva, dichiarata incostituzionale, alle situazioni e ai rapporti, come nella specie, ancora pendenti (artt. 136 Cost. e 30, terzo comma, RAGIONE_SOCIALEa legge n. 87 del 1953; vedasi per un caso di applicazione RAGIONE_SOCIALEa sopravvenuta declaratoria di illegittimità costituzionale Cass. n. 15075 del 4/6/2025).
La statuizione sul punto RAGIONE_SOCIALEa Corte d’appello risulta pertanto conforme al diritto.
3.3. Si deve quindi concludere per l’infondatezza RAGIONE_SOCIALEa doglianza, non tanto alla luce RAGIONE_SOCIALEa giurisprudenza sopra richiamata secondo la quale l’associazione non riconosciuta, ancorché sfornita di personalità giuridica, deve comunque essere considerata come un RAGIONE_SOCIALE di imputazione di situazioni giuridiche distinto dagli associati, cui sono analogicamente applicabili, in mancanza di diversa previsione di legge o degli accordi associativi, le norme stabilite in materia di associazioni riconosciute o di società, quanto in forza RAGIONE_SOCIALEa recentissima declaratoria di illegittimità costituzionale secondo la quale la causa di sospensione del termine di
prescrizione di cui all’art.2941 n. 7 c.c. si deve applicare anche all’azione di responsabilità degli amministratori RAGIONE_SOCIALE‘associazione non riconosciuta di cui all’art.18 c.c..
4. Il quarto motivo denuncia falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art.2117 c.c., quanto alla pretesa distrazione del fondo mutualistico istituito dall’RAGIONE_SOCIALE. Si deduce che la Corte di Appello « a pag. 7, punto 7.1 RAGIONE_SOCIALEa propria sentenza, affrontando cumulativamente il primo, il terzo e il quarto motivo di impugnazione, assume che alla fattispecie, in relazione al fondo mutualistico di cui al relativo regolamento, sarebbe stata applicabile, come già rilevato dall’attrice e dal Tribunale nella sentenza n. 49/2022 (che la Corte ha confermato) la disciplina di cui all’art. 2117 c.c., da cui, per l’effetto, l’intangibilità RAGIONE_SOCIALEo stesso fondo nella sua consistenza e, di conseguenza, il divieto di distrazione RAGIONE_SOCIALEo stesso dal fine al quale era stato destinato ».
E si lamenta che la norma invocata, di cui all’art. 2117 c.c., essendo contenuta nel libro V « del lavoro », titolo II « del lavoro e RAGIONE_SOCIALE‘impresa », capitolo 1, Sez. III, par. 3, è norma che attiene, in maniera specifica, al rapporto di lavoro e all’ipotesi specifica dei fondi integrativi previdenziali costituiti dall’apporto del datore di lavoro e del lavoratore o del solo datore di lavoro; quindi, il fondo previsto dall’art. 2117 c.c. appartiene a tipologia diversa da quella che riguarda il fondo mutualistico istituito in seno ad una associazione non riconosciuta.
Nel caso in esame, tale divieto non sarebbe invece previsto cosicché l’operazione, « mediante la quale parte assai minima di quel fondo RAGIONE_SOCIALE‘associazione (€. 300.000,00 rispetto alla liquidità ivi giacente ed infruttifera di €. 800.000,00, come accertato dalla CTU condivisa dai giudici del merito) è stata destinata all’acquisto RAGIONE_SOCIALE‘immobile da adibire a sede RAGIONE_SOCIALE‘associazione, venendosi così solo a modificare la consistenza qualitativa del fondo suddiviso in liquidità ed immobilizzazioni rispetto all’iniziale sola liquidit à», non
ha comportato alcuna distrazione né alcun danno, ma solo una modifica qualitativa del contenuto del fondo, del tutto legittima.
Le norme statutarie (artt.24 e 29) non escluderebbero la possibilità che anche il fondo mutualistico potesse essere investito in immobili.
4.1. La doglianza è inammissibile, in quanto non viene colta la complessiva ratio decidendi RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata.
Va, anzitutto, premesso che in nessuna parte del par.7.1 RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata si fa riferimento al disposto RAGIONE_SOCIALE‘art.2117 c.c.
Al par.7.2, invece, RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata, dedicato proprio alla contestazione RAGIONE_SOCIALEa distrazione RAGIONE_SOCIALEe risorse del RAGIONE_SOCIALE mutualistico, vi è un riferimento a una violazione RAGIONE_SOCIALE‘art.2117 c.c.
Ma la Corte d’appello ha fatto derivare la necessità di integrità del RAGIONE_SOCIALE mutualistico dall’art. 3 RAGIONE_SOCIALEo Statuto, laddove prevede che l’oggetto sociale di RAGIONE_SOCIALE sia rivolto alla promozione di « a) attività formative a favore dei Soci; b) attività culturali e ricreative; c) attività assistenziali esclusivamente a favore dei Soci Ordinari in caso di situazioni di disagio derivanti da malattia o da gravi situazioni familiari, da erogare tramite il fondo mutualistico e secondo l’apposito regolamento; d) Convenzioni con enti pubblici e privati, attività sociali e sportive pubbliche e private ».
Pertanto, il RAGIONE_SOCIALE, afferma la Corte territoriale, è stato costituito esclusivamente in vista RAGIONE_SOCIALEa realizzazione del precipuo scopo RAGIONE_SOCIALE di cui al punto c) RAGIONE_SOCIALE‘art.3 RAGIONE_SOCIALEo Statuto e a beneficio dei soli soci ordinari.
La Corte d’appello ha poi spiegato che, pur potendo il patrimonio del RAGIONE_SOCIALE « essere investito in beni più o meno liquidabili in funzione di una valutazione temporale di necessità di utilizzo RAGIONE_SOCIALEo stesso », « nondimeno, a norma RAGIONE_SOCIALEo Statuto e del Regolamento, il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non poteva certamente essere impiegato in investimenti immobiliari non produttivi di alcun reddito, rispondenti a mere logiche di
investimento immobiliare (come nel caso RAGIONE_SOCIALE‘acquisto RAGIONE_SOCIALE‘immobile, già deputato a sede RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE e detenuto in comodato d’uso gratuito) ovvero a finalità meramente culturali e ricreative (come nel caso RAGIONE_SOCIALE‘acquisto di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in San RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE) ed inidonei a consentire uno smobilizzo repentino onde far fronte alla precipua finalità assisten ziale».
La censura, peraltro, mira ad una rivisitazione nel merito del danno patito dall’associazione conseguente all’attività distrattiva posta in essere dal de cuius RAGIONE_SOCIALEe odierne ricorrenti.
Anche i motivi quinto e sesto sono inammissibili, perché lamentano una erronea ricognizione RAGIONE_SOCIALE‘onere probatorio, sotteso all’azione di responsabilità per mala gestio degli amministratori.
Ma si svolgono considerazioni errate sull’onere probatorio, che non ricade, nella lite in esame, nell’alveo RAGIONE_SOCIALEa responsabilità aquiliana (atteso che l’associazione non riconosciuta comune si basa su un accordo di natura contrattuale).
Nella specie, la Corte d’appello ha chiaramente evidenziato come l’attrice RAGIONE_SOCIALE aveva esercitato un’azione contrattuale di responsabilità RAGIONE_SOCIALE‘amministratore, ex art.2393 c.c., per inadempimento al mandato conferitogli. L’associazione aveva l’onere di allegare l’esistenza RAGIONE_SOCIALE‘incarico e l’inadempimento, ricadendo sul debitore (nella specie, il COGNOME RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE sino al 2011 e, dopo il suo decesso, le eredi) l’onere di offrire la prova liberatoria RAGIONE_SOCIALE‘esatto adempimento o RAGIONE_SOCIALE‘impossibilità di adempiere per causa non imputabile.
In ogni caso, in punto di onere di allegazione e prova, la prova del danno arrecato alla associazione è stata offerta dall’attrice mediante ampia documentazione e anche attraverso il richiamo ad una consulenza tecnica di parte (RAGIONE_SOCIALEa AVV_NOTAIO), svolta su incarico del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO nell’ambito di un procedimento penale (cui le eredi del COGNOME non avevano partecipato), ragion per cui appare che parte attrice avesse già
assolto alla allegazione di una base probatoria, sufficiente per la decisione.
Nessuna violazione RAGIONE_SOCIALEe norme sull’onere RAGIONE_SOCIALEa prova risulta quindi compiuta dalla Corte d’appello.
6. Nel settimo motivo del presente ricorso per cassazione, si lamenta il rigetto, in primo e secondo grado, di tutte le istanze istruttorie formulate (ritrascritte nel ricorso per cassazione), di esibizione documentale e prova per interrogatorio formale e testi su varie circostanze volte a chiarire come alcun inadempimento fosse ipotizzabile a carico RAGIONE_SOCIALE‘ex amministratore.
In particolare, si era chiesto di provare che la banca, proprietaria RAGIONE_SOCIALE‘immobile ove era la sede RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, inoltre, aveva richiesto all’RAGIONE_SOCIALE la restituzione dei locali di INDIRIZZO, intendendo alienare quell’immobile, offrendolo prima alla stessa RAGIONE_SOCIALE a prezzo vantaggioso rispetto all’effettivo valore di mercato, trattandosi di associazione composta dai suoi dipendenti o ex dipendenti.
E si lamenta che il rigetto di tali richieste istruttorie non risulti specificamente motivato, essendolo solo genericamente e con frasi di stile, ossia con le parole: « parzialmente inerenti la medesima documentazione alla cui acquisizione le convenute si sono opposte nel giudizio di primo grado; parzialmente involgenti documentazione già ritualmente depositata da parte attrice; involgenti circostanze pacifiche ovvero da provarsi documentalmente; parzialmente smentite dalle allegazioni istruttorie di parte attrice e, in ogni caso, superflue… ».
Si sarebbe quindi addebitato alle convenute un preteso mancato assolvimento di quell’onere, dopo aver respinto ogni richiesta di prova dalle medesime formulata, accogliendo, per converso, la domanda attrice « nonostante che, essa sì, fosse risultata non provata, come peraltro confermato anche in sede di CTU, condivisa dalla Corte, ma non apprezzata nel suo reale contenuto ».
6.1.La censura è inammissibile, in quanto: a) da un lato, l’emanazione di ordine di esibizione è discrezionale e la valutazione di indispensabilità non deve essere neppure esplicitata, cosicché il relativo esercizio è svincolato da ogni onere di motivazione e il provvedimento di rigetto RAGIONE_SOCIALE‘istanza non è sindacabile in sede di legittimità, neppure sotto il profilo del difetto di motivazione, trattandosi di strumento istruttorio residuale, utilizzabile soltanto quando la prova dei fatti non possa in alcun modo essere acquisita con altri mezzi e l’iniziativa RAGIONE_SOCIALEa parte istante non abbia finalità esplorativa (Cass. 27412/2021); b) dall’altro, essendosi la Corte territoriale pronunciata sulle istanze istruttorie anche di prove orali, ritenendole inammissibili sotto vari profili, il giudizio sulla superfluità o genericità RAGIONE_SOCIALEa prova testimoniale è insindacabile in cassazione, involgendo una valutazione di fatto che può essere censurata soltanto se basata su erronei principi giuridici, ovvero su incongruenze di ordine logico (Cass. civ. 21 novembre 2022, n. 34189; Cass. civ. 10 settembre 2004, n. 18222) e l’apprezzamento sull’influenza e pertinenza RAGIONE_SOCIALE‘interrogatorio, riservato al giudice di merito, costituisce valutazione di natura meramente discrezionale che non è soggetta a sindacato di legittimità, quando sia sorretta da motivazione esente da vizi logici o giuridici (Cass. civ. 24 maggio 1979, n. 3002; Cass. civ. 7 novembre 1974, n. 3411).
Ciò detto, la statuizione impugnata non è affetta da alcuna « illogicità » riguardo alla decisione negativa sulle richieste istruttorie.
Il settimo motivo è inammissibile anche perché, denunciando insufficiente motivazione in ordine al rigetto RAGIONE_SOCIALEe istanze probatorie formulate, ripropone e sottopone alla Corte indistintamente l’intero complesso RAGIONE_SOCIALEe istanze probatorie disattese dalla corte territoriale.
Questa Corte ha chiarito che (sez. 1 n. 30721/24) « Il vizio di motivazione per omessa ammissione RAGIONE_SOCIALEa prova testimoniale o di
altra prova può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui esso investa un punto decisivo RAGIONE_SOCIALEa controversia e, quindi, ove la prova non ammessa o non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia RAGIONE_SOCIALEe altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi risulti priva di fondamento ».
Sicché era onere RAGIONE_SOCIALEe ricorrenti chiarire specificamente per ogni mezzo probatorio disatteso le ragioni di decisività e rilevanza del mezzo la cui trascuratezza si sarebbe tramutata in vizio motivazionale.
L’ottavo, il nono e il decimo motivo, afferenti alle metodologie adottate dalla Corte territoriale, per il quantum del danno risarcibile, e denuncianti anche vizi di motivazione apparente, sono invece fondati.
7.1. In relazione all’acquisto RAGIONE_SOCIALE‘immobile sede RAGIONE_SOCIALE‘associazione, la Corte territoriale si è limitata a osservare che non vi era prova alcuna che l’operazione immobiliare avesse ingenerato una immediata plusvalenza per il fondo in considerazione RAGIONE_SOCIALE‘acquisto ad un prezzo inferiore rispetto al valore di mercato, né risultava provato che l’immobile avesse avuto una qualche redditività (ad es. con affitti dei locali).
In relazione all’acquisto successivo del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, la Corte territoriale ha dato atto del fatto che il danno è stato parametrato sulla differenza tra l’esborso per l’investimento immobiliare (€ 400.000,00) ed il valore post -demolizione parziale che mantenevano i beni all’esito degli interventi programmati. E si è posto in evidenza come l’operazione, essendo previsto un poderoso intervento di ristrutturazione del compendio immobiliare, era stata già ex ante imprudente.
Il nuovo Consiglio d’Amministrazione, « in ragione RAGIONE_SOCIALEa totale dissipazione RAGIONE_SOCIALEe risorse necessarie anche solo ad avviare le opere
di ricostruzione, ha successivamente deliberato la vendita RAGIONE_SOCIALE‘immobile, oramai costituito dal solo fondo munito di potenzialità edificatoria, alla somma di € 130.000,00 ».
Quanto alla censura, mossa in appello, circa l’omessa valutazione RAGIONE_SOCIALE‘abbattimento dei costi di finanziamento, da € 596.379,71 ad € 130.000,00 in sede transattiva con l’Istituto mutuante, la stessa è stata ritenuta dalla Corte d’appello infondata in quanto i « costi di finanziamento iniziali» non erano stati «neppure considerati in sede di quantificazione del danno ».
7.2. Nell’ottavo motivo di ricorso, si denuncia la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art.1223 c.c., deducendosi che il risarcimento possa essere riconosciuto se ed in quanto vi sia a monte un inadempimento e il danno che ne consegue – c.d. danno-conseguenza -sia l’effetto immediato e diretto di quell’inadempimento.
Nella specie, si lamenta che la Corte d’appello, dopo avere affermato, quanto all’ an debeatur , che il fondo mutualistico non avrebbe dovuto essere distratto, non ha specificato, ai fini del danno, quale sia stata la conseguenza di quel preteso inadempimento, e si è limitata, quanto alla pretesa perdita subita, a fare riferimento solo ad elementi contabili « non documentati » (le spese di ristrutturazione), riferiti, peraltro, unicamente all’acquisto del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di San RAGIONE_SOCIALE, avvenuto nel 2008, e indicati nella relazione RAGIONE_SOCIALEa AVV_NOTAIO COGNOME, già consulente del PM e poi RAGIONE_SOCIALE‘attrice.
E si deduce che per l’acquisto RAGIONE_SOCIALE‘immobile, sede RAGIONE_SOCIALE‘associazione, un danno non è stato neppure allegato dall’attrice. Né il danno può essere collegato causalmente alla pretesa distrazione del fondo, come parrebbe dalla sentenza impugnata, che comunque sul punto null’altro spiega.
Nel nono motivo, si denuncia anche la carenza motivazionale.
Nel decimo motivo, poi, le ricorrenti si dolgono del mancato riconoscimento del criterio di diminuzione RAGIONE_SOCIALE‘importo risarcitorio dettato dall’art. 1227 c.c.
Ciò in quanto, essendo stato alienato il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dal nuovo C.d.A., mentre erano « in corso i lavori di ristrutturazione », la pretesa perdita subita, rispetto a tale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE o complesso immobiliare, sarebbe stata, in realtà, « l’effetto diretto ed immediato, sotto il profilo causale, RAGIONE_SOCIALEa condotta del successore, che ne ha deliberato la vendita ad un prezzo vile di appena €. 130.000,00, nonostante il vantaggioso acquisto al prezzo di €.400.000,00 rispetto al suo reale valore di €. 650.000,00, eseguito poco tempo prima ».
La perdita non poteva essere riconducibile unicamente all’operato RAGIONE_SOCIALE‘ex COGNOME, quanto meno, ma anche a quello del nuovo CRAGIONE_SOCIALE., che aveva venduto il compendio « a prezzo irrisorio ».
7.3. Questa Corte (Cass. VI 4770/23) ha chiarito che « la rilevabilità d’ufficio del concorso di colpa RAGIONE_SOCIALEa vittima di un fatto illecito, di cui all’art. 1227, comma 1, c.c., non è incondizionata, dovendo coordinarsi con gli oneri RAGIONE_SOCIALE‘allegazione e RAGIONE_SOCIALEa prova; ne discende che la questione del concorso colposo è rilevabile d’ufficio, in primo grado, allorché risultino prospettati gli elementi di fatto dai quali sia desumibile la sussistenza d’una condotta colposa del danneggiato, che abbia concausato il danno e, in grado di appello, se in primo grado ne sia stato omesso il rilievo, ove la parte interessata abbia impugnato la sentenza che non ha provveduto sull’eccezione ovvero la abbia riproposta quando la questione sia rimasta assorbita ».
Non è ammissibile sollevare tale rilievo nella fase di legittimità se non nelle forme RAGIONE_SOCIALE‘impugnazione di specifico capo motivazionale RAGIONE_SOCIALEa sentenza di appello.
Ma, nella specie, si deduce, dalla stessa sentenza impugnata, che le convenute avevano invocato una riduzione del preteso danno,
riconducibile alla disposizione di cui al primo comma RAGIONE_SOCIALEo stesso art. 1227 c.c., a causa del comportamento del nuovo RAGIONE_SOCIALE. RAGIONE_SOCIALE‘associazione, lamentandosi che, se quest’ultimo avesse usato l’ordinaria diligenza e avesse portato a termine, in tutto o in parte, la ricostruzione di quanto demolito del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, avrebbe potuto ricavare dalla vendita non il prezzo, definito « vile », di €. 130.000,00, ma un prezzo maggiore.
E si deduce, in ricorso, come fosse risultato in causa che il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE era stato acquistato previa contrazione di un mutuo con la Banca RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE di €. 650.000,00, su perizia del valore RAGIONE_SOCIALEo stesso RAGIONE_SOCIALE per €. 672.000,00 (vd. pag. 24 CTU), e che quel mutuo in sede di transazione con la banca mutuante era stato estinto mediante pagamento RAGIONE_SOCIALEa somma di €. 130.000,00, rispetto al residuo dovuto di €. 586.379,71 (« vd. Comunicazioni Unicredit 6/5/2016 e Do Bank 20/10/2016 e 3/11/2016, prodotte ex adverso con i docc. 28, 30, 31 e 32 fasc. primo grado RAGIONE_SOCIALE, che si allegano sub. lett. E del fascicoletto per motivi di autosufficienza, doc. 3 »). Conseguenza ne è, si denuncia, che l’associazione in ordine al costo sostenuto per il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE mediante l’accensione del mutuo « ha avuto una riduzione pari ad €. 456.379,71 (€. 586.379,71 -€. 130.000,00) » di cui si lamenta che si sarebbe dovuto tener conto in sede di quantificazione del preteso danno.
7.4. Orbene, la motivazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata, in ordine alla liquidazione del danno patrimoniale riconosciuto spettante all’associazione non riconosciuta, è in effetti del tutto carente.
A fronte RAGIONE_SOCIALEe doglianze mosse dalle appellanti anche in punto di quantum liquidato in primo grado, nella considerevole cifra, in linea capitale, di complessivi € 663.628,00, la Corte territoriale non ha risposto in modo esaustivo e chiaro.
Nell’appello, si deduceva, in punto di necessità di liquidazione di un « danno-conseguenza » ex art.1223 c.c. (pagg.3435 RAGIONE_SOCIALE‘atto di
appello), che: a) alcun danno era derivato dall’acquisto, nel 2004, RAGIONE_SOCIALE‘immobile sede RAGIONE_SOCIALE‘associazione, in quanto, anzi, un « ritorno compensa tivo» lo si era avuto per il prezzo vantaggioso al quale era stato ceduto dalla Cassa di Risparmio di RAGIONE_SOCIALE e comunque il valore del bene si era incrementato nel corso degli anni; b) di per sé la « distrazione » per utilizzo parziale del fondo mutualistico, ai fini RAGIONE_SOCIALE‘acquisto RAGIONE_SOCIALEa sede RAGIONE_SOCIALE‘associazione, non implicava un danno patrimoniale; c) quanto al contestato RAGIONE_SOCIALE acquistato nel 2007-2008, esso aveva un valore rilevante, come da perizia RAGIONE_SOCIALEa banca in sede di istruttoria per la concessione del mutuo, era stato acquistato ad € 400.000,00, prezzo inferiore al valore di mercato stimato, e comunque era stato venduto, a seguito di demolizioni (« svenduto » secondo le appellanti), al prezzo di € 130.000,00 dal nuovo RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘associazione, corrispondente al valore del mutuo residuo, ridotto dalla banca mutuante in via transattiva; d) le spese per la ristrutturazione erano rimaste prive di evidenza contabile (come confermato dalla consulente tecnica d’ufficio in primo grado) e quindi non potevano essere conteggiate come voce di danno.
A fronte di tali specifiche censure, la Corte d’appello si è limitata ad affermare che si doveva imputare al COGNOME non solo l’incauto acquisto di compendio immobiliare in violazione RAGIONE_SOCIALEe norme statutarie e regolamentari, nel difetto di adeguata copertura economica in prospettiva già ex ante , ma anche la demolizione RAGIONE_SOCIALEe opere murarie nel difetto di risorse idonee a garantirne la successiva ricostruzione, e il grave decremento di valore che aveva imposto la vendita alla cifra di € 130.000,00, onde evitare un aggravamento RAGIONE_SOCIALEa posizione debitoria e che non assumeva alcun rilievo l’abbattimento dei costi di finanziamento iniziali, neppure considerati in sede di quantificazione del danno.
La motivazione risulta sul punto gravemente carente, in quanto non spiega le ragioni del rigetto RAGIONE_SOCIALEe censure mosse dalle appellanti sul quantum debeatur liquidato in primo grado.
Come chiarito dalle Sezioni Unite (Cass. S.U. 22232/2016), « La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo”, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento RAGIONE_SOCIALEa decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture » (Cass. 6758/2022).
Per tutto quanto sopra esposto, vanno accolti i motivi primo, secondo, ottavo, nono e decimo del ricorso, inammissibili o infondati i restanti, e va cassata la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, in diversa composizione.
Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione RAGIONE_SOCIALEe spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie i motivi primo, secondo, ottavo, nono e decimo del ricorso, inammissibili o infondati i restanti, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, in diversa composizione, anche in punto di liquidazione RAGIONE_SOCIALEe spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del 10 giugno 2025.