SENTENZA CORTE DI APPELLO DI ANCONA N. 1327 2025 – N. R.G. 00000931 2024 DEPOSITO MINUTA 31 10 2025 PUBBLICAZIONE 31 10 2025
LA CORTE D’APPELLO DI ANCONA
PRIMA SEZIONE CIVILE
Il Giudice istruttore designato, nella causa civile in grado di appello iscritta al nr. 466NUMERO_DOCUMENTO R.G.;
visto il deposito di note telematiche ex art. 127 ter c.p.c.; visti gli artt. 281 sexies e 350 bis c.p.c.;
P.Q.M.
Trattiene la causa in decisione dinanzi la Collegio.
Ancona,
Il Giudice istruttore
AVV_NOTAIOssa NOME COGNOME
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DI APPELLO DI ANCONA
REPUBBLICA ITALIANA PRIMA SEZIONE CIVILE
Riunita in camera di consiglio con l’intervento dei sigg. magistrati
AVV_NOTAIOssa NOME COGNOME Presidente
Rel.
AVV_NOTAIOssa NOME COGNOME Consigliere
AVV_NOTAIO NOME COGNOME Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nella causa civile in grado di appella iscritta al n. NUMERO_DOCUMENTO del RAGIONE_SOCIALE generale per gli affari contenziosi dell’anno 2024 e promossa
DA
, nato a Porto San Giorgio (FM) il DATA_NASCITA e residente in INDIRIZZO INDIRIZZO, c.f. in proprio e quale già socio della estinta società RAGIONE_SOCIALE , con sede legale in INDIRIZZO, cod. fisc. / P.IVA , cancellata formalmente dal registro delle imprese in data 22/07/2022, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO unitamente e disgiuntamente dall’AVV_NOTAIO del Foro di Macerata, elettivamente domiciliati presso lo studio dell’AVV_NOTAIO in INDIRIZZO C.F. P.
APPELLANTE
CONTRO
, c.f. , nato a Macerata il DATA_NASCITA e residente in INDIRIZZO, quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO del foro di Macerata C.F.
APPELLATO
E NEI CONFRONTI DI
RAGIONE_SOCIALE , con sede legale in INDIRIZZO, cod. fisc. / P.IVA in persona del curatore speciale nominato nel procedimento di primo grado, AVV_NOTAIO; P.
APPELLATA contumace
Oggetto: appello avverso la sentenza n. 952 del Tribunale di Macerata pubblicata in data 15/11/2023 e in materia di ripetizione di indebito .
Conclusioni: come da note di trattazione scritta.
RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con la sentenza gravata, il Tribunale di Ancona ha respinto con diverse formule le domande di che quale socio al 95%, ha evocato in giudizio, con atto di citazione del 13 maggio 2022, il socio amministratore per accertare e dichiarare la responsabilità nella sua qualità di amministratore della società e condannarlo a favore della società della somma di euro 48.038,45 quale importo riportato dall’avviso di accertamento n NUMERO_DOCUMENTO e nei confronti di della somma di € 23 . 298,26 importo riportato dell’avviso di accertamento NUMERO_DOCUMENTO, per un totale di euro 71.336,71.
L’attore aveva sostenuto che il amministratore della si era reso gravemente inadempiente omettendo dal 2017 di curare gli adempimenti per l’approvazione dei bilanci e la dichiarazione dei redditi della società, finché la società ed il socio venivano attinti dai due avvisi di accertamento, uno relativo alle imposte evase dalla società, l’altro relativo agli utili presuntivi distribuiti al socio che a seguito degli avvisi era emersa la condotta gravemente inadempiente dell’amministratore del resto da egli ammessa nel corso di assemblea societaria, ad esito della quale assumeva l’impegno di rifondere alla società e dal socio i danni cagionati e in particolare di effettuare entro cinque giorni dalla sottoscrizione del verbale versamenti sul conto corrente della società e sul conto corrente del socio, tali da coprire i debiti cristallizzati negli avvisi di accertamento notificati. Co
L’avviso di accertamento nei confronti della società, relativo alla omessa dichiarazione ai fini imposte dirette ed iva per l’anno fiscale 2017, pur in presenza di operRAGIONE_SOCIALE attive comunicate ai clienti e di costi deducibili, ricostruiva il reddito ai sensi dell’art. 41 DPR 600/1973 per circa €. 46.000,00, calcolava quanto dovuto per IIDD ed IVA ed applicava interessi e sanzioni.
L’avviso di accertamento nei confronti del socio provvedeva a rideterminare l’irpef, sulla presunzione di distribuzione degli utili , applicando altresì sanzioni ed interessi.
Il rimaneva contumace; la società veniva posta in liquidazione, con la nomina del COGNOME quale liquidatore, in data 30 giugno 2022; il giudizio di prime cure si interrompeva per la cancellazione della società dal registro delle imprese in data 22 luglio 2022; veniva quindi riassunto.
Il Tribunale di prime cure, rilevato che aveva agito in surroga della società con atto notificato in data 13 maggio 2022, che la società, in data 30 giugno 2022 era stata posta in scioglimento e liquidazione, e quindi cancellata dal registro in data 22 luglio 2022 con approvazione del verbale di liquidazione, riteneva che i danni della società spettassero esclusivamente alla stessa, ora cancellata, che il avrebbe dovuto in sede di approvazione del bilancio di liquidazione opporsi, facendo valere la delibera e pretendendone l’applicazione , che il socio avrebbe potuto opporsi all’avviso di accertamento contrastando la presunzione di distribuzione di utili, che il avrebbe potuto denunciare il per appropriazione indebita; per quanto riguarda l’azione di responsabilità esperita nei confronti del riteneva che non fosse prova sufficiente la confessione stragiudiziale dell’amministratore contenuta nel verbale di assemblea del 20 aprile 2022, ‘non costituendo la confessione stragiudiziale piena prova della responsabilità diretta, anche perché indebolita dalla rinnovata fiducia che l’assemblea ha implicitamente riconosciuto all’amministratore unico lasciandolo al suo posto e approvando il successivo bilancio di liquidazione necessario per l’estinzione.’
proponeva appello avverso la sentenza, prospettando le doglianze in seguito indicate.
si costituiva ammettendo i fatti ad esso contestati e chiedendo l’accoglimento dell’appello, mentre non si costituiva l’estinta società che pertanto va dichiarata contumace ; l’appellante deferiva giuramento decisorio nei confronti di ; il giuramento veniva ammesso dal Collegio con ordinanza del 11.03.2025 e con rinvio per l’espletamento dell’incombente all’udienza del 16.09.2025; a tale udienza, celebrata dal giudice istruttore delegato, il non si presentava, sicchè il giuramento deferito non veniva reso.
Ritenuta la causa matura per la decisione veniva rinviata ai sensi degli artt. 350 bis e 281 sexies all’udienza del 27.10.2025 con termine per memorie conclusionali.
L ‘appellante censura la sentenza impugnata :
nella parte in cui il Tribunale ha dichiarato che i danni della società spettano esclusivamente alla stessa, ora cancellata, così ritenendo l’inammissibilità dell’azione spiegata dal quale soci o della Next e l’inammissibilità ‘per carenza di potere’ della riassunzione operata dal medesimo per la società estinta per cancellazione, argomentando circa la violazione dell’art. 2476 c.c.; argomenta l’appellante che, a seguito della estinzione della società, nelle more del procedimento di primo grado, era pienamente legittimato nell’intervenire nel giudizio di primo grado, in prosecuzione della società estintasi, quale ex socio al 95% della RAGIONE_SOCIALE, essendo titolare di interesse per ottenere il risarcimento dei danni causati dal sig. al patrimonio societario, in ogni caso per il 95% di sua proprietà.
nella parte in cui il Tribunale ha dichiarato che il danno lamentato dall’appellante sarebbe una conseguenza indiretta della responsabilità dell’amministratore, per violazione dell’art. 2476 comma 7 c.c. in ordine alla responsabilità per mala gestio dell’amministratore del sig. nei confronti del socio ; ricorda di avere agito per il risarcimento del danno relativo al recupero a tassazione portato l’avviso di accertamento n.
NUMERO_DOCUMENTO/2022, relativo al pagamento della somma di € 23.298,26 per imposte non corrisposte per l’anno 2017; allega che l’accertamento dell’ RAGIONE_SOCIALE delle Entrate è collegabile alla mala gestio del quale amministratore, avendo omesso di presentare la dichiarazione IREs e la dichiarazione IVA;
nella parte in cui il Tribunale ha imputato al l’omessa impugnazione dell’avviso di accertamento emesso nei suoi confronti , il riconoscimento dell’operato dell’ amministratore unico nominato liquidatore, approvando il successivo bilancio di liquidazione necessario per l’estinzione , la carenza probatoria quanto al danno per non avere depositato documentazione bancaria relativa al proprio conto corrente; allega che
il Tribunale di prime cure ha ragionato per presunzioni disancorate dalle prove versate in atti, ignorando la confessione stragiudiziale resa dal argomenta che ai fini della prova del danno è sufficiente l’avviso di accertamento emesso a suo carico ; insiste sul valore probatorio della confessione stragiudiziale resa dal nel verbale di assemblea del 20 aprile 2022.
L’appello è parzialmente fondato.
E’ stato ritualmente deferito al il seguente giuramento decisorio:
Giuro e giurando affermo o nego essere vero che, nella mia qualità di amministratore unico della società RAGIONE_SOCIALE, a partire dall’anno 2017, ho omesso ed ignorato tutti gli incombenti di mia competenza, prescritti dalla normativa civile, commerciale, tributaria e fiscale;
Giuro e giurando affermo o nego essere vero che, nella mia qualità di amministratore unico della società RAGIONE_SOCIALE, ho omesso di presentare il bilancio d’esercizio per gli anni 2017, 2018, 2019, 2020 e 2021 e la contestuale dichiarazione dei redditi ai fini delle imposte dirette ed IVA della società da me amministrata;
Giuro e giurando affermo o nego essere vero che, nella mia qualità di amministratore unico della società RAGIONE_SOCIALE, ho taciuto al sig. , socio della RAGIONE_SOCIALE, che dall’aprile 2017 la commercialista dott.ssa aveva receduto dall’incarico ricevuto relativo alla consulenza contabile e fiscale per la società RAGIONE_SOCIALE ed in seguito non mi sono mai preoccupato di nominare un nuovo consulente che registrasse la contabilità e predisponesse gli adempimenti fiscali dovuti per legge;
Giuro e giurando affermo o nego essere vero che, nella mia qualità di amministratore unico della società RAGIONE_SOCIALE, dal 2017 ho utilizzato la società, le risorse finanziarie della stessa e qualunque altra utilità sociale per scopi personali, escludendo ed estromettendo il socio da qualsiasi atto di verifica e/o gestione;
Giuro e giurando affermo o nego essere vero che, nella mia qualità di amministratore unico della società RAGIONE_SOCIALE, ho gestito sempre in assoluta autonomia il conto corrente intestato alla società ed acceso presso la Banca Carifermo filiale di Porto
Sant’Elpidio c.c. n.0200072740, utilizzando tutte le somme transitate nell’anno 2017 anche per scopi personali ed estranei all’oggetto sociale;
6) Giuro e giurando affermo o nego essere vero che, nella mia qualità di amministratore unico della società RAGIONE_SOCIALE, a partire dall’anno 2018, non ho più operato a nome della società, lasciandola inattiva e facendo credere al socio sig. che la società operasse regolarmente;
7) Giuro e giurando affermo o nego essere vero che, nell’assemblea societaria della RAGIONE_SOCIALE tenutasi il 20/04/2022, quale amministratore della stessa, riconoscevo la mia totale responsabilità per i danni causati alla società ed ai soci per i miei inadempimenti quale amministratore, e mi impegnavo a risarcire alla società ed ai soci tutti i danni che sarebbero derivati dal mio inadempimento, effettuando entro 5 giorni dalla data dell’assemblea un versamento in conto ripianamento perdite e fondo perduto, direttamente sul conto corrente della società e sul conto corrente del socio
;
8) Giuro e giurando affermo o nego essere vero che, ho totalmente omesso di effettuare il versamento in conto ripianamento perdite e fondo perduto, rendendomi inadempiente rispetto a quanto mi ero impegnato a fare nell’assemblea societaria del 20/04/2022.
L’appellato a cui il giuramento è stato deferito non si presentato a renderlo all’udienza all’uopo fissata .
Va tuttavia revocata l’ammissione del giuramento, res melius perpensa, atteso che l’ordinanza ammissiva del giuramento decisorio può essere revocata anche dopo la prestazione dello stesso se il giudice si convinca che non sussistevano le condizioni per il suo deferimento, senza che assuma rilevanza il contegno processuale delle parti, in quanto trattasi di mezzo istruttorio per il quale la legge pone condizioni di ammissibilità non derogabili dalle parti e dunque non rimesse alla loro disponibilità. (Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 22805 del 28 ottobre 2014)
Va infatti richiamata Cass. civ. n. 39/2011 secondo cui È inammissibile il deferimento del giuramento decisorio ove la formulazione delle circostanze non porti, in caso di
ammissione dei fatti rappresentati, automaticamente all’accoglimento della domanda ma richieda una valutazione di tali fatti da parte del giudice di merito (conf. Corte di Cassazione ordinanza n. 1551/2022, secondo cui il giuramento è inammissibile quando, in caso di ammissione dei fatti rappresentati, la formulazione delle circostanze non conduca all’accoglimento della domanda ma richieda comunque una valutazione dei fatti da parte del giudice di merito).
Occorre infatti rilevare che i capitoli, relativi a specifiche condotte poste in essere o omesse dal quale amministratore della RAGIONE_SOCIALE, sono relativi a circostanze che non comportano, anche se ammessi, il riconoscimento della responsabilità ex art. 2476 c.c., ma richiedono una valutazione ai fini del riconoscimento dell’addebito; ai sensi dell’art. 2476 c.c., gli amministratori di RAGIONE_SOCIALE sono responsabili verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza dei doveri ad essi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo per l’amministrazione della società , ma la violazione degli obblighi è presupposto necessario, ma non sufficiente per affermarne la responsabilità risarcitoria, occorrendo provare l’esistenza del danno subìto dalla società e la riconducibilità causale di detto danno alla condotta omissiva o commissiva degli amministratori.
In punto di diritto va ricordato che ai sensi dell’ art. 2476 c.c., gli amministratori devono adempiere i doveri ad essi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze; essi sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza di tali doveri. L’azione sociale di responsabilità si configura, secondo il costante insegnamento della dottrina e della giurisprudenza di legittimità, come un’azione risarcitoria volta a reintegrare il patrimonio sociale in conseguenza del suo depauperamento cagionato dagli effetti dannosi provocati dalle condotte (dolose o colpose) degli amministratori, poste in essere in violazione degli obblighi su di loro gravanti in forza della legge e delle previsioni dell’atto costitutivo ovvero dell’obbligo generale di vigilanza o dell’altrettanto generale obbligo di intervento preventivo e successivo. In tale contesto per gli amministratori di una società a responsabilità limitata, al pari di quelli delle società per RAGIONE_SOCIALE, è richiesta non la generica diligenza del mandatario, cioè quella tipizzata nella figura dell’uomo medio, ma quella desumibile in relazione alla natura
dell’incarico ed alle specifiche competenze, cioè quella speciale diligenza prevista dall’art. 1176, 2° comma, c.c. per il professionista.
La natura contrattuale della responsabilità degli amministratori e dei sindaci verso la società comporta che questa ha soltanto l’onere di dimostrare la sussistenza delle violRAGIONE_SOCIALE ed il nesso di causalità fra queste ed il danno verificatosi, mentre incombe sugli amministratori ed i sindaci l’onere di dimostrare la non imputabilità a sé del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli addebiti contestati, dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi loro imposti (Cass. civ. Sez. 1, Sent. n. 22911 del 11/11/2010).
Invero, merita di essere evidenziato che spetta all’attore l’onere dell’allegazione e della prova, sia pure mediante presunzioni, dell’esistenza di un danno concreto, cioè del depauperamento del patrimonio sociale e della riconducibilità della lesione al fatto dell’amministratore inadempiente, quand’anche cessato dall’incarico.
In ciò appunto consiste il danno risarcibile, che è un quid pluris rispetto alla condotta asseritamente inadempiente e, in difetto di tale allegazione e prova, la domanda risarcitoria mancherebbe, infatti, di oggetto (cfr. Cass. civ., sez. III, 18 marzo 2005, n. 5960 secondo la quale sia nell’ipotesi di responsabilità extracontrattuale, sia in quella di responsabilità contrattuale, spetta al danneggiato fornire la prova dell’esistenza del danno lamentato e della sua riconducibilità al fatto del debitore).
Ai sensi del terzo comma dell’art. 2476 c.c. l’azione di responsabilità può essere proposta direttamente dai singoli soci; il ha quindi agito in veste di sostituto processuale della società ex art. 81 c.p.c., e, a seguito della estinzione della società perché cancellata dal registro delle imprese, ha conservato la propria legittimazione processuale in virtù del fenomeno successorio tipico della fattispecie.
Se in pendenza del giudizio ex art. 2476 c.c. la società viene cancellata dal Registro delle imprese, sono i soci a restare le uniche parti del giudizio, sia in proprio, sia quali successori a titolo universale della società, verificandosi la loro successione nei crediti sociali, ivi compreso il diritto al risarcimento del danno ex art. 2476 c.c..
Nè può ritenersi che il credito controverso, esistente al momento della cancellazione, sia rinunciato. La Corte di Cassazione, Sezioni Unite, con la sentenza n. 19750 depositata il 16 luglio 2025, intervenendo in tema di crediti non incassati dalla società che nelle more si è estinta a seguito della cancellazione dal registro delle imprese, ha stabilito, risolvendo un contrasto giurisprudenziale, il principio di diritto secondo cui ‘L’estinzione della società, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non comporta anche l’estinzione dei crediti della stessa, i quali costituiscono oggetto di trasferimento in favore dei soci, salvo che il creditore abbia inequivocamente manifestato, anche attraverso un comportamento concludente, la volontà di rimettere il debito, comunicandola al debitore, e sempre che quest’ultimo non abbia dichiarato, in un congruo termine, di non volerne profittare: a tal fine, non risulta tuttavia sufficiente la mancata iscrizione del credito nel bilancio di liquidazione, la quale non giustifica di per sé la presunzione dell’avvenuta rinunzia allo stesso, incombendo al debitore convenuto in giudizio dall’ex -socio, o nei confronti del quale quest’ultimo intenda proseguire un giudizio promosso dalla società, l’onere di allegare e provare la sussistenza dei presupposti necessari per l’estinzione del credito’ . Già in precedenza Cass., Sez. I, 22/05/2020, n. 9464 aveva statuito che in tema di cancellazione volontaria, l’estinzione della società, ove intervenuta in pendenza di un giudizio dalla stessa originariamente intrapreso, non determina anche l’estinzione della pretesa azionata, salvo che il creditore abbia manifestato, anche attraverso un comportamento concludente, la volontà di rimettere il debito, comunicandola al debitore e sempre che quest’ultimo non abbia dichiarato, in un congruo termine, di non volerne profittare ;
Nel caso di specie, non vi sono i presupposti per ritenere che la pretesa risarcitoria vantata nei confronti del sia stata implicitamente rinunciata, attesa la condotta processuale del socio succeduto ed atteso che, come si è sopra specificato, il chiamato a rispondere per mala gestio come amministratore della società estinta , quale debitore convenuto non solo non ha allegato l’estinzione del cred ito, ma anzi ne ha riconosciuto l’esistenza , giungendo ad affermare nella comparsa di risposta che le deduzioni dell’appellante ‘sono assolutamente vere’.
Del resto la richiesta anticipata, da parte del liquidatore, di cancellazione della società, senza aver atteso l’esito del giudizio di responsabilità promosso dal , non può equivalere ad un comportamento di rinuncia al credito, atteso che secondo quanto emerge dalla sentenza gravata, l’ufficio di liquidatore è stato assunto proprio dal ossia da colui che risultava chiamato a rispondere nei confronti della società, che quindi ha provveduto alla cancellazione dal registro delle imprese per propria convenienza personale.
Nel caso di specie, la specifica condotta contestata al quale amministratore della è quella appunto di avere omesso gli adempimenti fiscali dell’anno 2017, con ciò ponendo le condizioni per l’irrogazione dell’avviso di accertamento a carico della società e del socio .
L’addebito risulta provato quale accadimento storico, in virtù: – delle dichiarRAGIONE_SOCIALE rese dal all’assemblea del 20 aprile 2022; – di quanto emerge dall’avviso di accertamento n NUMERO_DOCUMENTO elevato a carico della società, che certifica l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi e della dichiarazione IVA per l’anno fiscale 2017; – infine, della ammissione effettuata dall’appellato costituitosi nel presente grado.
In particolare è provato che il ha omesso la presentazione della dichiarazione ai fini II.DD. ed IVA per l’anno 2017, pur in presenza di operRAGIONE_SOCIALE attive comunicate dai clienti sulla base dello ‘spesometro’ integrato ex art.21 DL 78/2010.
La condotta omissiva va qualificata come contraria ed in violazione di doveri imposti dalla legge, atteso che gli artt. 2478 e 2478 bis c.c. impongono all’amministratore d RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE la regolare tenuta delle scritture contabili, nonché la presentazione del bilancio e l’espletamento degli incombenti fiscali che ne conseguono; l’obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi e della dichiarazione iva è inoltre sanzionato penalmente, salvo il limite dell’imposta evasa.
E’ evidente poi che entrambi gli accertamenti tributari siano direttamente ricollegabili alla condotta omissiva dell’amministratore inadempiente , atteso che il maggior reddito
determinato a carico del socio deriva, a cascata, dalla presunzione di distribuzione degli utili extrabilancio.
Tuttavia, quanto al preteso danno della società, allo stato non è neppure ipotizzabile il depauperamento del patrimonio sociale.
Nelle more del giudizio, come detto, la società è stata posta in liquidazione e cancellata dal registro delle imprese. Il debito tributario si è quindi trasferito ai soci.
Ai sensi dell’art. 2495 c.c., con l’iscrizione nel Registro delle Imprese della cancellazione della società, quest’ultima si estingue ; ai sensi del comma 3 c.c., Ferma restando l’estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi.
L’art. 28 comma 4 D.lgs. n. 175/2014 prevede che ‘ai soli fini della validità e dell’efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi, contributi, sanzioni e interessi, l’estinzione della società di cui all’art. 2495 c.c. ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione dal registro delle imprese’.
L’art. 36 DPR n. 602/73, modificato dal D.lgs. n. 175/2014, prevede che i liquidatori ‘che non adempiono all’obbligo di pagare, con le attività della liquidazione le imposte dovute per il periodo dalla liquidazione medesima e per quelli anteriori rispondono in proprio del pagamento delle imposte se non provano di aver soddisfatto i crediti tributari anteriormente all’assegnazione di beni ai soci o associati, ovvero di aver soddisfatto crediti di ordine superiori a quelli tributari. Tale responsabilità è commisurata all’importo dei crediti d’imposta che avrebbero trovato capienza in sede di graduazione dei crediti’.
Sempre ai sensi dell’art. 36 DPR n. 602/73, i soci rispondono per il pagamento delle imposte se, ‘nel corso degli ultimi due periodi d’imposta precedenti alla messa in liquidazione’ abbiano ricevuto ‘denaro o altri beni sociali in assegnazione’ dagli
amministratori o abbiano avuto in assegnazione ‘beni sociali’ dai liquidatori ‘durante il tempo della liquidazione’.
Inoltre ai fini della configurabilità della responsabilità dei soci per un debito tributario della società estinta, l’avvenuta riscossione di somme da parte degli stessi in base al bilancio finale di liquidazione integra una condizione dell’azione attinente non già alla legittimazione dei soci, ma all’interesse ad agire del fisco, che l’Amministrazione finanziaria è tenuta a dedurre con apposito avviso di accertamento emesso nei confronti dei soci, ai sensi dell’art. 36, comma quinto del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 e dell’art. 60 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e del quale ha l’onere di fornire la prova in giudizio (cfr. , Sez. Un., 12/02/2025, n. 3625).
Pertanto la società estinta, pur destinataria dell’avviso di accertamento, non può essere destinataria di atti di riscossione, perché questi potranno essere effettuati nei confronti alternativamente, del liquidatore, ovvero del socio nei limiti di quanto da esso percepito sulla base del bilancio finale di liquidazione e di quanto eventualmente ricevuto nel corso degli ultimi due periodi di imposta.
Tuttavia nel presente giudizio non vi è allegazione e prova della circostanza che il abbia ricevuto in assegnazione beni o riscosso somme di denaro della società, non essendo stato depositato agli atti il bilancio di liquidazione finale, ai sensi dell’art. 2495, comma 3 c.c., non essendo state depositati documenti contabili attestanti la ricezione di somme erogate dalla società nei due anni precedenti la liquidazione; sicchè allo stato non vi è prova del danno patrimoniale (che in ipotesi potrebbe non sussistere affatto in assenza totale di poste attive nel bilancio di liquidazione).
Diverse considerRAGIONE_SOCIALE vanno fatte con riguardo all’avviso di accertamento che ha colpito l’appellante, destinatario della pretesa erariale basata sulla presunzione della distribuzione di utili extracontabili.
Nel caso di specie il gravame è fondato, nella parte in cui aggredisce la pronuncia di prime cure ove imputa all’attore colpito dall’accertamento fiscale il non avere tentato, attraverso il ricorso in sede di giustizia tributaria, di vincere la detta presunzione.
In primo luogo, non essendo il l’amministratore della società, non avrebbe potuto proporre ricorso tributario per contestare l ‘accertamento del maggior reddito in capo alla
Inoltre, l’accertamento di maggiori ricavi o di costi fittizi in capo a una società di capitali a ristretta base partecipativa è di per sé sufficiente a far presumere l’esistenza di un maggior reddito imponibile distribuito ai soci. L’onere di dimostrare il contrario, ovvero che tali somme siano state accantonate o reinvestite, grava interamente sul socio, essendo invertito l’onere della prova (Cass. n. 10669/2022; Cass. n. 33976/2019). E la prova è particolarmente ardua dovendo il socio dimostrare l’effettivo reimpiego degli utili extrabilancio, attraverso documentazione contabile idonea a dimostrare chi ha effettivamente percepito gli utili ovvero che le somme sono state utilizzate per investimenti aziendali o accantonate in apposite riserve di bilancio.
Non può quindi imputarsi al di avere cagionato il danno a se stesso, ai sensi dell’art. 1227 comma 2 c.c., per non avere intrapreso un giudizio tributario oneroso e dall’esito incerto.
Va per contro riconosciuto il nesso causale fra la condotta omissiva, come provata, tenuta dal che ha creato le premesse fattuali e giuridiche per l’avviso di accertamento.
In riforma pertanto dell’impugnata sentenza, l’appello va parzialmente accolto e va condannato al pagamento in favore di , della somma di €. 23.298,26, su cui non possono essere riconosciuti gli interessi legali in assenza di specifica domanda.
Le spese del giudizio vanno integralmente compensate, in considerazione del parziale accoglimento della domanda secondo l’esito finale della lite, della condotta collaborativa dell’appellato, ed infine in considerazione della condotta gravemente negligente tenuta dal che per anni si è disinteressato dell’andamento della società, non allarmandosi per le mancate convocRAGIONE_SOCIALE annuali alle assemblee per l’approvazione dei bilanci, e limitandosi raccogliere insufficienti rassicurRAGIONE_SOCIALE sull’andamento degli affari sociali dal socio amministratore.
P.Q.M.
La Corte di Appello di Ancona, definitivamente pronunciando sull’appello promosso da
contro
, così provvede:
1)
Accoglie l’appello e per l’effetto, in parziale riforma della sentenza gravata
2)
Condanna
al pagamento in favore di
della somma
di €. 23.298,26;
compensa fra le parti le spese di lite del grado di giudizio;
Ancona, così deciso il 27.10.2025
Il Presidente est.
AVV_NOTAIOssa NOME COGNOME