Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 9740 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 9740 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/04/2024
sul ricorso 29825/2020 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO, presso l’AVV_NOTAIO, dal quale è rappres. e difeso, per procura speciale in atti;
-ricorrente –
-contro-
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappres. p.t., elett.te domic. in RAGIONE_SOCIALE, alla INDIRIZZO, presso l’AVV_NOTAIO, dal quale è rappres. e difeso, per procura speciale in atti;
-controricorrente-
avverso la sentenza del la Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE , n. 3382/2024, pubblicata in data 21.05.2024;
udita la relazione RAGIONE_SOCIALE causa svolta nella camera di consiglio del 30.01.2024 dal Cons. rel., AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
Con sentenza del 2007 il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE accoglieva la domanda RAGIONE_SOCIALE curatela del fallimento RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, nei confronti di NOME COGNOME, quale amministratore RAGIONE_SOCIALE società, condannando quest’ultimo al pagamento RAGIONE_SOCIALE somma di euro 35.920,44, a titolo risarcitorio, per il danno arrecato alla stessa società, quale differenza tra le passività del bilancio del 1996 (detratto l’attivo rilevato nel bilancio del 1998) e l’ammontare RAGIONE_SOCIALE passività ammesse nella procedura fallimentare.
Al riguardo, il Tribunale osservava che: era da respingere anzitutto l’eccezione di prescrizione, dato che l’attore si era avvalso RAGIONE_SOCIALE sospensione di cui all’art. 2941 n.7, c .c., in relazione alla decorrenza del termine di cui all’art. 2394 c .c. ; era fondato l’addebito relativo alla prosecuzione dell’attività sociale dopo la verificazione RAGIONE_SOCIALE causa di scioglimento sociale consistita nell’accumularsi di perdite superiori al terzo del capitale sociale- in violazione degli artt. 2447 e 2449, c.c.trattand osi di attività esuberante rispetto all’unica finalità ormai conseguibile (la liquidazione dell’ente, in mancanza di reintegra del capitale); l’azione di responsabilità era da intendere intrapresa sia quale azione sociale, sia a tutela dei creditori sociali; in particolare, era emersa l’impossibilità di ricostruire la contabilità sociale a causa del mancato deposito dei bilanci tra il 1999 e il 2003, e RAGIONE_SOCIALE mancata consegna RAGIONE_SOCIALE scritture contabili di cui all’art. 2214 c.c.
Con sentenza del 21.5.14, la Corte territoriale ha rigettato l’appello dello COGNOME, osservando che: l’appellante non aveva contestato il dato RAGIONE_SOCIALE perdite superiori al terzo desumibili dal bilancio 1996, limitandosi a sostenere che i debiti di cui aveva fatto cenno il Tribunale riguardavano situazioni pregresse, non inerenti alla prosecuzione dell’attività sociale; era stato dimostrato che i vari debiti formatisi tra il 1996 e il 1999 (di natura fiscale, per iva, irpeg e contributi inail)
costituivano indici univoci RAGIONE_SOCIALE suddetta prosecuzione, dopo il concretizzarsi RAGIONE_SOCIALE causa di scioglimento sociale, fatto non contestato dall’appellante; la decisione impugnata era sta ta pronunciata con adeguata motivazione, in conformità dei principi consolidati in giurisprudenza in ordine all’automatica operatività RAGIONE_SOCIALE suddetta causa di scioglimento sociale per il verificarsi di perdite eccedenti di oltre un terzo l’importo del capitale sociale; era infondato il motivo concernente la liquidazione del danno, in quanto la curatela aveva documentato lo stato passivo, sulla base dei decreti del giudice delegato.
NOME COGNOME ricorre in cassazione con quattro motivi. La curatela fallimentare resiste con controricorso, illustrato da memoria.
Il Procuratore Generale ha depositato requisitoria, concludendo per l’inammissibilità del ricorso perché tardivamente proposto.
RITENUTO CHE
Il primo motivo denunzia violazione dell’art. 112 c.p.c., e omesso esame di fatto decisivo, nonché insufficiente, omessa e contraddittoria motivazione, per aver la Corte d’appello ritenuto sussistente la causa di scioglimento RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, per perdite eccedenti il terzo del capitale fin dal 1996 sebbene, come e videnziato nell’atto d’appello, la stessa Corte avesse riconosciuto corretti i dati del bilancio del 1997 dal quale si evincevano utili per lire 1.147.342 (somma portata in detrazione dalla somma risarcitoria liquidata per le differenze tra le perdite riportate nel bilancio del 1996 e le passività oggetto dello stato passivo).
Il ricorrente lamentava altresì l’erronea determinazione del danno risarcibile, come poi sarà esplicitato nei motivi secondo e terzo.
Il secondo motivo denunzia violazione degli artt. 2697 c.c., 112, 345, c.p.c., ed omesso esame di fatto decisivo (deducendo omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione) in ordine alla
determinazione del danno risarcibile, per aver la Corte d’appello, nel tener conto RAGIONE_SOCIALE passività incluse nello stato passivo, conteggiato due provvedimenti d’ammissione tardiva che non erano stati allegati in primo grado, ma prodotti inammissibilmente in appello.
Al riguardo, il ricorrente assume che: la curatela fallimentare aveva posto a base RAGIONE_SOCIALE citazione la somma di euro 80.000,00- quale probabile passivo d el fallimento ‘ quale risulterà all’esito dell’insinuazione tardiva dell’RAGIONE_SOCIALE ‘, sulla base di avviso d’accertamento e liquidazione notificato al curatore, e di euro 13.665,09 ‘ pari al passivo fino ad oggi accertato ‘ (salve ammissioni tardive); alla data RAGIONE_SOCIALE comparsa conclusionale, l’unica somma ammessa al passivo era quella suddetta di euro 13.665,09, non risultando invece ammissioni tardive dell’RAGIONE_SOCIALE, ‘ pendendo un accertamento in sede tributaria, definito il quale sarà proposta domanda tardiva dal Fisco ‘ – come scritto nella comparsa conclusionale del fallimento-; la Co rte d’appello erroneamente aveva sia ritenuto non contestata la modalità di liquidazione del danno risarcibile, sia ritenuto depositate nel fascicolo di primo grado le due domande ex art. 101 l.f., depositate invece in appello.
Il terzo motivo denunzia violazione dell’art. 112 c.p.c., e omesso esame di fatto decisivo (deducendo omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione), per non aver la Corte territoriale , nell’accogliere la domanda RAGIONE_SOCIALE curatela, pronunciato sull’istanza, pur subordinata, di riduzione RAGIONE_SOCIALE somma risarcitoria richiesta.
Il quarto motivo denunzia violazione dell’art. 112 c.p.c., per non aver la Corte d’appello deciso sul motivo d’impugnazione relativo alla decorrenza degli accessori, indicata in sentenza alla data del 17.10.95, anziché alla data RAGIONE_SOCIALE domanda, notificata nel 2005.
Il ricorso è inammissibile.
Preliminarmente, va disattesa l’eccezione di tardività del ricorso, sollevata dalla curatela controricorrente e nella requisitoria del Procuratore Generale.
Nella specie, il ricorso è invero tempestivo, essendo stata la sentenza di primo grado emessa nel 2007, per cui la domanda giudiziale di primo grado certamente precede il 4 luglio 2009.
Orbene, in tema di impugnazioni, la modifica dell’art. 327 c.p.c., introdotta dalla legge n. 69 del 2009, che ha sostituito il termine di decadenza di sei mesi dalla pubblicazione RAGIONE_SOCIALE sentenza all’originario termine annuale, è applicabile, ai sensi dell’art. 58, comma 1, RAGIONE_SOCIALE predetta legge, ai soli giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore e, quindi, dal 4 luglio 2009, restando irrilevante il momento dell’instaurazione di una successiva fase o di un successivo grado di giudizio (Cass., 06/10/2015, n. 19969; Cass., 06/10/2016, n. 20102). Detto ciò, i vari motivi sono inammissibili. Per cui, applicandosi, nella specie, il termine annuale, il ricorso è da ritenersi tempestivo.
Il primo e secondo motivo, esaminabili congiuntamente poiché tra loro connessi, deducono l’omesso esame di un fatto decisivo e l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, oltre alla violazione di diverse norme di legge. Orbene, mentre il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione non è più deducibile, attesa la novella dell’art. 460 n. 5 c.p.c., l’omesso esame non può tradursi – come nella specie – in una richiesta di riesame del merito.
Quanto alla violazione di legge (artt. 2697 c.c., 112 e 345 c.p.c.) il rilievo RAGIONE_SOCIALE violazione di tali norme, ai fini RAGIONE_SOCIALE erroneità RAGIONE_SOCIALE sentenza, non viene, tuttavia, specificato nella illustrazione RAGIONE_SOCIALE censure. Al riguardo, è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione
di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici o RAGIONE_SOCIALE risultanze istruttorie operata dal giudice di merito (Cass., 07/12/2017, n. 29404; Cass., 04/08/2017, n. 19547; Cass., 04/04/2017, 8758; Cass., 02/08/2016, n. 16056; Cass. Sez. U., 27/12/2019, n. 34476; Cass., 04/03/2021, n. 5987).
Inoltre, i suddetti motivi non colgono la ratio decidendi , adeguatamente motivata, incentrata sulla perdita di un terzo del capitale sociale fin dal 1996, e sulla violazione del divieto di compiere nuove operazioni, desumibile – per gli anni fino al 2001 – da una serie di risultanze documentali in atti, il cui esame è stato effettuato, con valutazione in fatto dalla Corte d’appello.
Circa la critica afferente alla tardiva produzione ai provvedimenti d’ammissione al passivo tardiv i in grado d’appello – in relazione alla violazione dell’art. 345 c .p.c.- essa è priva di autosufficienza, non avendo il ricorrente allegato quando e come avrebbe sollevato l’eccezione di tardività , considerando altresì che la C orte d’appello ha evidenziato l’ammontare dello stato passivo sulla scorta RAGIONE_SOCIALE domande tardive accolte.
Il terzo motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, non avendo il ricorrente riprodotto la comparsa conclusionale di controparte, che – a suo dire – conterrebbe la riduzione dell’originaria domanda proposta dal fallimento nei suoi confronti.
Il quarto motivo è parimenti inammissibile, perché censura una ratio decidendi, la decorrenza degli accessori, che non corrisponde alla statuizione impugnata, che concerne i « i meccanismi di rivalutazione e di attualizzazione del credito del fallimento ». Inoltre il motivo difetta di autosufficienza, perché non riporta il contenuto RAGIONE_SOCIALE sentenza di primo
grado in punto di decorrenza degli interessi, nulla desumendosi, al riguardo, dalla sentenza di appello.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento, in favore RAGIONE_SOCIALE parte controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio, che liquida nella somma di euro 5.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario RAGIONE_SOCIALE spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 30 gennaio 2024.