Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23963 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23963 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 27/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 30031-2022 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA N. 989/2022 DELLA CORTE D ‘ APPELLO DI VENEZIA, depositata il 6/5/2022;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘ adunanza in camera di consiglio del 26/6/2025;
FATTI DI CAUSA
1.1. Il RAGIONE_SOCIALE ha chiesto la condanna di NOME COGNOME nella qualità di amministratore della società fallita, al risarcimento dei danni cagionati a quest ‘ ultima, per l ‘importo complessivo di €. 667.976,79.
1.2. Il convenuto ha resistito alle domande, chiedendone il rigetto.
1.3. Il tribunale di Venezia, con sentenza dell ‘ 11/7/2019, ha, in parte, accolto le domande del Fallimento ed ha, per l ‘ effetto, condannato il convenuto al pagamento della somma di €. 299.838,98, oltre interessi e rivalutazione.
1.4. NOME COGNOME ha proposto appello avverso la sentenza del tribunale deducendo che: – il Fallimento aveva esercitato un ‘ azione di responsabilità extracontrattuale ai sensi dell ‘ art. 2394 c.c. per inosservanza degli obblighi inerenti la conservazione dell ‘ integrità del patrimonio sociale che avrebbe determinato una lesione della par condicio creditorum ; – le condotte ritenute dal Fallimento come ‘ compensazioni e pagamenti preferenziali ‘ avrebbero potuto qualificarsi come tali solo se poste in essere in un momento di insolvenza della società, in tal caso configurandosi una violazione della par condicio creditorum ; – il danno da pagamento preferenziale non può essere determinato in misura pari all ‘ intero ammontare delle somme pagate o compensate da RAGIONE_SOCIALE; – il tribunale aveva erroneamente ripartito l ‘ onere probatorio in ordine al valore di due macchinari venduti da RAGIONE_SOCIALE alla società serba, essendo, piuttosto, onere del Fallimento, rimasto tuttavia inadempiuto, dimostrare il valore venale dei predetti beni all ‘ atto della compravendita intervenuta tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
1.5. La corte d ‘ appello, con la pronuncia in epigrafe, ha rigettato il gravame.
1.6. La corte, in particolare, ha, innanzitutto, rilevato che: – il Fallimento, nell ‘ atto introduttivo del giudizio, aveva dedotto la responsabilità del convenuto in relazione a ‘ distinte condotte ‘, come le ‘ compensazioni e (i) pagamenti preferenziali’ dallo stesso eseguiti, nella qualità di amministratore della società poi fallita, ‘in favore di RAGIONE_SOCIALE ‘ in ragione della ‘ finalità distrattiva ‘ di tali operazioni,
compiute per il ‘ perseguimento di un interesse contrario a quello della società amministrata, per favorire se stesso, direttamente o per il tramite delle altre società a lui direttamente riconducibili ‘ e, dunque, in violazione dei ‘ doveri che su di lui incombevano quale amministratore della società fallita ‘; – il Fallimento, dunque, aveva ‘ dedotto in maniera specifica le condotte tenute dal COGNOME e le conseguenze pregiudizievoli che le stesse avevano avuto per RAGIONE_SOCIALE, provvedendo, in particolar modo, mediante la documentazione dalla stessa dimessa, ad individuare i pagamenti effettuati dalla fallita (come pure le prestazioni svolte in favore della società serba) che, stante la strumentalizzazione del ruolo ricoperto dal COGNOME in quelle società, fondavano la responsabilità dello stesso ‘; – il Fallimento, tuttavia, in ragione della ‘ legittimazione cumulativa che è pacificamente riconosciuta al curatore che eserciti l’azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore della societa’ fallita ‘, non aveva operato alcuna ‘ differenziazione tra l’ipotesi di violazione dei doveri imposti dalla legge o dall’atto costitutivo all’amministratore rilevante ex art. 2392/2393 cod. civ. e l’azione di responsabilità per lesione dell’integrità del patrimonio sociale ‘; – il Fallimento, a fronte di un ‘ quadro fattuale … sufficientemente delineato ‘, aveva , dunque, promosso un ‘ azione che il tribunale ha correttamente qua lificato come ‘ azione … (anche) come contrattuale ‘ e, dunque, non rivolta a ‘ delimitare l ‘ azione risarcitoria al profilo del danno all ‘ integrità del patrimonio sociale richiedibile (nel caso di società in bonis) dai creditori ai sensi dell ‘ art. 2394 cod. civ. ‘, – d ‘ altra parte, l ‘ eventuale equivocità di talune espressioni utilizzate nell ‘ atto introduttivo del giudizio di primo grado che si volesse per mera ipotesi riconoscere, non gioverebbe alla tesi
sostenuta dall ‘ appellante, dovendo in ogni caso farsi applicazione del principio di diritto per cui ‘ la mancata specificazione del titolo nella domanda giudiziale, lungi dal determinare la sua nullità per indeterminatezza, fa presumere, in assenza di un contenuto anche implicitamente diretto a far valere una sola delle azioni, che il curatore abbia inteso esercitare congiuntamente entrambe le azioni ‘ .
1.7. La corte, poi, ha ritenuto che non poteva condividersi l ‘ affermazione dell ‘ appellante secondo cui ‘ qualsivoglia pagamento e/o compensazione in forza dei creditori sociali rappresentano, al di fuori dell ‘ ipotesi dell ‘ insolvenza, un atto dovuto e legittimo, come tale insuscettibile di determinare una lesione del patrimonio sociale ed integrare una fonte di responsabilità dell ‘ amministratore ‘: -intanto, ‘ in tema di azione di responsabilità promossa contro gli amministratori di una società di capitali, ove i comportamenti che si assumono illeciti non siano in sé vietati dalla legge o dallo statuto, l ‘ onere della prova gravante sulla parte attrice non si esaurisce nel dimostrare che l ‘ amministratore abbia posto in essere le condotte produttive del danno, ma anche che in questo modo siano stati violati i suoi doveri di lealtà o di diligenza, spettando poi all ‘ amministratore allegare e provare i fatti idonei ad escludere o ad attenuare la sua responsabilità ‘; – nel caso di specie, è indubbia la violazione del dovere di lealtà e di diligenza qualificata che incombe sull ‘ amministratore di una società a responsabilità limitata, essendo risultata ‘ comprovata documentalmente, e comunque non … contestata, la deduzione del Fallimento secondo cui i pagamenti da RAGIONE_SOCIALE in favore di RAGIONE_SOCIALE vennero sempre effettuati quando il debito della società serba era superiore al credito della stessa vantato, sicché il Ghiotto – ricorrendo all ‘ istituto della compensazione – avrebbe
potuto e dovuto evitare esborsi in favore della società serba, rilevatosi soggetto non solvibile… ‘; -‘ l ‘ appellante ‘, del resto, ‘ nei suoi atti difensivi non ha mai spiegato le ragioni della scelta di procedere pressoché sempre ai pagamenti mediante esborsi in denaro per saldare le prestazioni svolte dalla società serba e tale condotta, pertanto, può ritenersi il frutto della deliberata scelta di appropriarsi, a mezzo della società straniera, delle risorse economiche della società a responsabilità limitata ‘ ; – i documenti prodotti in giudizio rendono, comunque, evidente ‘ la situazione di incapienza della società ed il conseguente aggravio che si è determinato per la posizione dei creditori in conseguenza dei pagamenti’ eseguiti dal convenuto, risultando, per contro, ‘ del tutto irrilevante l ‘ accertamento della condizione di insolvenza della società nel momento in cui sono stati effettuati i pagamenti rilevati in contabilità dalla curatela, non essendo operante la limitazione dell ‘ azione risarcitoria al c.d. danno da falcidia che secondo COGNOME dovrebbe, invece, essere applicate ‘.
1.8. La corte d’appello , infine, ha rilevato che il COGNOME non aveva prodotto alcuna documentazione dalla quale evincere che ‘ gli importi rilevati dalla Guardia di Finanza nella relazione dimessa dalla curatela non rappresentano l ‘ effettivo costo di acquisto delle due presso piegatrici bensì il costo di riscatto del leasing (così determinato in quanto già depurato di tutti i canoni di locazione finanziaria già precedentemente pagati da RAGIONE_SOCIALE) ‘.
1.9. NOME COGNOME con ricorso notificato in data 7/12/2022, ha chiesto, per tre motivi, la cassazione della sentenza.
1.10. Il Fallimento ha resistito con controricorso.
1.11. Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione dell ‘ art. 112 c.p.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 4 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello ha ritenuto che il Fallimento, cumulativamente legittimato ad esercitare tanto l ‘ azione sociale di responsabilità, quanto l ‘ azione dei creditori sociali, non aveva limitato l ‘ azione risarcitoria al solo profilo del danno all ‘ integrità del patrimonio sociale ma aveva proposto un ‘ azione che il tribunale aveva correttamente qualificato come un ‘ azione avente anche natura contrattuale, omettendo, tuttavia, di considerare che: – il Fallimento non deve necessariamente cumulare l ‘ azione di responsabilità sociale con quella prevista dall ‘ art. 2394 c.c., potendo, in realtà, proporre, con l ‘ allegazione dei relativi fatti costitutivi, una sola delle azioni astrattamente previste dall ‘ art. 146 l.fall.; – le azioni in questione, del resto, pur connotate da una comune legittimazione, continuano a presentare un ‘ autonomia giuridica e conservano la loro originaria natura e disciplina e, quindi, rimangono distinte tra loro sia sotto l ‘ aspetto sostanziale che sotto il profilo processuale; – nel caso in esame, il Fallimento, nell ‘ individuazione specifica della causa petendi dell ‘ azione di responsabilità ai sensi dell ‘art. 146 l.fall., ‘ ha inequivocabilmente contestato ‘ al convenuto, ‘ sin dall ‘ atto di citazione, come si evince per tabulas da numerosi indici letterali ivi contenuti, peraltro ben evidenziati dal Giudice di secondo grado ‘, di aver operato ‘compensazioni e pagamenti preferenziali ‘ in favore della società RAGIONE_SOCIALE; -il Fallimento, se si considerano i fatti costitutivi dedotti in giudizio, ha ‘ inequivocabilmente agito giudizialmente affinché venisse accertata la responsabilità aquiliana dell ‘ex amministratore … in ragione dell ‘ inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell ‘ integrità del patrimonio sociale che avrebbe
determinato, in sede concorsuale, una lesione della par condicio creditorum ‘; -la corte d ‘ appello, nonostante ‘ l ‘ espresso richiamo operato dall ‘ attore alla preferenzialità e alla finalità distrattiva dei pagamenti e compensazioni ‘, si è, invece, pronunciata su una domanda di natura contrattuale che il Fallimento non aveva proposto ed ha, di conseguenza, applicato, in violazione dell ‘ art. 112 c.p.c., la presunzione di colpa di cui all ‘ art. 1218 c.c., ponendo l ‘ onere probatorio in capo al convenuto.
2.2. Il motivo è inammissibile. L ‘ interpretazione del contenuto della domanda giudiziale costituisce, infatti, un tipico accertamento in fatto, riservato come tale al giudice di merito, sicché, ove quest ‘ ultimo abbia espressamente ritenuto che una domanda era stata proposta, tale statuizione, ancorché in ipotesi erronea, non può essere direttamente censurata per ultrapetizione, e cioè per error in procedendo , senza aver prima accertato l ‘ erroneità di tale interpretazione (cfr. Cass. n. 30684 del 2017; Cass. n. 1545 del 2016; Cass. n. 21874 del 2015; Cass. n. 2630 del 2014; Cass. n. 7932 del 2012; Cass. n. 17451 del 2006; Cass. n. 15603 del 2006; Cass. n. 8953 del 2006), la quale, tuttavia, proprio perché costituisce un accertamento in fatto, è, come tale, sindacabile in cassazione solo per violazione delle norme che regolano l ‘ ermeneutica contrattuale previsti dagli artt. 1362 e s. c.c., la cui portata è generale, ovvero per vizio di omesso esame di un fatto a tal fine decisivo.
2.3. Il ricorrente che intenda utilmente censurare in sede di legittimità il significato attribuito dal giudice di merito ad un atto processuale, come l ‘ atto di citazione, ha, dunque, l ‘ onere (rimasto, nel caso in esame, inadempiuto) di invocare, in ricorso, con riguardo all ‘ interpretazione che il giudice di merito ha attribuito all ‘ atto, il vizio consistito o nell ‘ omesso esame di
fatti (sul punto) decisivi, indicandone la loro specifica emergenza dagli atti del giudizio, ovvero nella violazione dei criteri di ermeneutica contrattuale previsti dagli artt. 1362 e s. c.c., illustrando, altresì, a pena d ‘ inammissibilità, le considerazioni del giudice in contrasto con i criteri ermeneutici, nonché, e prima ancora, il testo dell ‘ atto processuale oggetto dell ‘ interpretazione asseritamente erronea (cfr. Cass. n. 16057 del 2016; Cass. n. 6226 del 2014; Cass. n. 11343 del 2003; Cass. n. 12574 del 2019, in motiv.; più di recente, Cass. n. 2360 del 2025).
2.4. Nel caso di specie, tuttavia, tale onere non è stato adempiuto con la dovuta specificità. Il ricorrente, infatti, pur dolendosi dell ‘ interpretazione che il giudice d ‘ appello ha fornito dell ‘ atto di citazione, non ha, in realtà, indicato, con la dovuta specificità, n é quali criteri ermeneutici sarebbero stati violati, nell ‘ espletamento di tale accertamento, dalla corte territoriale e in che modo la stessa se ne sarebbe discostata, n é i fatti al riguardo decisivi che la corte d ‘ appello, nonostante la loro emergenza dagli atti del processo, avrebbe del tutto omesso di esaminare.
2.5. D ‘ altra parte, l ‘ esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un error in procedendo , presuppone comunque l ‘ ammissibilità del motivo di censura, per cui il ricorrente non è dispensato dall ‘ onere di specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche puntualmente i fatti processuali alla base dell ‘ errore denunciato, dovendo tale specificazione essere contenuta, a pena d ‘ inammissibilità, nello stesso ricorso per cassazione, per il principio di autosufficienza dello stesso, con la conseguenza che, ove il ricorrente censuri, come nel caso in esame, l ‘ errata valutazione di un atto processuale, come l ‘ atto
di citazione, denunciando l ‘ omessa pronuncia sulla domanda (ivi contenuta) che (a suo dire) sarebbe stata effettivamente proposta, ha l ‘ onere (rimasto, tuttavia, inadempiuto) di specificare, ai fini del rispetto del principio esposto, gli elementi fattuali in concreto condizionanti gli ambiti di operatività della violazione denunciata, trascrivendo, in ricorso, quelle parti dell ‘ atto introduttivo del giudizio necessarie a dimostrare la proposizione della domanda giudiziale di cui ha lamentato l ‘ omessa pronuncia.
2.6. Si sottrae, dunque, alle censure del ricorrente la statuizione con la quale la corte d ‘ appello ha, in sostanza, ritenuto che: -il Fallimento, senza operare alcuna ‘ differenziazione tra l ‘ ipotesi di violazione dei doveri imposti dalla legge o dall ‘ atto costitutivo all ‘amministratore rilevante … ex art. 2476 cod. civ., … e l’ azione di responsabilità per lesione dell ‘ integrità del patrimonio sociale ‘ ai sensi dell’art. 2394 c.c. , aveva specificamente ‘ dedotto ‘ , in via cumulativa, ‘ le condotte tenute dal COGNOME e le conseguenze pregiudizievoli che le stesse avevano avuto per RAGIONE_SOCIALE ; – il Fallimento, in ragione della ‘ legittimazione cumulativa che è pacificamente riconosciuta al curatore che eserciti l ‘ azione di responsabilità nei confronti dell ‘ amministratore della societa ‘ fallita ‘, aveva, di conseguenza, promosso un ‘ azione che il tribunale ha correttamente qualificato come ‘ azione … (anche) come contrattuale ‘ e, dunque, non rivolta a ‘ delimitare l ‘ azione risarcitoria al profilo del danno all ‘ integrità del patrimonio sociale richiedibile (nel caso di società in bonis) dai creditori ai sensi dell ‘ art. 2394 cod. civ. ‘ .
2.7. Con il secondo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione degli artt. 1218 c.c. e 146 l.fall., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte
in cui la corte d ‘ appello, in ragione dell ‘ affermata natura contrattuale dell ‘ azione di responsabilità esperita dal Fallimento, ha ritenuto che quest ‘ ultimo non fosse tenuto a provare il momento di sopravvenienza dello stato di insolvenza della società poi fallita, senza, tuttavia, considerare che: – un pagamento (o la compensazione) può essere astrattamente qualificato come ‘ preferenziale’ soltanto se lo stesso sia stato eseguito in pendenza di un ‘ acclarata e permanente situazione d ‘ insolvenza della società; – solo dal momento in cui matura lo stato d ‘ insolvenza, infatti, l ‘ imprenditore, così come l ‘ amministratore della società, ha il dovere di non pagare più i propri creditori, anche per le obbligazioni sociali già scadute; esclusivamente in tal caso può, dunque, configurarsi una riduzione del patrimonio sociale rilevante ai fini della violazione della par condicio creditorum , con la conseguenza che l ‘ amministratore può essere chiamato a risponderne sia in sede civile, sia in sede penale; – il danno risarcibile si configura, peraltro, come pregiudizio per la massa dei creditori in ragione della mancata falcidia del credito che è stato invece pagato per intero ed è, quindi, pari ‘ alla differenza tra quanto il creditore ha acquisito a titolo di pagamento e quanto avrebbe acquisito in moneta fallimentare ‘.
2.8. Il motivo è inammissibile. Il ricorrente, in effetti, non si confronta realmente con la sentenza che ha impugnato: la quale, invero, con statuizioni rimaste del tutto inoppugnate, ha, in sostanza, ritenuto, che: – il Fallimento aveva provato in giudizio che ‘ i pagamenti da RAGIONE_SOCIALE in favore di RAGIONE_SOCIALE vennero sempre effettuati quando il debito della società serba era superiore al credito della stessa vantato, sicché il Ghiotto – ricorrendo all ‘ istituto della compensazione – avrebbe potuto e dovuto evitare esborsi in favore della società serba,
rilevatosi soggetto non solvibile … ‘; -‘ l ‘ appellante ‘, del resto, ‘ … non ha mai spiegato le ragioni della scelta di procedere pressoché sempre ai pagamenti mediante esborsi in denaro per saldare le prestazioni svolte dalla società serba ‘, assumendo, in tal modo, una ‘ condotta ‘ che può, pertanto, ‘ ritenersi il frutto della deliberata scelta di appropriarsi, a mezzo della società straniera, delle risorse economiche della società a responsabilità limitata ‘; – non v ‘ è dubbio, quindi, che il convenuto, così facendo, abbia violato i doveri di lealtà e di diligenza qualificata che incombono sullo stesso quale amministratore di una società a responsabilità limitata , per cui è ‘ del tutto irrilevante l’accertamento della condizione di insolvenza della società nel momento in cui sono stati effettuati i pagamenti rilevati in contabilità dalla curatela ‘; – i documenti prodotti in giudizio, del resto, dimostrano ‘ la situazione di incapienza della società ed il conseguente aggravio che si è determinato per la posizione dei creditori in conseguenza d ei pagamenti’ eseguiti dal convenuto.
2.9. Tali statuizioni, non censurate in relazione ai fatti sui quali risultano fondate, sono, sul piano giuridico, senz ‘ altro corrette (al pari di quella, conseguenzialmente assunta, secondo cui, a fronte degli accertati inadempimenti, l’amministratore è tenuto ad un risarcimento pari a tutte le somme negligentemente pagate, non essendo ‘ operante la limitazione’, invocata dall’appellante, ‘dell’azione risarcitoria al c.d. danno da falcidia ).
2.10. Non può, in effetti, dubitarsi che l ‘ amministratore di una società a responsabilità limitata è tenuto ad agire, come emerge dagli artt. 2476, comma 1°, e 1176, comma 2°, c.c., con la diligenza dovuta in ragione della natura dell’attività svolta e senza incorrere in conflitto d ‘ interessi con la società che amministra, con la conseguenza che: – da un lato, integra
l ‘ illecito di cui all ‘ art. 2476 c.c. il fatto che l ‘ amministratore (nell ‘ esecuzione dei pagamenti dovuti alla società serba) abbia fatto prevalere un interesse extrasociale, che oltre ad essere incompatibile con quello della società, sia stato per la stessa pregiudizievole, alla stregua di una valutazione della condotta, operata secondo un giudizio ex ante che tenga conto della mancata adozione delle cautele, delle verifiche e delle informazioni preventive, normalmente richieste per una scelta analoga a quella adottata, nonché della diligenza mostrata nell ‘ apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all ‘ operazione (cfr. Cass. n. 7279 del 2023); d’altro lato, il principio dell ‘ insindacabilità nel merito delle scelte di gestione (cd. business judgement rule ) non esclude la responsabilità contrattuale nei confronti della società tutte le volte in cui l ‘ operazione intrapresa dall ‘ amministratore sia stata caratterizzata (come, nel caso in esame, ha accertato in fatto il giudice di merito) da irragionevolezza, imprudenza o arbitrarietà palese (Cass. n. 8069 del 2024; Cass. n. 2172 del 2023).
2.11. Con il terzo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione dell ‘ art. 2697 c.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 4 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello ha ritenuto che spettava al convenuto l ‘ onere di provare il reale valore delle presso-piegatrici cedute dalla società poi fallita rispetto al corrispettivo fatturato, senza, per contro, considerare che il Fallimento, avendo affermato che il valore effettivo di tali macchinari era notevolmente inferiore rispetto a quella dichiarato al fine di mascherare un indebito trasferimento tra la società acquirente, poi fallita, e la cedente, aveva l ‘ onere di fornire in giudizio la relativa prova.
2.12. Il motivo è in ammissibile ai sensi dell’art. 360 bis , n. 2, c.p.c. Com ‘ è noto, questa Corte ha ripetutamente affermato
(cfr. Cass. SU n. 13533 del 2001; più di recente, Cass. n. 34341 del 2024, in motiv.) che: – in tema di prova dell ‘ inadempimento di un ‘ obbligazione contrattuale, il creditore che agisca per il risarcimento del danno deve soltanto provare in giudizio la fonte del suo diritto (come il rapporto di amministrazione tra la società e il convenuto quale suo amministratore), limitandosi, per il resto, alla mera allegazione dell ‘ inadempimento (o dell ‘ inesatto adempimento) da parte di quest ‘ ultimo ai doveri inerenti alla carica ricoperta (art. 2476, comma 1°, c.c.), a partire da quello di aver compiuto le dedotte (e dimostrate) scelte gestorie (l ‘a cquisto dei macchinari) senza aver seguito (per la determinazione del relativo prezzo) le cautele, proceduto alle verifiche e raccolto le informazioni che, in ragione delle circostanze del singolo caso (che ha l ‘ onere di provare, come nel caso in esame, è rimasto incontestato, con tutti i mezzi a tal fine utilizzabili: a partire dalla relazione trasmessa dalla Guardia di finanza), sono normalmente e preventivamente richieste per le scelte del tipo di quelle dallo stesso operate (come, appunto, l’acquisto dei macchinari) ; -spetta, per contro, all ‘ amministratore convenuto, a fronte delle scelte gestorie dedotte e dimostrate in giudizio dal Fallimento, il compito di provare il fatto estintivo del dovere gestorio asseritamente inadempiuto, e cioè di aver esattamente agito con la diligenza professionale dallo stesso esigibile in relazione alla situazione concreta, e cioè, in sostanza, di aver acquistato i macchinari ad un prezzo congruo.
Il ricorso, per l’inammissibilità di tutti i suoi motivi, è, a sua volta, inammissibile: e come tale dev’essere dichiarato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
5. La Corte dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio, che liquida in €. 12.200,00, di cui €. 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%; dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte tanto del ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso a Roma, nella camera di consiglio della Prima