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Responsabilità amministratore srl: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un ex amministratore di una società a responsabilità limitata, condannato a risarcire i danni causati alla società poi fallita. La Corte ha confermato che la responsabilità dell’amministratore srl sorge per la violazione dei doveri generali di lealtà e diligenza, come nel caso di pagamenti ingiustificati a società terze, a prescindere dalla prova dello stato di insolvenza al momento dei fatti. È stato inoltre ribadito che spetta all’amministratore dimostrare di aver agito con la dovuta diligenza, e non al curatore fallimentare provare il contrario.

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Responsabilità Amministratore SRL: Doveri e Conseguenze secondo la Cassazione

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce importanti aspetti sulla responsabilità amministratore srl, delineando i confini dei doveri di diligenza e lealtà e le conseguenze della loro violazione. La decisione sottolinea come l’amministratore sia tenuto a risarcire i danni causati alla società anche senza la prova di uno stato di insolvenza, qualora le sue azioni configurino una palese violazione degli obblighi gestori. Analizziamo insieme questo caso emblematico.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine dall’azione legale intentata dal curatore di una società a responsabilità limitata fallita contro il suo ex amministratore. Il curatore chiedeva un cospicuo risarcimento per i danni che l’amministratore avrebbe causato al patrimonio sociale. In particolare, venivano contestate operazioni di compensazione e pagamenti preferenziali eseguiti in favore di una società estera (serba), a danno della società poi fallita.

Il Tribunale di primo grado accoglieva parzialmente la domanda, condannando l’ex amministratore al pagamento di una somma rilevante. L’amministratore proponeva appello, sostenendo che l’azione del Fallimento fosse di natura extracontrattuale e mirasse a sanzionare la violazione della par condicio creditorum. Secondo la sua tesi, tali pagamenti avrebbero potuto essere considerati illeciti solo se effettuati in un conclamato stato di insolvenza della società, circostanza che, a suo dire, il Fallimento non aveva provato. La Corte d’Appello, tuttavia, rigettava il gravame, spingendo l’amministratore a ricorrere in Cassazione.

La Responsabilità Amministratore SRL e la Natura dell’Azione

Uno dei punti centrali del ricorso in Cassazione riguardava la corretta qualificazione dell’azione legale. L’amministratore lamentava che i giudici di merito avessero erroneamente considerato l’azione come contrattuale, invertendo così l’onere della prova a suo sfavore.

La Suprema Corte ha dichiarato il motivo inammissibile. Ha ribadito un principio consolidato: l’interpretazione della domanda giudiziale è un’attività riservata al giudice di merito. In questo caso, i giudici avevano correttamente ritenuto che il curatore fallimentare avesse esercitato congiuntamente sia l’azione sociale di responsabilità (di natura contrattuale, per violazione dei doveri verso la società) sia l’azione dei creditori (di natura extracontrattuale). L’amministratore non aveva fornito elementi per dimostrare un’errata interpretazione dell’atto introduttivo, limitandosi a contestare la conclusione dei giudici.

La Violazione dei Doveri di Diligenza e Lealtà

Il secondo motivo di ricorso si concentrava sulla necessità di provare lo stato di insolvenza per affermare la responsabilità amministratore srl per pagamenti preferenziali. Anche questa doglianza è stata giudicata inammissibile.

La Cassazione ha chiarito che l’appellante non si era confrontato con la vera ragione della decisione della Corte d’Appello. La condanna non si basava sulla lesione della par condicio creditorum (il cosiddetto ‘danno da falcidia’), ma sulla ben più grave violazione dei doveri generali di lealtà e diligenza imposti all’amministratore.

Le prove in atti dimostravano che i pagamenti alla società serba erano stati eseguiti sistematicamente nonostante quest’ultima fosse a sua volta insolvente e avesse un debito superiore al credito vantato. Tale condotta, mai giustificata dall’amministratore, è stata interpretata come una scelta deliberata di appropriarsi delle risorse sociali attraverso un’entità estera, integrando un palese conflitto di interessi e una gestione dannosa per la società amministrata. In un simile contesto, la Corte ha specificato che l’accertamento dello stato di insolvenza della società fallita al momento dei pagamenti diventa del tutto irrilevante. La violazione dei doveri di base è di per sé sufficiente a fondare l’obbligo di risarcire integralmente il danno, corrispondente a tutte le somme negligentemente pagate.

L’Onere della Prova nelle Scelte Gestorie

Infine, l’amministratore contestava l’inversione dell’onere della prova riguardo al valore di alcuni macchinari acquistati, sostenendo che spettasse al Fallimento dimostrare la loro sopravvalutazione.

La Cassazione ha respinto anche questo motivo, richiamando i principi in materia di inadempimento contrattuale. Nell’azione di responsabilità, spetta al creditore (il Fallimento) allegare l’inadempimento, provando la fonte del proprio diritto (il rapporto di amministrazione) e i fatti che costituiscono la condotta negligente (in questo caso, l’acquisto di beni senza le dovute cautele e verifiche sul prezzo). Spetta invece all’amministratore (il debitore) provare il fatto estintivo della propria responsabilità, ossia di aver agito con la diligenza richiesta dalle circostanze e che le sue scelte, per quanto sfortunate, siano state ponderate e informate. L’amministratore non aveva fornito tale prova, rendendo legittima la sua condanna.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte Suprema si fondano su principi giuridici consolidati. In primo luogo, l’interpretazione della domanda giudiziale spetta al giudice di merito e non è sindacabile in Cassazione se non per vizi specifici che il ricorrente non ha saputo dimostrare. In secondo luogo, la responsabilità dell’amministratore non deriva solo dalla violazione di norme specifiche, come quelle sulla tutela dei creditori in caso di insolvenza, ma discende primariamente dalla violazione dei doveri generali di diligenza e lealtà. Una gestione in conflitto di interessi o palesemente imprudente, che causa un danno diretto al patrimonio sociale, fonda l’obbligo risarcitorio a prescindere dallo stato di salute finanziaria della società. Infine, viene confermato il principio sull’onere della prova: di fronte a una contestazione di mala gestio, è l’amministratore a dover dimostrare la correttezza e la diligenza del proprio operato, non il contrario.

Le conclusioni

La decisione in esame è un importante monito per gli amministratori di società a responsabilità limitata. Essa ribadisce che la loro gestione deve essere sempre improntata alla massima diligenza e lealtà verso la società, evitando qualsiasi situazione, anche solo potenziale, di conflitto di interessi. La sentenza chiarisce che la responsabilità amministratore srl può essere affermata per il semplice fatto di aver compiuto scelte gestionali irragionevoli e dannose, e che l’onere di giustificare tali scelte grava interamente su di loro. Il risarcimento dovuto può corrispondere all’intero danno patrimoniale causato, senza le limitazioni previste per il solo danno ai creditori.

Quando un amministratore di SRL è responsabile per i pagamenti fatti a un’altra società?
L’amministratore è responsabile quando tali pagamenti costituiscono una violazione dei suoi doveri di lealtà e diligenza. Nel caso specifico, i pagamenti erano stati fatti a una società estera insolvente e in una situazione di conflitto di interessi, configurando una condotta gestoria dannosa per il patrimonio sociale, indipendentemente da altre considerazioni.

Per chiedere il risarcimento all’amministratore, il Fallimento deve provare che la società era già insolvente al momento dei pagamenti?
No. Secondo la Corte, se la responsabilità si fonda sulla violazione dei doveri generali di diligenza e lealtà (ad esempio, per una gestione in palese conflitto di interessi), l’accertamento dello stato di insolvenza della società al momento dei fatti è irrilevante. La responsabilità sorge per il danno diretto causato al patrimonio sociale.

In un’azione di responsabilità, chi deve provare che una scelta di gestione è stata fatta correttamente?
L’onere della prova spetta all’amministratore convenuto in giudizio. Mentre il curatore fallimentare deve allegare e provare i fatti che costituiscono la condotta negligente e il danno, spetta all’amministratore dimostrare di aver agito con la diligenza professionale richiesta dalle circostanze per escludere o attenuare la propria responsabilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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