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Responsabilità amministratore: quando scatta la truffa?

La Cassazione conferma la condanna per truffa contrattuale e la responsabilità amministratore di una società costruttrice per vizi edilizi. Il ricorso è inammissibile se critica il merito della valutazione dei fatti compiuta dal giudice di secondo grado. L’appello incidentale tardivo è dichiarato inefficace.

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Responsabilità Amministratore: Quando i Vizi Costruttivi Diventano Truffa Contrattuale

L’acquisto di un immobile rappresenta spesso l’investimento più importante nella vita di una persona. Ma cosa succede se la casa dei sogni presenta gravi difformità non dichiarate? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini della responsabilità amministratore di una società costruttrice, spiegando quando questa travalica il semplice inadempimento contrattuale per configurare una vera e propria truffa, con conseguenze dirette e personali per chi guida l’azienda.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla denuncia di alcuni acquirenti che, dopo aver comprato due appartamenti da una società immobiliare, scoprivano diverse e significative difformità edilizie. Tra queste, una minore altezza interna dei locali rispetto alle prescrizioni del piano PEEP e violazioni delle norme relative a una scala condominiale e alla distanza dalla pubblica via.

Inizialmente, il Tribunale riconosceva un danno da deprezzamento. Tuttavia, la Corte d’Appello, riformando la prima decisione, aumentava l’importo del risarcimento e, soprattutto, qualificava la condotta della società venditrice come truffa contrattuale. Di conseguenza, la Corte riteneva sussistente non solo la responsabilità della società, ma anche quella personale del suo amministratore, ai sensi dell’art. 2395 del codice civile, per aver agito con una condotta dolosa.

L’amministratore decideva quindi di ricorrere in Cassazione, contestando sia la configurabilità del reato di truffa sia la sua personale responsabilità. Anche gli acquirenti proponevano un ricorso, definito incidentale, per altri motivi.

La Decisione della Corte di Cassazione e la Responsabilità Amministratore

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso principale dell’amministratore inammissibile e quello incidentale degli acquirenti inefficace. Questa decisione offre spunti fondamentali per comprendere i limiti del giudizio di legittimità e la natura della responsabilità personale degli amministratori.

Il Ricorso Principale: Inammissibilità delle Censure sul Merito

L’amministratore, nel suo ricorso, tentava di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti operato dalla Corte d’Appello. Sosteneva, in sintesi, che non vi fossero gli elementi per configurare una truffa e che la sua responsabilità personale fosse stata erroneamente affermata.

La Cassazione ha respinto queste argomentazioni, ribadendo un principio cardine del nostro ordinamento: la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito non è rivalutare i fatti della causa (come farebbe un terzo grado di giudizio), ma solo verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata. Le critiche dell’amministratore, secondo la Corte, si limitavano a contestare l’apprezzamento delle prove e dei fatti compiuto dal giudice d’appello, un’operazione non consentita in sede di legittimità.

Il Ricorso Incidentale: Tardività e Inefficacia

Anche il ricorso degli acquirenti ha avuto esito negativo, ma per una ragione puramente procedurale. È stato notificato oltre il termine perentorio stabilito dalla legge, venendo quindi dichiarato tardivo e, di conseguenza, inefficace. Questo serve da monito sull’importanza cruciale del rispetto delle scadenze processuali.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato in modo approfondito perché la responsabilità amministratore fosse stata correttamente affermata dalla Corte d’Appello. Il punto centrale della motivazione risiede nella distinzione tra inadempimento contrattuale della società e illecito extracontrattuale dell’amministratore.

Quando un amministratore, nell’esercizio delle sue funzioni, compie un atto che non solo viola un obbligo contrattuale della società, ma integra anche gli estremi di un reato (in questo caso, la truffa), egli commette un illecito che lede direttamente il patrimonio del terzo contraente. La Corte d’Appello aveva accertato che la vendita di immobili con difformità taciute dolosamente costituiva una condotta fraudolenta. Tale condotta, posta in essere dall’amministratore, fondava la sua responsabilità personale e diretta nei confronti degli acquirenti, ai sensi dell’art. 2395 c.c.

Il ricorso dell’amministratore è stato giudicato inammissibile proprio perché non ha colto né contestato specificamente questa ratio decidendi. Invece di attaccare il ragionamento giuridico che legava la sua condotta personale al danno subito dai terzi, si è limitato a negare i fatti, cercando una revisione del merito preclusa in quella sede.

Conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione offre tre importanti lezioni pratiche:

1. La responsabilità dell’amministratore non è uno schermo totale. Se la sua condotta integra un fatto illecito, come una truffa, egli risponde personalmente e direttamente dei danni causati ai terzi, anche se ha agito per conto della società.
2. Non si può andare in Cassazione per ‘raccontare di nuovo la storia’. Il ricorso per cassazione deve basarsi su precise violazioni di legge o vizi di motivazione, non su una diversa interpretazione dei fatti già valutati dai giudici di merito.
3. Le scadenze processuali sono invalicabili. Il mancato rispetto dei termini, come nel caso del ricorso incidentale, porta all’inefficacia dell’impugnazione, precludendo ogni possibilità di esame nel merito.

Quando l’amministratore di una società risponde personalmente per i danni causati a terzi?
Secondo la decisione, la responsabilità personale dell’amministratore (ex art. 2395 c.c.) sorge quando la sua condotta, pur compiuta nell’interesse della società, integra un fatto illecito (come la truffa contrattuale) che causa un danno diretto a un terzo. Non si tratta di una mera responsabilità per inadempimento contrattuale della società, ma di una responsabilità per un atto illecito proprio dell’amministratore.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione dei fatti o di una consulenza tecnica (CTU) fatta dal giudice d’appello?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito di essere un giudice di legittimità e non di merito. Pertanto, non può riesaminare i fatti o l’interpretazione delle prove (come una CTU) già valutate dal giudice d’appello. Un ricorso che si limiti a criticare tale valutazione, senza denunciare una specifica violazione di legge, è considerato inammissibile.

Cosa succede se un ricorso incidentale viene notificato oltre i termini di legge?
Se un ricorso incidentale viene notificato dopo la scadenza del termine perentorio previsto dalla legge (in questo caso, dall’art. 325 c.p.c.), viene dichiarato tardivo. La conseguenza, come stabilito dall’art. 334 c.p.c., è la sua inefficacia, il che significa che non potrà essere esaminato dalla Corte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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