Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 28128 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 28128 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2219/2019 R.G. proposto da :
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso gli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), che la rappresentano e
difendono;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n. 71/2018, depositata il 5/06/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME NOME.
PREMESSO CHE
NOME COGNOME, nominato membro del consiglio di amministrazione della Banca Popolare di Vicenza in data 2 dicembre 2014, ha proposto opposizione alla sanzione amministrativa (pari a euro 7.500,00) irrogatagli dalla RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE) con atto n. 19933/2017, adottato in data 30 marzo 2017, per l’omissione di rilevanti informazioni concernenti i finanziamenti correlati all’acquisto di azioni della Banca nel prospetto di base pubblicato il 5 febbraio 2015, in violazione dell’art. 94, comma 2 del testo unico finanziario (TUF).
La Corte d’appello di Venezia, con la sentenza n. 71/2018, ha respinto l’opposizione.
Avverso la sentenza NOME COGNOME ricorre per cassazione.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE, che deduce l’inammissibilità e comunque l’infondatezza del ricorso.
Il ricorrente e la controricorrente hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in tre motivi.
Il primo e il secondo motivo sono strettamente connessi.
Il primo motivo denuncia ‘violazione degli artt. 14 della legge n. 689/1981 e 195, comma 1, TUF, nonché del principio di correlazione tra fatto contestato e fatto assunto a base della sanzione irrogata e del diritto di difesa’: l’atto di contestazione degli addebiti e il provvedimento sanzionatorio emesso dalla
RAGIONE_SOCIALE imputano ai consiglieri di amministrazione della Banca Popolare di Vicenza di avere taciuto il fenomeno del c.d. capitale finanziato nei prospetti di offerta approvati dal consiglio di amministrazione il 1° aprile 2014 e il 31 marzo 2015; ‘la diffusività e pervasività del fenomeno’ avrebbe consentito al ricorrente, ‘ove egli avesse tenuto un comportamento più diligente, di percepire il fenomeno in esame’ e nei due documenti approvati egli avrebbe dovuto includere ‘tutte le informazioni’ relative al fenomeno; la Corte d’appello di Venezie, dopo avere ricordato che il ricorrente venne nominato amministratore della Banca il 2 dicembre 2014, ha invece modificato gli estremi di fatto e di diritto della violazione, illegittimamente sovvertendo la fattispecie; la sentenza impugnata reputa infatti che dal ricorrente dovesse esigersi una condotta attiva, configurabile nella doverosa segnalazione al consiglio di amministrazione della necessità di predisporre un supplemento del prospetto di base secondo quanto dispone l’art. 94, comma 7 TUF; ad avviso della Corte d’appello, quindi, la responsabilità del ricorrente non discende dal contenuto dei documenti di offerta, pubblicati il 1° aprile 2014 e il 31 marzo 2015, ma dalla mancata pubblicazione di un prospetto dopo il 28 aprile 2015.
b) Il secondo motivo contesta ‘nullità della sentenza per violazione dell’art. 101, secondo comma c.p.c. e del principio del contraddittorio’: in via subordinata, prima di porre a fondamento decisione una questione rilevata d’ufficio -la mancata pubblicazione di un supplemento di prospetto -la Corte avrebbe dovuto assegnare alle parti termine per depositare osservazioni al riguardo.
Il primo motivo è infondato.
La Corte d’appello non ha affatto confermato la sanzione ex art. 94, comma 2 TUF (che prescrive il contenuto del prospetto), in relazione a una condotta invece riconducibile al comma 7 del medesimo articolo (che dispone che devono essere menzionati in
un supplemento del prospetto eventuali fatti nuovi significativi o errori materiali o imprecisioni relativi alle informazioni contenute nel prospetto che siano atti a influire sulla valutazione dei prodotti finanziari). Il ricorrente è stato componente del consiglio di amministrazione a partire dal 2 dicembre 2014: la condotta omissiva ascritta al ricorrente nella delibera impugnata -evidenzia la Corte d’appello alla pag. 17 della sentenza impugnata si sostanzia nella mancata rappresentazione nei DR 2014 e DR 2015, incorporati nel prospetto di base del 2015, del fenomeno del ‘capitale finanziato’, la cui esistenza il ricorrente era tenuto, in base all’obbligo di agire informati espressamente sancito dal sesto comma dell’art. 2381 c.c. anche da parte degli amministratori privi di deleghe, a conoscere, così che non può andare esente da responsabilità per non avere ricevuto dalle funzioni interne della Banca un’informazione completa e corretta (pag. 31 della sentenza). Dopo avere ritenuto dimostrata la condotta contestata al ricorrente, condotta appunto inquadrabile nel secondo comma dell’art. 94 TUF, la Corte d’appello ha osservato, ad abundantiam , che quantomeno a partire dal 28 aprile 2015 avrebbe dovuto segnalare al consiglio di amministrazione la necessità di predisporre un supplemento del prospetto di base, il che ‘avrebbe impedito il protrarsi dell’illecito di cui si controverte appunto l’omessa rappresentazione di informazioni nella documentazione d’offerta che ebbe luogo sino al giorno della chiusura dell’offerta di acquisto o sottoscrizione delle azioni’ (pag. 33 della sentenza). L’infondatezza del primo motivo comporta l’assorbimento del secondo motivo, non avendo la Corte d’appello rilevato d’ufficio alcuna questione.
Il terzo motivo denuncia violazione degli artt. 5, quinto e sesto comma del d.lgs. n. 72/2015, 190bis , primo comma, lett. a), e 191, quinto comma, del d.lgs. n. 58/1998, e 3, 5, 25 e 117 Cost., nonché del principio generale sulla retroattività della norma penale
favorevole, falsa applicazione del principio generale sul tempus regit actum : le sanzioni previste dall’art. 191, secondo comma TUF, rientrano per la loro severità nell’ambito della materia penale, essendo riconducibili a tale materia -secondo quanto affermato dalla Corte EDU a partire dalla sentenza Engel -tutte quelle sanzioni che, pur se non qualificate come penali dagli ordinamenti nazionali, sono rivolte alla generalità dei consociati, perseguono uno scopo non meramente risarcitorio, ma repressivo e preventivo, hanno una connotazione afflittiva, potendo raggiungere un rilevante grado di severità; la sanzione amministrativa applicata al ricorrente soggiace pertanto al principio della retroattività della norma penale favorevole e non al principio c.d. del tempus regit actum .
Il motivo è infondato.
Come riconosce il ricorrente, questa Corte ha ripetute volte escluso la natura penale delle sanzioni previste dal testo unico finanziario diverse da quelle di cui agli artt. 187bis e ter TUF, ribadendo che i principi convenzionali non possono indurre a ritenere che una sanzione qualificata come amministrativa dal diritto interno abbia sempre e a tutti – gli effetti natura sostanzialmente penale (cfr., per tutte, Cass. n. 23814/2019; Cass. n. 1621/2018; Cass. n. 8855/2017; Cass. n. 770/2017 e Cass. n. 3433/2016). Le censure sollevate in giudizio dal ricorrente non adducono elementi decisivi per rivedere le soluzioni accolte, dovendosi confermare l’orientamento già espresso con riferimento alla medesima vicenda oggetto di causa (v. Cass. n. 1741/2022; Cass. n. 1770/2022; Cass. n. 5345/2022; Cass. n. 5347/2022 e Cass. n. 17399/2022).
II. Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del
ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, in favore della controricorrente, che liquida in euro 4.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, ex art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile, il 13 febbraio 2025.
Il Presidente NOME COGNOME