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Responsabilità amministratore: la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione ha confermato una sanzione dell’Autorità di vigilanza a un amministratore non esecutivo di una banca per non aver riportato nei prospetti informativi la pratica del ‘capitale finanziato’. Il ricorso, basato su presunte violazioni procedurali e sulla mancanza di conoscenza dei fatti, è stato respinto. La Corte ha ribadito l’esistenza di un dovere attivo di informazione per tutti gli amministratori e ha confermato il principio della presunzione di colpa, ponendo a carico dell’amministratore l’onere di dimostrare di aver agito senza colpa. La decisione rafforza i doveri di vigilanza all’interno degli organi societari.

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Responsabilità Amministratore: Dovere di Vigilanza Attiva Anche Senza Deleghe

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato i confini e la portata della responsabilità amministratore, in particolare per i consiglieri non esecutivi, nel contesto delle sanzioni irrogate dalle autorità di vigilanza finanziaria. La decisione sottolinea come il dovere di agire informati non sia una mera formalità, ma un obbligo sostanziale che richiede un ruolo proattivo nella supervisione della gestione aziendale, soprattutto in settori regolamentati come quello bancario.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una sanzione pecuniaria inflitta dall’Autorità di vigilanza dei mercati finanziari a un componente del Consiglio di Amministrazione (CdA) di un noto istituto di credito. La contestazione riguardava l’omessa indicazione, nei Prospetti di Base relativi agli anni 2014 e 2015, di informazioni cruciali riguardanti la pratica del cosiddetto ‘capitale finanziato’.

Questa pratica consisteva in finanziamenti erogati dalla stessa banca alla clientela per consentire loro di sottoscrivere o acquistare azioni proprie. Tale omissione, secondo l’Autorità, aveva impedito agli investitori di avere un quadro veritiero della situazione patrimoniale, economica e finanziaria della banca, viziando la loro capacità di formulare un giudizio fondato sull’investimento.

L’amministratore sanzionato proponeva opposizione, la quale veniva respinta dalla Corte d’Appello. Avverso tale decisione, l’amministratore presentava ricorso per cassazione, articolato in quindici motivi, che spaziavano da questioni di giurisdizione a vizi procedurali e a contestazioni sull’elemento soggettivo della colpa.

La Decisione della Cassazione sulla Responsabilità Amministratore

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo chiarimenti fondamentali su diversi aspetti della responsabilità amministratore e del procedimento sanzionatorio.

Giurisdizione e Correttezza del Procedimento Sanzionatorio

In primo luogo, la Corte ha respinto le eccezioni relative al difetto di giurisdizione del giudice ordinario e alla presunta incostituzionalità delle norme che la prevedono. Ha confermato che le opposizioni alle sanzioni dell’Autorità di vigilanza rientrano a pieno titolo nella cognizione del giudice ordinario.

Sono state altresì respinte le censure sui termini procedurali. La Corte ha chiarito che il termine per la contestazione dell’illecito decorre non dalla mera acquisizione della notizia, ma dal momento del ‘completo accertamento del fatto’, ossia da quando l’autorità ha terminato l’attività istruttoria necessaria a verificare l’infrazione. Questo garantisce all’organo di vigilanza un congruo tempo per le sue indagini complesse.

La Colpa e l’Onere della Prova

Un punto centrale della decisione riguarda l’elemento soggettivo dell’illecito. L’amministratore sosteneva che la sanzione fosse stata applicata a titolo di colpa, mentre la fattispecie avrebbe richiesto il dolo, e che, in ogni caso, non vi fossero prove della sua colpevolezza. La Cassazione ha ribadito l’applicabilità del principio generale sancito dalla Legge n. 689 del 1981, secondo cui per gli illeciti amministrativi è sufficiente la colpa.

Crucialmente, la Corte ha confermato l’esistenza di una ‘presunzione di colpa’ a carico dell’autore della violazione. Spetta quindi all’amministrazione provare l’elemento oggettivo dell’illecito (l’omissione informativa) e la sua riconducibilità al soggetto (la ‘suitas’), mentre grava sull’amministratore sanzionato l’onere di dimostrare di aver agito senza colpa, provando, ad esempio, l’esistenza di un elemento positivo che lo ha indotto a credere nella liceità della sua condotta.

Il Dovere di Informazione dell’Amministratore non Esecutivo

La parte più significativa della pronuncia riguarda i doveri degli amministratori privi di deleghe. Il ricorrente lamentava di non poter essere a conoscenza di pratiche complesse e celate dalla dirigenza. La Corte ha respinto nettamente questa linea difensiva, affermando che la normativa di settore, inclusa la normativa europea, impone obblighi stringenti a tutti i componenti del CdA, anche a quelli non esecutivi.

Essi sono tenuti ad ‘agire informati’ e a svolgere un ruolo centrale nella governance della banca. Questo dovere non si esaurisce nel prendere atto delle informazioni fornite dagli organi esecutivi, ma richiede un contributo attivo e una supervisione costante. L’esistenza di ‘segnali di allarme’ – come una richiesta di verifica da parte di un socio in assemblea, rimasta inascoltata, o il fatto che lo stesso ricorrente avesse indirettamente beneficiato di un finanziamento simile – avrebbe dovuto indurre l’amministratore ad attivarsi per ottenere maggiori informazioni e chiarimenti.

le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su un’interpretazione rigorosa dei doveri fiduciari degli amministratori. I giudici hanno sottolineato che, soprattutto nel settore bancario, la tutela del risparmio e la stabilità dei mercati impongono un livello di diligenza particolarmente elevato. La figura dell’amministratore non esecutivo non è quella di un mero spettatore, ma di un supervisore strategico che, grazie alla sua professionalità, deve contribuire a una sana e prudente gestione.
La Corte ha specificato che la responsabilità non è oggettiva, ma è ancorata alla colpa, consistente nel non aver rilevato colposamente i segnali di una gestione illecita e nel non essersi attivati per impedirla o mitigarla. La presunzione di colpa, in questo contesto, funge da strumento per rendere effettivo questo dovere di vigilanza: l’amministratore non può rimanere inerte e deve dimostrare di aver fatto tutto il possibile, secondo la diligenza richiesta dalla carica, per informarsi e intervenire.

le conclusioni

In conclusione, l’ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale che eleva lo standard di diligenza richiesto agli amministratori, in particolare a quelli senza deleghe operative. La decisione chiarisce tre punti fondamentali:
1. Ruolo Attivo: Gli amministratori non esecutivi non possono invocare la mancanza di conoscenza come scusante, ma devono assumere un ruolo proattivo nell’acquisizione di informazioni sulla gestione aziendale.
2. Onere della Prova: In caso di illecito amministrativo, la colpa si presume. È l’amministratore a dover fornire la prova liberatoria di aver agito con la massima diligenza.
3. Irrilevanza delle Difese Formali: Le eccezioni puramente procedurali sono destinate all’insuccesso quando la sostanza dell’illecito è provata e l’impianto sanzionatorio è giuridicamente solido.
Questa pronuncia rappresenta un importante monito per tutti coloro che ricoprono cariche societarie, ribadendo che la posizione di amministratore comporta oneri di vigilanza e responsabilità non delegabili.

Un amministratore senza deleghe (non esecutivo) è responsabile per le omissioni informative nei prospetti della società?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che anche gli amministratori non esecutivi hanno un dovere attivo di informarsi e supervisionare la gestione. Non possono giustificare la propria inerzia sostenendo di non essere stati a conoscenza dei fatti, specialmente in presenza di segnali di allarme che avrebbero dovuto indurli a indagare.

In caso di sanzione amministrativa finanziaria, chi deve provare la colpa dell’amministratore?
La sentenza chiarisce che vige una presunzione di colpa. L’Autorità di vigilanza ha l’onere di provare l’esistenza della violazione e la sua attribuibilità all’amministratore. Spetta poi a quest’ultimo dimostrare di aver agito senza colpa, fornendo la prova di aver adempiuto con diligenza ai propri doveri.

Il superamento dei termini per la contestazione da parte dell’Autorità di vigilanza rende nulla la sanzione?
Non necessariamente. La Corte ha stabilito che il termine per la contestazione decorre non dalla semplice notizia dell’illecito, ma dal momento in cui l’autorità ha completato l’istruttoria e ha un quadro chiaro e completo dei fatti. Questo garantisce all’organo di vigilanza il tempo necessario per accertamenti complessi, rendendo più difficile l’annullamento della sanzione per motivi puramente procedurali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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