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Responsabilità amministratore: dovere di informarsi

Il caso analizza la sanzione irrogata dall’autorità di vigilanza finanziaria a un vicepresidente di un istituto di credito per omissioni informative in prospetti relativi a un aumento di capitale. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del dirigente, confermando la sua colpevolezza e sottolineando come la responsabilità amministratore sussista anche in assenza di deleghe operative. La sentenza ribadisce il fondamentale dovere degli amministratori di informarsi attivamente sulla gestione societaria, specialmente in presenza di segnali di allarme, e chiarisce che l’onere di provare l’assenza di colpa grava sul sanzionato.

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Responsabilità Amministratore senza delega: il dovere di informarsi e le sanzioni Consob

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale nel diritto societario: la responsabilità amministratore, anche se privo di deleghe esecutive, non viene meno di fronte a irregolarità nella gestione aziendale. Il caso, relativo a sanzioni per omessa informazione in un prospetto finanziario, evidenzia come il ruolo di un consigliere non sia passivo, ma richieda un impegno attivo nel reperire informazioni e vigilare, pena la responsabilità personale. Analizziamo nel dettaglio questa importante decisione.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da una sanzione pecuniaria inflitta dall’autorità di vigilanza sui mercati finanziari al vicepresidente del consiglio di amministrazione di un noto istituto di credito. La contestazione riguardava la violazione degli obblighi informativi previsti dal Testo Unico della Finanza. In particolare, nei prospetti relativi a due aumenti di capitale deliberati nel 2014, erano state omesse informazioni cruciali per gli investitori.
Le principali omissioni contestate includevano:

1. Criteri di determinazione del prezzo delle azioni: Non era stato comunicato il divario significativo tra i diversi metodi di valutazione utilizzati.
2. Fenomeno del “capitale finanziato”: Era stata taciuta la prassi diffusa con cui la stessa banca finanziava i clienti per l’acquisto delle proprie azioni.
3. Andamento delle negoziazioni: Non si faceva menzione della crescente mole di ordini di vendita e della sostanziale illiquidità del titolo.

Il dirigente, sanzionato insieme ad altri esponenti della banca, proponeva opposizione, la quale veniva rigettata dalla Corte d’Appello. Avverso tale decisione, l’amministratore ricorreva in Cassazione, sollevando ben diciannove motivi di impugnazione.

La Decisione della Cassazione e la Responsabilità Amministratore

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la decisione dei giudici di merito e, di conseguenza, la legittimità della sanzione. L’ordinanza analizza puntualmente ogni censura, offrendo chiarimenti fondamentali sulla portata della responsabilità amministratore non esecutivo.

Tra i punti salienti, la Corte ha escluso:

* Il difetto di giurisdizione del giudice ordinario: La competenza a decidere sulle opposizioni alle sanzioni dell’autorità di vigilanza spetta al giudice ordinario.
* La decadenza del potere sanzionatorio: Il termine di 180 giorni per la contestazione decorre non dalla mera notizia del fatto, ma dal completamento dell’istruttoria da parte dell’autorità.
L’applicazione retroattiva di norme più favorevoli (ius superveniens): Per le sanzioni amministrative di natura non penale, vige il principio tempus regit actum*, per cui si applica la normativa vigente al momento della violazione.

Il cuore della decisione, tuttavia, risiede nell’analisi dell’elemento soggettivo dell’illecito, ovvero la colpa del consigliere.

Le Motivazioni della Corte

La Cassazione ha smontato la tesi difensiva secondo cui l’amministratore, essendo privo di deleghe operative, non poteva essere a conoscenza delle irregolarità. I giudici hanno ribadito che la normativa, sia civilistica (art. 2381 c.c.) sia di settore bancario, impone a tutti gli amministratori, inclusi quelli non esecutivi, un dovere di agire informati.

Questo dovere non si esaurisce nella ricezione passiva delle informazioni fornite dagli organi esecutivi, ma implica un ruolo proattivo. In presenza di “segnali di allarme” – come le denunce di un socio in assemblea sulla determinazione del prezzo delle azioni o le vistose anomalie nella gestione – l’amministratore non esecutivo ha l’obbligo di attivarsi per ottenere chiarimenti e approfondimenti. La sua inerzia configura una condotta colposa.

Inoltre, la Corte ha confermato la validità della presunzione di colpa stabilita dalla Legge n. 689/1981. Una volta che l’autorità di vigilanza ha provato la sussistenza della violazione (l’omissione informativa), grava sull’amministratore l’onere di dimostrare di aver agito senza colpa, fornendo la prova di una condotta diligente e immune da rimproveri. Nel caso di specie, tale prova non è stata fornita.

Conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso in tema di responsabilità amministratore. La carica di consigliere di amministrazione, anche senza deleghe, non è una posizione meramente onorifica. Comporta doveri precisi di vigilanza e un obbligo di informazione attiva che non può essere eluso. Gli amministratori non possono trincerarsi dietro la mancanza di poteri esecutivi per giustificare la propria ignoranza su fatti di gestione di rilevanza cruciale. La decisione funge da monito per tutti gli organi sociali, specialmente quelli operanti in settori regolamentati, ribadendo che una gestione sana e prudente richiede il contributo consapevole e diligente di ogni singolo componente del consiglio.

Un amministratore senza deleghe operative può essere ritenuto responsabile per informazioni omesse in un prospetto informativo?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che anche gli amministratori non esecutivi hanno un dovere di tenersi adeguatamente informati sulla gestione aziendale. Non possono invocare la mancanza di deleghe per escludere la propria colpa, specialmente in presenza di “segnali di allarme” che avrebbero dovuto indurli a richiedere maggiori informazioni e approfondimenti.

In caso di sanzione amministrativa finanziaria, su chi ricade l’onere di provare la colpa?
La sentenza ribadisce che, in base all’art. 3 della legge n. 689/1981, vige una presunzione di colpa. Una volta che l’autorità di vigilanza ha provato la condotta illecita, spetta al soggetto sanzionato dimostrare di aver agito senza colpa, provando di aver fatto tutto il possibile per adempiere diligentemente ai propri obblighi.

Le nuove leggi più favorevoli (ius superveniens) si applicano retroattivamente alle sanzioni amministrative dell’autorità di vigilanza?
No. La Corte ha stabilito che, per le sanzioni amministrative pecuniarie come quella in esame, che non hanno natura sostanzialmente penale, non si applica il principio del “favor rei” (applicazione della legge più favorevole). Vale invece il principio del “tempus regit actum”, secondo cui si applica la legge in vigore al momento della commissione dell’illecito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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