Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 32441 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 32441 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3579/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona dei curatori, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE giusta procura speciale del 13/05/2024
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME in proprio e nella qualità di legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE giusta procura in calce al controricorso
-controricorrente-
avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO GENOVA n. 102/2021 depositata il 24/12/2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-Il Fallimento RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso, affidato a quattro motivi, per la cassazione della sentenza del 24/12/2021con
cui la Corte d’appello di Genova, accogliendo il reclamo ex art. 18 l.fall. proposto da NOME COGNOME in proprio e nella qualità di legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE ha revocato la sentenza dichiarativa del fallimento della società- emessa dal Tribunale di Massa su richiesta del p.m. -ritenendone la non assoggettabilità alla procedura concorsuale ai sensi dell’art. 1, comma 2, l. fall.
1.1. –NOME COGNOME in proprio e nella qualità, ha resistito con controricorso.
1.2. -In data 3/4/2024 è stata formulata proposta di decisione accelerata del ricorso, ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c.
1.3. -Nel termine di quaranta giorni dalla comunicazione di detta proposta il difensore del ricorrente, munito di nuova procura speciale, ha chiesto la decisione del ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis, comma 2, c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. -Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., l’omesso esame del fatto decisivo, che risulterebbe dalla relazione ex art. 33 l.fall., costituito dalla mancata tenuta da parte di RAGIONE_SOCIALE delle scritture contabili obbligatorie -nonché facoltative previste dall’art. 2214 c.c. , non depositate agli atti del giudizio.
2.2. -Il secondo mezzo denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, comma 2, l.fall. e degli artt. 15 e 18 l.fall., per aver la c orte d’ appello omesso di applicare la regola secondo cui, ai fini della prova del mancato superamento della soglia d’indebitamento prevista dall’art. 1, comma 2, lett. c), l.fall., in assenza di bilanci di esercizio regolarmente approvati, è onere dell’imprenditore produ rre dati contabili attendibili.
2.3. -Il terzo motivo deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1, comma 2, lett. c), 15 e 98 l.fall., per avere la corte d’ appello ritenuto che lo stato passivo fallimentare acquisito nel corso del reclamo, sebbene parziale e provvisorio, per le carenze contabili della fallita, potesse essere rappresentativo dell’effettiva entità dell’indebitamento di RAGIONE_SOCIALE
2.4. -Con il quarto mezzo ci si duole della violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1, comma 2, lett. a), 15 e 18 l.fall. per aver la corte d ‘a ppello erroneamente escluso il superamento della soglia dell’attivo patrimoniale pur avendo accertando l’esistenza di un ingente credito di RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE
-Il Collegio condivide la proposta di definizione del ricorso in termini di inammissibilità dei motivi, non ravvisando elementi idonei ad un ripensamento dell ‘esito ivi prospettato .
-Dalla sentenza impugnata risulta che il tribunale aveva dichiarato il fallimento della società per difetto di prova del mancato superamento dei requisiti dimensionali previsti dall’art. 1, comma 2, l.fall. «in forza del l’omesso deposito degli ultimi tre bilanci utili (anni 2017-2018-2019)» e desumendo lo stato di insolvenza da tale omissione, nonché dalla cessazione dei rapporti con i dipendenti e dalla esistenza di un debito di € 370.296,28 nei confronti dell’Erario.
4.1. -La corte territoriale ha valutato la documentazione prodotta dai reclamanti («prospetti dei ricavi utili e debiti relativi agli anni 2017-2018-2019-2020, da cui risultano per ciascun anno attivo di € 28.534,00, utili e debiti 370.296,28; libro delle fatture, da cui si evince la totale assenza di movimentazioni»), quella prodotta dal P.G. («atti di un procedimento penale a carico dell’amministratore della società») e lo stato passivo fallimentare acquisito ex officio (« da cui emerge il debito verso l’Erario privilegiato per € 298.509,32 e chirografario per € 75.765,99 e un modesto debito, inferiore a € 1.000,00, nei confronti della Regione Toscana»).
4.2. -Sulla base del riferito compendio documentale, ha accertato che: «quanto ai debiti, essi sono sicuramente sotto la soglia di € 500.000,00 come emerge dallo stato passivo acquisito»; quanto ai ricavi, che essi sono assenti nel triennio antecedente la dichiarazione di fallimento, poiché, «come dichiarato dalla Guardia di Finanza nella nota 23.3.2020, la società non è più operativa dal 2009, epoca da cui non ha più dipendenti, il che conferma il dato emergente dai registri IVA»; « quanto all’attivo, dagli atti del procedimento penale a carico dell’amministratore … emerge che una volta che la società era gravata di debiti verso l’Erario, veniva costituita una nuova società, la RAGIONE_SOCIALE, deputata alla
prosecuzione del l’attività nella stessa sede e con le medesime attrezzature e gli stessi dipendenti , e l’amministrazione della società veniva affidata a un prestanome», donde «la conferma che fin dal 2009 la società era stata ridotta ad una mera scatola vuota, priva di attivo e ricavi e destinata solo a contenere i debiti».
4.3. -I giudici del reclamo hanno quindi concluso che, «essendo i debiti rimasti sotto soglia, ed essendo venuti meni l’attivo e i ricavi nel triennio, la società non ha i requisiti dimensionali per la fallibilità» di cui all’art. 1, comma 2, l.fall.
-Così ricostruito il tessuto motivazionale della decisione impugnata, il primo motivo risulta inammissibile per il mancato rispetto dei canoni del novellato art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c. che onerano il ricorrente di indicare -nel rispetto degli artt. 366, comma 1, n. 6), e 369, comma 2, n. 4), c.p.c. -il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (Cass. Sez. U, 8053/2014; conf., ex plurimis , Cass. 27415/2018).
Al di là del rilievo del mancato deposito dei bilanci, infatti, nella decisione impugnata non vi è traccia né della discussione di questo aspetto né dell’acquisizione della relazione ex art. 33 l.fall.
Ma soprattutto la circostanza di cui si lamenta l’omess o esame -e cioè la mancata tenuta regolare delle scritture contabili -non risulta decisiva, e cioè tale da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a risultare priva di fondamento (Cass. Sez. U, 8503/2014; conf., ex aliis , Cass. 19150/2016, 27415/2018, 3110/2022, 15733/2022).
5.1. -Diversamente opinando, di fronte alla mancata o irregolare tenuta delle scritture contabili obbligatorie non residuerebbe alcuno spazio per quell’istruttoria , anche officiosa, che invece la legge fallimentare prescrive in ottica ‘deflattiva’ , al fine di evitare la dichiarazione di fallimento di imprese che, nel triennio di
riferimento, abbiano avuto dimensioni oggettivamente modeste (Cass. 24721/2015, 8965/2019; cfr. Corte cost. 198/2009).
5.2. -In effetti, s econdo l’insegnamento costante di questa Corte, il debitore, sul quale grava pacificamente l’onere della prova della sussistenza dei requisiti di non fallibilità ex art. 1, comma 2, l.fall. (Cass. 10253/2022, 33091/2018), può assolverla non solo con la produzione dei bilanci degli ultimi tre esercizi previsti dall’art. 15, comma 4, l.fall. -i quali, se regolarmente formati, approvati e depositati presso il registro delle imprese (Cass. 24138/2019, 33091/2018), costituiscono una fonte privilegiata e non già una prova legale (Cass. 31353/2022, 9045/2021), comunque soggetta al prudente apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità dei dati contabili in essi contenuti (Cass. 14819/2022, 24138/2019) -ma anche con strumenti probatori alternativi (Cass. 5047/2023, 10253/2022), avvalendosi a tal fine delle scritture contabili dell’impresa e di qualunque altro documento, formato da terzi o dalla parte stessa, suscettibile di fornire la rappresentazione storica dei fatti e dei dati economici e patrimoniali della stessa (Cass. 29809/2023, 35381/20222).
5.2. -Non è allora censurabile in questa sede la scelta della corte d’appello di avvalersi, ai fini dell’accertamento dei requisiti dimensionali, sia della documentazione prodotta dal reclamante, sia di ulteriori elementi probatori ritenuti idonei a riscontrarne l’attendibilità , quali lo stato passivo fallimentare (per i debiti), la relazione della Guardia di Finanza (per i ricavi) e le risultanze del procedimento penale (per l’atti vo).
-Le conclusioni appena tratte si riverberano sul secondo motivo, ove il ricorrente torna a lamentare che la corte d’appello abbia ritenuto non superate le soglie soggettive di fallibilità «nonostante l’assenza di scritture contabili ex art. 2214 c.c.».
6.1. -Invero, le contestazioni ivi analiticamente sviluppate contro l’utilizzo delle risultanze istruttorie di cui si è detto (delle quali parte controricorrente eccepisce anche la novità) integrano censure inammissibili, perché totalmente versate nel merito.
6.2. -Si è infatti ripetutamente chiarito che, come i bilanci, anche gli ‘strumenti probatori alternativi’ sono soggetti al prudente apprezzamento che l’art. 116 c.p.c. riserva al giudice del merito (Cass. 205/2020, 30516/2018), cui compete valutare l’eventuale inattendibilità della documentazione prodotta, al fine di ritenere eventualmente non assolto l’onere probatorio che grava pacificamente sul debitore (Cass. 19351/2023, 10220/2022).
-Le osservazioni svolte nel terzo motivo, per cui lo stato passivo fallimentare esecutivo non potrebbe « in alcun modo essere rappresentativo dell’effettiva entità dell’indebitamento di RAGIONE_SOCIALE», oltre a difettare di specificità -circa l’entità di ulteriori crediti in ipotesi insinuati tardivamente -si infrangono sul principio in base al quale la valutazione del materiale probatorio è attività riservata in via esclusiva al giudice di merito, il quale non è tenuto ad esprimersi analiticamente su ciascuna risultanza istruttoria né a confutare ogni singola deduzione delle parti (Cass. 25188/2017, 28916/2020), essendo sufficiente che indichi le ragioni del proprio convincimento, in modo da rendere evidente che quelle logicamente incompatibili sono state implicitamente rigettate (Cass. 956/2023, 29860/2022).
-Il quarto motivo, oltre a risentire del difetto di specificità e della novità segnalati dai controricorrenti, sembra frutto di un travisamento della ratio decidendi , non risultando affatto dalla sentenza impugnata che i giudici del reclamo abbiano «accertato l’esistenza di un ingente credito» della fallita RAGIONE_SOCIALE verso RAGIONE_SOCIALE, tale da poter essere i ncluso nell’ammontare dell’attivo o dei ricavi superando le relative soglie.
La corte d’appello si è infatti limitata a riportare quanto risultava, all’epoca, dal procedimento penale in corso , avuto riguardo al l’operazione in tesi illecita, perché distrattiva -che sin dal 2009 aveva reso RAGIONE_SOCIALE ‘una scatola vuota’, al fine di desumerne però l’assenza di attivo patrimoniale ai sensi dell’art. 1, comma 2, lett. a), e non l’esistenza d i un credito.
-Occorre infine dar conto , in relazione al disposto dell’art. 380-bis, comma 3, c.p.c. che, trattandosi di giudizio pendente alla data del 28 febbraio 2023 (Cass. Sez. U, 10955/2024) e deciso in piena conformità alla proposta ex art. 380-bis c.p.c., vanno disposte,
in uno alla condanna alla rifusione delle spese processuali, anche la condanna del ricorrente, soccombente, al pagamento in favore della controparte di una somma equitativamente determinata, ai sensi dell’art. 96 , comma 3, c.p.c., nonché l ‘ulteriore condanna al pagamento di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, non inferiore ad euro 500,00 e non superiore ad euro 5.000,00 , ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c., il tutto come liquidato in dispositivo.
9.1. -Si è detto, infatti, che l’art. 380-bis, comma 3, c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022) -che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta di decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per l e condanne di cui ai commi terzo e quarto dell’art. 96 c.p.c. -codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente (Cass. Sez. U, 27433/2023, 28540/2023; conf. Cass. 11346/2024).
-Sussistono infine i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per l’impugnazione proposta, se dovuto, a norma del comma 1 -bis dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 115/02.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente a pagare al controricorrente, in proprio e nella qualità, le spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00 e agli accessori di legge e la somma di € 7.000,00, equitativamente determinata ex art. 96, comma 3, c.p.c. nonché a versare al la cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c., la somma di €. 2. 500,00.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti
processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 02/10/2024.