Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3536 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3536 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14737/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’ Avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE giusta procura speciale allegata al ricorso
– ricorrente
–
contro
FALLIMENTO N. 33/2022 di RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOME
– intimati
–
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 4017/2023 depositata il 5/6/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/1/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 35/2022 del 13 gennaio 2022, dichiarava il fallimento di RAGIONE_SOCIALE su istanza della ex dipendente NOME COGNOME creditrice della somma di € 43.853,33.
La Corte d’appello di Roma, a seguito del reclamo presentato dalla società debitrice, constatava che RAGIONE_SOCIALE
presentato al registro delle imprese il bilancio 2019 (approvato dall’assemblea dei soci il 26 marzo 2021) e il bilancio 2020 (non approvato dall’assemblea) soltanto dopo la dichiarazione di fallimento, mentre il bilancio 2018 (approvato dall’assemblea dei soci) non era stato depositato.
Osservava che la reclamante aveva depositato i registri I.V.A. e gli estratti dei conti correnti accesi presso Unicredit s.p.a. e B.N.L. s.p.a. relativi agli anni 2019 e 2020.
Rilevava che i bilanci di riferimento non erano stati tutti approvati e depositati tempestivamente al registro delle imprese, evidenziando che era impossibile procedere alla verifica dei dati negli stessi riportati, in mancanza delle dichiarazioni fiscali relative ai medesimi esercizi.
Constatava che non era stata prodotta neppure la relazione contenente la rappresentazione della situazione patrimoniale, economica e finanziaria della società alla data (23 settembre 2021) di presentazione dell’istanza di fallimento, cosicché era impossibi le effettuare una valutazione di chiusura attualizzata a quell’epoca e apprezzare in termini di effettività la dichiarata insussistenza di debiti di ammontare superiore a € 500.000.
Aggiungeva che dal verbale di verifica dello stato passivo emergeva l’ammissione di crediti superiori a € 400.000, da sommarsi al credito vantato dalla compagine proprietaria dell’azienda concessa in affitto a RAGIONE_SOCIALE
Giudicava, pertanto, che la presunzione di fallibilità non potesse ritenersi efficacemente superata, considerato, da una parte, che i bilanci presentati non erano stati approvati e depositati presso il registro delle imprese ai sensi dell’art. 2435 cod. civ., dall’altra che la documentazione contabile prodotta era insufficiente e inadeguata a rappresentare l’effettiva realtà dell’impresa.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza di rigetto del reclamo, depositata in data 5 giugno 2023, prospettando un unico, articolato, motivo di doglianza.
Gli intimati fallimento di RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME non hanno svolto difese.
A seguito della proposta di definizione del giudizio, formulata da questa Corte ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. e ritualmente comunicata, la parte ricorrente, a mezzo del difensore munito di nuova procura speciale, ha chiesto la decisione del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il motivo di ricorso presentato, sotto la rubrica ‘ violazione dell’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. per omesso, insufficiente e contraddittorio esame su fatti decisivi per la decisione oggetto di pieno contraddittorio e discussione nella fase del reclamo. Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 L.F. Mancat o approfondimento della questione concernente l’esistenza di crediti che integrano l’insolvenza tramite l’esame della documentazione prodotta e la valutazione della stessa ‘, assume che la Corte d’appell o abbia omesso e comunque insufficientemente valutato la documentazione depositata dalla difesa.
Più precisamente la Corte distrettuale, in tesi,: i) non ha indicato le ragioni sulla base delle quali aveva ritenuto non attendibili i bilanci prodotti, omettendo di considerare la coerenza delle dichiarazioni I.V.A. tempestivamente presentate e prodotte in giudizio con i dati risultanti dai bilanci al fine di valutare l’attendibilità di questi ultimi; ii) ha affermato che il reclamante non aveva prodotto le dichiarazioni fiscali relative agli esercizi di riferimento senza avvedersi che le dichiarazioni I.V.A. relative a tali esercizi, in realtà, erano state depositate e confermavano l’attendibilità dei dati riportati nei bilanci prodotti; iii) non ha considerato che per le annualità 2019 e 2020 il dato relativo ai ricavi lordi, sempre inferiore al limite fissato per la fallibilità, trovava sostanziale conferma nelle dichiarazioni fiscali e
nei dati contabili; iv) non ha tenuto conto del fatto che i dati dell’attivo patrimoniale riportati in ciascun bilancio del triennio (e confermati, rispetto all’attivo circolante, dalla complessiva movimentazione dei conti correnti societari), risultavano costantemente ed ampiamente inferiori alla soglia di fallibilità prevista dall’art. 1 l. fall.; v) non ha tenuto presente che l’importo dei debiti non aveva mai superato il limite di fallibilità di € 500.000; vi) aveva nella sua disponibilità il fascicolo della fase prefallimentare, che comprendeva la rappresentazione esaustiva della situazione patrimoniale della società al momento della dichiarazione di fallimento; vii) ha erroneamente valutato l’importo dei crediti ammessi al passivo, che non erano stati affatto di importo superiore a € 400.000 ma erano risultati pari a € 287.300,50, a seguito dell’esclusione di una serie di istanze fra cui quella della proprietaria dell’azienda concessa in affitto a Parmaroma.
Il motivo, nella sua complessità, risulta inammissibile. Ciò, in primo luogo , per tutte le ragioni già illustrate all’interno della proposta di definizione anticipata del 19 giugno 2024, che il collegio condivide e fa proprie.
In particolare, tale proposta ha già opportunamente osservato che la doglianza in esame ‘ mescola in modo irrituale vizi eterogenei (Cass. Sez. U, 32415/2021; ex plurimis Cass. 7345/2023, 17470/2018), non rispetta i canoni imposti dal novellato art. 360 n. 5 c.p.c. (Cass. Sez. U, 8503/2014; ex plurimis, Cass. 27415/2018) e, sotto l’apparente de duzione di una violazione di legge, mira ad una diversa valutazione degli elementi probatori scrutinati dai giudici del reclamo -in particolare la documentazione depositata, che si assume non considerata (in parte perché asseritamente reputata non prodotta per un supposto errore di ipotetica natura revocatoria) o non sufficientemente valutata -come se il giudizio di legittimit à̀ costituisse un ulteriore grado di merito (Cass. Sez. U, 34476/2019) ‘.
5.1 È opportuno aggiungere che secondo la giurisprudenza di questa Corte il giudice può non tenere conto dei bilanci degli ultimi tre esercizi ai fini dell’integrazione dei requisiti di non fallibilità ove essi non risultino approvati e regolarmente depositati (cfr. Cass. n. 22403 del 2019; Cass. n. 33091 del 2018); infatti, ragioni di tutela, anche a fini concorsuali, di coloro che siano venuti in contatto con l’impresa (potendo aver fatto affidamento sulla fallibilità, o meno, dell’imprenditore in base ai dati di bilancio) fanno sì che l’esame di tali documenti contabili, ove non depositati o non tempestivamente depositati, possa dar luogo a dubbi circa la loro attendibilità, anche in conseguenza delle tempistiche osservate (o non osservate) nell’esecuzione di questi adempimenti formali, sicché, in tali casi, il giudice potrà motivatamente non tenere conto dei bilanci prodotti, di conseguenza rimanendo l’imprenditore diversamente onerato della prova circa la sussistenza dei requisiti della non fallibilità.
Ai fini della prova della sussistenza dei requisiti di non fallibilità sono poi ammissibili strumenti probatori alternativi al deposito dei bilanci degli ultimi tre esercizi di cui all’art. 15, comma 4, l. fall.: questi ultimi, invero, costituiscono strumento di prova privilegiato, in quanto idonei a chiarire la situazione patrimoniale e finanziaria dell’impresa, senza assurgere, però, a prova legale, essendo soggetti alla valutazione, da parte del giudice, dell’attendibilità dei dati contabili ivi contenuti secondo il suo prudente apprezzamento ex art. 116 cod. proc. civ. (cfr. Cass. 24138/2019, Cass. 30541/2018).
5.2 Nel caso di specie la Corte di merito, facendo puntuale applicazione dei principi appena illustrati, ha rilevato l’inattendibilità dei bilanci prodotti, spiegando che, oltre a difettare l’approvazione del bilancio per l’esercizio 2020, tutti non risult avano depositati tempestivamente presso il registro delle imprese (poiché il deposito non era stato effettuato, per il bilancio 2018, ovvero era avvenuto soltanto dopo la dichiarazione di fallimento, per i bilanci 2019 e 2020), né erano accompagnati dalla documentazione fiscale relativa
ai medesimi esercizi, rimanendo così impedita la verifica dell’esattezza del loro contenuto.
5.3 Ciò constatato, occorre rilevare come il mezzo in esame non sollevi alcuna specifica censura rispetto agli accertamenti compiuti in ordine al bilancio per l’esercizio 2018 (limitandosi a sostenere, al contrario di quanto accertato dalla Corte di merito, che tale bilancio risultava già tempestivamente depositato).
Tanto basta per ritenere non assolto l’onere incombente sull’imprenditore di fornire la prova del mancato superamento dei limiti dimensionali previsti dall’art. 1, comma 2, l. fall.
Invero, l’espressione ‘possesso congiunto’ utilizzata in esordio dall’art. 1, cpv., l. fall. impone che il mancato superamento sia stato mantenuto rispetto a ciascun parametro di non fallibilità e rispetto al periodo temporale di riferimento (tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento per i requisiti di cui alle lettere a ) e b) ovvero al momento della dichiarazione di fallimento, per il requisito sub c); cfr. Cass. 3158/2018), sicché non sfugge al fallimento l’imprenditore che a bbia superato anche solo uno dei valori soglia per una sola volta (cfr. Cass. 23271/2023, Cass. 2711/2021).
Risultano, di conseguenza, inammissibili, per mancanza di decisività, le censure che investono le valutazioni compiute dalla Corte di merito rispetto alle successive annualità.
5.4 Giova aggiungere, da ultimo, che il travisamento del contenuto oggettivo della prova – che ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio -trova il suo istituzionale rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, laddove ricorrano i presupposti richiesti dall’art. 395, n. 4, cod. proc. civ. (Cass., Sez. U., 5792/2024).
Ne discende l’inammissibilità del profilo di censura riguardante l’accertamento dell’ammontare dei debiti ammessi al passivo, in
quanto l’eventuale svista compiuta dal collegio del reclamo nel leggere il verbale di verifica dello stato passivo doveva essere censurata attraverso l’impugnazione per revocazione per errore di fatto, in presenza dei presupposti richiesti dall’art. 395, n. 4, cod. proc. civ.
In virtù delle ragioni sopra illustrate il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
La mancata costituzione in questa sede delle parti intimate esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.
Poiché il ricorso è deciso in conformità alla proposta formulata ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ.), deve essere applicata la sanzione processuale di cui all’art. 96, comma 4, cod. proc. civ., dato che l’art. 380bis , comma 3, cod. proc. civ. (come novellato dal d. lgs. 149/2022) – che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ. – codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, in quanto non attenersi a una valutazione del proponente poi confermata nella decisione definitiva lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente (Cass., Sez. U., 27433/2023, Cass., Sez. U., 28540/2023).
Non esime dall’applicazione di tale sanzione processuale la mancata costituzione delle parti intimate.
Infatti, in caso di ricorso al procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, di cui all’art. 380bis cod. proc. civ. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), la condanna del ricorrente al pagamento della somma di cui all’art. 96, comma 4, cod. proc. civ. in favore della cassa delle ammende – nel caso in cui egli abbia formulato istanza di decisione (ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 380bis cod. proc. civ.) e la Corte abbia definito il giudizio in conformità alla proposta – deve essere pronunciata anche qualora nessuno dei soggetti intimati
abbia svolto attività difensiva, avendo essa una funzione deterrente e, allo stesso tempo, sanzionatoria rispetto al compimento di atti processuali meramente defatigatori (Cass., Sez. U., 27195/2023, Cass. 27947/2023).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la parte ricorrente, ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ., al pagamento della somma di € 4.000 in favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto. Così deciso in Roma in data 15 gennaio 2025