Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27591 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 27591 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/10/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 6932/2019 R.G. proposto da: COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
COGNOME NICCOLA
-intimato-
avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 1770/2018 depositata il 24/07/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Udite le conclusioni della Procura Generale nella persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
FATTI DELLA CAUSA
1.In causa di divisione ereditaria tra NOME e NOME COGNOME, la Corte di Appello di Firenze rigettava l’appello di quest’ultima contro la sentenza del Tribunale di Pisa con cui, tra l’altro, essa appellante, chiamata a rendere il conto della gestione di un conto corrente bancario intestato al defunto NOME COGNOME, per operare sul quale aveva avuto la delega e che, alla data del 18 aprile 2007, presentava un attivo di 124.897,54 euro mentre il 29 gennaio 2008, data del decesso del dante causa, presentava un attivo di 2172,87 euro, era stata condannata a restituire alla massa 131.237,42 euro pari alla somma dei prelievi effettuati e non adeguatamente giustificati.
NOME COGNOME impugna la sentenza di appello sostenendone la illegittimità per sei motivi. NOME COGNOME è rimasto intimato.
3.La Procura Generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
La ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo di ricorso si lamenta l’ ‘omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, art. 360, n.5 c.p.c. in relazione agli artt. 1399 e 1712 c.c.’. La ricorrente deduce che, nel costituirsi in appello, aveva affermato che il de cuius non aveva mai ‘sollevato questioni’ sulla sua gestione del conto corrente, che NOME COGNOME non aveva contestato tale affermazione e che la Corte di Appello avrebbe omesso di statuire circa ‘il valore di ratifica’ dell’operato della ricorrente da parte del de cuius.
Il motivo è inammissibile.
L’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. n. 83 del 2012, conv. dalla l. n. 143 del 2012, prevede l'”omesso esame” come riferito ad “un fatto decisivo per il giudizio” ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni” che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate (Cass. n.2268 del 26/01/2022).
Nel caso di specie la ricorrente non deduce che la Corte di Appello abbia omesso l’esame di circostanze in senso storico naturalistico ma che la Corte di Appello abbia omesso di ‘pronunciare’ su allegazioni introdotte per la prima volta in appello.
Neppure ipotizzabile è la riqualificazione del motivo in termini di omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 c.p.c. non essendo, a detta della stessa ricorrente, la allegazione di intervenuta ratifica, stata posta a base di eccezione ritualmente sollevata in primo grado, riproposta davanti alla Corte di appello e su cui pertanto quest’ultima dovesse pronunciare.
3. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta la ‘violazione di norma di legge e processuale, art. 360, n. 3 e n. 4 c.p.c. in relazione agli artt. 1713 c.c. e 263 c.p.c.’. La ricorrente sostiene che la Corte di Appello ha errato nel ritenerla tenuta a rendere il conto della gestione del rapporto di conto corrente bancario intestato al de cuius perché quale delegata ad operare sul conto avrebbe potuto essere richiesta non di ‘un rendiconto generale ma solo di singole poste’.
4. Il motivo è infondato.
L’istituto del rendiconto di cui all’art. 263 e ss. c.p.c., strumento che mira a consentire di controllare le modalità della gestione contestata, opera, per previsione espressa, esclusivamente in relazione a determinati, specifici rapporti giuridici, caratterizzati in genere da una situazione di amministrazione di beni altrui. Fuori di
questi casi il ricorso alla procedura di cui agli artt. 263 e ss. c.p.c. è facoltativo e la ammissione del rendiconto rientra nei poteri discrezionali del giudice del merito il quale può disporlo o preferire altri mezzi di prova. Questo principio, come la Corte ha avuto modo di precisare, vale anche in tema di divisione ereditaria ove l’art. 723 cod. civ. prescrive che i condividenti, nel corso delle operazioni divisionali, si rendano i conti (tra molte, Cass. Sez. 2, sentenza n. 1529 del 21/02/1985).
È indiscutibile, pertanto, che nella presente causa di divisione ereditaria legittimamente sia stato ordinato alla ricorrente, la quale in forza di delega aveva la possibilità di gestione del conto corrente, di presentare il rendiconto della gestione stessa.
5. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta la violazione dell’artt.115 c.p.c. Deduce la ricorrente che nella comparsa di costituzione di primo grado aveva allegato di avere effettuato 10 pagamenti, indicati con data, importo e causale, mediante somme prelevate dal conto corrente del padre, che NOME COGNOME nella prima memoria ex art. 183 c.p.c. aveva ‘trattato in 9 scarne righe il problema dei prelievi senza però riferirsi ad alcuno di quelli’ allegati, che il Tribunale di Pisa aveva ritenuto le spese non rendicontate, che la Corte di Appello aveva confermato la decisione del Tribunale contravvenendo così all’art. 115 c.p.c. in forza del quale tali spese avrebbero dovuto essere ritenute giustificate in quanto non contestate.
6.Il motivo è inammissibile.
La Corte di Appello ha affermato che per le ‘voci di uscita dal conto’ corrente elencate da NOME COGNOME nella comparsa di costituzione di primo grado non poteva valere l’onere di specifica contestazione e che quindi NOME COGNOME non era ‘caduto in alcuna preclusione’ in quanto tali voci erano state allegate senza l’indicazione ‘degli elementi funzionali alla individuazione ed al vaglio delle modalità di esecuzione dell’incarico’ e quindi in modo
da non consentire di stabilire se l’operato di NOME COGNOME fosse stato adeguato a criteri di buona amministrazione (la Corte di Appello ha richiamato, riprendendone alcune espressioni, la pronuncia della Corte di Cassazione n.19991/12, in tema di limiti dell’onere di specificità delle contestazioni del conto reso ex art. 263 c.p.c.). L’art. 115 c.p.c. prevede che la mancata contestazione specifica di circostanze di fatto produce l’effetto della “relevatio ab onere probandi”. L’onere di specifica contestazione si coordina con quello di allegazione dei fatti di causa sicché, ove l’allegazione dei fatti non sia stata puntuale, l’onere non scatta. Va poi osservato che così come spetta al giudice del merito apprezzare, nell’ambito del giudizio di fatto al medesimo riservato, l’esistenza ed il valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte (Cass. n.3680 del 07/02/2019), così spetta al giudice del merito stabilire, nel quadro dell’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza dell’atto della parte, se le allegazioni contenutevi siano o non siano puntuali tanto da poter e dover essere oggetto di contestazione specifica. Ne consegue l’inammissibilità della censura rivolta contro il giudizio della Corte di Appello di non (sufficiente) puntualità delle allegazioni effettuate dalla attuale ricorrente in primo grado.
7. Con il quarto motivo di ricorso si lamenta la ‘violazione di norma processuale, art. 360 n. 4 c.p.c., in relazione all’artt.112 c.p.c.’ Deduce la ricorrente che nella citazione originaria, NOME COGNOME aveva scritto che il conto corrente per operare sul quale NOME COGNOME aveva avuto la delega, presentava ‘alla data del 18 aprile 2007’ un attivo di 124.897,54 euro mentre il 29 gennaio 2008, data del decesso del dante causa, un attivo di 2172,87 euro, che NOME COGNOME aveva, con la prima memoria ex art. 183, sesto comma, c.p.c., ‘delineato un conteggio di entrate e di uscite del padre fin dal 2003’ ed aveva poi, ‘nella memoria istruttoria, esplicitato di chiedere il rendiconto fino dal luglio del 2005’, che
Tribunale aveva ordinato ad essa ricorrente di rendere il conto dal luglio del 2005, che essa aveva reso il conto a far data dal 18 aprile 2007, in conformità alla domanda attorea, che il Tribunale aveva dichiarato il rendiconto ‘incompleto’ e ritenuto, conseguentemente, che NOME COGNOME non avesse l’onere di contestarne le singole annotazioni, che la Corte di Appello ha dichiarato inammissibile e infondato il motivo di appello rivolto contro la suddetta dichiarazione del Tribunale siccome in violazione dell’art. 112 c.p.c., così a sua volta incorrendo nella medesima violazione.
8. Il motivo è inammissibile.
8.1. La Corte di Appello, dopo avere dichiarato il motivo di appello inammissibile perché riprositivo di tesi già confutate dal Tribunale, ha comunque esaminato il motivo di appello nel merito e ne ha dichiarata l’infondatezza sul rilievo per cui, al contrario di quanto sostenuto da NOME COGNOME, nella pagina 8 della citazione ‘non si ravvisa alcuna limitazione temporale di rendiconto’, nella pagina 9 viene ‘indica una esemplificazione del rapido prosciugamento del conto nel periodo prossimo alla morte del de cuius’, nella pagina 6 della citazione ‘si rinviene l’obbligo di ricostruire il patrimonio mobiliare del defunto nell’ipotesi in cui la NOME COGNOME avesse effettuato prelievi indebiti privi di titolo giustificativo dal conto corrente’.
8.2. Alla dedotta violazione dell’art. 112 c.p.c., per aver la Corte di Appello esteso l’obbligo di rendiconto al di là dei limiti temporali per cui il rendiconto era stato domandato, è sotteso che i giudici di merito hanno interpretato la citazione originaria in un dato modo ossia come non contenente una limitazione temporale della richiesta di rendiconto dal 18 aprile 2007 mentre la citazione conteneva detta limitazione.
Il motivo in sostanza sottende la possibilità di contrapporre una interpretazione di un atto di parte a quella datane dai giudici di merito. Tale possibilità, tuttavia, non sussiste essendo
l’interpretazione dell’atto della parte riservata al giudice del merito e non sindacabile se non sotto il profilo del difetto di motivazione. Questa Corte ha già puntualizzato: ‘Nel giudizio di legittimità va tenuta distinta l’ipotesi in cui si lamenti l’omesso esame di una domanda da quella in cui si censuri l’interpretazione che ne ha dato il giudice del merito. Nel primo caso si verte in tema di violazione dell’articolo 112 c.p.c. e si pone un problema di natura processuale, per la soluzione del quale la RAGIONE_SOCIALE ha il potere-dovere di procedere all’esame diretto degli atti onde acquisire gli elementi di giudizio necessari ai fini della pronuncia richiesta. Nel secondo caso invece, poiché l’interpretazione della domanda e l’individuazione del suo contenuto integrano un tipico accertamento di fatto riservato, come tale, al giudice del merito, in sede di legittimità va solo effettuato il controllo della correttezza della motivazione che sorregge sul punto la decisione impugnata’ (Cass. n.30684 del 21/12/2017).
9. Con il quinto motivo di ricorso si lamenta la ‘violazione di norma di legge, art. 360 n.3, c.p.c., in relazione agli artt.263 e 264 c.p.c.’ Deduce la ricorrente che la Corte di Appello ha errato nel ritenere che il rendiconto non fosse ordinato e completo perché riferito solo al periodo successivo al 18 aprile 2007 e che quindi non vi fosse per NOME COGNOME l’obbligo di contestarne le appostazioni in modo specifico ai sensi dell’art. 264 c.p.c. Avrebbe solo potuto ritenere che il rendiconto fosse mancato per il periodo anteriore (dal luglio 2005 al 18 aprile 2007) con la conseguenza che avrebbe dovuto ritenere onerato NOME COGNOME dell’onere di specifica contestazione delle annotazioni indicate.
10. Il motivo è inammissibile.
La Corte di Appello ha escluso che la ‘mancata impugnazione delle varie partite da parte di NOME COGNOME dopo che era stato reso il conto’ potesse essere interpretata come ‘accettazione tacita’ del conto stesso dato che solo ‘un rendiconto ordinato e completo può comportare una impugnativa specifica’. Secondo l’insindacabile
giudizio della Corte di Appello, dunque, il rendiconto era non solo incompleto sotto il profilo della estensione temporale ma anche non ordinato.
11. Il sesto motivo di ricorso è rubricato ‘violazione di norma di legge, art. 360 n.4, c.p.c., in relazione agli artt.263 e 264 c.p.c.’. La ricorrente contesta la decisione della Corte di Appello di non ammettere due capitoli di prova per testi finalizzati a confermare che il de cuius aveva effettuato in contanti nel periodo successivo al 18 aprile 2007 due pagamenti in favore ‘del geometra COGNOME di Pontedera’. Scrive la ricorrente che ‘qualora, in forza del precedente motivo di ricorso (il n.4), codesta Corte ritenga -come crediamo- validamente rendicontato tale periodo, verrà anche meno il motivo che ha determinato’ l’inammissibilità dei due capitoli.
12. Il motivo è inammissibile.
La Corte di Appello non ha ammesso i due capitoli di prova sul rilievo per cui gli stessi erano volti a ‘suffragare poste’ che avrebbero dovuto essere inserite nel rendiconto -in realtà ‘parzialmente inidoneo’ – e che, ex art. 263 c.p.c. avrebbero dovuto essere ‘accompagnate dai documenti giustificativi’.
L’impossibilità di ritenere, per le ragioni già esposte, ‘validamente rendicontato’ il periodo di riferimento, comporta che la decisione si sottrae a censura.
In conclusione il ricorso deve essere rigettato.
Non vi è luogo a pronuncia sulle spese dato che NOME COGNOME è rimasto intimato.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Roma 24 settembre 2024
Il Consigliere est. Il Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME