Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25446 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 25446 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 16/09/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 29493/2021 R.G. proposto da: COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
– ricorrente –
contro
CONDOMINIO INDIRIZZO TRIESTE, rappresentato e difeso da ll’avvocato NOME COGNOME unitamente all’avvocato COGNOME;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI TRIESTE n. 367/2021 depositata il 13/10/2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
udita la relazione del Pubblico Ministero, nella persona del Dott. NOME COGNOME;
udito l’avvocato NOME COGNOME per parte controricorrente.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME aveva impugnato innanzi al Tribunale di Trieste la delibera assembleare del 15.02.2017 del Condominio di INDIRIZZO (il ‘Condominio’), recante l’approvazione del rendiconto consuntivo per l’esercizio 2016 e di quello preventivo per l’esercizio 2017, contestandone la redazione secondo il criterio misto cassacompetenza, anziché per cassa, in spregio al Regolamento condominiale, alle regole di redazione del bilancio e all’accordo raggiunto tra il Condominio e l’attore in sede di mediazione; nonché lamentando una serie di illegittimità ed incongruità presenti nella documentazione fornita.
Il Tribunale rigettava la domanda proposta, e NOME COGNOME interponeva appello innanzi alla Corte d’Appello di Trieste, che rigettava il gravame così decidendo, per quel che qui ancora rileva:
a séguito dell’entrata in vigore dell’art. 1130bis cod. civ., il rendiconto condominiale ha ormai una struttura complessa e si compone di diversi documenti, che non si prestano -per la loro natura -ad essere redatti secondo un unico criterio, di cassa o di competenza. Così, mentre il registro di contabilità presuppone l’adozione del criterio di cassa (dovendo in esso essere annotati in ordine cronologico i singoli movimenti di entrata ed uscita, entro trenta giorni da quello dell’effettuazione: art. 11 30 n. 7 cod. civ.), la situazione patrimoniale esige la rilevazione e registrazione di fatti contabilmente rilevanti secondo il criterio della competenza, posto che se redatta secondo il criterio di cassa sarebbe solo una duplicazione del conto entrate/uscite;
-l’accordo concluso in sede di mediazione dal precedente amministratore condominiale il 19.04.2012 -concernente l’impugnazione da parte del COGNOME di una diversa delibera assembleare datata 22.3.2012, di approvazione del rendiconto 2011 -benché la partecipazione dell’amministratore alla mediazione fosse stata autorizzata dall’assemblea con il verbale di data 28.3.2011, non è opponibile al Condominio, in quanto non ratificato dall’assemblea;
si condivide la decisione assunta dal Tribunale con riferimento alla produzione documentale effettuata con la terza memoria ex art. 186, comma 6, c.p.c. (doc. 10 attoreo), trattandosi di documento a prova diretta, e quindi tardivo.
La pronuncia d’appello è impugnata dal NOME COGNOME per la cassazione, e il ricorso affidato a tre motivi.
Resiste il Condominio di INDIRIZZO-6-8.
Il Pubblico Ministero si è espresso nel senso dell’accoglimento del primo motivo di ricorso, atteso che dall’ordito argomentativo della sentenza in alcun modo si ricava se il rendiconto consuntivo approvato dall’assemblea fosse effettivamente idoneo a rendere intellegibile ai condomini le voci di entrata e di uscita, con le relative quote di ripartizione in ossequio al principio di buona amministrazione; rigetto del secondo motivo, non essendo opponibile al Condominio la transazione conseguente l’attività d i mediazione i cui esiti non siano stati approvati dalla assemblea condominiale, come nel caso di specie; assorbimento del terzo mezzo di gravame.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1130bis nonché 1130 e 1135 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. Sostiene il ricorrente che la funzione e i requisiti del rendiconto dell’amministratore alla luce della
novella di cui alla legge 11 dicembre 2012, n. 220, impongano all’amministratore un nuovo obbligo di rendicontazione, ex art. 1130bis cod. civ., che si aggiunge a quello già previsto dagli artt. 1130, n. 10, 1129 e 1135, comma 2, n. 3) cod. civ. Osserva il ricorrente che il rendiconto condominiale ex art. 1130bis cod. civ. si compone di tre diversi documenti, e ha la finalità di rendere nota la situazione patrimoniale del condominio; il rendiconto annuale ex artt. 1130, n. 10, 1129 e 1135, comma 2, n. 3) cod. civ., invece, riguarda l’operato dell’amministratore, nelle due forme del rendiconto preventivo e consuntivo: il secondo ha, quindi, la funzione di sottoporre al vaglio dei condòmini l’operato dell’amministratore, verificando che l’impiego delle somme erogate dai condòmini abbiano effettivamente raggiunto le destinazioni stabilite dall’assemblea nel rendiconto preventivo. Per tale ragione, conclude il ricorrente, il rendiconto dell’amministratore non può che essere redatto secondo il criterio di cassa, l’unico che consente a ciascun condòmino l’immediata individuazione delle voci di entrata e di spesa, anche con specificità delle partite, permettendogli in tal modo di sollevare contestazioni.
1.1. Il motivo è infondato.
Preliminarmente, occorre fare alcune precisazioni in ordine all’asserita duplicazione dell’obbligo di rendiconto.
Vero è che la riforma attuata con legge dell’11 dicembre 2012, n. 220 ha reso complessa ed articolata la gestione contabile del condominio, arricchendo la redazione del rendiconto condominiale di cui all’art. 1130 -bis cod. civ. (di fatto assimilabile ad un bilancio) con dettagli tecnico-contabili ritenuti necessari per la veritiera e trasparente registrazione degli accadimenti economico-finanziari riguardanti il condominio.
Le norme di riferimento (artt. 1129, 1130, 1130bis ) consentono di identificare i principali elaborati contabili che contribuiscono alla costruzione del rendiconto. In particolare, l’art. 1130 cod. civ., norma generale, annovera, tra la documentazione più significativa: il registro di anagrafe condominiale (contenente le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento: art. 1130, n. 6); il registro di contabilità, ove sono annotati in ordine cronologico, entro trenta giorni da quello dell’effettuazione, i singoli movimenti in entrata ed in uscita (art. 1130, comma 1, n. 7); la documentazione inerente alla propria gestione riferibile sia al rapporto con i condòmini, sia allo stato tecnico-amministrativo dell’edificio e del condominio (art. 1130, comma 1, n. 8); lo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso (art. 1130, n. 9); il rendiconto condominiale annuale della gestione (art. 1130, n. 10).
L’art. 1130 -bis cod. civ., invece, si pone in un rapporto di specialità rispetto alla norma precedente, le disposizioni ivi contenute si concentrano e sintetizzano la documentazione contabile (in parte anticipata dall’art. 1130 cod. civ.: è il caso sia del registro di contabilità, sia del rendiconto condominiale: art. 1130, rispettivamente nn. 7 e 10) che costituisce parte integrante ed indispensabile del rendiconto condominiale annuale, costituito dal registro di contabilità, riepilogo finanziario, nota sintetica esplicativa della gestione (v. infra, punto 1.2.).
Non si condivide, pertanto, quanto affermato in ricorso, laddove viene ipotizzato un «doppio rendiconto».
1.2. A prescindere, quindi, da quanti e quali possano essere i documenti contabili utilizzati nel corso della gestione e dalla loro denominazione (scelte quantitative e terminologiche rimesse alla
sensibilità e alle competenze ragionieristiche dell’amministratore), ciò che la legge impone all’amministratore è lo svolgimento e restituzione ai condòmini delle attività gestionali indicate nell’art. 1130, nn. 6-10, cod. civ. e, in particolare, per quel che qui rileva, la tenuta di un’unica rendicontazione annuale composta da tre diversi elaborati tecnici, ciascuno avente funzioni gestionali diverse: un prospetto (registro di contabilità, o libro di cassa, o registro cronologico delle entrate e delle uscite), che deve evidenziare i vari movimenti di entrata e di uscita di cassa, in maniera analitica ed in sequenza cronologica in rispetto del loro accadimento, in modo da poter consentire ai condòmini amministrati un’accurata verifica in ordine alla rispondenza delle entrate e delle uscite rispettivamente con le quote incassate da ogni singolo condòmino e con le spese pagate ai fornitori. Un diverso prospetto (riepilogo finanziario, o stato patrimoniale) che puntualizzi e riepiloghi il complesso di informazioni circa lo stato degli elementi dell’attivo e del passivo, tenendo conto anche delle gestioni pregresse, al fine di definire la consistenza patrimoniale del fabbricato e consentire il controllo della tenuta contabile, nel quale saranno pertanto riportate le quote condominiali non ancora riscosse (crediti) e gli impegni di spesa non evasi (debiti). Il terzo documento richiesto dall’art. 1130 -bis è, infine, rappresentato da una nota esplicativa, consistente in una relazione particolareggiata che espone i tratti più salienti caratterizzanti la gestione contabile, e le loro conseguenze, con l’indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti.
1.2.1. In definitiva, il rendiconto condominiale, a norma dell’art. 1130bis cod. civ., deve specificare nel registro di contabilità le voci di entrata e di uscita, documentando gli incassi e i pagamenti eseguiti, in rapporto ai movimenti di numerario ed alle relative
manifestazioni finanziarie; nel riepilogo finanziario e nella nota sintetica esplicativa della gestione saranno riportati i dati inerenti alla situazione patrimoniale del condominio, con indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti, avendo riguardo al risultato economico delle operazioni riferibili all’esercizio annuale, determinato dalla differenza tra ricavi e costi maturati (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 28257 del 09/10/2023, Rv. 669175 – 01).
Allorché il rendiconto non sia composto da registro, riepilogo e nota, parti inscindibili di esso, ed i condòmini non risultino perciò informati sulla reale situazione patrimoniale del condominio quanto ad entrate, spese e fondi disponibili, può discendere -indipendentemente dal possibile esercizio del concorrente diritto spettante ai partecipanti di prendere visione ed estrarre copia dei documenti giustificativi di spesa – l’annullabilità della deliberazione assembleare di approvazione (Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 33038 del 2018).
1.3. Il ricorrente prospetta ragioni di invalidità della deliberazione assembleare impugnata per violazione di norma di diritto, consistente, nella specie, nella dedotta illegittimità del rendiconto condominiale ex art. 1130bis cod. civ. per violazione del «criterio di cassa».
Il registro di contabilità, il riepilogo finanziario e la nota sintetica esplicativa della gestione, con l’indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti, documenti contabili che compongono il rendiconto, sono certamente ispirati dallo scopo di realizzare l’interesse del condòmino a una conoscenza concreta dei reali elementi contabili ivi recati dal bilancio, e sono, quindi, orientati dall’esigenza di informazione dei partecipanti, in modo da dissipare le insufficienze, le incertezze e le carenze di chiarezza in ordine ai
dati del conto, e consentire in assemblea l’espressione di un voto cosciente e meditato.
Più precisamente, il rendiconto, nella sua parte economica, precede l’elencazione delle spese eseguite dall’amministratore per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio; l’esercizio dei servizi comuni; gli interventi innovativi o di manutenzione straordinaria. Per la parte finanziaria, il rendiconto deve rendere intellegibili ai condòmini le voci di entrata e di uscita, con le relative quote di ripartizione.
Pertanto, alla luce della riforma, il rendiconto non può più essere redatto per sola cassa (ossia con la sola indicazione delle entrate e degli esborsi effettuati nell’anno), ma deve essere redatto anche per competenza, in quanto quest’ultima modalità cont abile prevede che ci sia l’indicazione specifica degli impegni di spesa: sia quelli realizzati nell’anno, pagati nello stesso anno e di competenza del medesimo anno; sia quelli non pagati ma di competenza dello stesso anno (che pertanto rappresentano debit i); sia l’indicazione specifica delle quote ordinarie e straordinarie previste e deliberate e incassate nell’anno; sia quelle previste e deliberate nell’anno, pertanto di competenza dello stesso, ma non incassate nell’anno (quindi rappresentanti i crediti nella situazione patrimoniale).
La sintesi tra rendiconto economico e rendiconto finanziario rappresenta il bilancio, che, dunque, deve contenere (tra l’altro) il registro cronologico dei movimenti di cassa, risolvendosi, dunque, in un sistema misto cassa-competenza.
1.4. Opera, in ogni caso, il principio della prevalenza della sostanza sulla forma, che costituisce una specificazione del principio della correttezza e veridicità dell’informazione contabile e del
principio di chiarezza, nel senso che la rilevazione e la presentazione delle voci va effettuata tenendo conto della sostanza dell’operazione.
Ciò significa che per la validità della deliberazione di approvazione del rendiconto condominiale non è necessaria la presentazione all’assemblea di una contabilità redatta con rigorose forme, analoghe a quelle prescritte per i bilanci delle società. È, piuttosto, sufficiente che essa sia idonea a rendere intelligibile ai condòmini le voci di entrata e di spesa, con le quote di ripartizione (Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 1370 del 18/01/2023, Rv. 666900 – 01). Non occorre nemmeno che entrate e spese siano trascritte nel verbale assembleare, o che siano oggetto di analitico dibattito ed esame, potendo l’assemblea procedere sinteticamente all’approvazione alla stregua della documentazione giustificativa fornita dall’amministratore. La documentazione allegata deve dare prova delle somme incassate, nonché dell’entità e della causale degli esborsi fatti, e di tutti gli elementi di fatto che consentano di individuare e vagliare le modalità con cui l’incarico di amministrazione è stato eseguito.
1.5. In definitiva, affinché la deliberazione di approvazione del rendiconto, ovvero dei distinti documenti che lo compongono, possa dirsi contraria alla legge, agli effetti dell’art. 1137, comma 2, cod. civ., occorre accertare, alla stregua di valutazione di fatto che spetta al giudice di merito, che dalla violazione dei diversi criteri di redazione dettati dall’art. 1130bis cod. civ. discenda una divaricazione tra il risultato effettivo dell’esercizio, la rappresentazione della situazione patrimoniale del condominio e i risultati di cui il bilancio invece dà conto, ovvero che comunque dal registro di contabilità, dal riepilogo finanziario e dalla nota esplicativa della gestione non sia possibile realizzare l’interesse di ciascun condomino alla conoscenza concreta
dei reali elementi contabili, nel senso che la rilevazione e la presentazione delle voci non siano state effettuate tenendo conto della sostanza dell’operazione (Cass. n. 28257 del 2023, cit.).
1.6. Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha rispettato l’interpretazione delle norme e i principi di diritto già enunciati da questa Corte; né l’odierno ricorrente ha mai allegato ovvero provato l’inidoneità in concreto del rendiconto, approvato con la delibera del 15.02.2017, a rendere intellegibile ai condòmini le voci di entrata e di uscita.
1.7. Infine, parte controricorrente deduce gli effetti del giudicato esterno intervenuto dopo la conclusione del processo di appello, rappresentato dalla sentenza del Tribunale di Trieste n. 254/2024 pubblicata il 12.03.2024, con la quale il giudice rigettava la domanda proposta da NOME COGNOME ove nuovamente veniva censurato il criterio contabile misto, per cassa e competenza, impiegato per la redazione del rendiconto condominiale.
Il Collegio esclude l’efficacia di giudicato della predetta sentenza rispetto al presente giudizio, trattandosi di pronuncia che, se pur resa tra le medesime parti, non si riferisce al medesimo rapporto giuridico, avendo avuto ad oggetto l’impugnazione di delibere assembleari (29.05.2018, 12.4.2019, 10.9.2020 e 01.07.2021) successive a quella impugnata. Oltre al fatto che, rispetto a detta pronuncia, non è stato rinvenuto agli atti il certificato di cancelleria attestante il passaggio in giudicato.
Con il secondo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 167, 115, comma 1, e 183, comma 6, n. 1, cod. proc. civ. Falsa applicazione del d.lgs. n. 28/2010, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. Sostiene il ricorrente che l’eccezione di parte convenuta – con la quale il Condominio replicava
riguardo all’esistenza di un accordo transattivo vincolante per il Condominio in tema di obbligo dell’amministratore ad utilizzare il criterio di cassa nella redazione del rendiconto – doveva essere riconosciuta come irrituale e tardiva dalla Corte d’Appello triestina. Ciò in quanto il convenuto Condominio ebbe a dettagliare la propria eccezione solo e per la prima volta nella propria memoria ex art. 81, comma 6, n. 2, cod. proc. civ., mentre nella comparsa di costituzione e risposta egli si era limitato a contestare genericamente la domanda attorea. Ne discende che la validità ed efficacia dell’accordo transattivo invocato dall’attore in primo grado andava riconosciuta perché non efficacemente e specificamente contestata da parte convenuta entro i termini preclusivi previsti dal codice di rito. Oltre al fatto, aggiunge il ricorrente, che la materia della mediazione -cui ha partecipato il precedente amministratore del Condominio munito di potere conciliare -rientra nelle previsioni di cui all’art. 1130 cod. civ., non esorbitanti i suoi poteri ordinari. Né -conclude il mezzo di gravame -è possibile invocare l’art. 71 -quater disp. att. cod. civ., atteso che si tratta di norma solo riferibile al condominio parte attiva procedente, e riguardante i soli rapporti interni fra amministratore e condòmini, non già l’efficacia esterna degli accordi di mediazione conclusi dall’amminist ratore stesso.
2.1. Il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.
2.2. E’ inammissibile nella parte in cui censura la sentenza d’appello per non aver rilevato la tardività dell’eccezione del convenuto in primo grado. A tal proposito, è opportuno ricordare che l’attività di interpretazione delle domande ed eccezioni è riservata al giudice di merito, ed è sindacabile in questa sede, come vizio di nullità processuale ex art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., qualora l’inesatta rilevazione del contenuto della domanda determini
un vizio attinente all’individuazione del petitum (Cass. Sez. 5 – , Ordinanza n. 30770 del 06/11/2023, Rv. 669718 – 01).
Nel mezzo di gravame il ricorrente non ha prospettato un vizio processuale.
Del resto, la Corte territoriale ha segnalato che già con la comparsa di costituzione e risposta in primo grado il Condominio aveva contestato l’esistenza di accordi transattivi tali da vincolare quest’ultimo all’adozione del criterio per cassa, per concludere i quali sarebbe stata necessaria la maggioranza assembleare qualificata (v. sentenza p. 12, 2° capoverso). Con tale segnalazione – peraltro confermata in controricorso, ove è riportato il testo completo della comparsa di costituzione del convenuto in primo grado relativa all’eccezione di cui si discute (v. p. 20, 3° capoverso) il giudice di seconde cure ha ritenuto l’eccezione di controparte idonea a contrastare la domanda dell’attore, mentre nella memoria ex art. 183 comma 6, n. 2, cod. proc. civ. si è limitata ad ulteriormente specificarne il contenuto.
2.3. Il motivo è, comunque, infondato per ciò che attiene i poteri conciliativi dell’amministratore.
Ai sensi del comma 3 dell’art. 71quater disp. att. cod. civ. (vigente al tempo dell’accordo transattivo concluso in mediazione, 19.04.2012), l’amministratore di condominio è legittimato a partecipare alla procedura di mediazione obbligatoria solo previa delibera assembleare di autorizzazione, non rientrando tra le sue attribuzioni, in assenza di apposito mandato, il potere di disporre dei diritti sostanziali rimessi alla mediazione. Spetta, infatti, all’assemblea (e non all’amministratore) il «potere» di approvare una transazione riguardante spese d’interesse comune, ovvero di delegare l’amministratore a transigere, fissando gli eventuali limiti
dell’attività dispositiva negoziale affidatagli (Cass. Sez. 6 -2, Ordinanza n. 10846 del 08/06/2020, Rv. 657890 – 01; Cass. Sez. 2, 16/01/2014, n. 821; Cass. Sez. 2, 25/03/1980, n. 1994).
Nel caso che ci occupa, la Corte d’Appello ha precisato che la delibera di assemblea straordinaria del 28.03.2011 autorizzava il precedente amministratore a partecipare alla mediazione, ma -ai fini dell’opponibilità del contenuto della transazione infine raggiunta -occorreva anche la ratifica dell’assemblea, ex art. 71quater , comma 5, disp. att. cod. civ. (oggi: art. 5ter d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, che ne riproduce sostanzialmente il testo) che così recita: « La proposta di mediazione deve essere approvata dall’assemblea con la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, del codice. Se non si raggiunge la predetta maggioranza, la proposta si deve intendere non accettata» .
3. Con il terzo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 183, comma 6, nn. 2 e 3, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. il ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui condivide la decisione assunta dal giudice di prime che non aveva ammesso la produzione di un documento (doc. n. 10) – recante una lettera datata 19.04.2012 inviata dal precedente amministratore ai condòmini, dichiarata tardiva e inutilizzabile – per evidente tardività trattandosi, a giudizio di entrambi i giudici di merito, di documentazione a prova diretta che avrebbe dovuto in quanto tale essere depositata con la seconda memoria istruttoria. Sostiene il ricorrente che tale documento consistesse, invero, in una prova contraria indiretta, come tale ammissibile ai sensi dell’art. 183, comma 6, n. 3) cod. proc. civ., prodotta in risposta alla memoria depositata ex art. 183, comma 6, n. 2 cod. proc. civ., con la quale il Condominio convenuto aveva
contestato l’esistenza di una delibera autorizzativa resa dall’assemblea condominiale in favore del precedente amministratore affinché questi partecipasse all’incontro di mediazione. Più precisamente, il documento contestato consiste in una nota indirizzata dall’allora amministratore al Condominio immediatamente dopo aver raggiunto l’accordo transattivo con il COGNOME: nota con la quale l’allora amministratore comunicava ai condòmini i contenuti dell’accordo transattivo, senza adombrare che lo stesso necessitasse di ulteriori autorizzazioni o ratifiche assembleari per essere vincolante.
3.1. Il motivo non ha pregio.
Come argomentato supra (punto 2.3.) i poteri conciliativi dell’amministratore sono subordinati all’approvazione dell’assemblea, assunta con la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio. La nota inviata dall’amministratore ai condòmini, dunque, manc a di evidenza decisoria.
In definitiva, il Collegio rigetta il ricorso.
Le spese sono liquidate in dispositivo secondo la regola della soccombenza.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta i ricorso;
condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore del controricorrente, che liquida in €. 3.400,00 per compensi, oltre ad €. 200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, il 12 dicembre 2024.
La Relatrice NOME COGNOME
La Presidente NOME COGNOME