Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23609 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23609 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 20/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 21669-2021 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 474/2021 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 15/06/2021 R.G.N. 47/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
04/06/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME NOME COGNOME
Oggetto
R.G.N.21669/2021
COGNOME
Rep.
Ud 04/06/2025
CC
FATTI DI CAUSA
La Corte di appello di Bologna aveva rigettato l’appello dei lavoratori indicati in epigrafe, tutti dipendenti di Banca Popolare Valconca spa, avverso la decisione con cui il Tribunale di Rimini aveva rigettato la loro domanda, diretta ad ottenere il premio aziendale (VAP) 20162017 e il sistema incentivante (DPO) per il 2016-2017.
La corte di merito, per quel che interessa in questa sede, analizzando il Contratto Integrativo aziendale del 2 maggio 2016 , contenente una specifica disciplina del VAP, e gli esiti della ispezione della Banca d’Italia che aveva esitato una delibera (n.39 0/207) di richiesta di comportamenti della banca informati alla prudenza e correttezza e di conferma della decisione assunta di sospensione dei trattamenti incentivanti, aveva valutato che, stante il disposto dell’art. 53 del TUB e la normativa eurounitaria (direttiva 2013/26/UE), la clausola relativa al premio aziendale (art. 7), previsto in entità fissa anche in caso di perdite di esercizio, fosse nulla, in quanto violativa della normativa bancaria. La corte rilevava che per il 2016 si erano realizzate perdite consistenti della banca e nel 2017 gli utili non erano stati tali da costituire un risultato positivo rispetto alle attività ordinarie della stessa banca.
Quanto al DPO rilevava che non era ugualmente dovuto in quanto la banca non aveva stabilito gli obiettivi da raggiungere che costituivano elemento costitutivo dell’incentivo in questione.
Avverso detta decisione i predetti lavoratori proponevano ricorso cui resisteva con controricorso la banca. RAGIONE_SOCIALE subentrata alla Banca Popolare Valconca spa, depositava successiva memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1)- Con il primo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 48 del ccnl applicabile, dell’art. 53 del TUB e della Circolare della Banca d’Italia n. 285/2013 in relazione all’art.7 del CIA 2013 e 2016.
La censura ha ad oggetto la decisione con cui la corte territoriale ha ritenuto nulla la clausola di cui all’art. 7 del CIA in quanto contenente
un meccanismo di riconoscimento premiale automatico, invece vietato.
Si rileva preliminarmente che il vizio enunciato ha inammissibilmente invocato la violazione di legge riferita ad un contratto integrativo aziendale, per il quale è denunciabile soltanto una violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale: (Cass. n. 8808/2008: <>.
Si osserva, peraltro, che correttamente la corte di merito ha interpretato la clausola alla luce delle disposizioni bancarie che vietano forme di retribuzione variabile garantita (art. 53 4-sexies. È nullo qualunque patto o clausola non conforme alle disposizioni in materia di sistemi di remunerazione e di incentivazione emanate ai sensi del comma 1, lettera d), o contenute in atti dell’Unione europea direttamente applicabili….).
La previsione normativa persegue il fine di contenere i rischi per il sistema bancario e ciò coinvolge e riguarda anche le retribuzioni ed i sistemi incentivanti, ove non collegati alla esistenza di un patrimonio stabile che, nel caso in esame, come valutato, non era sussistente.
Si tratta di prescrizioni provenienti dall’Istituto di vigilanza ( Banca d’Italia) a cui l’art. 22, comma 2, lett. a), n. 1, della l. n. 217 del 2011, che ha sostituito la lett. d) dell’art. 53, comma 1,del d.lgs. n. 385 del 1993 (c.d. TUB) ha attribuito il potere regolamentare anche in materia di governo societario, organizzazione amministrativa e contabile, nonché di controlli interni e di sistemi di remunerazione e di incentivazione, con l’introduzione di una norma interpretativa, volta a
dare attuazione alla direttiva comunitaria 2010/76/CE, al fine di evidenziare l’importanza dei meccanismi di remunerazione dell’alta dirigenza delle banche per impedire l’assunzione di rischi ingiustificati, eccessivi e imprudenti da parte degli amministratori; tale potere regolamentare preesisteva, infatti, alla novella del 2011, trovando fondamento nelle previsioni di cui alle lett. b) e d) del previgente art. 53 TUB, concernenti, rispettivamente, le voci del contenimento dei rischi e dell’organizzazione amministrativa e contabile e dei controlli interni ( Cass. n. 6625/2020).
Il principio richiamato, riferito nel caso esaminato alla alta dirigenza, non può far escludere che i sistemi incentivanti vietati perché automatici siano anche quelli riferiti a tutti i dipendenti, e ciò in ragione della finalità perseguita, volta a garantire la stabilità dell’intero sistema bancario. Risulta pertanto non censurabile l’interpretazione data dalla corte territoriale nell’ambito delle valutazioni di merito a lei esclusivamente rimesse.
2)- Con il secondo motivo è dedotta la violazione di legge e/o la violazione di cui all’art 360 co.1 n. 4 e/o dell’art 360 co.1 n.5 c.p.c., per aver, il giudice, ritenuto non operante il principio di non contestazione con riferimento al DPO (art 51 CCNL ABI), per il quale la corte di merito ha ritenuto che mancassero i presupposti di legge (quale il mancato raggiungimento degli obiettivi), sebbene il fatto costitutivo della domanda non fosse stato contestato dalla banca.
Preliminarmente deve rilevarsi che il motivo di doglianza è inammissibilmente proposto poiché contiene una ‘mescolanza’ di censure non consentita. Questa Corte ha chiarito che << nel ricorso per cassazione, i motivi di impugnazione che prospettino una pluralità di questioni precedute unitariamente dalla elencazione delle norme asseritamente violate sono inammissibili in quanto, da un lato, costituiscono una negazione della regola della chiarezza e, dall'altro, richiedono un intervento della Corte volto ad enucleare dalla mescolanza dei motivi le parti concernenti le separate censure' (Cass. n. 18021/2016; conforme Cass. n. 28541/2024). Nel caso di specie,
sono enucleati in un unico motivo molteplici profili di vizi, non singolarmente enunciati rispetto al rispettivo punto decisorio della decisione.
A tale profilo di inammissibilità della censura deve anche soggiungersi che la valutazione in questione è stata operata, in modo conforme, da entrambi i giudici del merito, così dando luogo ad una ipotesi di "doppia conforme" prevista dal quinto comma dell'art. 348 ter cod. proc. civ., in ragione della quale, il ricorrente in cassazione, per evitare l'inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell'art. 360 cod. proc. civ., deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell'appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. n.26774/2016; Cass. n. 5528/2014). Tali indicazioni non sono state effettuate. Anche per tale ragione il motivo è da disattendere ed il ricorso da rigettare.
Le spese seguono il principio di soccombenza.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo, a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in E 6.000,00 per compensi ed E. 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13 comma quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti dell'ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis, dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Cosi' deciso in Roma il 4 giugno 2025.
La Presidente
NOME COGNOME