Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 9141 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 9141 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 07/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’Avv. NOME COGNOME del foro di Milano e dall’Avv. NOME COGNOME del foro di Roma
-ricorrente-
Contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME pec:avvEMAIL
-controricorrente-
Avverso la sentenza del Tribunale di Cassino n. 528/2020, pubblicata il 6.7.2020, non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28.3.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Oggetto:
remissione
del credito revocabilità
1 .-Con decreto ingiuntivo n. 148/2012 il Giudice di pace di Cassino ha intimato alla RAGIONE_SOCIALE il pagamento della somma di € 2.347,75 oltre interessi e spese a favore del sig. NOME COGNOME Con atto notificato il 4 giugno 2012 RAGIONE_SOCIALE Consumer Bank S.p.A. ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo, sostenendo che la missiva del 19.4.2011, contenente la “liberatoria” a beneficio del Di COGNOME, era stata revocata con lettera dell’11 aprile 2012, allorquando essa finanziatrice, a séguito di accertamenti presso la proprietà di COGNOME appurava che il gazebo fotovoltaico era stato in realtà consegnato ed installato dalla RAGIONE_SOCIALE, diversamente da quanto affermato dal COGNOME che aveva lamentato l’inadempimento della RAGIONE_SOCIALE che non aveva completato l’impianto e non aveva proceduto al rimborso delle rate, così come concordato. L’opponente ha contestato l’applicabilità dell’art. 124 T.U.B., non vertendosi in ipotesi di mutuo di scopo (è contestato il collegamento tra il contratto di vendita dell’impianto fotovoltaico e il finanziamento), e dell’art. 42 d.lgs. n. 206/2005 per mancanza di rapporto di esclusiva tra Santander Consumer Bank S.p.A. (già Finconsumo Banca S.p.A.) ed Energesco s.r.l., concludendo per il rigetto della domanda e in via riconvenzionale per la condanna dell’opposto al rimborso delle rate scadute.
2 .─ Il Giudice di Pace di Cassino con sentenza n. 4385 pubblicata il 28 ottobre 2016 ha accolto l’opposizione, qualificando la missiva del 19.4.2011 alla stregua della “liberatoria condizionata”, legittimamente revocata con lettera dell’11 aprile 2012 all’esito dell’accertamento dell’avvenuta realizzazione dell’ impianto fotovoltaico presso il Di Norcia.
3 .─ Di NOME COGNOME proponeva gravame dinanzi al tribunale di Cassino. Il tribunale adito, con la sentenza qui impugnata, ha accolto l’appello.
Per quanto qui di interesse il tribunale ha precisato che:
una volta assodato l’esaurimento del rapporto obbligatorio originario mediante la “liberatoria”, il Giudice di pace avrebbe dovuto prendere atto della manifestata volontà remittente della banca e confermare il decreto ingiuntivo;
la remissione del debito ex artt. 1236 e segg. c.c., è un negozio unilaterale recettizio, a causa variabile, e si perfeziona e produce i suoi effetti nel momento in cui la dichiarazione abdicativa è portata a conoscenza del creditore, senza che sia necessaria l’accettazione da parte del creditore; detta dichiarazione diventa irreversibile, con conseguente sottrazione del potere di revoca, non solo in caso di accettazione da parte del destinatario, ma anche nell’ipotesi in cui il creditore non dichiari entro un congruo termine di non volerne approfittare;
se pure ci fosse stato un errore, come sostiene la Banca, questo sarebbe stato riconducibile e imputabile solo ad essa, che si sarebbe potuta consultare in merito proprio con la RAGIONE_SOCIALE prima della remissione.
─ RAGIONE_SOCIALE ha presentato ricorso per cassazione con tre motivi, ed anche memoria.
Di NOME COGNOME ha presentato controricorso ed anche memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La ricorrente deduce:
5. ─ Con il primo motivo: Violazione degli artt. 1236, 1324, 1429, 1431 e 1442 c.c. (art. 360. comma 1. n. 3 c.p.c.),per avere la sentenza impugnata ritenuto irrilevante, ai fini della proposizione dell’eccezione di annullamento, l’errore compiuto dalla banca allorquando ha emesso quietanza liberatoria in relazione al debito del sig. NOME COGNOME di cui al contratto n. NUMERO_DOCUMENTO solo per il fatto che detto errore sarebbe ad essa imputabile, benché debba ritenersi certo (i) che anche rispetto
agli atti unilaterali trovano applicazione le norme in materia di contratti e dunque quelle in materia di annullamento e (ii) che l’errore commesso dall’esponente fosse certamente essenziale e riconoscibile ai sensi degli artt. 1429 e 1431 c.c., il che avrebbe dovuto comportare l’accoglimento dell’eccezione di annullamento dell’atto ai sensi dell’art. 1442 c.c. a fronte dell’avversaria domanda di adempimento.
5.1 ─ La censura è fondata. Sulla questione sollevata dalla ricorrente il Tribunale si limita a statuire che: « Infine, se pure ci fosse stato un errore, come sostiene la Banca, questo sarebbe riconducibile e imputabile solo ad essa, che si sarebbe potuta consultare in merito proprio con la RAGIONE_SOCIALE prima della remissione ». P remesso che nella specie l’errore è stato fatto valere non in via di azione di annullamento, ma è stato opposto all’esecuzione del contratto ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 1442 c.c., è irrilevante, ai fini della configurabilità oppur no della sussistenza dell’errore che esso sia scusabile (e dunque non imputabile), dovendosi avere riguardo solo alla riconoscibilità dell’errore da parte dell’altro contraente (Cass. , n.5429/2006; Cass., n. 985/1998; Cass., n. 1464/1974). Alcuna motivazione sulla essenzialità e la riconoscibilità del lamentato vizio negoziale emerge dalla motivazione che sembra trascurare che la sussistenza di tale vizio dipende dall’accertamento dei relativi presupposti di fatto, ed in particolare, oltre l’esistenza dell’errore, la sua essenzialità e riconoscibilità, mentre la scusabilità dell’errore che abbia viziato la volontà del contraente al momento della conclusione del contratto è irrilevante ai fini dell’integrazione del vizio negoziale.
Non vi è profilo di discontinuità con il precedente di cui a Cass. n. 5384/2024: in quell’occasione la Corte non valutò la fondatezza del motivo, ma si arrestò ad un profilo di inammissibilità del ricorso, che nel diverso caso qui in esame il Collegio reputa non sussistente.
– Con il secondo motivo: Violazione degli artt. 1988 e 2697 c.c. (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.), per non avere la sentenza impugnata qualificato la quietanza liberatoria quale riconoscimento di debito e non aver ritenuto soddisfatto l’onere della prova circa la sussistenza del debito del sig. COGNOME.
6.1 ─ Il motivo è inammissibile. La qualificazione in termini di ricognizione di debito presuppone l’accertamento di fatto circa un contenuto della dichiarazione suscettibile di qualificazione in tali termini, ma la motivazione non contiene alcun accertamento in tal senso, né risulta proposta una denuncia di vizio motivazionale avente ad oggetto il contenuto della dichiarazione in discorso; lo scrutinio del motivo comporta, pertanto, un’indagine di merito preclusa in sede di legittimità.
-Con il terzo motivo: Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (art. 360. comma 1. n. 5 c.p.c.), e comunque violazione degli artt. 2909 c.c. e 329 cpv. c.p.c., nonché dell’art. 2733, comma 1, c.c. (art. 360. comma 1. n. 3 c.p.c.), per non avere la sentenza impugnata considerato che l’impianto fotovoltaico oggetto del contratto d’acquisto con RAGIONE_SOCIALE è stato in realtà regolarmente consegnato al sig. COGNOME: tale circostanza, in origine controversa tra le parti, è risultata infatti oggetto di confessione giudiziale provocata del sig. COGNOME e, dopo esser stata affermata dalla sentenza di primo grado, non ha costituito oggetto di appello da parte dell’appellante, sì che su di essa si è addirittura formato il giudicato interno.
7.1 ─ La censura è assorbita dall’accoglimento del primo motivo.
─ Per quanto esposto, il primo motivo del ricorso va accolto, inammissibile il secondo motivo e assorbito il terzo. La sentenza impugnata va pertanto cassata, in relazione alla censura accolta, con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale si atterrà a quanto sopra indicato e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, dichiara inammissibile il secondo motivo e assorbito il terzo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia al Tribunale di Cassino, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima