Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 15533 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 15533 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: AMATORE NOME
Data pubblicazione: 04/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 14522-2021 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del RAGIONE_SOCIALE rappresentante e liquidatore pro tempore NOME COGNOME, Codice Fiscale, partita IVA e numero d’iscrizione al registro delle imprese di Catania P_IVA, n. NUMERO_DOCUMENTO NUMERO_DOCUMENTO, con sede RAGIONE_SOCIALE in Acireale (CT), alla INDIRIZZO, rappresentata e difesa, giusta procura speciale alle liti in calce al ricorso e procura notarile rogata AVV_NOTAIO, dall’AVV_NOTAIO COGNOME dello RAGIONE_SOCIALE Partners’, elettivamente domiciliata presso lo stesso studio, sito in Catania al INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
–RAGIONE_SOCIALE in liquidazione;
RAGIONE_SOCIALE.
-intimati –
avverso la sentenza n. 952/2021 della Corte di Appello di Catania, pubblicata il 4.5.2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/12/2023 dal AVV_NOTAIO
RILEVATO CHE
La Corte di appello di Catania, con sentenza del 4.5.2021, ha respinto il reclamo ex art. 18 l. fall. proposto da RAGIONE_SOCIALE contro la sentenza dichiarativa del suo fallimento, emessa dal tribunale della stessa città – dopo aver decretato l’inammissibilità della domanda di concordato avanzata dalla società ad istanza di RAGIONE_SOCIALE
La corte territoriale, per quanto ancora interessa, ha ritenuto assorbente di ogni altro profilo di censura il rigetto del motivo volto a contestare l’accertamento del primo giudice concernente la mancata attestazione, da parte del professionista incaricato, della veridicità dei dati contabili; ha osservato in proposito che la scarna relazione dell’attestatore, connotata da assoluta genericità, era inidonea a svolgere la sua funzione, in quanto il professionista non aveva neppure dato atto di aver provveduto ad effettuare i riscontri necessari a verificare l’attendibilità della rappresentazione patrimoniale e finanziaria della società emergente dai suoi libri contabili.
La sentenza è stata impugnata da RAGIONE_SOCIALE in liquidazione con ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
Il Fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e RAGIONE_SOCIALE non hanno svolto difese.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo RAGIONE_SOCIALE lamenta nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. , omessa pronuncia su due dei motivi di reclamo ed erronea applicazione del principio di assorbimento. Assume che il decreto di inammissibilità della domanda di concordato emesso dal Tribunale di Catania si fondava in primo luogo sull’accertamento della non fattibilità del piano e che, conseguentemente, il primo e principale motivo di reclamo (semmai esso sì assorbente di tutti gli altri) era volto a contestare tale ratio decidendi, mentre l’unico motivo esaminato dalla corte d’appello atteneva a una ratio ulteriore e marginale, aggiunta da ultimo dal giudice di primo grado
e del tutto sconnessa dall ‘altra. A dire della ricorrente, nella specie non solo non sussistevano i presupposti per la pronuncia di assorbimento, ma la corte territoriale sarebbe incorsa addirittura nel vizio di ultrapetizione, giudicando dell’inidoneità dell’attestazione ben oltre i confini tracciati dal tribunale; il giudice del reclamo, ritendo erroneamente assorbita ogni altra censura per effetto del rigetto di quella esaminata, avrebbe inoltre omesso di pronunciare anche sul secondo motivo di impugnazione, col quale era stata denunciata la mancata applicazione del principio di prevenzione del concordato rispetto alla dichiarazione di fallimento.
1.2. Il motivo è manifestamente infondato, posto che è la stessa ricorrente a riconoscere che l’accertamento dell’inidoneità della relazione ex art. 161 l. fall. depositata dal professionista ad attestare la veridicità dei dati contabili aziendali costituiva una (ancorché, a suo avviso, non la principale) delle due autonome rationes decidendi su cui si fondava il decreto di inammissibilità della domanda di concordato.
Ne consegue, in primo luogo, che nell’esaminare il motivo concernente tale ratio la corte catanese non può essere incorsa nel denunciato vizio di ultrapetizione e, in secondo luogo, che il rigetto del motivo era di per sé sufficiente a confermare la statuizione di inammissibilità del concordato, con conseguente assorbimento sia di quello volto a censurare la ratio c.d. principale (che quand’anche, in tesi, fondato , non avrebbe di per sé potuto condurre all’accoglimento del reclamo) sia di quello volto a invocare il ‘principio di prevenzione’ (e non già a contestare la sussistenza dello stato di insolvenza), trattandosi di principio all’evidenza inapplicabile se la domanda di concordato è dichiarata inammissibile.
2. Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 161, comma 3, e 162 l. fall., sul rilievo che la c orte d’ appello, nel l’affermare l’inidoneità della relazione attestativa, avrebbe erroneamente ritenuto che la stessa debba contenere un giudizio prognostico chiaro e dettagliato sui probabili esiti della procedura e sui rischi ad essa connessi, che non può invece essere espresso dal professionista incaricato; nella specie, secondo la ricorrente, il professionista da essa incaricato avrebbe compiutamente analizzato i dati aziendali e, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici del
merito, ne avrebbe attestato la corrispondenza a verità mediante complete ed intellegibili valutazioni.
2.1 Il motivo è inammissibile sia nella prima parte, là dove la ricorrente muove censure prive di qualsivoglia riferimento alla motivazione che sorregge la sentenza impugnata, sia nella seconda, in cui l’accertamento compiuto dalla corte d’appello in ordine alla genericità della relaz ione attestativa e alla mancata verifica, da parte del professionista incaricato, della veridicità dei dati aziendali, è contestato in via meramente assertiva e generica, senza che sia indicato il fatto decisivo omesso che, ove considerato dal giudice, avrebbe condotto all’accoglimento, sul punto, del reclamo.
3. Con il terzo motivo si denuncia nullità della sentenza ‘ per omessa e/o insufficiente motivazione rectius motivazione apparente – Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 111 Cost. e 132 c.p.c., in relazione all’art. 360, co.1, n.4, c.p.c. ‘ : a dire della ricorrente la corte del merito non avrebbe illustrato il percorso logico -giuridico sotteso alla decisione, né sarebbe comprensibile l’esposizione sintattica di quella che dovrebbe essere la motivazione addotta.
3.1 Il motivo è infondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la motivazione è solo apparente e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U., Sentenza n. 22232 del 03/11/2016; n. 8053 del 2014; Cass. Sez. 6-5, Ordinanza n. 13977 del 23/05/2019).
Nela caso che occupa, invece, la corte di appello ha spiegato le ragioni del proprio convincimento con motivazione adeguata, sebbene espressa in termini sintetici, evidenziando come la relazione dell’attestatore, in punto di veridicità dei dati aziendali, debba contenere la descrizione delle verifiche e degli accertamenti dallo stesso esplicati, dei documenti analizzati e dei criteri seguiti per il controllo, mentre nella specie il professionista incaricato non solo aveva depositato una relazione connotata da assoluta genericità, ma non
aveva neppure dato atto di aver provveduto ai riscontri necessari ad attestare la veridicità dei dati contabili aziendali.
Il quarto mezzo denuncia infine vi olazione e/o falsa applicazione dell’art. 13 d.P.R. n. 115/2002, per avere la corte d’appello dato atto della ricorrenza dei presupposti per il raddoppio del contributo unificato, ancorché il reclamo ex art. 18 l. fall. non rientri fra i procedimenti strettamente impugnatori cui la norma sarebbe applicabile.
4.1 Anche l’ultima doglianza risulta manifestamente infondata.
Il giudizio di impugnazione ex art. 18 l. fall. non rientra tra quelli esentati, ai sensi dell’art. art. 10 del d.P.R. n. 115/2002, dal pagamento del contributo unificato e la ricorrente non riesce a spiegare quali ulteriori ragioni dovrebbero impedire l’applicazione dell’art. 13 del d.P.R. cit. nel caso di rigetto del reclamo.
Nessuna statuizione è dovuta per le spese del giudizio di legittimità, stante la mancata costituzione delle parti intimate.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 12.12.2023