Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6532 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6532 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19912/2020 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
NOME, elettivamente domiciliato in ROMAINDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MILANO n. 1238/2020 depositata il 21/05/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto n. 9/2016 veniva ingiunto a NOME COGNOME di pagare a NOME COGNOME l’importo di euro 36.696,73, pari a 1/3 di quanto NOME COGNOME aveva corrisposto alla Banca di Credito Cooperativo di Lesmo per estinguere il debito della società RAGIONE_SOCIALE, che si era obbligato a garantire insieme con NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Il Tribunale di Lecco, con la sentenza n. 682/2017, all’esito del giudizio di opposizione promosso da NOME COGNOME, accoglieva l’opposizione e revocava il decreto ingiuntivo, ritenendo che NOME COGNOME non avesse estinto l’obbligazione della società debitrice, ma avesse fornito a quest’ultima la provvista per estinguere il debito verso la banca, e negando dunque che l’opposto avesse un diritto di regresso nei confronti della ingiunta.
La Corte d’appello di Milano, con la sentenza n.1238/2020, resa pubblica in data 21 maggio 2020 e notificata il 22 maggio dello stesso anno, investita del gravame da NOME COGNOME, ha accolto l’appello, rilevando che: i) la creditrice aveva escusso la fideiussione; ii) NOME COGNOME aveva versato sul conto corrente acceso presso la banca creditrice e intestato alla società debitrice la somma di euro 110.090,21, indicando nella causale ‘versamento terzo garante’; iii) la banca aveva rilasciato quietanza dell’intero importo dovuto per la fideiussione omnibus prestata a garanzia delle obbligazioni della società RAGIONE_SOCIALE
Ha applicato, pertanto, il principio, espresso da Cass. n. 13458/2019, secondo cui l’ autonomia contrattuale permette al fideiussore di uno scoperto di conto corrente bancario di estinguere
il proprio debito fideiussorio oltre che in modo diretto, cioè versando il dovuto al creditore, anche indirettamente, cioè mediante accreditamento della somma sul conto del garantito.
Ha rigettato l’eccezione con cui veniva contestato il quantum , perché dette contestazioni non erano state ritualmente proposte in appello, se non con un generico richiamo agli scritti difensivi di primo grado contenuto nella comparsa di costituzione in appello e, ad abundantiam , perché, quand’anche provati i pagamenti asseritamente effettuati a favore della creditrice, essi non avrebbero potuto essere imputati all’estinzione del debito fideiussorio sussistente al momento in cui l’appellante aveva estinto l’obbligazione fideiussoria.
NOME COGNOME ricorre per la cassazione di detta sentenza, formulando due motivi.
Resiste con controricorso NOME COGNOME.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
Il difensore di NOME COGNOME ha depositato memoria con cui chiede che venga dichiarata la interruzione del giudizio per morte di NOME COGNOME.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione ed errata applicazione degli artt. 1852 e 1954 cod.civ., in relazione agli artt. 44 e 67 l. fall., ex art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.
A fondamento dell’accoglimento dell’impugnazione, la Corte d’appello avrebbe posto il principio di diritto enunciato da Cass. n. 13458/2019 che, però, si riferirebbe ad una ipotesi ben precisa quella della banca che abbia ricevuto una rimessa sul conto corrente della società fallita con provvista del fideiussore, la quale non è tenuta a restituire al fallimento detto pagamento ai sensi dell’art. 67 l. fall. – che nulla condivide con il sorgere del diritto di
regresso del fideiussore che anziché pagare il debito della debitrice principale, fornisca a questa i mezzi per estinguerlo.
La Corte d’appello avrebbe dovuto applicare l’art. 1852 cod.civ. e ritenere il solo correntista legittimato a disporre del saldo anche eventualmente estinguendo il suo debito, come avvenuto nel caso di specie.
Il motivo è infondato.
La Corte d’Appello ha fatto corretta applicazione del principio di diritto enunciato da Cass. n. 13458/2019 e più volte confermato dalla giurisprudenza di legittimità.
Il fatto che le sue implicazioni abbiano trovato nella materia concorsuale occasione di manifestarsi operativamente – come ha correttamente rilevato il giudice a quo -non inficia il fatto che il debito fideiussorio possa essere estinto direttamente e/o indirettamente, cioè, rispettivamente, mediante versamento alla banca della somma di denaro necessaria ad estinguere il debito o mediante accredito sul conto corrente del debitore principale della somma deputata a estinguere il suo debito verso la banca creditrice con l’intendimento che la banca se ne giovi solo a tale scopo.
Il ragionamento della decisione si è fondato su una serie di indizi: i) il versamento sul conto corrente della debitrice principale proprio della somma per la quale la banca aveva escusso la garanzia fideiussoria; ii) l’inesistenza di altre ragioni di debito del fideiussore nei confronti della società debitrice; iv) la chiara imputazione della provvista all’estinzione del debito garantito; v) la dichiarazione della banca di avere utilizzato detta somma per estinguere il debito della società NOME RAGIONE_SOCIALE
La Corte territoriale ha quindi ha implicitamente applicato la presunzione che allorché il fideiussore versi sul conto corrente del debitore una somma corrispondente alla prestazione, il cui adempimento egli stesso aveva garantito con fideiussione, e risulti l’inesistenza di alcun debito verso la debitrice da parte del
fideiussore, deve ritenersi che costui abbia adempiuto il debito proprio;.
Di qui il sorgere del diritto del fideiussore al regresso nei confronti degli altri cofideiussori ex art. 1954 cod.civ.; il fatto costitutivo del diritto di regresso è rappresentato dall’estinzione del debito principale per effetto del depauperamento del patrimonio del solvens oltre la propria quota, perché la ratio dell’art. 1934 cod.civ. è quella di impedire il corrispondente indebito arricchimento dei condebitori (Cass . 27/01/2009, n. 1955; Cass. 27/08/2018, n. 21197).
Deve aggiungersi che l’espressione ‘pagamento del debito’ deve intendersi in senso lato, cioè in modo da comprendere qualsiasi mezzo satisfattivo dell’obbligazione che abbia come conseguenza immediata e diretta la liberazione del debitore verso il creditore per fatto del fideiussore; è conseguenziale l’osservazione secondo la quale nel caso in cui il fideiussore abbia provveduto al saldo o abbia eseguito una prestazione in solutum o abbia opposto in compensazione un proprio credito o abbia ricevuto, grazie ad una donazione indiretta, la remissione del debito a suo esclusivo vantaggio estingue l’obbligazione garantita (Cass. 14/11/1989, n. 4835) e venuta meno questa si estingue anche la fideiussione (Cass. 7/10/1967, n. 2334 e successiva giurisprudenza conforme).
Non ha consistenza neppure l’ulteriore censura mossa alla impugnata sentenza secondo cui della rimessa presente sul conto del correntista poteva disporre solo quest’ultimo.
Al contrario, la causa del contratto di conto corrente di corrispondenza implica un mandato generale conferito alla banca dal correntista ad eseguire e ricevere pagamenti per suo conto, con autorizzazione a far affluire nel conto le somme così acquisite in esecuzione del mandato; ne deriva che, secondo il meccanismo proprio del conto corrente, la banca, facendo affluire nel conto passivo il pagamento ricevuto dall’ordinante, non esaurisce il
proprio ruolo in quello di mero strumento di pagamento del terzo, ma diventa l’effettiva beneficiaria della rimessa; nella sostanza, la banca ricevendo un bonifico dall’ordinante/fideiussore riconducibile ad una delegazione di pagamento ed accettandolo si è impegnata ad eseguire per conto del cofideiussore/delegante l’ordine ricevuto; dando esecuzione al bonifico, la banca assume, così, la duplice veste di delegata al pagamento per conto dell’ordinante e legittimata ex mandato a ricevere somme di danaro, con annotazione del relativo importo, per il correntista beneficiario, in adempimento di un atto gestorio dovuto (Cass. 08/02/2018, n. 3086).
2) Con il secondo motivo la ricorrente imputa alla Corte territoriale la violazione e falsa applicazione degli artt. 2735 e 1954 cod.civ., in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ., e l’omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 5, cod.proc.civ.
Attinta da censura è la statuizione con cui la Corte territoriale ha dato rilievo alla quietanza della banca, la quale, esprimendo solo il convincimento dell’ accipiens di essere stato soddisfatto , lascerebbe impregiudicata la imputazione soggettiva delle somme.
Peraltro, la banca nella quietanza aveva dichiarato che NOME COGNOME aveva effettuato a favore della debitrice il versamento di euro 110.090,21 a saldo dell’esposizione debitoria della società RAGIONE_SOCIALE in relazione al mutuo da essa contratto e la Corte d’appello erroneamente avrebbe ritenuto che il riferimento al debito della società RAGIONE_SOCIALE non valeva ad escludere che l’imputazione di pagamento dovesse ritenersi effettuata all’obbligazione fideiussoria, posto che quella fideiussoria è un’obbligazione accessoria, il cui adempimento estingue non solo il debito del fideiussore ma anche quello del debitore principale.
La conclusione della ricorrente è che la Corte abbia omesso l’esame di un fatto decisivo che avrebbe dovuto, se esaminato,
portare a ritenere inesistente il diritto di regresso di NOME COGNOME.
Il motivo è inammissibile.
Non solo la Corte d’appello non ha affatto omesso di esaminare la quietanza rilasciata dalla banca , ma anche a ritenere che la ricorrente abbia inteso denunciare un vizio di motivazione ai sensi dell’art. 132 cod.proc.civ., circoscritto alla sola verifica della esistenza del requisito motivazionale nel suo contenuto “minimo costituzionale”, richiesto dall’art. 111 Cost., 6° comma, ed individuato “in negativo” dalla consolidata giurisprudenza della Corte in termini di mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale, motivazione apparente, manifesta ed irriducibile contraddittorietà, motivazione perplessa od incomprensibile, si deve ricordare che detto vizio per giustificare la cassazione della statuizione impugnata avrebbe dovuto emergere dalla sentenza in sé e per sé considerata e non dal confronto tra essa ed elementi estrinseci, quali nel caso di specie la quietanza di pagamento (Cass., Sez. Un., 7/04/2014, nn. 8053 e 8054).
Va aggiunto che tutta l’argomentazione difensiva della ricorrente ipotizza la sussistenza di una imputazione della provvista diversa
rispetto a quella dell’obbligazione fideiussoria in ragione del fatto che il pagamento era stato imputato a saldo dell’esposizione debitoria della società RAGIONE_SOCIALE in relazione al mutuo che essa aveva con la banca, ma non all’estinzione dell’obbligazione fideiussoria, perché appunto era stata la società RAGIONE_SOCIALE ad avere estinto il mutuo e non NOME COGNOME.
Il rigetto del primo motivo di ricorso determina l’assorbimento di siffatta censura, perché con essa si torna ad ipotizzare l’impossibilità che l’estinzione dell’obbligazione principale e di conseguenza dell’obbligazione fideiussoria non possa avvenire attraverso un pagamento indiretto.
Va ribadito che il processo di cassazione, caratterizzato dall’impulso d’ufficio, non è soggetto ad interruzione in presenza degli eventi di cui agli art. 299 ss. cod.proc.civ.., tenendo conto che tali norme si riferiscono esclusivamente al giudizio di merito e non sono suscettibili di applicazione analogica in quello di legittimità (Cass. 15/10/2004, n. 20325); pertanto, non può accogliersi la richiesta, ribadita con la memoria, dell’AVV_NOTAIO di dichiarare l’interruzione del processo per morte di NOME COGNOME, avvenuta in data 14 maggio 2021.
Per le ragioni esposte, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore del controricorrente, liquidandole in euro 4.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione civile