Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 10000 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 10000 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22242/2023 R.G. proposto da :
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME e domiciliato presso il domicilio digitale del medesimo pec:
-ricorrente- contro
NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, in ROMA INDIRIZZO
-controricorrente- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MILANO n. 1059/2023 depositata il 28/03/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/12/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME.
Rilevato che:
NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME rilasciarono fideiussioni a garanzia delle obbligazioni assunte con il contratto di conto corrente stipulato da RAGIONE_SOCIALE con il Credito Valtellinese SpA (di seguito Banca) e furono intimati, unitamente alla società debitrice, del pagamento, della somma di € 295.549,00, quale saldo passivo del conto.
Furono proposte due cause di opposizione, la prima dal COGNOME, definita dal Tribunale di Monza con il rigetto, con conferma in grado di appello e attuale pendenza del giudizio dinanzi questa Corte, e la seconda promossa dall’Avanzato , che fu transatta mediante pagamento, da parte di quest’ultimo , dell’importo di € 230.000 , ed estinta ai sensi dell’art. 309 c.p.c.
La Banca, ricevuto il pagamento, con comunicazione del 30/5/2018, dichiarò l’ Avanzato surrogato nei diritti creditori originariamente goduti dal Credito Valtellinese nei riguardi dell’Immobiliare e degli altri due garanti, limitatamente all’importo pagato.
Alla luce della surrogazione il fideiussore intimò con decreto ingiuntivo in qualità di nuovo creditore, agli altri due fideiussori, il pagamento dell’importo di € 230.000 ,00.
Il COGNOME propose opposizione deducendo: la pendenza di altra causa analoga, la natura indipendente delle fideiussioni e l’insussistenza di una cofideiussione, nonché l’impossibilità , per l’Avanzato , di agire in regresso ai sensi dell’art. 1954 c.c. , trattandosi di norma relativa alla sola cofideiussione; la volontà di profittare della transazione ai sensi dell’art. 304 c.c., la sproporzione della somma ingiunta rispetto al diritto vantato perchè Avanzato non aveva titolo per agire per l’intero ma soltanto proquota nei confronti degli altri fideiussori; per l’ipotesi in cui fosse riconosciuto il diritto di surroga, eccepì l’estinzione della
obbligazione fideiussoria ai sensi dell’art. 1957 c.c., la nullità della clausola di cui all’art. 6 del contratto, per violazione della disciplina sul la concorrenza, l’invalidità del titolo contrattuale.
A seguito di costituzione di Avanzato, il Tribunale di Monza con sentenza n. 447 del 2021, in parziale accoglimento dell’opposizione, ha ritenuto che la Banca avesse intimato il pagamento della garanzia autonoma a prima richiesta, così rigettando tutte le eccezioni relative al rapporto princip ale; che l’eccezione di nullità fosse da rigettarsi perché la clausola, in preteso contrasto con il modello ABI e dunque con le norme in materia di concorrenza, in ogni caso non aveva una autonoma rilevanza; che vi era la prova del credito ingiunto; che le fideiussioni essendo contestuali, dovevano ritenersi congiunte in una unica co-fideiussione; che al cofideiussore – che ha pagato- spettano sia il diritto di regresso nei confronti degli altri, nei limiti della quota di ciascuno, sia la surrogazione per l’intero nei confronti del debitore; che l’Avanzato aveva dichiarato di agire in surrogazione della banca e che il medesimo poteva agire sugli altri coobbligati nei limiti dei 2/3 dell’importo corrisposto e dunque fino alla concorrenza di € 153.333,33, dovendo la residua quota di 1/3 restare a suo carico; che nel caso in esame la possibilità per il co-fideiussore, di profittare della transazione dell’altro, non consentiva di applicare l’art. 1304 c.c. perché la transazione non aveva riguardato l’intero credito dell’istituto ma la sola quota dell’opposto.
Avverso la sentenza il COGNOME propose appello facendo valere la violazione e falsa applicazione dell’art. 1957 c.c., la viola zione e falsa applicazione degli artt. 1949 e 1954 c.c. e dell’art. 1304 c.c.
A seguito di costituzione dell’Avanzato , la Corte d’Appello di Mi lano, con sentenza pubblicata in data 28/3/2023, ha, in parziale accoglimento dell’appello , ritenuto che, avendo il fideiussore pagato alla banca l’importo di € 230.000 , non ha soddisfatto l’intera pretesa creditoria vantata dalla medesima sicché l’azione recuperatoria promossa nei
confronti dell’ altro cofideiussore COGNOME va intesa quale azione di regresso ex art. 1954 c.c. e non può riguardare né l’intero importo, né la quota di 2/3 ma la sola quota ad esso riferibile per l’importo di € 76.666,66 (ossia 1/3 di 230.000) oltre interessi legali dal 24/5/2018 al saldo.
Avverso la sentenza NOME COGNOME propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
Resiste NOME COGNOME con controricorso.
E’ stata formulata proposta di definizione accelerata del ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis, nel senso della inammissibilità.
Il ricorrente ha proposto opposizione chiedendo la decisione del ricorso.
Considerato che:
con il primo motivo -violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1957, 1462 e 1362 c.c. -il ricorrente censura la sentenza nella parte in cui non ha applicato l’art. 1957 c.c. e cioè la decadenza dal diritto di escutere la garanzia per non avere la banca coltivato entro il termine di sei mesi -decorrente dalla scadenza della obbligazione principalealcuna iniziativa giurisdizionale nei confronti della debitrice principale. Contesta in particolare il capo di sentenza che ha ritenuto la presenza della clausola di pagamento a semplice richiesta quale sufficiente ad evitare la decadenza ex art. 1957 c.c., trattandosi di un contratto autonomo di garanzia, ritenendo che l’art. 7 del contratto valesse a derogare ai termini di decadenza di cui all’art. 1957 c.c.
Questo assunto deriverebbe dall’errata interpretazione della clausola di cui all’art. 7 del contratto che, invece, avrebbe dovuto portare a ritenere che la decadenza operasse comunque, ma soltanto a decorrere dal momento in cui il fideiussore avesse eseguito il pagamento (dunque una clausola solve et repete ).
Con il secondo motivo -violazione e falsa applicazione degli artt. 1957 c.c. e 1363 c.c. -impugna la sentenza per ragioni analoghe a quelle di cui al primo motivo con l’unica differenza che il canone interpretativo
che pretende violato è quello dell’art. 1363 c.c., cd. dell’interpretazione complessiva delle clausole, secondo cui le clausole vanno interpretate le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto.
Quindi, ove il giudice avesse considerato unitamente l’art. 6 e l’art. 7 del contratto, sarebbe giunto alla conclusione che la polisemica espressione ‘a semplice richiesta’ contenuta nell’art. 7 non operava affatto sul piano della deroga di cui all’art. 1957 c.c. ma solo sul piano dell’adempimento e della proponibilità di eccezioni.
Con il terzo motivo -violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e, segnatamente, degli artt. 1957 e 1370 c.c. (art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c.) lamenta che il giudice, nell’interpretazione delle clausole , non ha fatto uso del criterio di cui all’art. 1370 c.c. , secondo cui le clausole inserite nelle condizioni generali di contratto in moduli o formulari s’interpretano nel dubbio in favore dell’altro contraente. Assume che la clausola era dubbia e che il giudice avrebbe dovuto far ricorso all’art. 1370 c.c.
I motivi possono essere trattati congiuntamente ed il ricorso esita nella inammissibilità per la mancata censura della principale ratio decidendi dell’impugnata sentenza relativa al diritto di regresso pro quota del fideiussore -che ha pagato una parte rilevante della somma dovutanei confronti degli altri fideiussori.
Nessuno dei motivi censura questa ratio.
Ciò è sufficiente a condurre alla inammissibilità del ricorso senza tacere che, in ogni caso, i motivi sarebbero inammissibili nella parte in cui prospettano vizi di ermeneutica contrattuale sia per il loro carattere di novità rispetto ai motivi di appello sia per la struttura dei mezzi, tutti volti ad evocare, da parte di questa Corte, un diverso ed auspicato risultato interpretativo della clausola di cui all’art. 7 del contratto di garanzia, precluso in sede di legittimità.
Anche la censura volta a prospettare la violazione dell’art. 1957 c.c. non è correlata alla ratio decidendi dell’impugnata sentenza , espressa a p. 13, secondo cui la proposizione di una richiesta stragiudiziale di pagamento entro il termine di sei mesi dalla scadenza è adeguata ad evitare la decadenza, non essendo necessario che, entro il termine suddetto, sia proposta una domanda giudiziale.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore del controricorrente, seguono la soccombenza.
Va altresì disposta la condanna del ricorrente al pagamento delle somme ex art. 96, 3° e 4° co., c.p.c., ricorrendone i presupposti di legge.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente: delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi 6.200,00, di cui euro 6.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori d legge; della somma di euro 6.000,00 ex art. 96, 3°, co., c.p.c. Condanna il ricorrente al pagamento di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende ex art. 96, 4°, co., c.p.c.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di c ontributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile del 5 dicembre 2024.
Il Presidente NOME COGNOME