Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 9522 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 9522 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/04/2024
Oggetto: contributi
pubblici – RAGIONE_SOCIALE
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. NUMERO_DOCUMENTO R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa da ll’ RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici in RAGIONE_SOCIALEINDIRIZZO INDIRIZZO, domicilia ope legis
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione coatta amministrativa, in persona del Commissario Liquidatore pro tempore , rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, con domicilio eletto presso lo studio del primo, sito in RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE n. 4610/2019, depositata l’8 luglio 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 gennaio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
-la RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE, depositata l’8 luglio 2019 , di reiezione dell’appello per la riforma della sentenza del locale Tribunale che, accogliendo la domanda della RAGIONE_SOCIALE (sottoposta a liquidazione coatta amministrativa nelle more del giudizio di primo grado), la aveva condannata al pagamento in favore di quest’ultima della somma di euro 2.530.000,00, oltre interessi legali, quale contributo pubblico per l’RAGIONE_SOCIALE per l’anno 2011, ai sensi dell’art. 3 l. 7 agosto 1990, n. 250;
la Corte di appello, premessa la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario in ragione della ritenuta assenza di discrezionalità dell’ Amministrazione statale sull’ an , quid e quomodo dell’erogazione richiesta, ha confermato la decisione di primo grado, evidenziando che la presentazione della domanda di ammissione della società alla procedura di concordato preventivo costituiva causa di sospensione degli obblighi e dei pagamenti contributivi , ai sensi dell’art. 5, secondo comma, d.m. 24 ottobre 2007, e, conseguentemente, esentava la richiedente dall’obbligo di produrre l’attestazione della regolarità contributiva previdenziale, la cui assenza era stata elevata dall’ Amministrazione a motivo della non concessione del contributo richiesto;
il ricorso è affidato a quattro motivi;
resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE in liquidazione coatta amministrativa;
-quest’ultima deposita memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.;
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 16 8 legge fall. e 5, secondo comma, lett. b), d.m. 24 ottobre 2007, per aver la sentenza impugnata ritenuto che l’ammissione della società alla procedura di liquidazione coatta amministrativa determinasse una sospensione dei pagamenti rilevante ai fini della sussistenza della regolarità contributiva;
-evidenzia, in proposito, che l’art. 5, secondo comma, lett. b), d.m. 24 ottobre 2007 (cd. decreto DURC), nel prevedere che la regolarità contributiva sussiste (anche) in caso di sospensioni dei pagamenti a seguito di disposizioni legislative, consente di considerare sussistente la regolarità contributiva nelle ipotesi in cui specifiche disposizioni di legge stabiliscono la «sospensione» dei pagamenti, tra le quali non può farsi rientrare il divieto di pagamenti lesivi della par condicio conseguente all’ammissione di un’impresa alla procedura di liquidazione coatta amministrativa;
specifica che, in tema di procedure concorsuali, una sospensione legislativa dei pagamenti è prevista solo dall’art. 186 bis legge fall. (nella formulazione vigente ratione temporis ) in costanza di una procedura di concordato preventivo con continuità aziendale, il cui piano preveda una moratoria sino ad un anno dall’omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, tra cui rientrano i contributi previdenziali e assistenziali, in ragione della finalità di risanamento dell’impresa cui tale procedura è preordinata, ma non anche in caso di liquidazione coatta amministrativa, cui tale finalità è estranea, stante la natura liquidatoria della procedura;
il motivo è infondato;
giova rammentare che secondo la disciplina applicabile al caso in esame ratione temporis i contributi per l’RAGIONE_SOCIALE in oggetto sono erogati in un ‘ unica soluzione entro l’anno successivo a quello di riferimento (art. 1, comma 454, l. 23 dicembre 2005, n. 266) e a tal fine il richiedente è tenuto a depositare domanda entro il 31 gennaio
di tale anno, successivo a quello di riferimento (art. 8, secondo comma, d.P.R. 25 novembre 2010, n. 223) e la relativa documentazione, a pena di decadenza dal diritto alla percezione dei contributi, entro il 30 settembre successivo alla scadenza del termine di presentazione della domanda (art. 10, secondo comma, l. 1° ottobre 2007, n. 159);
-come espressamente stabilito dall’art. 10, quarto comma, l.n. 159 del 2007, tale termine trova applicazione anche alla dimostrazione del requisito della regolarità contributiva previdenziale relativa all’anno di riferimento dei contributi imposto dall’art. 14, d. P.R. 27 aprile 1982, n. 268;
orbene, la Corte di appello ha ritenuto la presentazione da parte della società della domanda di concordato preventivo prenotativo ex art. 161, sesto comma, legge fall. in data 28 settembre 2012, ossia due giorni prima della scadenza del termine per il deposito della documentazione relativa alla richiesta dei contributi per l’RAGIONE_SOCIALE, integrasse, in ragione del conseguente divieto di effettuare pagamenti, «una ipotesi generale di sospensione legale degli obblighi e dei pagamenti contributivi, come previs to dall’art. 5 DURC cit. », tale da giustificare la mancata attestazione della richiesta regolarità contributiva da parte degli enti previdenziali;
va premesso che non è concludente il riferimento operato dalla ricorrente alla natura liquidatoria della procedura di liquidazione coatta amministrativa, atteso che alla scadenza del termine per la presentazione della documentazione e, dunque, al momento in cui gli elementi della fattispecie del diritto azionato devono essere venuti a esistenza, la società non era stata ancora sottoposta a tale procedura, circostanza verificatasi con decreto del 4 luglio 2013;
si osserva, quindi, che dopo l’ammissione alla procedura del concordato preventivo non sono consentiti pagamenti lesivi della par condicio creditorum , come desumibile dal sistema normativo previsto per la regolamentazione degli effetti del concordato e in particolare
dall’art. 168 legge fall. che, nel porre il divieto di azioni esecutive da parte dei creditori, comporta implicitamente il divieto di pagamento di debiti anteriori, perché sarebbe incongruo che ciò che il creditore non può ottenere in via di esecuzione forzata possa conseguire in virtù di spontaneo adempimento, essendo in entrambi i casi violato proprio il principio di parità di trattamento dei creditori (cfr. Cass. 12 gennaio 2007, n. 578);
-può, dunque, condividersi l’assunto della Corte territoriale secondo cui la presentazione della domanda di concordato preventivo ha determinato una situazione di sospensione dei pagamenti riconducibile all’operatività di disposizioni legislative, in quanto tale idonea a determinare la regolarità contributiva dell’impresa ai sensi dell’art. 5, lett. b) del d.m. 24 ottobre 2007, secondo il quale la regolarità contributiva sussiste (anche) «in caso di sospensioni dei pagamenti a seguito di disposizioni legislative»;
non persuasiva è, poi, la tesi dell’ Amministrazione statale che fa conseguire la sospensione legale dei pagamenti preconcordatari solo alla domanda di concordato preventivo con continuità aziendale, in quanto, in primo luogo, la prospettata differente disciplina sul punto tra le diverse forme di concordato preventivo non trova conferma nel quadro normativo di riferimento;
-l’esistenza del divieto, previsto dall’art. 182 quinquies , quinto comma, legge fall., di effettuare pagamenti di crediti preconcordatari scaduti in costanza di un concordato preventivo con continuità aziendale, ossia in una situazione in cui il principio della par condicio creditorum è declinato con minor rigore in funzione del perseguimento della finalità del risanamento aziendale (cfr., in tema, Cass. 19 novembre 2018, n. 29742), se non in presenza dell ‘autorizzazione del tribunale (cfr. Cass. 19 febbraio 2016, n. 3324; vedi, anche, Cass. 11 maggio 2023, n. 12810), costituisce, semmai, un argomento a conforto della tesi della sussistenza di un siffatto divieto anche nei casi in cui non avendo la
procedura concorsuale quale suo obiettivo la prosecuzione dell’attività di impresa è maggiore l’esigenza di assicurare il rispetto della parità di trattamento tra i creditori;
in secondo luogo, si osserva che la concessione del contributo in oggetto non è finalizzata ad agevolare ex ante un’impresa ancora in esercizio, in relazione a spese da sostenere in futuro, ma a sovvenzionare ex post l’impresa per le spese sostenute nel periodo di riferimento , per cui non concludente è l’argomento della destinazione della società alla cessazione della sua attività;
con il secondo motivo la ricorrente deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 345 cod. proc. civ., nella parte in cui ha ritenuto inammissibile, in quanto proposta per la prima volta solo in appello, l’eccezione relativa all’esistenza di un limite invalicabile di spesa nell’erogazione de i contributi, consistente nell ‘ammontare delle risorse stanziate nell’apposito capitolo di bilancio della RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE, di cui il Tribunale non avrebbe tenuto conto;
rileva, sul punto, che tale eccezione era stata oggetto di motivo di appello diretto ad aggredire un autonomo capo della sentenza di primo grado;
con il terzo motivo si duole della nullità della sentenza per violazione dell’art. 342 cod. proc. civ., nella parte in cui ha ritenuto che il quantum debeatur non fosse stato oggetto di specifica contestazione;
i motivi, esaminabili congiuntamente, sono fondati;
come riferito dalla ricorrente, la Corte territoriale, nel pronunciarsi sul motivo di gravame concernente il quantum della pretesa azionata dalla società, ha ritenuto che lo stesso veicolasse una eccezione che, in quanto proposta solo in sede di appello, fosse inammissibile per tardività e, inoltre, ha aggiunto che, in ogni caso, l’importo richiesto non era stato contestato dalla difesa erariale;
sul punto, si evidenzia, invece, che la deduzione della parte di essere debitrice di un importo inferiore rispetto a quello preteso dalla
contro
parte non costituisce un’eccezione , ma una mera difesa, risolvendosi nella negazione della fondatezza della pretesa avversaria nella sua integralità, che è sottratta al divieto di nuove eccezioni in appello stabilito dall’art. 345, secondo comma, cod. proc. civ. (cfr. Cass. 6 maggio 2020, n. 8525; Cass. 1° ottobre 2018, n. 23796);
non può, poi, condividersi la valutazione di inammissibilità del motivo di gravame per assenza di specificità, atteso che l’esame di tale motivo -debitamente riprodotto nel motivo di ricorso nella sua parte saliente evidenzia in modo adeguato le ragioni, in fatto e in diritto, su cui la
-critica si fonda;
come noto, l’art. 342 cod. proc. civ. va interpretato nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza, tuttavia, che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (così, Cass., Sez. Un., 16 novembre 2017, n. 27199);
-all’accoglimento del secondo e del terzo motivo segue l’assorbimento del quarto motivo, con cui è fatta valere la violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 62, l. 23 dicembre 2009, n. 191, in quanto avente a oggetto una questione strettamente conseguenziale; – la sentenza impugnata va, pertanto, cassata con riferimento ai motivi accolti e rinviata, anche per le spese, alla Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE, in diversa composizione
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo del ricorso, rigetta il primo e dichiara assorbito il quarto; cassa la sentenza impugnata con
riferimento ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE, in diversa composizione.