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Regolarità contributiva: sì ai fondi in concordato

La Corte di Cassazione ha esaminato il caso di una società editoriale a cui erano stati negati contributi pubblici per l’editoria a causa della mancata regolarità contributiva. La società si trovava in concordato preventivo, una procedura che sospende i pagamenti dei debiti pregressi. La Corte ha confermato che l’ammissione al concordato preventivo costituisce una causa di sospensione legale dei pagamenti, rendendo l’impresa di fatto regolare ai fini dell’ottenimento dei contributi. Tuttavia, ha annullato la sentenza d’appello per motivi procedurali, poiché la Corte d’Appello aveva erroneamente dichiarato inammissibile il motivo di gravame relativo all’importo del contributo dovuto, qualificandolo come nuova eccezione anziché come mera difesa.

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Regolarità Contributiva e Crisi d’Impresa: La Cassazione sui Fondi Editoria

L’accesso ai contributi pubblici è spesso subordinato al possesso della regolarità contributiva, un requisito che può diventare un ostacolo insormontabile per le aziende in crisi. Con l’ordinanza n. 9522 del 2024, la Corte di Cassazione affronta un caso emblematico, chiarendo se l’ammissione a una procedura di concordato preventivo possa giustificare la mancanza del certificato di regolarità e consentire comunque l’accesso ai fondi destinati all’editoria.

I Fatti di Causa

Una società cooperativa editoriale si vedeva negare un cospicuo contributo pubblico per l’anno 2011. Il motivo del diniego da parte del Dipartimento per l’informazione e l’editoria era la mancata presentazione di un’attestazione di regolarità nei versamenti previdenziali e assistenziali. La società, tuttavia, aveva presentato domanda di concordato preventivo pochi giorni prima della scadenza del termine per il deposito della documentazione richiesta.

Sia il Tribunale che la Corte di Appello davano ragione alla società, sostenendo che l’ammissione alla procedura concorsuale costituisse una causa di sospensione legale degli obblighi di pagamento, esentandola di fatto dalla necessità di produrre un certificato di regolarità standard. L’Amministrazione statale, insoddisfatta, proponeva ricorso in Cassazione basato su quattro motivi.

## Il Principio sulla Regolarità Contributiva in Concordato

Il cuore della controversia risiedeva nel primo motivo di ricorso. L’Amministrazione sosteneva che solo specifiche disposizioni di legge potevano determinare una sospensione dei pagamenti valida ai fini della regolarità contributiva, e che il divieto di pagare debiti pregressi derivante dal concordato preventivo non rientrasse tra queste.

La Corte di Cassazione ha rigettato questa tesi, confermando l’interpretazione dei giudici di merito. I giudici supremi hanno chiarito che la presentazione della domanda di concordato preventivo, ai sensi dell’art. 168 della legge fallimentare, comporta un divieto implicito di pagare debiti anteriori. Questo divieto tutela la par condicio creditorum, ovvero il principio della parità di trattamento dei creditori. Di conseguenza, questa situazione si configura come una ‘sospensione dei pagamenti a seguito di disposizioni legislative’, come previsto dalla normativa sul DURC (d.m. 24 ottobre 2007). In altre parole, l’impresa non può pagare i contributi non per sua volontà, ma perché la legge glielo impedisce per proteggere l’intero ceto creditorio. Pertanto, la sua posizione deve essere considerata regolare.

## Gli Errori Procedurali e la Decisione Finale

Nonostante la conferma del principio di diritto sulla regolarità contributiva, la Cassazione ha accolto il secondo e il terzo motivo del ricorso, entrambi di natura procedurale. L’Amministrazione statale, in appello, aveva contestato l’importo (quantum) del contributo riconosciuto alla società, sostenendo che le risorse disponibili erano inferiori. La Corte d’Appello aveva liquidato questa contestazione come un’eccezione nuova, e quindi inammissibile perché tardiva.

La Cassazione ha corretto questa impostazione. La contestazione sull’ammontare del dovuto non costituisce un’eccezione in senso proprio (che introduce un nuovo fatto a difesa), ma una mera difesa. Si tratta di una negazione della fondatezza della pretesa avversaria, che può essere sollevata in qualsiasi momento. La Corte d’Appello, quindi, ha errato nel non esaminare nel merito la questione. Per questo motivo, la sentenza è stata cassata e il caso è stato rinviato a una diversa sezione della Corte di Appello per un nuovo esame proprio su questo punto.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione su una duplice argomentazione. Da un lato, ha dato una lettura sostanziale e sistematica della normativa sulla regolarità contributiva, riconoscendo che il divieto di pagamento imposto dal concordato preventivo è una sospensione ex lege che non può penalizzare l’impresa richiedente un contributo. Sarebbe incongruo, secondo la Corte, che un creditore (in questo caso l’ente previdenziale) possa ottenere indirettamente, tramite il diniego di un contributo, ciò che non potrebbe ottenere direttamente tramite un’azione esecutiva, violando la par condicio creditorum. Dall’altro lato, la Corte ha ribadito i rigorosi principi del diritto processuale civile, distinguendo tra ‘eccezione’ e ‘mera difesa’. Ha censurato la decisione della Corte territoriale per aver applicato in modo errato l’articolo 345 del codice di procedura civile, impedendo all’Amministrazione di difendersi pienamente sull’entità della somma richiesta.

Le Conclusioni

In conclusione, l’ordinanza stabilisce un importante principio a favore delle imprese in crisi: l’ammissione al concordato preventivo è una condizione che giustifica la sospensione dei versamenti contributivi e non osta al riconoscimento della regolarità contributiva ai fini dell’accesso a fondi pubblici. Tuttavia, la vittoria di principio della società non si è tradotta in una conferma della sentenza a lei favorevole. A causa di un errore procedurale della Corte d’Appello nel valutare le difese dell’Amministrazione, il caso dovrà essere nuovamente discusso per determinare l’esatto importo del contributo spettante alla società editoriale.

Un’impresa in concordato preventivo può essere considerata in regola con i contributi previdenziali?
Sì. Secondo la Corte, la presentazione della domanda di concordato preventivo determina una situazione di sospensione legale dei pagamenti dei debiti pregressi, riconducibile all’operatività di disposizioni legislative. Questa sospensione è idonea a far sussistere la regolarità contributiva ai sensi dell’art. 5, lett. b) del d.m. 24 ottobre 2007.

Perché la Cassazione ha annullato la sentenza d’appello se ha dato ragione alla società sul tema principale della regolarità contributiva?
La sentenza è stata annullata per motivi procedurali. La Corte d’Appello aveva erroneamente ritenuto inammissibile il motivo di gravame con cui l’Amministrazione contestava l’importo del contributo. La Cassazione ha stabilito che tale contestazione era una mera difesa, e non un’eccezione nuova vietata in appello, e quindi doveva essere esaminata nel merito.

Contestare l’importo richiesto dalla controparte in appello è una ‘nuova eccezione’ vietata dalla legge?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la deduzione di essere debitore di un importo inferiore rispetto a quello preteso non costituisce un’eccezione, ma una mera difesa. Essa si risolve nella negazione, totale o parziale, della fondatezza della pretesa avversaria e non è soggetta al divieto di nuove eccezioni in appello stabilito dall’art. 345 del codice di procedura civile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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