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Regolarità contributiva in liquidazione: diritto al fondo

Una società editrice in liquidazione coatta amministrativa si è vista negare un contributo pubblico per una presunta irregolarità contributiva. La Corte di Cassazione ha stabilito che lo stato di liquidazione, imponendo uno stop ai pagamenti per legge, soddisfa il requisito della regolarità contributiva. Tuttavia, ha annullato la decisione di merito per non aver valutato il limite dei fondi pubblici disponibili, rimandando la causa per un nuovo esame su questo specifico punto.

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Regolarità Contributiva e Liquidazione: Sì ai Fondi Pubblici

L’accesso ai contributi pubblici è spesso subordinato a rigidi requisiti, tra cui la regolarità contributiva. Ma cosa accade quando un’impresa si trova in una procedura di liquidazione coatta amministrativa? Può essere considerata ‘regolare’ ai fini contributivi? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9553/2024, ha fornito un chiarimento fondamentale, affermando che lo stato di liquidazione è di per sé sufficiente a integrare una causa di sospensione legale dei pagamenti, rendendo l’impresa conforme alla normativa.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Contributi per l’Editoria

Una società editrice, posta in liquidazione coatta amministrativa, aveva richiesto l’erogazione di un contributo pubblico per l’editoria relativo all’anno 2012. L’Amministrazione statale competente aveva respinto la domanda, motivando il diniego con l’assenza di un’attestazione di regolarità contributiva (il cosiddetto DURC).

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte di Appello avevano dato ragione alla società, condannando l’Amministrazione al pagamento della somma richiesta, oltre agli interessi. Secondo i giudici di merito, la procedura di liquidazione coatta costituiva una causa di sospensione degli obblighi contributivi prevista dalla legge, esentando di fatto la società dalla necessità di produrre un DURC positivo. L’Amministrazione ha quindi proposto ricorso per cassazione.

Il Principio della Regolarità Contributiva in Liquidazione Coatta

Il motivo principale del ricorso dell’Amministrazione si basava sulla distinzione tra procedure concorsuali ‘conservative’ (come il concordato con continuità aziendale), che mirano al salvataggio dell’impresa, e procedure ‘liquidatorie’ come quella in esame. Secondo la tesi del ricorrente, solo nel primo caso la legge prevedrebbe una sospensione dei pagamenti idonea a giustificare la regolarità contributiva.

La Corte di Cassazione ha respinto questa interpretazione. Ha chiarito che, una volta ammessa un’impresa alla liquidazione coatta amministrativa, vige il divieto di eseguire pagamenti che possano ledere la par condicio creditorum, ovvero il principio di parità di trattamento tra i creditori. Questo divieto, sancito da norme di legge, integra pienamente l’ipotesi di ‘sospensioni dei pagamenti a seguito di disposizioni legislative’ prevista dalla normativa sui contributi pubblici (d.m. 24 ottobre 2007). Di conseguenza, l’impresa in liquidazione deve essere considerata in regola con gli obblighi contributivi.

La Questione Procedurale: Mera Difesa e Limiti di Spesa

Nonostante la conferma del principio di diritto sulla regolarità, la Cassazione ha accolto un altro motivo di ricorso, di natura procedurale. L’Amministrazione aveva sostenuto, in appello, che l’erogazione del contributo fosse comunque preclusa dall’esaurimento dei fondi stanziati nel bilancio dello Stato per quella finalità.

La Corte d’Appello aveva erroneamente ritenuto di non potersi pronunciare su questo punto, considerandolo una nuova eccezione non sollevata in primo grado. La Cassazione ha corretto questa impostazione, qualificando l’argomento sui limiti di spesa come una ‘mera difesa’. A differenza di un’eccezione, che introduce un fatto nuovo, la mera difesa si limita a contestare la fondatezza della pretesa avversaria e può essere proposta in qualsiasi fase del giudizio. L’omessa pronuncia su tale punto ha quindi reso nulla la sentenza.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La decisione della Suprema Corte si fonda su due pilastri. In primo luogo, sul piano sostanziale, viene affermato che la ratio del divieto di pagamenti nelle procedure liquidatorie è quella di assicurare il rispetto della parità di trattamento dei creditori, un’esigenza ancora più stringente rispetto alle procedure conservative. Pertanto, questa sospensione legale dei pagamenti è pienamente idonea a determinare la regolarità contributiva. La Corte ha anche specificato che la natura del contributo, erogato ex post per spese già sostenute, rende irrilevante la circostanza che l’impresa sia destinata a cessare la propria attività.

In secondo luogo, sul piano processuale, la Corte ha ribadito la distinzione tra eccezione e mera difesa. La contestazione relativa alla capienza dei fondi pubblici non introduce un fatto estintivo o modificativo del diritto, ma ne nega l’esistenza stessa, configurandosi come una mera difesa. Di conseguenza, il giudice di appello aveva l’obbligo di esaminarla, e la sua omissione costituisce un vizio della sentenza che ne impone la cassazione.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

L’ordinanza stabilisce un principio di notevole importanza: un’impresa in liquidazione coatta amministrativa è da considerarsi in regola con gli obblighi contributivi ai fini dell’accesso a finanziamenti pubblici. Questa interpretazione tutela le imprese in crisi e garantisce che i creditori, inclusi gli enti previdenziali, siano soddisfatti secondo le regole della procedura concorsuale. Tuttavia, la vittoria per la società non è ancora definitiva. La causa è stata rinviata alla Corte di Appello, che dovrà ora esaminare nel merito la questione dei limiti di spesa sollevata dall’Amministrazione statale. Il diritto al contributo, quindi, pur essendo astrattamente riconosciuto, dovrà superare la prova concreta della disponibilità dei fondi a bilancio.

Una società in liquidazione coatta amministrativa ha diritto alla regolarità contributiva?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la sottoposizione a liquidazione coatta amministrativa comporta un divieto di pagamenti che viola la parità di trattamento dei creditori. Questo divieto equivale a una ‘sospensione dei pagamenti a seguito di disposizioni legislative’, condizione sufficiente per considerare sussistente la regolarità contributiva ai fini della richiesta di contributi pubblici.

Perché la sentenza della Corte d’Appello è stata annullata nonostante il principio sulla regolarità contributiva sia stato confermato?
La sentenza è stata annullata perché la Corte d’Appello ha omesso di pronunciarsi su un motivo di appello dell’Amministrazione statale, relativo all’esistenza di un limite di spesa invalicabile derivante dai fondi stanziati a bilancio. La Cassazione ha chiarito che questa argomentazione costituisce una ‘mera difesa’ e non un’eccezione, pertanto il giudice d’appello avrebbe dovuto esaminarla.

L’argomento sui limiti di spesa del bilancio statale è un’eccezione o una mera difesa?
L’ordinanza stabilisce che l’argomentazione relativa all’esaurimento dei fondi stanziati a bilancio per l’erogazione di contributi pubblici non è un’eccezione in senso tecnico, ma una mera difesa. Questo significa che consiste nella semplice negazione della fondatezza della pretesa avversaria e può essere sollevata anche in appello, obbligando il giudice a pronunciarsi sul punto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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