Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 26600 Anno 2024
Civile Ord. Sez. U Num. 26600 Anno 2024
Presidente: COGNOME PASQUALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2588/2024 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME (CODICE_FISCALE),
COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), (CODICE_FISCALE)
NOME CIMINELLI AUGUSTA
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) -controricorrenti-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) -resistente-
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME -intimati-
per regolamento preventivo di giurisdizione in relazione al GIUDIZIO PENDENTE dinanzi al TRIBUNALE MILANO n. RG 33332/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/09/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, il quale chiede che la Corte di Cassazione a Sezioni Unite voglia dichiarare inammissibile il regolamento preventivo;
Lette le memorie delle parti;
RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE
NOME NOME e NOME con atto dell’8 gennaio 2016 hanno alienato alla RAGIONE_SOCIALE il 40 % delle partecipazioni detenute indirettamente in RAGIONE_SOCIALE, che in data 29/11/2017 si fondeva con RAGIONE_SOCIALE
La società è stata poi coinvolta in un procedimento penale dinanzi al Tribunale di Milano, conclusosi con la condanna per atti di corruzione internazionale.
Con atto del 24 febbraio 2022 la RAGIONE_SOCIALE, quale successore universale di RAGIONE_SOCIALE, intraprendeva un procedimento arbitrale dinanzi alla ICC nei confronti dei COGNOME, invocando gli obblighi di indennizzo assunti dagli alienanti nell’atto di cessione delle partecipazioni societarie, ed in particolare anche in merito ad un contenzioso che all’epoca della vendita coinvolgeva RAGIONE_SOCIALE (cd. Foresti Litigation), per il quale i COGNOME si erano obbligati ad indennizzare l’acquirente per ogni danno, perdita, costo, sanzione e per ogni eventuale passività.
In particolare, il contratto di vendita prevedeva che la definizione di ogni controversia tra le parti avente ad oggetto la validità,
l’interpretazione e l’esecuzione del contratto dovesse essere deferita ad un collegio arbitrale da costituirsi in Londra.
In sede arbitrale era richiesto un danno pari a circa 82 milioni di euro, essendosi specificato che, a seguito del procedimento penale dinanzi al Tribunale di Milano, ed in conseguenza dell’accertamento di fatti di corruzione posti in essere da ex dipendenti della RAGIONE_SOCIALE, la società, nella veste di responsabile ex D. Lgs. n. 231/2001, aveva patteggiato la pena, subendo la confisca di 9 milioni di euro ed una sanzione di € 250.000,00. Era pertanto richiesto ai COGNOME di essere indennizzati delle somme versate per effetto del provvedimento penale, nonché il ristoro degli altri danni conseguenti alla esclusione dalle gare in corso e da quelle future, con un rilevantissimo danno da immagine.
I COGNOME si costituivano nel procedimento arbitrale con atto del 15 maggio 2023, chiedendo in via riconvenzionale il pagamento del saldo del prezzo di vendita.
Il Collegio arbitrale era stato poi costituito in Londra, essendo prevista l’udienza di discussione finale per la data del 10 -14 giugno 2024.
Nelle more, con atto di citazione del 5 settembre 2022 COGNOME NOME e COGNOME NOME convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano la RAGIONE_SOCIALE e gli amministratori che, avevano predisposto il bilancio per l’anno 2021, e facendo richiamo al contratto di cessione delle partecipazioni del 2016, nella qualità di creditori della RAGIONE_SOCIALE (nella quale si era fusa la RAGIONE_SOCIALE), impugnavano il bilancio del 2021, sul presupposto che lo stesso riportava una inveritiera rappresentazione della situazione societaria, con informazioni screditanti nei confronti degli attori,
chiedendo dichiarare la nullità del detto bilancio e condannare la società e gli autori dell’atto impugnato al risarcimento dei danni. Si è costituita RAGIONE_SOCIALE che, nel contestare la domanda attorea, in via riconvenzionale ha chiesto la condanna degli attori, nella qualità di eredi di COGNOME NOME, già amministratore di RAGIONE_SOCIALE, al risarcimento dei danni per la violazione degli artt. 2392, 2393, 2476 c.c., in quanto il loro dante causa, quale presidente del CDA dal 2003 al 2013, non aveva impedito, sebbene ne fosse a conoscenza, che il direttore generale dell’epoca ideasse e portasse a termine una serie di condotte corruttive che avevano poi portato al richiamato procedimento penale. Il danno era quantificato nella somma di € 10.263.315,00, pari all’importo di quanto confiscato a RAGIONE_SOCIALE a seguito del patteggiamento, e di quanto versato a titolo di sanzione pecuniaria ed alle spese sostenute nel procedimento penale (compenso dell’amministratore giudiziario, spese legali di difesa, e spese per la revisione delle procedure interne e per la gestione della comunicazione).
Gli amministratori della società hanno chiamato in garanzia le proprie compagnie di assicurazione, per essere manlevati per l’ipotesi di accoglimento della domanda attorea.
All’esito del deposito delle memorie istruttorie, con ricorso notificato il 31 gennaio 2024, NOME e NOME hanno proposto regolamento preventivo di giurisdizione cui hanno resistito con controricorso la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE -Rappresentanza AVV_NOTAIO per l’Italia.
Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.
Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte.
Le parti hanno depositato memorie in prossimità dell’adunanza.
Con il ricorso per regolamento preventivo i germani NOME chiedono alla Corte di volersi pronunciare sul contrasto in merito alla giurisdizione del Tribunale di Milano, dichiarando:
la sussistenza della giurisdizione esclusiva del Tribunale di Milano con riferimento alla domanda avanzata da RAGIONE_SOCIALE sul risarcimento danni richiesto ai RAGIONE_SOCIALE per effetto del procedimento penale sopra indicato;
-che la domanda riconvenzionale della RAGIONE_SOCIALE ha determinato la deroga alla giurisdizione e/o competenza del collegio arbitrale internazionale;
che la clausola compromissoria è affetta da nullità quanto alla domanda risarcitoria avanzata da RAGIONE_SOCIALE, così che è solo il Tribunale di Milano competente a decidere sulla stessa;
che è sempre il solo Tribunale di Milano competente a decidere sulle domande di nullità del contratto di vendita che regolano la domanda risarcitoria, conseguenza del procedimento penale che ha coinvolto la società.
La premessa del ragionamento dei ricorrenti risiede nella pretesa identità tra la domanda avanzata in sede arbitrale, e relativa al ristoro del pregiudizio scaturente dal procedimento penale che ha visto coinvolta la società, e quella riconvenzionale esperita dinanzi al giudice nazionale, essendovi corrispondenza tra la specificazione delle voci risarcitorie richieste in sede arbitrale e quelle sollecitate in via riconvenzionale dinanzi al Tribunale di Milano.
Si sottolinea poi che, una volta proposta domanda riconvenzionale da parte della RAGIONE_SOCIALE, i ricorrenti non hanno eccepito il difetto di giurisdizione del giudice adito, invocando l’esistenza della clausola compromissoria, così che deve reputarsi che la
stessa sia stata derogata, come appunto evidenziato nelle memorie depositate ex art. 183 c.p.c.
Si aggiunge poi che la decisione della società di proporre la domanda in due diverse sedi risponde ad una strategia di cd. diversificazione del rischio, al fine di premunirsi per l’ipotesi che una delle due domande possa essere disattesa, trascurando però il fatto che nella sostanza di tratta della unitaria domanda di risarcimento del danno per effetto delle conseguenze del processo penale. Devesi, piuttosto, sostenere che anche l’azione proposta dinanzi al giudice italiano trovi il suo fondamento nel contratto di vendita, nel quale vi è menzione dei fatti correlati alla vicenda che ha poi determinato il procedimento penale, e tenuto conto del fatto che la società cessionaria si impegnava a rinunciare e a non proporre (anche per le società affiliate) azione di responsabilità nei confronti del dante causa dei ricorrenti (art. 9 del contratto di vendita), clausola della quale si invoca la nullità dinanzi al Tribunale di Milano.
A sostegno di tali richieste, il ricorso è articolato in cinque motivi.
Con il primo si deduce che sia intervenuta la deroga alla giurisdizione arbitrale, e ciò proprio in ragione del fatto che i germani NOME non hanno eccepito il difetto di giurisdizione del giudice nazionale una volta proposta dinanzi a quest’ultimo la domanda riconvenzionale da parte della RAGIONE_SOCIALE, dovendosi far richiamo al principio per il quale il difetto di giurisdizione deve essere eccepito nel primo atto difensivo.
Il secondo motivo deduce che vi sarebbe assoluta identità tra le domande avanzate in sede arbitrale e quella riconvenzionale proposta dinanzi al GO, attesa l’identità delle parti, del petitum , del fatto che ha determinato l’insorgere del danno, che nella
prospettazione della controparte, è il medesimo, dovendosi altresì considerare che tutte le azioni proposte dalla RAGIONE_SOCIALE trovano la loro fonte nel contratto di vendita.
Nel terzo motivo si deduce che la condotta della controparte avrebbe determinato un’indebita frammentazione della pretesa creditoria, con un conseguente abuso del processo.
Infatti, poiché si tratta di diritti di credito derivanti dal medesimo rapporto e fondati sullo stesso fatto costitutivo, il creditore non può frazionare il credito in plurime richieste giudiziali di adempimento.
Il quarto motivo deduce che, ai sensi degli artt. 1901, 1229, 1418, 1343, 1344 e 1345 c.c., non sarebbe possibile devolvere le domande della controparte alla cognizione arbitrale.
Infatti, tramite le garanzie contemplate nel contratto di vendita la cessionaria avrebbe la possibilità di richiedere ai COGNOME dei danni derivanti da un procedimento penale rispetto al quale sia i cedenti che il loro dante causa sono estranei.
Si tratta di clausole che sono contrarie all’ordine pubblico, in quanto possono favorire la commissione del crimine, scaricando sui terzi le conseguenze economiche degli illeciti penali.
Viceversa, la società, anche in sede arbitrale, ha sostenuto la nullità delle clausole del contratto che pongano limiti alla domanda risarcitoria nei confronti dei venditori, posto che tali clausole, ove estese al procedimento penale, derogherebbero invalidamente al dettato dell’art. 1229 c.c.
Ne deriverebbe che ogni domanda della RAGIONE_SOCIALE non può che essere preceduta dall’accertamento circa la eventuale nullità delle clausole negoziali, ma trattandosi di accertamento che attiene a diritti inderogabili di ordine pubblico, non può essere devoluta al
collegio arbitrale, ma è invece riservata al giudice nazionale. Ciò implica anche la conseguente nullità della clausola compromissoria.
Il quinto motivo evidenzia che, ove anche intervenga la decisione degli arbitri, la stessa non potrà che reputarsi affetta da nullità. In primo luogo, in quanto è intervenuta una successiva deroga alla competenza del collegio arbitrale; in secondo luogo, in quanto non è dato riconoscimento al lodo pronunciato fuori dai limiti del compromesso o della clausola compromissoria; infine, perché costituisce una condizione ostativa al riconoscimento del lodo estero la circostanza che la clausola compromissoria non era valida in base alla legge cui le parti l’hanno assoggettata. Pertanto, la permanenza della domanda di risarcimento in sede arbitrale porterebbe all’adozione di un lodo affetto da nullità per contrarietà all’ordine pubblico, e quindi non riconoscibile.
4. Ad avviso della Corte il ricorso è inammissibile.
Costituisce principio consolidato quello secondo cui il regolamento preventivo di giurisdizione non costituisce un mezzo, ordinario o straordinario, di impugnazione, ma è uno strumento apprestato alle parti dall’ordinamento per ottenere in via preventiva – e cioè prima che intervenga una decisione sul merito e mediante il trasferimento del giudizio dal giudice adito alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione – una statuizione sollecita e definitiva sulla questione di giurisdizione allo scopo di individuare il giudice, ordinario o speciale, avente giurisdizione sulla controversia, ovvero di stabilire che non esiste alcun giudice cui spetti la potestas iudicandi (cfr. Cass. S.U. n. 4837/1977; Cass. S.U. n. 1129/2000; Cass. S.U. n. 8212/2005).
Da tale natura e funzione discende altresì che il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione è inammissibile, per carenza di interesse ad agire, quando non sussista alcun elemento, di fatto o di diritto, che possa far dubitare della giurisdizione del giudice adito e nessuna delle parti ne contesti la corretta individuazione (Cass. S.U. n. 3557/2017; Cass. S.U. n. 27990/2013; Cass. S.U. n. 24155/2013; Cass. S.U. n. 17776/2008).
Quanto ai rapporti tra giudice italiano ed arbitrato estero, questa Corte, dopo l’intervento della Corte Costituzionale con la sentenza n. 223/2013, ha ormai ripetutamente inquadrato gli stessi nell’ambito delle questioni di giurisdizione.
Infatti, in presenza di una clausola compromissoria di arbitrato estero, l’eccezione di compromesso, attesa la natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del giudice ordinario da attribuirsi all’arbitrato rituale in conseguenza delle disciplina complessivamente ricavabile dalla legge 5 gennaio 1994, n. 5 e dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, deve ricomprendersi, a pieno titolo, nel novero di quelle di rito, dando così luogo ad una questione di giurisdizione e rendendo ammissibile il regolamento preventivo di cui all’art. 41 cod. proc. civ., precisandosi, peraltro, che il difetto di giurisdizione nascente dalla presenza di una clausola compromissoria siffatta può essere rilevato in qualsiasi stato e grado del processo a condizione che il convenuto non abbia espressamente o tacitamente accettato la giurisdizione italiana, e dunque solo qualora questi, nel suo primo atto difensivo, ne abbia eccepito la carenza (Cass. S.U. n. 24153/2013; Cass. S.U. n. 1005/2014; Cass. S.U. n. 14649/2017).
Nella fattispecie, ed in relazione alla domanda riconvenzionale proposta dalla società nel giudizio introdotto in via principale dai ricorrenti, non risulta contestata la giurisdizione del giudice italiano, in assenza di una tempestiva eccezione da parte degli stessi COGNOME, attesa la non rilevabilità d’ufficio dell’eccezione relativa all’esistenza di una clausola compromissoria per arbitrato estero (cfr. da ultimo anche Cass. S.U. n. 17244/2022, che ha ribadito che il difetto di giurisdizione del giudice italiano, in conseguenza di una clausola compromissoria per arbitrato estero, non è rilevabile d’ufficio, stante l’imprescindibile carattere volontario dell’arbitrato in forza del quale le parti, pur in presenza di una clausola compromissoria, possono sempre concordemente optare per una decisione da parte del giudice ordinario, anche tacitamente, mediante l’introduzione del giudizio in via ordinaria alla quale faccia riscontro la mancata proposizione dell’eccezione di compromesso).
Poiché, come ricordato, il regolamento preventivo di giurisdizione è lo strumento concesso dall’ordinamento al fine di individuare per la domanda proposta al giudice dinanzi al quale la causa pende, se sussista o meno la sua giurisdizione, è evidente che, in ragione del radicamento della lite dinanzi al giudice nazionale sulla domanda riconvenzionale, non vi è spazio per il ricorso proposto.
Lo stesso mira in realtà surrettiziamente ad ottenere da parte di questa Corte una decisione sulla potestas iudicandi del collegio arbitrale presso il quale, ancor prima della introduzione del giudizio dinanzi al giudice nazionale, è incardinata la controversia derivante dalla volontà della società cessionaria di avvalersi delle previsioni del contratto di vendita delle partecipazioni societarie in
tema di garanzie offerte dai cedenti, il tutto esorbitando chiaramente dai limiti del regolamento preventivo, che non consente alla Corte di poter anche emettere una pronuncia che, senza limitarsi ad affermare o negare la giurisdizione del giudice italiano, accerti o neghi la giurisdizione del giudice straniero, ovvero del collegio arbitrale estero.
La richiesta dei ricorrenti esula quindi dall’ambito applicativo dello strumento cui gli stessi hanno fatto ricorso, e ciò ne comporta evidentemente l’inammissibilità.
Ad ulteriore conforto di tale conclusione, può poi ricordarsi che, sempre secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’arbitrato internazionale non può che essere rituale, nonostante la diversa qualificazione ad opera delle parti, in quanto il sistema delineato prevede unicamente una specifica figura di arbitrato rituale idonea a superare i confini domestici. (Cass. n. 22338/2013; Cass. Cass. S.U. n. 10800/2015), il che comporta che possano trovare applicazione anche le norme specificamente dettate per l’arbitrato rituale nazionale, ove non incompatibili con il carattere internazionale dell’arbitrato concordato.
Assume rilevanza la circostanza pacifica che, alla data di introduzione del giudizio in Italia, risultava già iniziato il procedimento arbitrale innanzi alla ICC in Londra e che i ricorrenti si sono costituiti in quella sede, avanzando a loro volta richiesta in via riconvenzionale di condanna della RAGIONE_SOCIALE al pagamento del saldo del prezzo concordato per la cessione delle partecipazioni.
La pendenza della procedura arbitrale consente, come evidenziato anche dalla difesa della società controricorrente, di poter invocare, in ragione delle tendenziale applicabilità delle norme in
materia di arbitrato nazionale rituale, le previsioni di cui agli artt. 817 e 819 ter c.p.c.
La prima dispone, infatti, che anche in presenza di una contestazione circa la validità, il contenuto e l’ampiezza della convenzione di arbitrato siano gli arbitri a decidere sulla propria competenza, anche nel caso di contestazione.
L’art. 819 ter, ultimo comma, c.p.c. prevede che in pendenza del procedimento arbitrale non possano essere proposte domande giudiziali aventi ad oggetto l’invalidità o l’inefficacia della convenzione di arbitrato.
In applicazione di tali principi, è stato affermato che, in caso di deferimento della controversia ad un collegio arbitrale, il difetto di ” potestas iudicandi ” del collegio decidente, per essere la convenzione di arbitrato nulla, deve essere eccepito nella prima difesa successiva all’accettazione degli arbitri, sicché, in difetto, la dedotta invalidità degrada a nullità sanabile (Cass. n. 15613/2021).
Inoltre, ai sensi dell’art. 819 ter, comma 3, c.p.c., così come novellato dall’art. 22 del d.lgs. n. 40 del 2006, in pendenza del procedimento arbitrale non possono proporsi all’autorità giudiziaria domande aventi ad oggetto l’invalidità o inefficacia della convenzione d’arbitrato, dovendosi ritenere, per converso, che possa essere proposta una domanda giudiziale intesa ad ottenere la declaratoria della invalidità o dell’inefficacia della convenzione, quando non sia stata introdotta una controversia innanzi agli arbitri sulla base della convenzione stessa. L’invalidità o l’inefficacia della convenzione d’arbitrato può essere invocata davanti all’autorità giudiziaria con autonoma domanda di accertamento, o unitamente alla domanda relativa al rapporto cui
la clausola compromissoria troverebbe applicazione, ovvero, ancora, in via di controeccezione proposta dalla parte attrice, allorché la parte convenuta abbia eccepito l’esistenza della clausola compromissoria invocando la competenza arbitrale (Cass. n. 14476/2019; Cass. n. 17019/2011).
L’avvenuta instaurazione del procedimento arbitrale preclude, quindi, che possa lamentarsi dinanzi al giudice nazionale l’invalidità ovvero l’inefficacia della clausola compromissoria, essendo la decisione ormai rimessa agli arbitri, e potendo la stessa, se del caso, essere contestata con i rimedi contemplati dalla legge in caso di riconoscimento di lodi stranieri (cfr. sebbene in relazione agli arbitrati nazionali, Cass. S.U. n. 19852/2022, secondo cui la previsione dell’art. 817, comma 2, secondo periodo, c.p.c., non preclude l’eccezione e rilevazione d’ufficio della non arbitrabilità della controversia, perché avente ad oggetto diritti indisponibili o per l’esistenza di una espressa norma proibitiva, in sede di impugnazione del lodo per nullità, anche qualora la relativa eccezione non sia stata formulata in sede arbitrale).
Inoltre, l’applicazione delle suddette norme anche alla fattispecie di arbitrati esteri trova il conforto (e ciò ne conferma la compatibilità anche con le norme di diritto internazionale) delle previsioni di cui alla Convenzione per il riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze arbitrali straniere, adottata a New York il 10 giugno 1958 e sua esecuzione, e riconosciuta in Italia con la legge del 19 gennaio 1968, n. 62, avendo la dottrina assolutamente prevalente sostenuto che le previsioni di cui agli artt. II.3 e V.1 nella sostanza avallano implicitamente il principio per cui agli arbitri è rimessa la decisione anche sulla loro
competenza ( compétence-compétence o Kompetenz-Kompetenz ), ritenendosi lo stesso funzionale alla realizzazione dello scopo della stessa Convenzione ed ad assicurare agli arbitri di poter svolgere correttamente il proprio compito (è stato, infatti, evidenziato che si creerebbe un ostacolo notevole al giudizio arbitrale se la controversia dovesse essere rinviata ai giudici statali per il solo motivo che è stata contestata l’esistenza o la validità di una convenzione di arbitrato; inoltre è stata evidenziato che le disposizioni degli artt. V.1.a e V.1.c -che trattano del riconoscimento e dell’esecuzione dei lodi arbitrali sottintendono che un tribunale arbitrale abbia reso un lodo arbitrale, nonostante siano state sollevate eccezioni di incompetenza).
Poiché il ricorso è dichiarato inammissibile, le spese vengono regolate secondo soccombenza nell’ammontare indicato in dispositivo in favore delle controricorrenti RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, nulla dovendosi disporre quanto alle parti rimaste intimate.
Non sussistono i presupposti processuali per il versamento -ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non integrando il regolamento di giurisdizione un mezzo di impugnazione.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il regolamento preventivo di giurisdizione e condanna i ricorrenti a rimborsare alle controricorrenti RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE le spese sostenute nel giudizio di regolamento, che liquida per la prima in complessivi € 10.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali e ad accessori di legge, e per la seconda in complessivi €
5.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali e ad accessori di legge.
Così deciso, in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 settembre