Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 21742 Anno 2025
Civile Ord. Sez. U Num. 21742 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/07/2025
Sul ricorso iscritto al n. r.g. 15741/2023 proposto da:
COGNOME sia in proprio che nella qualità di legale rappresentante dell’AZIENDA RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME, COGNOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso la Direzione Generale di RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME ed NOME COGNOME;
– controricorrente –
per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente r.g. n. 143/2023 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE;
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/05/2025 dal Presidente NOME COGNOME
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME il quale chiede che la Corte dichiari l’inammissibilità del ricorso.
Fatti di causa
Con atto di citazione del luglio 2022, NOME COGNOME in proprio e quale legale rappresentante dell’Azienda RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME convenivano in giudizio, dinanzi al Tribunale di Tivoli, la società RAGIONE_SOCIALE introducendo la fase di merito a seguito dell’accoglimento del ricorso per denuncia di nuova opera ai sensi degli artt. 1171 c.c. e 688 c.c., definito nella fase sommaria con ordinanza del maggio 2022, mediante la quale era stata sospesa ‘l’esecuzione dell’opera oggetto di ricorso sino alla approvazione ed esecuzione della variante progettuale così come enunciata dal ctu in risposta al quesito 4 dell’elaborato principale (…)’, provvedimento confermato in sede di reclamo.
G li attori chiedevano la conferma dell’ordinanza e la condanna della convenuta al risarcimento dei danni.
L’ANAS si costituiva in giudizio ed eccepiva, in via pregiudiziale, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, sostenendo la sussistenza della giurisdizione del TSAP ed instando, in ogni caso, per il rigetto della pretesa attorea.
Con ordinanza del febbraio 2023 il Tribunale adito disponeva la separazione della domanda risarcitoria da quella principale e rinviava la causa per la decisione su quest’ultima.
Con sentenza n. 650/2023, emessa ai sensi dell’art. 281 -sexies c.p.c. (e pubblicata il 22 maggio 2023), il Tribunale di Tivoli dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore del TSAP, compensando le spese processuali.
Il Tribunale, una volta indicati in premessa i criteri di riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e TSAP, rilevava la sussistenza, con riferimento alla causa in questione, della giurisdizione di quest’ultimo, in quanto il il progetto esecutivo dei lavori adottato dall’AN AS incideva -in modo diretto ed immediato -sul regime delle acque pubbliche. Invero, il rilevato prospiciente il vivaio COGNOME, sul quale si prevedeva il passaggio della variante di Monterotondo, fungeva da argine a protezione di eventuali fenomeni di esondazione da parte del fiume Tevere, risultando ricorrenti le due condizioni necessarie affinché si potesse radicare la giurisdizione del TSAP, ovvero l’esistenza di una massa d’acqua che rivestiva connotati di pubblicità e l’esecuzione di un’opera che incideva sul deflusso delle acque in maniera diretta.
Riassunto il giudizio dinanzi al TSAP da parte dell’ANAS, il COGNOME COGNOME, nella descritta qualità, COGNOME e COGNOME NOME si costituivano e, nel corso del suo svolgimento, proponevano -con atto del 18 luglio 2023 -‘ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione’ per sentir dichiarare la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario in ordine alla cognizione della causa definita con la su menzionata sentenza del Tribunale di Tivoli.
Assegnato il ricorso a queste Sezioni unite si costituiva in giudizio l’RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE chiedendo, in via preliminare, l’inammissibilità del proposto ricorso ex art. 41 c.p.c. (siccome la questione di giurisdizione era stata già decisa con la sentenza del Tribunale di Tivoli) e, in ogni caso, il rigetto dello stesso, confermandosi la sussistenza della giurisdizione del TSAP.
In prossimità dell’adunanza camerale il difensore dei ricorrenti ha depositato ‘memoria di desistenza ex art. 100 c.p.c.’ e quello dell’ANAS s.p.a. memoria ai sensi dell’art. 380 -ter, comma 2, c.p.c.
Ragioni della decisione
1. In linea preliminare, il collegio osserva che il difensore dei ricorrenti ha depositato in cancelleria ‘memoria di desistenza ex art. 100 c.p.c.’ del 18 marzo 2025, dichiarando di rinunciare alla decisione sul ricorso per sopravvenuta mancanza di interesse, in conseguenza sia della circostanza che il giudizio riassunto dinanzi al TSAP è giunto alla ‘fase decisionale’, sia della circostanza che anche una eventuale decisione di accoglimento ‘non potrebbe riportare la situazione allo stato esistente al momento delle proposizione del ricorso sul regolamento preventivo di giurisdizione’.
Il collegio ritiene che tale dichiarazione non è idonea a configurare una rituale rinuncia al ricorso (che conduce all’estinzione del giudizio), difettando i requisiti previsti dall’art. 390, comma 2, c.p.c., non risultando detta dichiarazione sottoscritta dai ricorrenti ma dal solo difensore, senza che, tuttavia, sia emerso documentalmente il rilascio in suo favore di apposita procura speciale allo scopo (non essendo munita della necessaria specificità la procura originariamente conferita in calce al proposto ricorso).
Nondimeno, la stessa dichiarazione -sia per lo svolgimento del percorso motivazionale che per l’esito del procedimento come invocato -può condurre alla declaratoria di inammissibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse (cfr. Cass. SU n. 28182/2020 e Cass. Sez. Lav. n. 25625/2020), avendo, infatti, i ricorrenti manifestato univocamente la loro volontà (ellitticamente veicolata attraverso una ‘memoria di desistenza ex art. 100 c.p.c.’) di rinunciare alla decisione e, quindi, alla risoluzione del regolamento preventivo di giurisdizione così come inizialmente formulato.
2. In ogni caso, il ricorso ricondotto dai ricorrenti ad un ‘regolamento preventivo di giurisdizione’ sarebbe stato ove non fosse sopravvenuta la suddetta dichiarazione abdicativa dei ricorrenti -inammissibile sulla base della consolidata giurisprudenza di queste Sezioni unite (ed in conformità all’eccezione pregiudiziale sollevata dalla controricorrente ANAS).
Invero la sentenza del Tribunale di Tivoli declinatoria della giurisdizione del giudice ordinario ha comportato la definizione del giudizio instaurato dinanzi allo stesso e, a seguito della riassunzione operata dall’Anas dinanzi al TSAP, il regolamento preventivo di giurisdizione è rimasto precluso (essendo, invece, ammissibili l’eventuale conflitto di giurisdizione sollevato dal TSAP ovvero la proposizione dell’impugnazione ordinaria ossia l’appello – avverso la citata sentenza del Tribunale ordinario).
E’ altrettanto pacifico il principio secondo cui il ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione contro una sentenza che ha deciso la causa nel merito in primo grado, inammissibile quale istanza di regolamento preventivo di giurisdizione per essersi verificata la preclusione espressamente prevista dall’art. 41 c.p.c., non può essere preso in esame come ricorso ordinario contro una sentenza appellabile, poiché, secondo quanto dispone l’ultimo comma dell’art 360 c.p.c., il ricorso “per saltum” é ammesso solo per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, se le parti sono d’accordo per omettere l’appello, e mai per motivi di giurisdizione (v. Cass. SU n. 35448/2022).
E’, quindi, opportuno chiarire che la preclusione del regolamento preventivo di giurisdizione dopo che il giudice di merito abbia emesso una pronuncia declinatoria della propria giurisdizione non può essere limitata all’ipotesi di proposizione dell’indicato rimedio nell’ambito del giudizio instaurato dinanzi a detto giudice, applicandosi tale preclusione anche nel caso in cui il regolamento venga formulato a seguito della riassunzione del giudizio dinanzi al
giudice indicato dal primo come quello fornito di “potestas iudicandi”, per effetto del giudicato implicito sulla giurisdizione, che si determina in mancanza dell’impugnazione della decisione di difetto di giurisdizione del primo giudice ed in conseguenza della realizzata riassunzione avanti al giudice individuato nella stessa pronuncia (cfr. Cass. SU n. 14828/2010 e Cass. SU n. 16033/2010).
In altri termini, se la riproposizione della domanda di merito avviene con la riassunzione della causa nel termine di legge davanti al giudice indicato come dotato di giurisdizione, la pronuncia del primo giudice adìto, declinatoria di giurisdizione, per quanto emessa nella prima fase (di quello che deve considerarsi un unico giudizio, per effetto dell’attivazione della sua prosecuzione dinanzi al secondo giudice), integra pur sempre una decisione resa nell’unitario giudizio e – quindi – diviene preclusiva della possibilità di proporre il regolamento di giurisdizione a norma dell’art. 41 c.p.c. . Pertanto, nella seconda fase processuale, conseguente alla riassunzione, è solo il giudice davanti al quale è riassunta la causa che può sollevare d’ufficio tale questione davanti alle Sezioni unite. Ciò implica che il secondo giudice non può ignorare la denegatoria, costituendo pur sempre una statuizione emessa in quell’unitario procedimento, ma può solo dissentire da essa, purché lo faccia nel modo (sollevando d’ufficio conflitto di giurisdizione) e nel tempo indicati dalla legge (rimedio propriamente introdotto dalla legge n. 69/2009, all’art. 59). Se fosse consentito anche alle parti di proporre in questa fase del processo riassunto un regolamento preventivo di giurisdizione, esso finirebbe con l’assumere (quantomeno nella sostanza) carattere impugnatorio della decisione del primo giudice che ha rimesso la causa davanti al giudice indicato come dotato di giurisdizione. Ciò, tuttavia, risulta contrario alla natura dell’istituto, anche a seguito dell’entrata in vigore della citata legge n. 69/2009, con specifico riferimento
all’applicabilità del regime giuridico previsto dal suo art. 59 (cfr.
Cass. SU n. 2716/2010 e Cass. SU n. 9683/2019).
In definitiva, alla stregua delle complessive argomentazioni svolte, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna dei ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano come in dispositivo.
Trattandosi di regolamento preventivo di giurisdizione (ancorché inammissibile) non tro va applicazione il disposto dell’art. 13, comma 1quater, del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte, a Sezioni unite, dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna i ricorrenti, in solido fra loro, al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano in complessivi euro 4.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva e cpa nella misura e sulle voci come per legge.
Così deciso nella camera di consiglio delle Sezioni unite in data 6