Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 29340 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 29340 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso 25252-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato AVV_NOTAIO COGNOME;
– ricorrente principale –
contro
NOME , rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
ricorrente incidentale – avverso la sentenza n. 2386/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 21/07/2021 R.G.N. 3373/NUMERO_DOCUMENTO; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/10/2025 dal AVV_NOTAIO.
Oggetto
Agenzia
R.G.N.NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud 22/10/2025
CC
FATTI DI CAUSA
La Corte di Appello di Roma, con la sentenza impugnata, sulla controversia instaurata dall’agente NOME COGNOME nei confronti della preponente RAGIONE_SOCIALE, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, previa declaratoria di inammissibilità dell ‘appello dell’COGNOME ‘nella parte in cui viene impugnato il capo della sentenza relativo alla declaratoria di incompetenza territoriale sulla domanda avente ad oggetto il contratto di consulenza commerciale’, ha condannato la società ‘a corrispondere all’ appellante la differenza tra quanto dovuto a quest’ultimo nella misura complessivamente statuita in entrambi i gradi di giudizio e quanto di sua spettanza per effetto di quanto statuito nella sentenza impugnata’.
Per quanto qui ancora rilevi, la Corte di Appello ha innanzitutto ritenuto la necessità del regolamento di competenza avverso la declaratoria di incompetenza territoriale del Tribunale di Roma in favore del Tribunale di Nocera Inferiore relativamente alla domanda inerente al contratto di consulenza commerciale stipulato tra le pa rti, argomentando: ‘l’appello è possibile solo laddove il giudice abbia affermato la propria competenza e, proprio per questo, abbia pronunziato unitamente (in senso stretto e logico) al merito; laddove, come nella specie, l’abbia declinata a favore di altro giudice, l’unico mezzo di impugnazione di questo capo della sentenza è il regolamento di competenza ex art. 42 c.p.c., senza che rilevi che abbia deciso nel merito altre domande, anche in assenza di provvedimento di separazione dei procedimenti’.
La Corte territoriale ha, poi, dichiarato il diritto dell’NOME al pagamento di somme a titolo di indennità di cessazione del
rapporto ex art. 1751 c.c. e di indennità di mancato preavviso, accertando la giusta causa di recesso dell’agente.
Per la cassazione di tale sentenza la società ha proposto ricorso con tre motivi; ha resistito con controricorso l’intimato, proponendo impugnazione incidentale affidata ad un motivo. Essendone stata rilevata l’inammissibilità, è stata proposta ex art. 380-bis c.p.c. la definizione anticipata del ricorso principale. In presenza di una impugnazione incidentale per la quale non era stata formulata una proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza camerale dandone avviso alle parti.
All’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni.
RAGIONI COGNOME DECISIONE
I motivi di ricorso principale denunciano: violazione e falsa applicazione degli artt. 1751, 2697 c.c., 115, 116 c.p.c. avendo la Corte territoriale -secondo la società – effettuato una fallace valutazione delle prove emergenti a seguito dell’esperita istruttoria, con particolare riferimento alla valutazione della comunicazione della società del 30.11.2015, e ulteriori missive scambiate tra le parti (primo motivo); violazione e falsa applicazione degli artt. 1751, 2697 c.c., 115 e 116 c.p.c. non potendo ritenersi, a differenza di quanto statuito dalla Corte di appello, provato il requisito dei vantaggi economici scaturenti dagli affari conclusi dall’agente, ai fini del pagamento, ex art. 1751 c.c., dell’indennità di cessazione del rapporto (secondo motivo); violazione e falsa applicazione degli artt. 1750, 2697 c.c., 115 e 116 c.p.c. avendo, la Corte territoriale, ai fini del
riconoscimento dell’indennità di mancato preavviso, effettuato una ricostruzione errata degli eventi (terzo motivo).
Con l’unico motivo del ricorso incidentale dell’COGNOME si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 42 c.p.c. nella parte in cui la Corte di merito avrebbe erroneamente statuito la necessità del regolamento di competenza avverso la declaratoria di incompetenza territoriale del Tribunale di Roma in favore del Tribunale di Nocera Inferiore relativamente alla domanda inerente al contratto di consulenza commerciale stipulato tra le parti.
Il ricorso principale della società non può trovare accoglimento, essendone tutti inammissibili che impropriamente denunciano la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., oltre che dell’art. 2697 c.c.
Come ribadito dalle Sezioni unite di questa Corte (cfr. Cass. SS.UU. n. 20867 del 2020; tra le molte conformi, di recente, v. Cass. n. 9731 del 2025), per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c. è necessario denunciare che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioè abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione della norma, il che significa che per realizzare la violazione deve avere giudicato o contraddicendo espressamente la regola di cui alla norma, cioè dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioè giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (mentre detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre).
Parimenti la pronuncia rammenta che la violazione dell’art. 116 c.p.c. è riscontrabile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa secondo il suo «prudente apprezzamento», pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore, oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), nonché, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia invece dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il suo prudente apprezzamento della prova, la censura era consentita ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., nel testo previgente ed ora solo in presenza dei gravissimi vizi motivazionali individuati da questa Corte fin da Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014.
Circa la violazione dell’art. 2697 c.c., essa è censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c., soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne fosse onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (Cass. n. 15107 del 2013; Cass. n. 13395 del 2018; Cass. n. 26769 del 2018; più di recente v. Cass. n. 26739 del 2024), mentre nella specie parte ricorrente critica l’apprezzamento fattuale operato dai giudici del merito, opponendo una diversa valutazione.
Nella sostanza, poi, tutte le doglianze adombrano, nella loro essenza, un più appagante coordinamento dei riscontri probatori acquisiti e si risolvono nell’unilaterale
contrapposizione di un diverso inquadramento dei dati di fatto, ma -per costante giurisprudenza – spetta, in via esclusiva, al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativ amente previsti dalla legge (cfr. Cass. n. 11718 del 2024; Cass. n. 2356 del 2022; Cass. n. 331 del 2020; Cass. n. 19547 del 2017; Cass. n. 17774 del 2015).
Anche il ricorso incidentale non può trovare accoglimento, atteso che la sentenza impugnata sul punto è conforme al principio secondo cui: ‘Nel caso di unico giudizio con pluralità di domande, qualora la sentenza di primo grado decida nel merito una delle domande e dichiari il difetto di competenza sull’altra, la decisione, benché unica sotto il profilo documentale, contiene statuizioni autonome e distinte e, pertanto, nella parte in cui statuisce in ordine alla competenza, non avendo deciso in alcun modo il merito della causa, ex art. 42, c. p. c., può essere impugnata soltanto con l’istanza di regolamento necessario di competenza con conseguente declaratoria di inammissibilità dell’appello avverso la stessa proposto’ (Cass. n. 341 del 2023; conf. Cass. n. 2879 del 2003; v. pure Cass. n. 7525 del 2024, cui si rinvia anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c.).
In conclusione, entrambi i ricorsi devono essere respinti, con spese che, per la reciproca soccombenza, possono essere compensate.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n.
228 del 2012, occorre altresì dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, in via principale e incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, principale e incidentale, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale e compensa le spese.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 -quater , d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, principale e incidentale, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 22 ottobre 2025.
Il Presidente AVV_NOTAIO NOME COGNOME