Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15328 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 15328 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 29787/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, c.f. CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata in Roma presso l’AVV_NOTAIO nel suo studio in INDIRIZZO
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE, c.f. 04537760961, assoggettata alla procedura di liquidazione coatta amministrativa, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, con domicilio digitale EMAIL
EMAIL controricorrente
avverso la sentenza n. 1200/2019 della Corte d’appello di Milano pubblicata il 20-3-2019, udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22-52024 dal consigliere NOME COGNOME
OGGETTO:
appalto –
clausola compromissoria – regolamento di competenza
R.G. 29787/2019
C.C. 22-5-2024
FATTI DI CAUSA
1.RAGIONE_SOCIALE ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo con il quale il Tribunale di Monza l’ha condannata a pagare a favore di RAGIONE_SOCIALE Euro 505.919,00 oltre interessi moratori e spese legali a titolo di corrispettivo del settimo stato di avanzamento lavori di cui alla fattura n.14/2011, relativamente alla costruzione di quattro edifici residenziali in Pozzuolo Martesana.
L’opponente ha eccepito l’incompetenza del Tribunale in ragione della clausola compromissoria per arbitrato rituale di cui all’art. 9 del contratto di appalto stipulato il 9-72007 e di cui all’art. 17 del capitolato speciale allegato al contratto. Nel merito ha sostenuto l’infondatezza della domanda, stante il grave inadempimento della società appaltatrice, e in via riconvenzionale ha chiesto la risoluzione del contratto per la violazione di disposizioni contrattuali, per il mancato rispetto del cronoprogramma dei lavori e il ritardo nel completamento dei lavori.
Si è costituita RAGIONE_SOCIALE chiedendo il rigetto dell’opposizione e con sentenza n. 2274/2015 pubblicata il 10 -9-2015 il Tribunale di Monza ha rigettato l’opposizione e ha condannato l’opponente alla rifusione delle spese di lite.
2.RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello, che la Corte d’appello di Milano ha deciso con sentenza n.1200/2019 pubblicata il 20-32019, dichiarando l’incompetenza del giudice ordinario in quanto era competente il collegio arbitrale, dichiarando nullo il decreto ingiuntivo e condannando RAGIONE_SOCIALE alla rifusione delle spese di lite di entrambi i gradi.
La sentenza ha dichiarato che le parti avevano concluso un primo contratto del 9-7-2007 e un secondo contratto del 13-3-2008 che, in quanto successivo al primo, disciplinava il rapporto. Ha rilevato che tale
contratto, sottoscritto da entrambe le parti, all’art. 9 conteneva la clausola arbitrale; ha rilevato che l’art. 17 del capitolato, non specificamente sottoscritto ma allegato al contratto di appalto del 2008 e nel contratto richiamato, conteneva la disciplina puntuale della procedura arbitrale. L’art. 17 prev edeva la riserva a favore di entrambe le parti di declinare la competenza degli arbitri nei modi previsti dal Capitolato delle Opere Pubbliche di cui al D.P.R. 1063/1962; ha rilevato che la disposizione richiamata riguardava le opere pubbliche, era stata abrogata prima della sottoscrizione del contratto di appalto e comunque la procedura ivi prevista per declinare la competenza degli arbitri non era stata rispettata.
3.Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Commissario Liquidatore, assoggettata alla procedura di liquidazione coatta amministrativa con decreto del Ministero RAGIONE_SOCIALE Economico, ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e il 5-3-2024 la controricorrente ha depositato visura camerale della società ricorrente attestante la messa in liquidazione giudiziale della stessa in data 20-7-2023, chiedendo la dichiarazione dell’interruzione del giudizio; in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio la controricorrente ha depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 22-5-2024 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Preliminarmente si dà atto che non può essere accolta l’istanza della controricorrente volta a ottenere la dichiarazione di interruzione del processo, in quanto il sopravvenuto fallimento -come la liquidazione
giudiziale- di una delle parti che si verifichi nel corso del giudizio di cassazione non determina l’interruzione del processo ex art. 299 cod. proc. civ., trattandosi di giudizio dominato dall’impulso d’ufficio (Cass. Sez. 1 13-3-2024 n. 6642 Rv. 670477-01, Cass. Sez. 2 6-11-2023 n. 30785 Rv. 669228-01, Cass. Sez. 1 12-2-2021 n. 3630 Rv. 66056701, per tutte).
2. Con il primo motivo la società ricorrente deduce ‘ omesso esame e travisamento di un fatto storico e delle relative risultanze istruttorie, costituente un punto decisivo della controversia, documentato, richiamato e discusso negli atti processuali e oggetto di puntuale contraddittorio, avente carattere decisivo, che in primo grado ha determinato il convincimento del giudice, fatto che, se correttamente esaminato in secondo grado, avrebbe, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, determinato un diverso esito della controversia’. La ricorrente lamenta che la sentenza impugnata abbia attribuito al capitolato una valenza contrattuale che non aveva, in quanto era privo di data e di sottoscrizioni che consentissero di considerarlo un allegato del contratto di appalto.
3 .Con il secondo motivo la ricorrente deduce ‘ violazione e/o falsa e/o errata applicazione dell’art. 1322 c.c. sotto il profilo della rilevanza della volontà delle parti nella conclusione degli accordi contrattuali; errato richiamo all’art. 46 D.P.R. 1063/1962’ e lamenta che la sentenza abbia negato a soggetti privati l’indiscussa facoltà di disciplinare il contratto d’appalto richiamando la disciplina del d.P.R. 1063/1962, così disattendendo il disposto dell’art. 1322 cod. civ. ed erroneamente non consider ando che l’art. 47 d.P.R. 1063/1962 consentiva alle parti di declinare anche implicitamente la competenza arbitrale.
4 .Con il terzo motivo la ricorrente deduce ‘ violazione e/o falsa e/o errata applicazione degli articoli 1341 e 1341 c.c. sotto il profilo della loro applicazione’ e lamenta che la sentenza impugnata abbia ignorato
le deduzioni sull’inefficacia o nullità della clausola arbitrale in assenza di specifica approvazione scritta ex artt. 1341 e 1342 cod. civ.
5 .Con il quarto motivo la ricorrente deduce ‘ mancanza assoluta di motivazione, motivazione apparente’ e dichiara che il giudicante ha violato l’obbligo di esporre i motivi in fatto e in diritto della decisione, di specificare l’ iter logico seguito e cioè indicare le prove e le argomentazioni sulla cui base è giunto alla decisione.
6.Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile in quanto tardivamente proposto.
Si applica alla fattispecie l’art. 819 -ter cod. proc. civ. come sostituito dall’art. 22 d.lgs. 2 -2-2006 n.40, laddove prevede che la sentenza con la quale il giudice afferma o nega la propria competenza in relazione a una convenzione di arbitrato è impugnabile a norma degli artt. 42 e 43 cod. proc. civ., in quanto la presente causa è stata instaurata dopo l’entrata in vigore della disposizione e allorché non era stato iniziato il giudizio arbitrale. Le disposizioni del d.lgs. 40/2006 in tema di arbitrato sono state innovative, laddove hanno assegnato alla devoluzione agli arbitri la qualificazione di vera e propria attribuzione di competenza; già Cass. Sez. U 6-9-2010 n. 19047 (Rv. 614353-01), risolvendo le questioni sulla disciplina transitori a dettata dall’art. 27 d.lgs. 40/2006, statuendo che ai fini dell’impugnabilità della sentenza con il regolamento di competenza il momento determinante è quello in cui è stata proposta la domanda di arbitrato, ha anche dichiarato che, nel caso in cui non sia stato iniziato il procedimento arbitrale, trovano applicazione i principi generali della perpetuatio iurisdictionis e del tempus regit actum. L’applicazione di quest’ultimo principio conduce nella fattispecie ad affermare la proponibilità del regolamento di competenza, in tal senso deponendo la circostanza che tanto la pronuncia della sentenza declaratoria della competenza quanto la proposizione della domanda hanno avuto luogo in data successiva
all’entrata in vigore del d.lgs. 40/2006, con la conseguente inapplicabilità del principio della perpetuatio iurisdictionis (così già Cass. Sez. 1 15-2-2013 n. 3826 Rv. 625312-01) .
Posto questo dato, si deve fare applicazione dell’ulteriore principio secondo il quale le pronunce sulla sola competenza, anche se emesse in grado di appello e pur quando abbiano riformato, dichiarando l’incompetenza, la decisione di primo grado riguardante anche il merito -come nella fattispecie- sono impugnabili soltanto con il regolamento necessario di competenza; l’art. 42 cod. proc. civ. non distingue tra pronuncia di primo e di secondo grado e configura il regolamento di competenza quale mezzo di impugnazione tipico per ottenere la statuizione definitiva sulla competenza. Tale principio opera anche nel caso in cui si ponga -come nella fattispeciequestione sull’ammissibilità dell’eccezione di incompetenza; in tale ipotesi è inammissibile l’impu gnazione proposta nelle forme del ricorso ordinario per cassazione, salva la possibilità di conversione del ricorso ordinario in ricorso per regolamento di competenza, qualora risulti osservato il termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione della sentenza impugnata prescritto dall’art. 47 co.2 cod. proc. civ. (Cass. Sez. 2 282-2020 n. 5516 Rv. 657118-01, Cass. Sez. 6-2 10-7-2017 n. 17025 Rv. 645064-01, Cass. Sez. 2 12-4-2002 n. 5221 Rv. 553670-01; cfr. altresì, specificamente per l’ ipotesi di clausola compromissoria, Cass. Sez. 2 21 ottobre 2019 n. 26810, non massimata).
Nella fattispecie manca agli atti la prova della data della comunicazione della sentenza da parte della cancelleria e il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per il fatto che è stato notificato il 309-2019 e perciò allorché era già decorso il termine di trenta giorni dalla notificazione della sentenza impugnata, che la stessa ricorrente documenta (suo doc. 1) essere avvenuta ad RAGIONE_SOCIALE presso i difensori domiciliari già il 2-7-2019, essendo la notificazione
equipollente alla comunicazione della sentenza ai fini che interessano (cfr. Cass. Sez. 2 27-9-2011 n. 19754 Rv. 619327-01, Cass. Sez. L 1110-1995 n. 10606 Rv. 494203-01, per la decorrenza del termine per la proposizione del regolamento di competenza dalla notificazione della sentenza a iniziativa della controparte, che costituisce un completo strumento di conoscenza, in quanto avente a oggetto il provvedimento giudiziale nella sua integrale stesura).
7.Le spese seguono la soccombenza.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co . 1quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co. 1-bis RAGIONE_SOCIALE stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente alla rifusione a favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 8.000,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa ex lege.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis RAGIONE_SOCIALE stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione