Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 11043 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 11043 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28498/2021 r.g., proposto da
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.ti in presso la Cancelleria di questa Corte, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO.
ricorrenti
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Ministro pro tempore , e RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.ti in INDIRIZZO, rappresentati e difesi dall’ Avvocatura generale dello Stato.
controricorrenti
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Venezia n. 1271/2021 pubblicata in data 27/04/2021, n.r.g. 1321/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 05/03/2025 dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
1.- NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE proponevano opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione prot. 5137 del 17/02/2017, con
OGGETTO:
opposizione a ordinanza ingiunzione per sanzione amministrativa
cui l’RAGIONE_SOCIALE aveva irrogato la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 3.790,10 per avere il RAGIONE_SOCIALE e, per esso, la società effettuato registrazioni infedeli sul libro unico del lavoro con riferimento ad alcuni lavoratori per il periodo da maggio 2009 a dicembre 2012, escluso il mese di agosto 2099, per un totale di 44 mensilità, determinando trattamenti retributivi, fiscali e previdenziali diversi da quelli effettivi, in violazione dell’art. 39, co. 1 e 2, d.l. n. 11/2008 conv. in L. n. 133/2008.
Deducevano che l’ordinanza ingiunzione traeva origine dal verbale unico di accertamento e notificazione n. NUMERO_DOCUMENTO dell’01/04/2014, redatto sulla base di attività ispettiva dei servizi di vigilanza RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE in Tomboli (PD), dove la società era impegnata in un appalto conferito da RAGIONE_SOCIALE. Aggiungevano che dinanzi al Tribunale di Benevento la stessa società RAGIONE_SOCIALE aveva proposto azione di accertamento negativo della pretesa contributiva e assicurativa avanzata da RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE sulla base di quel medesimo verbale ispettivo, iscritta al n.r.g. 4736/NUMERO_DOCUMENTO, e producevano alcuni verbali di udienza di quel giudizio contenenti le deposizioni testimoniali, in particolare della sig.ra COGNOME NOME, conciliatore RAGIONE_SOCIALE.
Pertanto adìvano il Tribunale di Benevento e chiedevano l’annullamento dell’ordinanza ingiunzione.
2.- Costituitosi il contraddittorio, il Tribunale adìto dichiarava la propria incompetenza in favore di quello di RAGIONE_SOCIALE.
3.Riassunto il giudizio, il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE rigettava l’opposizione, ritenendo che la testimonianza resa dalla sig.ra COGNOME NOME (circa la regolarità formale RAGIONE_SOCIALE buste paga esaminate a campione) fosse irrilevante e comunque non idonea ad inficiare le diverse dichiarazioni rese dai vari lavoratori sentiti in sede ispettiva; considerando che la regolarità formale RAGIONE_SOCIALE buste paga non dimostrava che le voci descritte corrispondessero alle reali prestazioni lavorative; infine ritenendo che le transazioni concluse con i lavoratori non smentissero il verificarsi dei fatti dichiarati dai lavoratori agli ispettori.
4.Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello rigettava il gravame interposto dagli originari opponenti.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:
va condivisa la valutazione del Tribunale circa le dichiarazioni rese dai lavoratori agli ispettori a gennaio 2013, dalle quali era emerso che nel periodo considerato la RAGIONE_SOCIALE ha effettuato nel L.U.L. annotazioni inesatte riguardanti principalmente le voci ‘trasferta’ e ‘rimborso spese’ in relazione all’appalto in atto presso lo stabilimento di Tombolo (PD), avente ad oggetto l’attività di disosso, lavorazione e confezionamento di carni bovine;
il verbale di conciliazione sottoscritto da tutti i lavoratori occupati presso quello stabilimento -in virtù del quale la società aveva pagato a ciascuno la somma di euro 5.000,00 ed i lavoratori avevano rinunziato a proporre azione giudiziaria -non era incompatibile con le dichiarazioni rese dai lavoratori agli ispettori;
la transazione aveva ad oggetto la lite e pertanto lasciava ferma i fatti ai quali si riferivano le violazioni che poi avevano dato luogo all’ordinanza ingiunzione;
in ogni caso la testimonianza della sig.ra COGNOME era stata ritenuta irrilevante anche dal Tribunale di Benevento, che infatti aveva rigettato la domanda di accertamento negativo a suo tempo proposta dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE;
il giudice di primo grado aveva dunque correttamente valorizzato le dichiarazioni rese dai dipendenti nell’immediatezza dei fatti in sede ispettiva, che peraltro risultavano concordi e non smentite da evidenze di segno contrario.
5.- Avverso tale sentenza NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
6.- RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE hanno resistito con controricorso.
7.- Il collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. i ricorrenti lamentano ‘violazione e falsa applicazione’ degli artt. 39, co. 1 e 2, d.l. n. 112/2008 (conv. in L. n. 133/2008), 1 L. n. 689/1981 e 2697 c.c.
per avere la Corte territoriale ritenuto sussistente la prova degli illeciti amministrativi ai quali si riferisce la sanzione pecuniaria oggetto dell’ordinanza ingiunzione, prova invece insussistente.
Il motivo è inammissibile.
Va premesso che in tema di opposizione a sanzione amministrativa questa Corte ha più volte affermato che grava certo sull’amministrazione l’onere di provare gli elementi costitutivi dell’illecito, ma la sua inerzia processuale non determina – pur a fronte dell’art. 6, co. 10, lett. b, del d.lgs. n. 150/2011 e dell’analogo art. 7, co. 9, lett. b – l’automatico accertamento dell’infondatezza della trasgressione, poiché il giudice, chiamato alla ricostruzione dell’intero rapporto sanzionatorio e non soltanto alla valutazione di legittimità del provvedimento irrogativo della sanzione, può sopperirvi sia valutando i documenti già acquisiti, sia disponendo d’ufficio i mezzi di prova ritenuti necessari (Cass. ord. n. 24691/2018; Cass. ord. n. 4898/2015; Cass. n. 8572/2014).
Ciò posto, la censura oggetto del motivo è inammissibile, perché involge la valutazione RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni rese dai lavoratori in sede ispettiva, riservata al giudice di merito ai fini del suo libero convincimento (art. 116 c.p.c.) e pertanto interdetta in sede di legittimità.
2.Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. i ricorrenti lamenta no ‘violazione e falsa applicazione’ degli artt. 1362, 1965, 2113 e 2697 c.c. per avere la Corte territoriale omesso di considerare o erroneamente interpretato i verbali di conciliazione sottoscritti da tutti i lavoratori ai quali si riferiva il verbale di accertamento ispettivo, sulla base del quale era stata poi emessa l’ordinanza ingiunzione.
Il motivo è in parte infondato, in parte inammissibile.
C ontrariamente all’assunto dei ricorrenti, i giudici d’appello hanno preso in esame quei verbali di conciliazione, ma hanno ritenuto prevalenti altri elementi di prova (le dichiarazioni rese spontaneamente dai lavoratori agli ispettori nell’immediatezza dei fatti) ed hanno negato che, per la valenza meramente transattiva, i contenuti di quei verbali conciliativi potessero avere una rilevanza probatoria ai fini della decisione.
Il motivo è poi inammissibile, nella parte in cui sollecita a questa Corte una nuova e diversa valutazione del contenuto di quelle conciliazioni,
riservata al giudice di merito ai fini del suo libero convincimento (art. 116 c.p.c.) e pertanto interdetta in sede di legittimità.
3.Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. i ricorrenti lamenta no ‘violazione e falsa applicazione’ degli artt. 3 L. n. 689/1981, 2697 c.c. e 112 c.p.c. per avere la Corte territoriale ritenuto che dalle annotazioni inesatte in ordine a ‘trasferte’ e a ‘rimborsi spese’ fosse derivata necessariamente la mancata corrispondenza fra le registrazioni sul LUL e la quantità e la qualità del lavoro effettivamente svolto dai lavoratori e per aver ritenuto sussistente la colpa in assenza di qualunque prova a carico dell’Amministrazione.
Il motivo è infondato.
Sulla base del verbale ispettivo i G iudici d’appello hanno ritenuto dimostrato l’illecito amministrativo presupposto dell’ordinanza ingiunzione, ossia l’aver e la società datrice di lavoro effettuato registrazioni infedeli sul libro unico del lavoro con riferimento ad alcuni lavoratori per il periodo da maggio 2009 a dicembre 2012, escluso il mese di agosto 2099, per un totale di 44 mensilità, determinando trattamento retributivi, fiscali e previdenziali diversi da quelli effettivi, in violazione dell’art. 39, co. 1 e 2, d.l. n. 11/2008 conv. in L. n. 133/2008.
Quindi è il risultato falsato sul piano dei trattamenti retributivi, e quindi correlativamente fiscali e previdenziali, ad assumere rilevanza nell’illecito contestato, sicché il riferimento della Corte territoriale a ‘quantità e qualità del lavoro effettivamente svolto’ rappresenta un profilo del ragionamento privo di qualunque efficacia invalidante della decisione poi assunta, che rimane pur sempre conforme a diritto. In tal senso questa Corte può procedere alla correzione della motivazione della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 38 4, co. 2, c.p.c.
Quanto poi all’elemento soggettivo dell’illecito, non soltanto è sufficiente la colpa, ma questa si presume, sicché incombe sull’autore dell’illecito l’onere di dimostrare l’assenza della colpa , come da tempo affermato da questa Corte anche in sede nomofilattica (Cass. n. 12865/2002; Cass. n. 3491/1998; Cass. sez. un. n. 10508/1995).
4.Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti a rimborsare ai controricorrenti le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 2.000,00, oltre spese prenotate a debito.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricorso a norma dell’art. 13, co. 1 bis, d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione lavoro, in