Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 5670 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 5670 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1923/2023 R.G. proposto da : NOME COGNOME e NOME COGNOME, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliati presso lo studio del medesimo in ROMA INDIRIZZO
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio della prima in ROMA INDIRIZZO
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 4159/2022 depositata il 24/06/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/12/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME.
Rilevato che:
I signori NOME COGNOME e NOME COGNOME impugnano con ricorso per cassazione la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 4159 del 2022 che, confermando la sentenza di primo grado, ha confermato la risoluzione del contratto di locazione stipulato dai ricorrenti con la sig.ra NOME COGNOME in relazione ad un appartamento sito in Roma, INDIRIZZO, piano primo, per responsabilità dei conduttori per aver omesso di pagare il canone di locazione nella misura pattuita, li ha condannati a versare le differenze dovute ed ha confermato il rigetto della domanda riconvenzionale degli stessi conduttori volta a sentir pronunciare la condanna della locatrice alla restituzione dei canoni versati, sul presupposto della nullità del contratto di locazione tardivamente registrato.
La Corte d’Appello ha ritenuto che, dovendosi applicare alla fattispecie la legge del 2015, l’importo minore del canone asseritamente dovuto dai ricorrenti (p ari al triplo della rendita catastale dell’immobile ) era dovuto solo dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 23 del 2011 fino al giorno 16 luglio 2015, mentre, per i canoni successivi all’entrata in vigore della legge del 2015 , i conduttori erano tenuti a pagare l’importo concordato.
Avverso la sentenza i conduttori, come detto, propongono ricorso per cassazione sulla base di due motivi, cui resiste NOME COGNOME con controricorso.
Vi è memoria dei ricorrenti.
Considerato che:
Con il primo motivo i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione degli artt. 1418 e 1423 c.c., art. 12 prel. art. 1, comma 346, L. N. 311/2004, nonché dell’art. 3, comma 8 e 9 D. Lgs. 23/2011 in ragione della mancata declaratoria di nullità del contratto di locazione del 29/9/2005 stante la violazione della norma di rango tributario anche in conseguenza della tardività della registrazione e la declaratoria di ill. cost. degli artt. 3, commi 8 e 9 D.lgs. 23/2011 e dell’art. 5 comma 1 ter del d.l. n. 47 del 2014 convertito in l. 80/14, nella parte in cui ha previsto una proroga degli effetti della disciplina del 2011 in forza delle sentenze n. 50/2014 e 169/2015 della Corte cost. ( con riguardo all’art. 360, co. 1 n. 3 c.p.c.).
Con un ragionamento di cui non si percepisce la coerenza argomentativa i ricorrenti pretendono di rimettere in discussione l’ormai consolidato orientamento di questa Corte secondo cui ‘ In tema di locazione, l’avvenuta registrazione tardiva del contratto ne sana la nullità con efficacia retroattiva e, pertanto, il conduttore, convenuto per il rilascio, che abbia corrisposto il canone, diversamente da quanto pattuito, nella misura ridotta prevista dall’art. 3, commi 8 e 9, d.lgs. n. 23 del 2011 e dall’art. 5, comma 1 ter, d.l. n. 47 del 2014 (conv., con modif., dalla l. n. 80 del 2014), è inadempiente, poiché le citate disposizioni sono state dichiarate costituzionalmente illegittime'(Cass. , SU, n. 23601 del 2017, Cass., 3, n. 6009 del 13/3/2018, Cass., 3, n. 23637 del 2019, Cass., 3, n. 26493 dell’8/9/2022).
Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 360 -bis n. 1 c.p.c., in ragione della conformità della impugnata sentenza al più che consolidato orientamento di questa Corte.
Con il secondo motivo si deduce ‘ violazione e falsa applicazione dell’art. 55 L.n. 392/78 e degli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. ‘ , stante la erronea valutazione in relazione alla ritenuta sussistenza della
morosità e della imputabilità della stessa a colpa dei conduttori stante il rigetto della domanda riconvenzionale e la irrogata condanna di rimborso della differenza tra gli importi dei canoni di cui al contratto di locazione del 29/9/2015 e quelli medio tempore corrisposti dalla registrazione del 15/1/2013, nonostante la declaratoria di incostituzionalità dei commi 8 e 9, del D. Lgs. n. 23/2011, e dell’art. 5, comma 1ter, del DL n. 47/14, trasformato in legge 80/14, nella parte in cui aveva previsto una proroga fino alla data del 31/12/2015 degli effetti della disciplina dettata dall’art. 3, commi 8 e 9, del D .Lgs. n. 23 del 14/3/2011, alla luce delle sentenze della Corte Costituzionale n. 50/2014 e n. 169/2015 (art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.).
In sostanza, con tale motivo i ricorrenti lamentano che la corte del merito ha ritenuto sussistente la morosità.
Anche tale motivo è inammissibile. Si consideri che la legge 28/12/2015 n. 208 ha modificato l’art. 13 della L.n. 431/1998 in tema di registrazione tardiva, che trova applicazione nella fattispecie in esame, stabilendo al comma 5 espressamente quanto segue: ‘ Per i conduttori che, per gli effetti della disciplina di cui all’ articolo 3, commi 8 e 9, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 , prorogati dall’ articolo 5, comma 1-ter, del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80 , hanno versato, nel periodo intercorso dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 23 del 2011 al giorno 16 luglio 2015, il canone annuo di locazione nella misura stabilita dalla disposizione di cui al citato articolo 3, comma 8, del decreto legislativo n. 23 del 2011, l’importo del canone di locazione dovuto ovvero dell’indennità di occupazione maturata, su base annua, è pari al triplo della rendita catastale dell’immobile, nel periodo considerato’.
Conseguenza ne è che, dalla data del 17/7/2015 in poi, la Sig. COGNOME come correttamente statuito dalla Corte di Appello di Roma e già prima dal Tribunale di Roma, aveva ‘diritto di percepire nuovamente l’intero canone pattuito, così come per il periodo intercorrente tra la stipula del contratto (29/9/2009) ed il 7/4/2011, con la conseguenza che in riferimento alla domanda di restituzione dei canoni versati, spiegata dai Sigg.ri COGNOME e COGNOME va confermata la statuizione di rigetto già assunta dal giudice di prime cure…’.
E’, dunque, corretta la pronuncia della Corte di Appello e, già prima, quella del Tribunale di Roma, con la conseguenza che la morosità idonea alla risoluzione del contratto, poiché mai sanata, sussisteva al momento della pronuncia di risoluzione perché i conduttori hanno continuato sempre a pagare il canone ridotto, quando, invece, avrebbero dovuto pagare quello contrattualmente stabilito a partire dal 17/7/2015. La risoluzione, con quanto di conseguenza, era pertanto pronuncia ineludibile.
I motivi sono inammissibili in quanto in contrasto con il consolidato indirizzo di questa Corte secondo cui ‘ Il contratto di locazione di immobili ad uso abitativo, ove non registrato nei termini di legge, è nullo ai sensi dell’art. 1, comma 346, della legge n. 311 del 2004, ma, in caso di tardiva registrazione, può comunque produrre i suoi effetti con decorrenza ” ex tunc”, sia pure limitatamente al periodo di durata del rapporto indicato nel contratto successivamente registrato. ‘ (Principio affermato in relazione ad un contratto di locazione ad uso abitativo stipulato il 5 novembre 2011, ma registrato il 20 settembre 2012 con indicazione della data di inizio del rapporto del 1° settembre 2012) (Cass., 3, n. 32934 del 20/12/2018; Cass., 3, n. 15582 del 4/6/2021).
Conclusivamente il ricorso è dichiarato inammissibile e i ricorrenti sono condannati al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di una somma a titolo di contributo unificato pari a quella versata per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna i ricorrenti al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di cassazione che liquida in € 3000 (oltre € 200 per esborsi), più accessori e spese generali al 15 %. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di c ontributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile