Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9657 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 9657 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: CONDELLO NOME COGNOME
Data pubblicazione: 10/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13336/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOME e COGNOME NOME, entrambi rappresentati e difesi, giusta procura in calce al ricorso, dall ‘ AVV_NOTAIO (p.e.c.: EMAIL)
-ricorrenti – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall ‘ AVV_NOTAIO (p.e.c.: EMAIL), elettivamente domiciliata presso il suo studio, in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
e nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente, rappresentata e difesa ex lege dall ‘ RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici è domiciliata, in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte d ‘ appello di Milano n. 3448/2021, pubblicata in data 25 novembre 2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21 febbraio 2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOMEAVV_NOTAIO COGNOME
Fatti di causa
Con ricorso ex art. 615 cod. proc. civ. NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali coobbligati in solido con la società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, proponevano opposizione avverso due cartelle di pagamento notificate dall ‘ Agente della riscossione per conto dell ‘ ente creditore RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.p.RAGIONE_SOCIALE. per il recupero di agevolazioni concesse ai sensi della legge n. 662/96.
A sostegno dell ‘ impugnazione deducevano, tra l ‘ altro, la carenza di motivazione RAGIONE_SOCIALE cartelle e l ‘ insussistenza dei presupposti per procedere ad esecuzione forzata, non essendo beneficiari diretti di un finanziamento bancario con RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE, né debitori nei confronti del medesimo istituto, nonché la inapplicabilità dell ‘ art. 9, comma 5, d.lgs. n. 123/98, con conseguente illegittimità della iscrizione a ruolo RAGIONE_SOCIALE somme.
Costituitesi le parti opposte, il Tribunale di Monza, dichiarate
inammissibili le domande introdotte dagli opponenti con la memoria ex art. 183, sesto comma, n. 1, cod. proc. civ., rigettava l ‘ opposizione, rilevando che RAGIONE_SOCIALE, quale ente gestore del RAGIONE_SOCIALE, aveva il diritto di surrogarsi nei diritti di credito dell ‘ istituto mutuante (RAGIONE_SOCIALE s.p.a.) non solo nei confronti della debitrice principale, ma anche nei confronti dei garanti, sottoscrittori di fideiussioni.
Con gravame le parti soccombenti hanno adito la Corte d ‘ appello di Milano, che ha dichiarato inammissibile il primo motivo di appello, con cui si censurava la sentenza di primo grado per avere ritenuto che le eccezioni introdotte con la memoria ex art. 183, sesto comma, c.p.c. integrassero mutatio libelli , ed ha rigettato i restanti motivi di impugnazione.
In particolare, i giudici di secondo grado hanno osservato che i motivi di opposizione introdotti con memoria ex art. 183, sesto comma, n. 1, cod. proc. civ. (nullità dei contratti di fideiussione, nullità del contratto di mutuo concluso tra RAGIONE_SOCIALE e l ‘ impresa RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, dichiarata fallita. Intervenuta decadenza ex art. 1957 cod. civ.), del tutto incompatibili con la difesa articolata nell ‘ originario atto di citazione, integravano una non consentita modificazione della causa petendi e del petitum e comunque risultavano irritualmente proposti nei confronti di soggetti che non costituivano i legittimi contraddittori.
Ricostruito il quadro normativo, hanno poi dichiarato la legittimità della procedura esattoriale di recupero dei crediti cd. ‘ agevolati ‘ azionata da RAGIONE_SOCIALE nei confronti dei coobbligati e meri garanti dell ‘ impresa beneficiaria di quanto erogato dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE ex legge 662/96, consentita anche in caso di inadempimento e non solo in caso di revoca del finanziamento, ed hanno ritenuto applicabile la disciplina di cui all ‘ art. 8bis , comma 3, del d.l. n. 3/2015, convertito
in legge 33/2015, trattandosi di disposizione confermativa del regime già vigente.
NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono per la cassazione della suddetta decisione, con undici motivi.
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE resistono con autonomi controricorsi.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ed il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
I ricorrenti e RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memorie illustrative.
Il Collegio si è riservato il deposito della ordinanza nel termine di sessanta giorni dalla data della decisione.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo (illustrato da pag. 29 a pag. 34) i ricorrenti deducono, in relazione all ‘ art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., ‹‹violazione dell’ art. 24 Cost. e dell ‘ art. 132 c.p.c. comma 2, n. 4 ›› , per avere la Corte territoriale mancato di pronunciarsi sulla eccepita carenza di un valido titolo esecutivo, dilungandosi in argomentazioni del tutto ultronee e non pertinenti rispetto alla questione RAGIONE_SOCIALE prospettata, concernente la sussistenza o meno del diritto di RAGIONE_SOCIALEcredito RAGIONE_SOCIALE di procedere alla escussione dei garanti della impresa beneficiaria mediante iscrizione a ruolo, e per essersi soffermata a verificare se si si fosse in presenza di ‹‹ revoca ›› del finanziamento agevolato o piuttosto di ‹‹ inadempimento ›› della società debitrice alle obbligazioni contratte con l ‘ istituto mutuante, sebbene detta questione, proposta in primo grado, non fosse stata riproposta in appello.
1.1. La censura è infondata.
1.2. La nullità della sentenza per mancanza di motivazione, ai sensi dell ‘ art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., può ammettersi solo nei seguenti casi: a) quando la motivazione manchi del tutto anche ‹‹ sotto l ‘ aspetto materiale e grafico ›› ; b) quando sia puramente apparente; c) quando contenga un ‹‹ contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili ›› ; d) quando, infine, sia ‹‹ perplessa ed obiettivamente incomprensibile ›› (Cass., sez. U, 07/04/2014, n. 8053 e n. 8054).
Nessuna di queste ipotesi ricorre nel caso di specie, in cui la Corte territoriale ha esaustivamente illustrato le ragioni per le quali ha considerato sussistente il diritto di agire con la procedura esattoriale nei confronti dei fideiussori, illustrando gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento e dando conto, in modo comprensibile e coerente rispetto alle evidenze processuali, del percorso logico compiuto al fine di rigettare l ‘ appello proposto, ed ha in tal modo reso possibile il controllo sull ‘ esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass., sez. U, 03/11/2016, n. 22232; Cass., sez. U, 05/04/2016, n. 16599). Tanto è sufficiente per escludere che la motivazione della sentenza possa ritenersi viziata per omessa motivazione (Cass., sez. 3, 30/05/2019, n. 14762) e per ritenere che il riferimento, contenuto in sentenza, alla equiparazione ‘ revoca ‘ e ‘ inadempimento ‘ assolva ad una funzione rafforzativa RAGIONE_SOCIALE ragioni della decisione e non rappresenti argomento meramente ultroneo.
Con il secondo motivo (illustrato da pag. 34 a pag. 40) i ricorrenti denunziano, in relazione all ‘ art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell ‘ art. 9, comma 5, d.lgs. n. 123/1998, violazione e/o falsa applicazione dell ‘ art. 8bis comma 3 del d.l. n. 03/2015 convertito in l. 33/2015 e violazione dell ‘art. 21 d.lgs. 46/1999››.
Muovendo dalla considerazione che il diritto azionato dal soggetto
gestore del RAGIONE_SOCIALE, ossia RAGIONE_SOCIALE, è il medesimo diritto della RAGIONE_SOCIALE erogatrice e rappresenta, dunque, un credito di natura privatistica, perché derivante dal mutuo, sostengono che, nella ipotesi di riscossione di RAGIONE_SOCIALE di natura privatistica, come quella in esame, il ruolo esattoriale non assume natura di titolo esecutivo, essendo l ‘ Ente onerato della precostituzione giurisdizionale del titolo e, successivamente all ‘ acquisizione di quest ‘ ultimo, alla iscrizione a ruolo ed alla emissione della cartella di pagamento. Addebitano, quindi, alla Corte territoriale di non avere tenuto presente che sono suscettibili di riscossione mediante gli istituti dell ‘ ingiunzione fiscale e della iscrizione a ruolo le sole RAGIONE_SOCIALE pubblicistiche e che, invece, le RAGIONE_SOCIALE che traggono origine da rapporti privatistici per poter essere riscosse mediante detti strumenti esigono un titolo esecutivo propedeutico all ‘ iscrizione a ruolo.
La censura è infondata.
Come questa Corte ha già avuto modo di chiarire, in tema di interventi di sostegno pubblico erogati in forma di concessione di RAGIONE_SOCIALE pubblica, l ‘ avvenuta escussione di quest ‘ ultima nei confronti di RAGIONE_SOCIALEcredito RAGIONE_SOCIALE determina la surrogazione di detto garante nella posizione del garantito, con la nascita di un diritto di natura privilegiata, non più volto al recupero del credito di diritto comune originato dal primigenio finanziamento, bensì mirato a riacquisire risorse pubbliche alla disponibilità del fondo per le RAGIONE_SOCIALE, con conseguente legittimità della riscossione esattoriale ex art. 17 d.lgs. n. 46 del 1999 (Cass., sez. 3, 16/01/2023, n. 1005; Cass., sez. 1, 09/03/2020, n. 6508).
Trattasi, dunque, di credito di natura pubblicistica, connesso, come tutti gli altri interventi di sostegno previsti dall ‘ art. 7 del d.lgs. n. 123/98, alla finalità di pubblica utilità di sostegno RAGIONE_SOCIALE sviluppo
RAGIONE_SOCIALE attività produttive.
Con il terzo motivo i ricorrenti censurano la sentenza impugnata, in relazione all ‘ art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per ‹‹violazione e/o falsa applicazione dell’ art. 8bis , comma 3, del d.l. n. 3/2015, convertito in l. n. 33/2015›› e sostengono che erroneamente la Corte d ‘ appello ha ritenuto applicabile la disposizione normativa evocata, che consente di procedere al recupero del credito RAGIONE_SOCIALE somme liquidate a titolo di perdite dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE di cui all ‘ art. 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, nei confronti del beneficiario totale e dei terzi prestatori di garanzie, mediante iscrizione a ruolo.
Assumono, in particolare, che il richiamato art. 8bis non è ‹‹ una disposizione ripetitiva, e confermativa, del regime già vigente ›› , in quanto tale norma, innovando rispetto alla normativa precedente, estende la possibilità di recupero del credito anche nei confronti di ‘ terzi prestatori di garanzie ‘ , esclusa, invece, dalla precedente normativa, non ha efficacia retroattiva, in quanto non si fonda su una esigenza di tutela di diritti di rilievo costituzionale, né ha valenza di interpretazione autentica, in ragione della sua natura assolutamente innovativa. Aggiungono che, laddove si dovesse ritenere legittima la procedura di riscossione a mezzo ruolo esattoriale, l ‘ art. 9, comma 5, d.lgs. 123/1998 deve ritenersi applicabile soltanto per i finanziamenti sorti successivamente all ‘ entrata in vigore del citato art. 8bis d.l. n. 33/2015 e non è estensibile ai fideiussori, considerato che non li menziona espressamente.
3.1. La censura è infondata.
3.2. L ‘ art. 8bis della l. n. 33 del 2015, di conversione del d.l. n. 3 del 2015, disciplinando il ‹‹ Potenziamento del RAGIONE_SOCIALE ›› (così in rubrica, a esplicazione del fondamento della norma), stabilisce che ‹‹ il diritto
alla restituzione, nei confronti del beneficiario finale e dei terzi prestatori di garanzie, RAGIONE_SOCIALE somme liquidate a titolo di perdite dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE di cui all ‘ articolo 2, comma 100, lettera a) , della legge 23 dicembre 1996, n. 662, costituisce credito privilegiato e prevale su ogni altro diritto di prelazione, da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall ‘ articolo 2751bis del codice civile, fatti salvi i precedenti diritti di prelazione spettanti a terzi ›› . Prevede, inoltre, che ‹‹ la costituzione e l ‘ efficacia del privilegio non sono subordinate al consenso RAGIONE_SOCIALE parti ›› e che ‹‹ al recupero del predetto credito si procede mediante iscrizione a ruolo, ai sensi dell ‘ articolo 17 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, e successive modificazioni ›› .
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la «norma dell ‘ art. 8bis legge n. 33/2015 non va considerata né come una disposizione di interpretazione autentica, e dunque retroattiva, né come disposizione innovativa», ma piuttosto come disposizione solo «ripetitiva, e confermativa, del regime già vigente» (Cass., sez. 1, 31/05/2019, n. 14915). Infatti, già nel previgente regime doveva ritenersi che anche gli interventi di sostegno pubblico erogati in forma di concessione di RAGIONE_SOCIALE godevano del privilegio di cui all ‘ art. 9, comma 5, d.lgs. n. 123/1998: posto in specie che le più «diverse forme di intervento pubblico in favore RAGIONE_SOCIALE attività produttive individuate da detto decreto legislativo sono espressione di un disegno di impianto unitario e di una disciplina di segno unitario», senza che emergano – in punto di privilegio, in particolare – RAGIONE_SOCIALE «ragioni giustificatrici di trattamenti normativi differenziati a seconda della diverse forme di intervento ivi previste» (cfr., in specie, Cass., sez. 1, 30/01/2019, n. 2664).
Con specifico riferimento al tema del privilegio di cui all ‘ art. 9 comma 5, d.lgs. n. 123/98 si è chiarito che in tutti i casi in cui
divenga operativo il sistema di «revoca» e «restituzione» previsto dalla norma, si tratta comunque di assorbire, di «recuperare» il sacrificio patrimoniale che il sostegno pubblico ha in concreto sopportato in funzione RAGIONE_SOCIALE «sviluppo RAGIONE_SOCIALE attività produttive» (cfr. Cass., sez. 1, 20/09/2017, n. 21841); in tutti i casi si tratta di procurare la provvista per lo svolgimento di ulteriori e futuri sostegni allo sviluppo RAGIONE_SOCIALE attività produttive, secondo quanto significativamente dispone il comma 6 del medesimo art. 9 («le somme restituite ai sensi del comma 4 sono versate all ‘ entrata del bilancio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per incrementare la disponibilità di cui all ‘ art. 10 comma 2»; cfr., Cass., sez. 1, 24/08/2015, n. 17111; Cass., sez. 1, 20/04/2018, n. 9926).
Si è, al riguardo, sottolineato che tale ricostruzione risponde alla funzione del RAGIONE_SOCIALE pubblico, che con la sua RAGIONE_SOCIALE sostiene attività imprenditoriali meritevoli e, pertanto, nel caso di escussione recupera, con la surrogazione, le risorse parimenti pubbliche da destinare ai medesimi scopi; una volta rinvenuto il coerente fondamento normativo della riscossione a mezzo di esattore, la notifica della cartella, conseguente al previsto ruolo (art. 8bis , citato), è, dunque, da considerare procedura idonea, nella sequenza legale così individuata, a prescindere da ogni considerazione sulla natura pubblica o privata del rapporto che nasce dall ‘ intervento del RAGIONE_SOCIALE.
L ‘ art. 9, comma 5 del d.lgs. n. 46/1997 integra, in sostanza, una disposizione di legge riconfermata dall ‘ art. 17 del decreto legge n. 3/2015, che, a sua volta, richiamando solo l ‘ art. 17 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, consente di avvalersi della procedura di recupero attuata dall ‘ odierna controricorrente, RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE.
Tanto conduce a ritenere che il procedimento di recupero
esattoriale deve ritenersi applicabile anche nei confronti dei terzi prestatori di garanzie, come gli odierni ricorrenti, a nulla rilevando che questi ultimi non siano stati beneficiari diretti di un finanziamento bancario assistito da RAGIONE_SOCIALE ai sensi della legge n. 662/1996.
E ciò perché l ‘ azione spettante all ‘ ente concedente, pur mirando al medesimo risultato economico di quella di surrogazione o di regresso, ovverosia alla neutralizzazione della diminuzione patrimoniale conseguente all ‘ esborso effettuato, si distingue dalle stesse, non costituendo esercizio del diritto precedentemente spettante al creditore garantito nel quale l ‘ ente concedente subentra a seguito dell ‘ escussione della RAGIONE_SOCIALE, né di un nuovo diritto derivante dal pagamento effettuato in favore del creditore garantito, ma trova fondamento nell ‘ atto di concessione della misura di sostegno o della relativa convenzione, che costituiscono il presupposto della RAGIONE_SOCIALE, e postula la revoca del beneficio che comporta, non diversamente da quanto accade in caso di finanziamento diretto, il venir meno della causa giustificatrice dell ‘ erogazione, nei rapporti con il debitore beneficiario, e quindi l ‘ insorgenza del diritto alla restituzione del relativo importo (così, Cass., sez. 1, 18/01/2022, n. 1453).
4. Con il quarto motivo (illustrato da pag. 46 a pag. 49) i ricorrenti denunziano, in relazione all ‘ art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., ‹‹violazione e/o falsa applicazione dell’ art. 9, comma 5 , d.lgs. n. 123/98››, rimarcando che la disposizione normativa richiamata non fa alcun riferimento alla figura del coobbligato fideiussore e, contenendo l ‘ espresso riferimento ai ‹‹ finanziamenti erogati ›› e poi ‹‹ revocati ›› , dovrebbe essere interpretata come operante soltanto nelle ipotesi di erogazioni dirette di denaro e non nelle ipotesi, diverse, di rilascio di garanzie, come ritenuto dal Giudice a quo .
4.1. La censura è infondata.
4.2. L ‘ espressione ‹‹ finanziamenti ›› , contenuta nella norma invocata, è già stata oggetto di interpretazione da parte di questa Corte (Cass., n. 21841/2017, cit.), che ha ritenuto che essa debba essere intesa in senso non strettamente formale, in modo tale da ricomprendervi tutti gli interventi di sostegno per lo sviluppo RAGIONE_SOCIALE attività produttive effettuati dalle amministrazioni pubbliche, che possono consistere – secondo l ‘ art. 7 d.lgs. n. 123/98 – in credito d ‘ imposta, bonus fiscale, concessione di RAGIONE_SOCIALE, contributo in conto capitale, contributo in conto interessi, finanziamento agevolato, e ciò in considerazione RAGIONE_SOCIALE medesime finalità che con l ‘ impiego di risorse pubbliche lo RAGIONE_SOCIALE persegue con tali interventi, ovvero l ‘ aiuto finanziario alle RAGIONE_SOCIALE in funzione del loro sviluppo e del tessuto economico produttivo (il caso esaminato nella predetta pronuncia si riferiva, in particolare, ai contributi in conto capitale ed in conto di gestione). Si è spiegato che una tale interpretazione consente alle risorse pubbliche, a prescindere dalle diverse modalità con cui sono state impiegate, di trovare adeguata protezione, una più sicura e certa soddisfazione, per poter garantire una continuità di finanziamenti pubblici (Cass., n. 6508/2020, cit.).
Anche con le ordinanze di questa Corte n. 2664/2019 e n. 14915/15 si è esclusa una ‘ interpretazione riduttiva ‘ dell ‘ art. 9, comma 5, d.lgs. n. 123/1998, che circoscriva gli interventi pubblici ivi rientranti a quelli caratterizzati dall ‘ erogazione diretta di una somma di denaro nelle mani del soggetto tenuto a restituirla. In particolare, nell ‘ ordinanza n. 2664/2019, si è evidenziato che, in difetto di una definizione di finanziamenti contenuta nel d.lgs. n. 123/98, il termine finanziamento non si riduce solo ad una formula equivalente ai ‘ contratti di credito ‘ ed ai casi di erogazione diretta di somme di denaro e, in tale prospettiva, essendo tutte le forme di intervento pubblico di sostegno alle attività produttive individuate dal d.lgs. n.
123/1998 espressione di un disegno unitario, inteso alla razionalizzazione e riorganizzazione dell ‘ intero settore, non vi sono ragioni giustificatrici di trattamenti normativi differenziati a seconda RAGIONE_SOCIALE diverse forme di intervento (cfr., secondo Cass., n. 6508/2020, anche l ‘ intervento di sostegno a mezza di una RAGIONE_SOCIALE personale non presenta, per qualità, una tipologia di rischio imprenditoriale diversa ed inferiore rispetto alla concessione di mutui o alla erogazione diretta di somme di denaro).
Si è, pure, osservato che il credito in oggetto, proprio perché non origina, come in altre ipotesi di interventi di sostegno pubblico RAGIONE_SOCIALE attività produttive, da un ‘ erogazione diretta da parte dell ‘ Amministrazione statale di somme di danaro nelle mani del beneficiario, ma dal pagamento (a seguito dell ‘ escussione della RAGIONE_SOCIALE) dell ‘ istituto di credito che aveva erogato il finanziamento al beneficiario, sorge in capo al gestore del RAGIONE_SOCIALE che ha soddisfatto il finanziatore per effetto del solo pagamento, non occorrendo la ‹‹ revoca ›› , che costituisce, invece – in caso di erogazione diretta del finanziamento – un atto amministrativo strutturalmente necessario (di segno opposto rispetto alla concessione) per far venire meno il titolo in virtù del quale il beneficiario aveva fruito del finanziamento.
Dunque, alla luce di quanto sopra illustrato, anche la ‘ revoca ‘ richiamata dal d.lgs. n. 123/98, diversamente da quanto ritenuto dagli odierni ricorrenti (v. pag. 49 del ricorso), non costituisce affatto un presupposto fattuale indefettibile per il riconoscimento in capo al gestore del RAGIONE_SOCIALE dell ‘ invocato privilegio.
Non può, pertanto, ritenersi che l ‘ art. 9, comma 5, d.lgs. n. 123/08 debba trovare applicazione esclusivamente in relazione ai crediti derivanti da ‘ finanziamenti erogati ‘ e poi ‘ revocati ‘ , ossia nel solo caso di erogazione diretta di danaro.
Con il quinto motivo (illustrato da pag. 49 a pag. 51) i
ricorrenti prospettano, in relazione all ‘ art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., ‹‹ violazione e/o falsa applicazione dell ‘ art. 112 cod. proc. civ. e comunque violazione dell ‘ art. 474 c.p.c. ›› e sostengono che la Corte territoriale avrebbe erroneamente qualificato l ‘ azione intrapresa, ritenendo ammissibile il recupero RAGIONE_SOCIALE somme mediante iscrizione a ruolo e notifica della cartella esattoriale, non avvedendosi che, in realtà, l ‘ azione doveva essere qualificata quale ‹‹ mera opposizione di merito alla cartella esattoriale ›› , con conseguente possibilità di eccepire con memoria ex art. 183, sesto comma, n. 1, cod. proc. civ., altre eccezioni impeditive, estintive e modificative del diritto risultante dal titolo.
Il motivo è inammissibile, in quanto non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata.
I giudici di merito, invero, a prescindere dalla qualificazione dell ‘ azione, hanno piuttosto rilevato che, con la memoria ex art. 183, sesto comma, n. 1, cod. proc. civ., gli odierni ricorrenti hanno introdotto motivi di opposizione nuovi e diversi da quelli fatti valere con l ‘ atto di citazione introduttivo del giudizio di opposizione ed hanno, pertanto, ritenuto integrata una non consentita mutatio libelli.
6. Con il sesto motivo i ricorrenti denunciano la decisione gravata per violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 112 cod. proc. civ. e contestano alla Corte d ‘ appello di non avere adeguatamente interpretato il contenuto sostanziale della pretesa, considerato che già con l ‘ atto di citazione in primo grado avevano chiesto che venisse accertata l ‘ inesistenza del diritto dell ‘ opposta di procedere all ‘ esecuzione in virtù RAGIONE_SOCIALE cartelle di pagamento e dedotto l ‘ inesistenza del credito azionato, facendo valere tutte le eccezioni che potevano essere opposte all ‘ istituto finanziatore; contrariamente a quanto ritenuto dal Giudice a quo , con la memoria ex art. 183, sesto comma, cod. proc. civ. avevano solo precisato i motivi di opposizione
già in precedenza esposti, cosicché poteva considerarsi ‘ domanda nuova ‘ solo quella relativa alla eccezione di decadenza di RAGIONE_SOCIALEcredito RAGIONE_SOCIALE dal diritto di riscossione del credito esercitato con la notifica della cartella di pagamento ex art. 25, comma 1, lett. c) , d.P.R. n. 602/73 per l ‘ avvenuto decorso di oltre cinque anni tra l ‘ accertamento del credito e la emissione dell ‘ atto di riscossione.
Il motivo è inammissibile, in quanto non si correla con la ratio decidendi della sentenza qui impugnata, che ha escluso che vi fosse identità tra i motivi di opposizione fatti valere con la memoria ex art. 183, sesto comma, cod. proc. civ. e quelli formulati con l ‘ originario atto di citazione, spiegando che con le conclusioni formulate con l ‘ atto introduttivo gli opponenti ‹‹ si sono limitati a chiedere una declaratoria di nullità/inefficacia RAGIONE_SOCIALE opposte cartelle di pagamento per i motivi di forma e del ruolo su cui tali cartelle erano fondate, e comunque l ‘ accertamento dell ‘ inesistenza del diritto dell ‘ opposta a procedere all ‘ esecuzione ‘ in virtù del ruolo e RAGIONE_SOCIALE cartelle di pagamento sopra indicate ‘ , nonché, in via subordinata, una declaratoria di non ripetibilità degli oneri di riscossione indicati nelle cartelle opposte ›› , ‹‹ conclusioni che non contenevano quindi domande di accertamento e di declaratoria di nullità dei contratti di fideiussione e di mutuo formulate con la memoria ex art. 183, sesto comma, n. 1, c.p.c. ›› .
La generica formulazione RAGIONE_SOCIALE conclusioni rassegnate dagli opponenti con l ‘ atto di citazione introduttivo del giudizio non consente, dunque, di ritenere idoneamente censurata la incompatibilità, correttamente rilevata dai giudici di appello, tra la difesa svolta dagli opponenti con la memoria ex art. 183, sesto comma, cod. proc. civ. e le contestazioni mosse con l ‘ atto di citazione originario.
Con il settimo motivo (illustrato da pag. 61 a pag. 64) i ricorrenti denunciano, in relazione all ‘ art. 360, primo comma, n. 4,
cod. proc. civ., ‹‹violazione dell’ art. 24 Cost e dell ‘ art. 132, secondo comma, n. 4. c.p.c., nonché dell ‘ art. 101 c.p.c. in riferimento all ‘ art. 1203 c.c.›› , per avere, in modo contraddittorio, i giudici di merito affermato che le nullità relative al contratto di mutuo ed alle fideiussioni avrebbero dovuto essere fatte valere nei confronti di RAGIONE_SOCIALE s.p.a. e non nei confronti di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE; evidenziano che tale assunto risulta del tutto inconferente, considerato che RAGIONE_SOCIALE si era surrogata, ai sensi dell ‘ art. 1203 cod. civ., nella medesima posizione della banca erogatrice del finanziamento e che i fideiussori ben potevano sollevare difese volte a contrastare il diritto di credito e, quindi, opporre a RAGIONE_SOCIALE le eccezioni che avrebbero potuto sollevare nei confronti del creditore soddisfatto RAGIONE_SOCIALE, quali quelle relative alla validità del mutuo e RAGIONE_SOCIALE fideiussioni.
Il motivo è inammissibile per difetto di interesse, considerato che la ragione, assorbente e dirimente, che sorregge la declaratoria d ‘ inammissibilità RAGIONE_SOCIALE domande ed eccezioni introdotte dagli opponenti con la memoria ex art. 183 cod. proc. civ. poggia sulla novità RAGIONE_SOCIALE stesse, mentre l ‘ ulteriore argomentazione resa dalla Corte d ‘ appello, oggetto di censura con la doglianza in esame, è sovrabbondante e, come tale, inconferente ai fini che qui rilevano.
8. Con l ‘ ottavo motivo (illustrato da pag. 64 a pag. 65) i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 112 c.p.c. e dell ‘ art. 183, sesto comma, cod. proc. civ., per avere la Corte di merito erroneamente pronunciato l ‘ inammissibilità di tutte le domande ed eccezioni proposte con memoria ex art. 183, sesto comma, n. 1, cod. proc. civ., ‹‹ inclusa quella di decadenza di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dal potere di emettere e notificare cartella esattoriale ›› , che, non dovendo considerarsi nuova, avrebbe dovuto essere oggetto di espressa pronuncia sul punto.
Il motivo è infondato.
Come emerge dalla sentenza impugnata, con l ‘ atto di citazione introduttivo della fase di merito gli opponenti hanno eccepito la nullità/inefficacia RAGIONE_SOCIALE cartelle esattoriali per ragioni solo formali e, nel merito, hanno genericamente contestato l ‘ inapplicabilità, nei loro confronti, dell ‘ art. 9, commi 4 e 5, d.lgs. n. 123/98, deducendo una pretesa ‹‹ nullità della cartella per carenza assoluta di potere in capo all ‘ Agente della RAGIONE_SOCIALE ›› , per non essere ‹‹ mai stati beneficiari diretti di un finanziamento bancario con RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE ai sensi della legge 662/96, né essere debitori a qualsivoglia titolo o causa nei confronti di RAGIONE_SOCIALE ›› ; così, nella sostanza, assumendo che quest’ultima avrebbe dovuto ‹‹ agire per il recupero RAGIONE_SOCIALE somme asseritamente dovute avvalendosi RAGIONE_SOCIALE ordinarie tutele processuali civilistiche ›› .
Con memoria ex art. 183, sesto comma, cod. proc. civ. hanno eccepito la nullità del contratto di mutuo e RAGIONE_SOCIALE fideiussioni, nonché la decadenza dell ‘ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dal potere di emettere e notificare la cartella esattoriale, domande ed eccezioni che la Corte d ‘ appello ha ritenuto ‹‹ nuove ›› e come tali inammissibili.
Al di là del riferimento alla distinzione tra non consentita mutatio libelli e consentita emendatio, di cui le Sezioni Unite con la sentenza n. 12310 del 2015, hanno efficacemente evidenziato l ‘ ambiguità semantica, deve invero ritenersi corretta la valutazione dei giudici di merito circa l ‘ inammissibilità RAGIONE_SOCIALE domande, proposte dagli odierni ricorrenti in primo grado per la prima volta con la memoria ex art. 183, comma sesto, n. 1, cod. proc. civ., perché tali domande, invero, ben lungi dall ‘ introdurre una modifica consentita della domanda originaria, hanno introdotto una nuova pretesa, che, non ponendosi in posizione alternativa o sostitutiva della prima, rimasta ferma e inalterata, si è aggiunta a quest ‘ ultima, con evidente vulnus difensivo
per la controparte. Ciò pone tale prospettazione al di fuori dei limiti in cui la pur ampia interpretazione accolta nel richiamato arresto RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite ammette, nel termine di cui all ‘ art. 183, comma sesto, n. 1, cod. proc. civ., la «modificazione» RAGIONE_SOCIALE domande, ancorché tale modifica incida sui suoi elementi identificativi ( causa petendi e/o petitum ).
Difatti, nella sentenza richiamata è stato ben sottolineato che i limiti si rinvengono non nel fatto che le domande modificate ammesse non possono incidere sugli elementi identificativi, quanto piuttosto «nel fatto che le domande modificate non possono essere considerate ‘ nuove ‘ nel senso di ‘ ulteriori ‘ o ‘ aggiuntive ‘ , trattandosi pur sempre RAGIONE_SOCIALE stesse domande iniziali modificate – eventualmente anche in alcuni elementi fondamentali -, o, se si vuole, di domande diverse che però non si aggiungono a quelle iniziali ma le sostituiscono e si pongono pertanto, rispetto a queste, in un rapporto di alternatività».
Con l ‘ intervento RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite si rivela, dunque, in contrasto la tesi difensiva dei ricorrenti ed è invece in linea la decisione della Corte d ‘ appello, poiché la modificazione della regiudicanda nei limiti dell ‘ udienza e RAGIONE_SOCIALE memorie previste dall ‘ art. 183 cod. proc. civ. non include l ‘ introduzione di ulteriori domande accanto a quella originaria, modificata o non, mantenuta.
Con il nono motivo (illustrato da pag. 65 a pag. 74) -rubricato: ai sensi dell ‘ art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione o falsa applicazione di norme di diritto; nullità dei contratti di fideiussione; omesso rilievo d ‘ ufficio di cause di nullità in relazione agli artt. 1418, 1419, 1421 e 1957 c.c.; omesso esame della documentazione; violazione normativa Antitrust -i ricorrenti censurano la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto inammissibili le domande richiamate in rubrica e, a sostegno della doglianza, assumono che le domande contenute nell ‘ atto introduttivo
del giudizio di opposizione alle cartelle non costituivano domande ‘ nuove ‘ e che, comunque, il giudice del merito avrebbe potuto rilevare d ‘ ufficio l ‘ invalidità dei contratti.
La censura è inammissibile in ragione della preclusione derivante dal rigetto, per le ragioni esposte, dell ‘ ottavo motivo.
10. Con il decimo motivo (illustrato da pag. 74 a pag. 77) i ricorrenti, deducendo, ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione dell ‘ art. 24 Cost. e dell ‘ art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., censurano per motivazione apparente la decisione gravata là dove essa ha ritenuto (pag. 7) infondato l ‘ assunto che gli opponenti avessero avuto modo di apprendere ‹‹ con certezza l ‘ origine dell ‘ asserito credito oggetto RAGIONE_SOCIALE cartelle di pagamento solo a seguito della costituzione in giudizio della parte convenuta MCC, in quanto dalle stesse cartelle non era possibile evincere l ‘ oggetto della pretesa ›› .
Addebitano alla Corte territoriale di essere pervenuta a tale conclusione sulla base di una ricostruzione fattuale priva di riscontro e senza l ‘ indicazione degli elementi probatori in forza dei quali aveva affermato che gli opponenti si fossero trovati ‹‹ nelle condizioni di poter esercitare pienamente il proprio diritto di difesa fin dall ‘ atto introduttivo del giudizio di primo grado e di articolare già in quella sede ogni eccezione, processuale e di merito, finalizzata a contestare sotto ogni profilo il diritto di NOME di agire mediante procedura esattoriale nei loro confronti ›› .
La censura è inammissibile, poiché si risolve nella mera sollecitazione di una nuova valutazione di merito, non consentita in questa sede.
Sul punto, i giudici di merito hanno indicato le circostanze fattuali che li hanno condotti a ritenere del tutto pretestuosa la prospettazione degli opponenti: a tal fine hanno evidenziato che gli
odierni ricorrenti si erano costituiti fideiussori della società RAGIONE_SOCIALE in favore di RAGIONE_SOCIALE, che aveva concesso alla società un mutuo chirografario, garantito dal RAGIONE_SOCIALE istituito ex legge 662/96; NOME COGNOME, quale legale rappresentante della società, aveva personalmente richiesto l ‘ erogazione del finanziamento, garantito dal RAGIONE_SOCIALE, mentre NOME COGNOME aveva prestato fideiussore omnibus per le passività della RAGIONE_SOCIALE; le cartelle esattoriali notificate da RAGIONE_SOCIALE contenevano la seguente motivazione ‹‹ recupero agevolazione L. 662/96 comunicazione di surroga MCC a seguito di escussione di RAGIONE_SOCIALE sull ‘ operazione n. 39542 ›› . Valorizzando tali elementi, hanno concluso che i ricorrenti, all ‘ atto della notifica RAGIONE_SOCIALE cartelle -e non solo a seguito della costituzione in giudizio di MCC, come dagli stessi asserito -non potessero non essere a conoscenza dell ‘ origine e della natura del credito azionato dalla controricorrente.
Le argomentazioni che sorreggono il decisum fanno escludere la sussistenza di una di quelle sole gravi anomalie che possono comportare nullità della sentenza per apparenza della motivazione, secondo i criteri enunciati dalle Sezioni Unite (Cass., sez. U, 07/04/2014, n. 8053 e n. 8054), poiché la motivazione, condivisibile o non, non si pone al di sotto del cd. ‹‹ minimo costituzionale ›› .
Con l ‘ undicesimo motivo (illustrato a pag. 77) i ricorrenti lamentano che la sentenza, in considerazione del ragionamento esplicato dalla Corte d ‘ appello e già oggetto di impugnazione con il quinto motivo di ricorso, incorre pure nella violazione dell ‘ art. 2729 cod. civ., là dove giunge ad una presunzione di conoscenza da parte di NOME COGNOME non basata su elementi gravi, precisi e concordanti.
11.1. La censura è inammissibile.
11.2. Le Sezioni Unite di questa Corte (Cass., sez. U, n. 1785/2018) hanno precisato che la denuncia di violazione o di falsa
applicazione della norma di diritto di cui all ‘ art. 2729 cod. civ. si può prospettare sotto i seguenti aspetti: aa) il giudice di merito (ma è caso scolastico) contraddice il disposto dell ‘ art. 2729 cod. civ., primo comma, affermando (e, quindi, facendone poi concreta applicazione) che un ragionamento presuntivo può basarsi anche su presunzioni ( rectius : fatti), che non siano gravi, precise e concordanti: questo è un errore di diretta violazione della norma; bb) il giudice di merito fonda la presunzione su un fatto storico privo di gravità o di precisione o di concordanza ai fini della inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota, così sussumendo sotto la norma dell ‘ art. 2729 cod. civ. fatti privi di quelle caratteristiche e, quindi, incorrendo in una sua falsa applicazione, giacché dichiara di applicarla assumendola esattamente nel suo contenuto astratto, ma lo fa con riguardo ad una fattispecie concreta che non si presta ad essere ricondotta sotto tale contenuto, cioè sotto la specie della gravità, precisione e concordanza.
Ebbene, quando il giudice di merito sussume erroneamente sotto i tre caratteri individuatori della presunzione fatti concreti accertati che non sono invece rispondenti a quei caratteri, si deve senz ‘ altro ritenere che il suo ragionamento sia censurabile alla stregua del n. 3 del primo comma dell ‘ art. 360 e compete, dunque, alla Corte di cassazione controllare se la norma dell ‘ art. 2729 cod. civ., oltre ad essere applicata esattamente a livello di proclamazione astratta dal giudice di merito, lo sia stata anche a livello di applicazione a fattispecie concrete che effettivamente risultino ascrivibili alla fattispecie astratta. Essa può, pertanto, essere investita ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. dell ‘ errore in cui il giudice di merito sia incorso nel considerare grave una presunzione (cioè un ‘ inferenza) che non lo sia o sotto un profilo logico generale o sotto il particolare profilo logico (interno ad una certa disciplina) entro
il quale essa si collochi. La stessa cosa dicasi per il controllo della precisione e per quello della concordanza.
In base alle considerazioni svolte, le Sezioni Unite hanno, pertanto, statuito che la deduzione del vizio di falsa applicazione dell ‘ art. 2729, primo comma, cod. civ. suppone un ‘ attività argomentativa che si deve estrinsecare nella puntuale indicazione, enunciazione e spiegazione che il ragionamento presuntivo compiuto dal giudice di merito – assunto, però, come tale e, quindi, in facto per come è stato enunciato – risulti irrispettoso del paradigma della gravità, o di quello della precisione o di quello della concordanza; e che, di contro, la critica al ragionamento presuntivo svolto dal giudice di merito sfugge al concetto di falsa applicazione quando invece si concreta o in un ‘ attività diretta ad evidenziare soltanto che le circostanze fattuali, in relazione alle quali il ragionamento presuntivo è stato enunciato dal giudice di merito, avrebbero dovuto essere ricostruite in altro modo (sicché il giudice di merito è partito in definitiva da un presupposto fattuale erroneo nell ‘ applicare il ragionamento presuntivo), o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica semplicemente diversa da quella che si dice applicata dal giudice di merito, senza spiegare e dimostrare perché quella da costui applicata abbia esorbitato dai paradigmi dell ‘ art. 2729, primo comma (e ciò tanto se questa prospettazione sia basata sulle stesse circostanze fattuali su cui si è basato il giudice di merito, quanto se basata altresì su altre circostanze fattuali). Ciò perché in questi casi la critica si risolve in realtà in un diverso apprezzamento della ricostruzione della quaestio facti , e, in definitiva, nella prospettazione di una diversa ricostruzione della stessa quaestio e ci si pone su un terreno che non è quello del n. 3 dell ‘ art. 360 cod. proc. civ. (falsa applicazione dell ‘ art. 2729, primo comma, cod. civ.), ma è quello che sollecita un controllo sulla motivazione del giudice relativa
alla ricostruzione della quaestio facti; terreno che, come le Sezioni Unite, (Cass., sez. U, nn. 8053 e 8054 del 2014) hanno avuto modo di precisare, vigente il nuovo n. 5 dell ‘ art. 360 cod. proc. civ., è percorribile solo qualora si denunci che il giudice di merito abbia omesso l ‘ esame di un fatto principale o secondario, che avrebbe avuto carattere decisivo per una diversa individuazione del modo di essere della detta quaestio ai fini della decisione, occorrendo, peraltro, che tale fatto venga indicato in modo chiaro e non potendo esso individuarsi solo nell ‘ omessa valutazione di una risultanza istruttoria.
Tanto premesso, nella specie, l ‘ illustrazione del motivo non è idonea a prospettare la falsa applicazione dell ‘ art. 2729, primo comma, cod. civ. nei termini su indicati, ma si risolve solo nella prospettazione di pretese inferenze probabilistiche diverse sulla base della evocazione di emergenze istruttorie, così che non presenta le caratteristiche della denuncia di un vizio di falsa applicazione dell ‘ art. 2729, primo comma, cod. civ., come indicate dal richiamato arresto RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite.
L ‘inammissibilità dei motivi quinto, sesto, settimo, nono e undicesimo e l’infondatezza degli altri impongono il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, in favore di RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 11.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi,
liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, in favore di RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese eventualmente prenotate a debito ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione