Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 2445 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 2445 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CONDELLO NOME COGNOME
Data pubblicazione: 25/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12591/2021 R.G. proposto da: COGNOME, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato presso il suo studio, in Roma, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 18438/2020, pubblicata in data 22 dicembre 2020 udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19
ottobre 2022 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Svolgimento del processo
NOME COGNOME propone ricorso per cassazione, sulla base di un unico motivo, nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, avverso la sentenza n. 18438/2020 emessa dal Tribunale di Roma quale Giudice d ‘appello , con cui è stato rigettato il gravame proposto contro la sentenza del Giudice di pace che aveva rigettato la sua domanda di risarcimento del danno per malfunzionamento della linea telefonica, verificatosi nella giornata del 13 giugno 2014, nonché quella di indennizzo per la mancata risposta al reclamo inviato in data 2 luglio 2014 e rimasto privo di riscontro.
Resiste RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
In sintesi, il giudice d’appello, nel confermare la decisione di primo grado che aveva respinto la domanda di pagamento dell’indennizzo di cui all’art. 11 della delibera n. 73/11/CONS, ha osservato che, in data 2 luglio 2014, il legale dell’appellante aveva inoltrato una missiva a RAGIONE_SOCIALE ‹‹ per richiedere l’indennizzo per mancato funzionamento del servizio come da allegato ‘A’ della delibera n. 73/11/CONS, nonché il risarcimento dei danni›› , esponendo che il proprio assistito ‹‹ il giorno 13.6.2014 riscontrava problemi di malfunzionamento della linea telefonica e della connessione internet tali da arrecare enormi disagi e difficoltà di comunicazioni ›› . Tenuto presente il richiamato art. 11 che stabiliva che ‹‹se l’operatore non fornisce risposta al reclamo entro i termini stabiliti dalla carta dei servizi o dalle delibere dell’autorità, è tenuto a corrispondere al cliente un indennizzo pari ad euro 1.00 per ogni
giorno di ritardo fino ad un massimo di euro 300,00 ›› , il Tribunale ha osservato che, ai sensi dell’art. 1 della delibera n. 179/2003, per reclamo doveva intendersi ‹‹l’istanza con cui l’utente si rivolge direttamente all’organismo di telecomunicazione per segnalare un disservizio ovvero una questione attinente l’oggetto, le modalità o i costi della prestazione erogata ›› , non potendo, invece, riconoscersi l’indennizzo in caso di omessa risposta a qualsiasi comunicazione diretta all’organismo di telecomunicazione. Ha, pertanto, rilevato che l’appellante, con la comunicazione del 2 luglio 2014, si era riferito al disservizio del 13 giugno 2014 solo per chiedere il pagamento dell’indennizzo ed il risarcimento del danno, considerato che la società RAGIONE_SOCIALE , attraverso l’utilizzo di testate giornalistiche ed altri mezzi di comunicazione ad ampia diffusione, aveva già informato la propria clientela del disservizio verificatosi e delle relative cause e del fatto che si era tempestivamente attivata risolvendo la problematica riscontrata, cosicché la nota del 2 luglio 2014 non poteva essere qualificata come ‹‹ reclamo ›› .
La causa è stata avviata alla trattazione in adunanza camerale non partecipata.
In prossimità dell’adunanza camerale la controricorrente ha depositato memoria ex art. 380bis .1. cod. proc. civ.
Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
Motivi della decisione
Con unico motivo il ricorrente denunzia <>.
Deduce che il diritto dell’utente di percepire un indennizzo non è in alcun modo collegato alla risoluzione del guasto oggetto di reclamo, dovendo piuttosto l’indennizzo essere riconosciuto sulla base
della mancata risposta dell’operatore telefonico al reclamo, anche alla stregua di quanto previsto dal Codice del Consumo che configura la mancata o tardiva risposta al reclamo come una violazione dei principi di trasparenza, lealtà e buona fede contrattuale, richiamati anche nella delibera AGCOM 179/03/CSP.
Soggiunge che è pure irrilevante, diversamente da quanto affermato dal Tribunale, che RAGIONE_SOCIALE avesse dato ampia informativa alla propria clientela del disservizio verificatosi, dato che la scelta di ricorrere a forme di pubblicità non esonerava l’operatore telefonico dal rispetto delle norme di legge, ed in particolare di quelle che imponevano di rispondere per iscritto al reclamo; che l’art. 1, lettera j) , dell’Allegato A alla delibera n. 347/18/CONS prevede che il ‹‹ reclamo ›› ‹‹ è la comunicazione con la quale, attraverso i canali previsti dal contratto o dalla disciplina regolamentare, ivi inclusa la segnalazione telefonica al servizio di assistenza clienti, l’utente segnala all’operatore un disservizio o chiede l’erogazione degli indennizzi contrattualmente stabiliti ›› . Evidenzia, altresì, che non rileva che la lettera fosse stata inviata dal legale, anziché dall’utente, non essendo tale formalità prevista quale condizione per l’efficacia del reclamo stesso.
Vanno preliminarmente rigettate le eccezioni di inammissibilità del ricorso, per presunto difetto di autosufficienza e di specificità, sollevate in controricorso dalla RAGIONE_SOCIALE
È sufficiente, al riguardo, evidenziare che la lettura del ricorso consente di rilevare che la parte ricorrente ha esaustivamente esposto la vicenda processuale, nonché le argomentazioni in fatto ed in diritto agitate nel giudizio di merito, cosicché il ricorso risulta rispettoso del principio di cui all’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ., che, quale corollario del requisito di specificità dei motivi, anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU, Succi e
altri c. Italia, del 28 ottobre 2021, non deve essere interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e non può pertanto tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, essendo sufficiente che nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (Cass., sez. U, 18/03/2022, n. 8950).
3. Il ricorso è inammissibile.
Non risulta invero ( quantomeno idoneamente ) censurata a ratio decidendi dell ‘Impugnata pronuncia.
Valorizzando il tenore letterale della lettera inviata dall’utente nel luglio del 2014 il Tribunale ha escluso che questa potesse essere considerata come un reclamo ex art. 11, allegato A, delibera 73/11/Cons e l’ha piuttosto qualificata alla stregua di una mera lettera di diffida ad indennizzare e risarcire il danno conseguente al malfunzionamento, pacificamente verificatosi nella giornata del 13 giugno 2014, come tale inidonea a far sì che potesse trovare applicazione la delibera invocata ed i connessi oneri informativi collegati al rapporto sinallagmatico tra utente ed operatore.
Per addivenire a tale convincimento il giudice del merito, invero, ha considerato sia che, alla data di inoltro della lettera, il disservizio lamentato non era più in atto, essendosi verificato circa venti giorni prima, ed era stato, come pacificamente riconosciuto da entrambe le parti, già risolto – tanto che la RAGIONE_SOCIALE, tramite comunicazioni su testate giornalistiche ed altri mezzi di comunicazione, aveva informato la clientela delle cause che avevano determinato le problematiche e del fatto che si era prontamente attivata per rimediare al malfunzionamento riscontrato -sia che la missiva inoltrata si collocava in una fase successiva all’evento, in cui,
essendosi il rapporto già deteriorato, l’utente si era già rivolto al legale per ottenere il risarcimento (Cass., sez. 3, 02/12/2021, n. 38081).
La censura svolta dal ricorrente non tiene conto della qualificazione della missiva operata dal Tribunale, che, con argomenti interpretativi e logici non censurabili in questa sede, ha ritenuto che la lettera non fosse volta a denunciare un disservizio in atto, per sollecitare un intervento della compagnia telefonica, ma fosse piuttosto finalizzata ad ottenere l’indennizzo per mancato funzionamento del servizio, oltre al risarcimento dei danni conseguenti ai disagi subiti, e, quindi, a preannunciare che, ove la società non avesse provveduto in tal senso, si sarebbe dato avvio all’azione in sede giudiziale .
Sulla base di tale apprezzamento il giudice del merito ha conseguentemente escluso l’applicazione della disposizione normativa che si lamenta essere stata violata, non avendo la missiva a firma del legale del ricorrente il contenuto di un ‹‹ reclamo ›› , così come definito dall’art. 1, lett. d) , dell’Allegato A alla delibera n. 179/03/CSP, all’epoca in vigore, che esige, a tal fine, una istanza, rivolta direttamente dall’utente all’organismo di telecomunicazioni, finalizzata a segnalare un disservizio, ‹‹ ovvero una questione attinente l’oggetto, le modalità o i costi delle prestazione erogata›› . Contrariamente a quanto si pretende da parte ricorrente, essendosi i fatti per cui è causa verificatisi in epoca antecedente alla sua approvazione, non può, d’altro canto, farsi applicazione della delibera Agcom n. 347/18/Cons, che, all’art. 1, lett. j) , dell’Allegato A statuisce che il ‘reclamo’ è ‹‹ la comunicazione con la quale attraverso i canali previsti dal contratto o dalla disciplina regolamentare, ivi inclusa la segnalazione telefonica al servizio di assistenza clienti, l’utente segnala all’operatore un disservizio o
chiede l’erogazione degli indennizzi contrattualmente stabiliti›› .
La censura è, dunque, inammissibile ex art. 360 bis c.p.c. alla stregua del principio enunziato dalle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui il motivo d’impugnazione è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, in quanto, per denunciare un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione, l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. In riferimento al ricorso per cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 n. 4 cod. proc. civ. ( v. Cass., Sez. Un., n. 7074 del 2017 ).
All’inammissibilità dei motivi consegue l’inammissibilità del ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 600,00, di cui euro 400,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione