Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8140 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 8140 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/03/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 35476/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDICOGNOME, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME e COGNOME NOME , elettivamente domiciliate in INDICOGNOME, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE), rappresentate e difese dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrenti-
avverso la SENTENZA della CORTE DI APPELLO DI PERUGIA n. 584/2018 depositata il 13/08/2018;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/03/2023 dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte della Sostituta Procuratrice Generale NOME COGNOME , che ha richiesto l’accoglimento dei primi due motivi di ricorso, con assorbimento dei restanti
FATTI DI CAUSA
Nell’anno 2004 COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno convenuto in giudizio avanti il Tribunale di Terni RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME e COGNOME NOME, per sentire dichiarare inefficace l’atto di compravendita stipulato fra i convenuti nonché per ottenere la loro condanna al risarcimento del danno patrimoniale e in subordine la condanna di RAGIONE_SOCIALE al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale
A sostegno di queste domande le attrici hanno esposto: che, con il contratto preliminare di compravendita del 07/07/2000, si erano impegnate a vendere a RAGIONE_SOCIALE un terreno edificabile al prezzo di £ 130.000.000, mentre quest’ultima si era impegnata a trasferire alle
medesime attrici una unità immobiliare da realizzare sullo stesso terreno, previo conguaglio di £ 45.000.000; che RAGIONE_SOCIALE, pur avendo da tempo completato l’unità immobiliare da permutare, rifiutava di stipulare l’atto definitivo e impediva alle stesse attrici di verificare l’entità dei lavori extra contratto eseguiti; che RAGIONE_SOCIALE aveva venduto nel luglio 2004 la predetta unità immobiliare a COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Con sentenza n. 158/2016 il Tribunale di Terni, nella resistenza di RAGIONE_SOCIALE che aveva chiesto la reiezione delle pretese attoree, eccependo un inadempimento delle attrici, rigettava la domanda.
Avverso detta sentenza interponevano appello COGNOME NOME e COGNOME NOME, in proprio e quali uniche eredi di NOME, nel frattempo deceduta, deducendo l’errata affermazione da parte del giudice di primo grado dell’insussistenza dell’inadempimento di RAGIONE_SOCIALE, l’erronea ed incompleta valutazione del materiale probatorio raccolto, la mancata valutazione dei danni subiti dalle attrici. Si costituiva in giudizio RAGIONE_SOCIALE chiedendo il rigetto del gravame.
Con sentenza n. 584/2018, la Corte di Appello di Perugia riformava parzialmente la sentenza del primo giudice, ritenendo che la vendita dell’immobile effettuata da RAGIONE_SOCIALE a terzi, quando era ancora vigente il contratto stipulato con l’attuale appellante, configura grave inadempimento del contratto preliminare intercorso tra le parti, con conseguente obbligo risarcitorio.
Non ravvisava invece nel comportamento complessivo tenuto dalle appellanti, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, alcun inadempimento, dal momento che le stesse avevano assolto all’obbligo principale derivante dal contratto e cioè di cedere il terreno di loro
proprietà, mentre il pagamento del prezzo a conguaglio e delle somme dovute per le migliorie doveva essere effettuato solo al momento della stipula dell’atto notarile di trasferimento dell’unità immobiliare. Liquidava inoltre il danno nella differenza tra il valore commerciale del bene oggetto del contratto al momento in cui l’inadempimento era divenuto definitivo (nel caso di specie alla data del 12/07/2004, con il trasferimento dell’immobile a terzi) e il prezzo pattuito, comprensivo delle migliorie; dunque in un importo di euro 51.240,12.
Nei confronti di tale decisione RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione articolato in quattro motivi.
Hanno resistito con unico controricorso COGNOME NOME e COGNOME NOME.
In prossimità della pubblica udienza, entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Il primo motivo è così rubricato: ‘ Violazione o falsa applicazione ex art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., in relazione agli artt. 1175, 1183 comma 1, 1218, 1375, 1453, 1454, 1456 e 1457 c.c., nonché agli artt. 115, comma 1, e 116, comma 1, c.p.c.; violazioni o falsa applicazione da considerarsi tutte e subordinatamente anche per la nullità della sentenza e/o del procedimento ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., in relazione all’art. 111 Cost. ‘.
Secondo la ricorrente, la Corte di appello di Perugia, laddove non ha qualificato come inadempimento il comportamento tenuto dalle attuali controricorrenti nell’ambito del rapporto contrattuale intercorso
con la stessa, ha disapplicato: a) la regola dettata dall’art. 1183 comma 1 c.c., non avendo le parti stabilito il tempo in cui l’obbligo di pagare i lavori extra capitolato da parte delle attuali controricorrenti doveva essere soddisfatto; b) la regola di correttezza nell’esecuzione del contratto che postula che l’inadempimento contrattuale possa avvenire anche in anticipo rispetto alla scadenza convenuta (per avere le COGNOME espresso prima della scadenza l’intenzione di non adempiere avendo le stesse, nonostante gli inviti, non pagato i lavori extra contratto e per non avere fissato la data del rogito); c) il principio che impone la valutazione unitaria e comparativa dei rispettivi comportamenti tenuti dai contraenti, al fine di stabilire su quale fra i medesimi debba ricadere l’inadempimento colpevole che possa giustificare l’altrui inadempimento.
2.Con il secondo motivo parte ricorrente denuncia l’o messo esame, ex art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c. in relazione agli artt. 1175, 1183 comma 1, 1375, 1453, 1454, 1456 e 1457 c.c., e agli artt. 115, comma 1 e 116, comma 1; la violazione o falsa applicazione (da considerarsi tutte e subordinatamente anche per la nullità della sentenza e/o del procedimento ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., in relazione all’art. 132 n. 4 c.p.c.
Deduce la ricorrente al riguardo, in via subordinata rispetto al primo motivo, che la sentenza è viziata anche per avere fornito solo una motivazione apparente sul fatto decisivo e oggetto di discussione tra le parti circa la gravità dell’inadempimento e/o del comportamento delle RAGIONE_SOCIALE in rapporto al comportamento e/o inadempimento di RAGIONE_SOCIALE.
3.La titolazione del terzo mezzo di ricorso è la seguente: ‘ Violazione o falsa applicazione, ex art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., in relazione all’art. 1382 comma 1 c.c., nonché agli artt. 115, comma 1, e 116, comma 1, c.p.c.; violazioni o falsa applicazione da considerarsi tutte e subordinatamente anche per la nullità della sentenza e/o del procedimento ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., in relazione all’art. 111 Cost. ‘.
Con tale motivo la ricorrente sostiene che la sentenza gravata sia viziata perché non ha considerato come clausola penale la previsione contrattuale di cui all’articolo 6 del contratto preliminare di vendita, relativa al rilascio di apposita fideiussione assicurativa dell’importo di lire 130 milioni, con liquidazione preventiva e forfetaria del danno.
4.Con il quarto motivo la ricorrente ripropone il terzo motivo di ricorso sotto il profilo dell’ omesso esame, ex art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c., in relazione all’art. 1382 comma 1 c.c., e agli artt. 115, comma 1, e 116, comma 1 c.p.c.; nonché della violazione o falsa applicazione ‘ da considerarsi tutte e subordinatamente anche per la nullità della sentenza e/o del procedimento ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., in relazione all’art. 132 n. 4 c.p.c. ‘.
5.- Il primo e il secondo motivo , formulato quest’ultimo per il caso di ritenuta non sufficienza del primo mezzo, anche nel profilo subordinato relativo alla dedotta nullità della sentenza o del procedimento, sono fondati e meritano accoglimento.
Come si ricava dalla sentenza impugnata, le appellanti avevano lamentato la vendita del bene ai sigg.ri COGNOME e COGNOME, in difetto di una diffida ad adempiere idonea a determinare la previa risoluzione di diritto del contratto, che avrebbe potuto legittimare il successivo
trasferimento a terzi, mentre l’appellata RAGIONE_SOCIALE aveva lamentato l’inadempimento delle controparti all’obbligo di pagare i lavori extra contrattuali commissionati, oltre che il pagamento del prezzo stabilito a conguaglio.
La Corte di appello umbra, ritenuto che nella corrispondenza intercorsa tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE non possa ravvisarsi una compiuta diffida ad adempiere, per la presenza di espressioni vaghe e generiche, ritenute evidentemente non idonee a costituire manifestazione di volontà negoziale risolutoria del contratto, ha escluso l’inadempimento delle appellanti agli obblighi posti a loro carico, affermando che sia il pagamento del prezzo a conguaglio che il pagamento del prezzo dei lavori extra contrattuali doveva essere effettuato al momento della stipula dell’atto notarile di trasferimento dell’unità immobiliare.
Colgono nel segno al riguardo le considerazioni della ricorrente, anzitutto per ciò che attiene alla violazione dell’art. 1183 c.c.
La circostanza per cui l’obbligazione relativa al pagamento dei lavori extra contratto era priva della fissazione di un termine, risulta pacifica in causa, non è stata sollevata in sede di legittimità ed anzi è riconosciuta dalle controricorrenti che a pagina 11 del ricorso affermano: oltre a questo id est , gli impegni assunti con il contratto preliminare stipulato tra le parti in data 7 luglio 2000 -‘ le COGNOME commissionavano all’impresa costruttrice dei lavori extra contratto da realizzare nell’unità abitativa promessa che sarebbero stati realizzati dall’impresa in corso d’opera’ . La Corte di appello di Perugia ha poi accertato che i lavori erano stati commissionati ed eseguiti, tant’è vero (come rilevato anche dal Pubblico Ministero) che nel calcolo del risarcimento del danno ne ha tenuto conto aggiungendolo al prezzo
pattuito (sulla questione non vi è ricorso incidentale delle controricorrenti).
Non appare pertanto corretto il riferimento al pagamento dei lavori extra contratto al momento della stipula dell’atto notarile di trasferimento dell’unità immobiliare, effettuato nella sentenza impugnata, posta l’ immediata esigibilità ai sensi dell’art. 1183 comma 1 c.c. E ciò, anche alla luce del costante insegnamento di questo Supremo Collegio, dal quale si ricava la consolidata regola iuris che in assenza di pattuito termine d’adempimento la prestazione è immediatamente esigibile e per esigerla non sono neppure indispensabili nè la diffida ad adempiere nè il ricorso al giudice ex art. 1183 comma 2 c.c., posto che ben potrà quest’ultimo , chiamato a dirimere la controversia insorta tra le parti in conseguenza dell’inadempimento, apprezzare ex post la congruità del tempo scorso tra la pattuizione e la pretesa d’adempimento; apprezzamento da effettuare alla luce del criterio direttivo della norma su richiamata, ossia la congruità del tempo scorso ‘ rispetto ai parametri fattuali indicati nella citata norma applicati nello specifico rapporto pattizio ‘ (Cass. n. 21647/2019, in motiv.).
l rifiuto del pagamento di dette opere, pacificamente anteriore alla vendita dell’immobile a terzi, potrebbe effettivamente essere astrattamente idoneo ad alterare il sinallagma contrattuale, in quanto
il contratto di appalto da cui scaturisce la suddetta obbligazione è senz’altro collegato al contratto preliminare di permuta, poiché è rivolto al conseguimento dell’unico risultato economico della consegna all’acquirente di un’opera compiuta da parte del venditore costruttore, a fronte della cessione del terreno (sugli effetti del collegamento negoziale in caso di inadempimento cfr. Cass. n. 20726/2014 e, in termini più generali sul collegamento negoziale e i suoi riflessi sull’operazione economica compiut a dalle parti Cass. n. 28324/2023).
In tema di inadempienze reciproche, la giurisprudenza di questa Suprema Corte ha costantemente affermato che, nei contratti con prestazioni corrispettive, ai fini dell’accertamento dell’inadempimento, ‘il giudice di merito è tenuto a formulare un giudizio – incensurabile in sede di legittimità se congruamente motivato – di comparazione in merito al comportamento complessivo delle parti, al fine di stabilire quale di esse, in relazione ai rispettivi interessi ed all’oggettiva entità degli inadempimenti (tenuto conto non solo dell’elemento cronologico, ma anche e soprattutto dei rapporti di causalità e proporzionalità esistenti tra le prestazioni adempiute e della incidenza di queste sulla funzione economico-sociale del contratto), si sia reso responsabile delle violazioni maggiormente rilevanti e causa del comportamento della controparte e della conseguente alterazione del sinallagma contrattuale’ (Cass. n. 13840/2010, n. 336/2013, n. 18320/2015, n. 13627/2017; 12549/2019, n. 6992/2022: 28487/2023).
Il giudice del merito deve dunque pervenire, a valle di una delicata opera di verifica e di valutazione unitaria degli opposti inadempimenti, alla comparazione delle condotte delle parti, da condurre con riguardo anche alla proporzionalità degli inadempimenti rispetto alla funzione
del contratto stipulato tra le parti e alla loro rispettiva incidenza sull’equilibrio sinallagmatico, sulle posizioni delle parti e sugli interessi delle stesse. L a gravità dell’inadempimento deve essere dunque apprezzata all’interno della complessiva struttura negoziale (Cass. n. 17148/2019), tenuto conto che il criterio cronologico va considerato unitamente agli altri e più pregnanti criteri sopra indicati.
Nel caso di specie, il giudice a quo ha trascurato di compiere tale accertamento, posto che non ha valutato comparativamente la descritta condotta delle parti, omettendo in particolare di accertare se il rifiuto del pagamento fosse o meno conforme a buona fede, tale dunque da legittimare un’ipotesi di anticipatory breach (Cass. n. 23823/2012) e tale da giustificare l’inadempimento della venditrice , confrontando il valore delle opere extra contratto di miglioria dell’immobile con il valore del bene da trasferire, al fine di accertare l’entità dei singoli inadempimenti (c.d. criterio oggettivo di proporzionalità: Cass. n. 15052/2018, n. 31685/2019).
La sentenza impugnata, per queste ragioni, deve pertanto essere cassata in relazione ai motivi accolti, rivelando, nella mancata opera di valutazione dei reciproci inadempimenti, anche una motivazione solo apparente in relazione al fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti del comportamento tenuto dalle RAGIONE_SOCIALE in relazione al comportamento di RAGIONE_SOCIALE.
6.Gli altri due motivi, che attengono alla quantificazione del risarcimento del danno, restano assorbiti, perdendo di immediata rilevanza decisoria.
7.In conclusione, vanno accolti il primo e il secondo motivo di ricorso, devono essere dichiarati assorbiti i restanti. La decisione
impugnata deve essere cassata e la causa rinviata per un nuovo esame alla Corte di Appello di Perugia, che -in diversa composizione -si uniformerà ai principi di diritto indicati sul punto e deciderà anche sulle spese relative al presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso; dichiara assorbiti gli altri; cassa, per quanto di ragione, la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Perugia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda