Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19246 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 19246 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/07/2024
SENTENZA
sul ricorso n. 819/2019 R.G. proposto da:
REPUBBLICA DELLA GUINEA EQUATORIALE e, per essa, AMBASCIATA DELLA REPUBBLICA DELLA GUINEA EQUATORIALE PRESSO LA REPUBBLICA ITALIANA, c.f. NUMERO_DOCUMENTO, in persona dell’Ambasciatore accreditato pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata in Roma presso di Lui, nel suo studio in INDIRIZZO, ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, c.f. CODICE_FISCALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata in Roma presso di Loro, nel loro studio in INDIRIZZO, controricorrente
avverso la sentenza n. 3322 della Corte d’Appello di Roma, depositata il 18-5-2018,
OGGETTO:
vendita di immobili
RG. 819/2019
P.U. 4-7-2024
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 4-72024 dal consigliere NOME COGNOME, udito il Pubblico Ministero, nella persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso,
udito l’AVV_NOTAIO per la ricorrente e l’AVV_NOTAIO per la controricorrente.
FATTI DI CAUSA
1.Con ricorso ex art. 633 cod. proc. civ. depositato il 2-7-2009 avanti il RAGIONE_SOCIALE di Roma RAGIONE_SOCIALE ha chiesto l’emissione di decreto ingiuntivo per l’importo di Euro 800.000,00 oltre interessi e spese a carico dell’RAGIONE_SOCIALE in Italia della Repubbl ica della Guinea Equatoriale, quale saldo del prezzo di Euro 2.300.000,00 per la vendita eseguita con atto AVV_NOTAIO del 25-10-2007 della villa sita in Roma INDIRIZZO, avendo ottenuto per il saldo la promessa di pagamento con assegno bancario, che non era stato pagato.
Avverso il decreto ingiuntivo emesso in conformità al ricorso ha proposto tempestiva opposizione l’RAGIONE_SOCIALE in Italia della Repubblica della Repubblica della Guinea Equatoriale, esponendo che in occasione del suo primo insediamento in Italia aveva raggiunto accordi con RAGIONE_SOCIALE per la compravendita di immobili da destinare a residenza dell’Ambasciatore e a sede dell’RAGIONE_SOCIALE; con rogito del 25-10-2007 RAGIONE_SOCIALE aveva ceduto all’RAGIONE_SOCIALE l’immobile di INDIRIZZO al prezzo di Euro 2.3 00.000 e con contratto preliminare di compravendita, stipulato il 25-10-2007 e trascritto, RAGIONE_SOCIALE si era obbligata a vendere all’RAGIONE_SOCIALE l’immobile sito in Roma in INDIRIZZO, impegnandosi a trasferirne la proprietà entro il 282-2008 libera da qualsiasi gravame e in particolare da ipoteca volontaria iscritta il 28-10-1990 per Euro 1.291.142,25, da ipoteca giudiziale iscritta il 24-6-1996 per Euro 206.582,76, da ipoteca
giudiziale iscritta il 3-4-1998 per Euro 516.456,90, da ipoteca giudiziale iscritta il 24-2-1999 per Euro 516.456,90, da pignoramento trascritto il 16-7-2002, da locazione ultranovennale gravante solo formalmente in quanto il contratto di locazione era stato consensualmente risolto; per tale immobile le parti avevano concordato il prezzo di Euro 7.000.000,00, di cui Euro 1.500.000,00 da versare a titolo di caparra confirmatoria il 25-9-2007, Euro 5.400.000,00 a titolo di ulteriore caparra confirmatoria da versare alla firma del preliminare ed Euro 100.000,00 da versare al rogito. L’opponente ha dichiarato che, pur avendo versato Euro 6.900.000,00, non aveva potuto acquistare la proprietà, in quanto RAGIONE_SOCIALE non aveva provveduto a cancellare le iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli e in data 8-2-2008 era stato anche trascritto sull’immobile altro atto di pignoramento immobiliare, per cui l’RAGIONE_SOCIALE aveva diritto di recedere dal contratto preliminare e poteva esigere il doppio della caparra confirmatoria, pari a Euro 13.800.000,00; quindi ha chiesto in via riconvenzionale di accertare l’inadempimento di RAGIONE_SOCIALE alle obbligazioni assunte con il contratto preliminare e per l’effetto di dichiarare sciolto il contratto preliminare in ragione del recesso esercitato dall’Ambasciat a e di condannare RAGIONE_SOCIALE al pagamento a favore dell’RAGIONE_SOCIALE di una somma pari al doppio della caparra versata, previa compensazione con la somma di Euro 800.000,00 e quindi per un totale di Euro 13.000.000,00.
Si è costituita RAGIONE_SOCIALE, dichiarando che, in forza degli accordi intercorsi tra le parti, la società aveva provveduto anche a eseguire lavori di ristrutturazione sui due immobili, di acquisto di arredi ed esecuzione di servizi vari, che erano rimasti impagati, per cui per il complesso dei negozi collegati vantava un credito ingente verso l’opponente; in data 23-112007 l’immobile di INDIRIZZO era stato consegnato all’RAGIONE_SOCIALE, che da quella data lo occupava senza
pagare alcunché; con lettera del 18-9-2008 RAGIONE_SOCIALE aveva invitato l’Ambasciatore a presentarsi davanti al AVV_NOTAIO il 20 -10-2008 per stipulare il rogito , in quell’occasione l’Ambasciatore aveva dichiarato di essere sprovvisto delle somme necessarie al saldo di Euro 100.000,00 e al pagamento dell’iva per Euro 1.400.000,00 e neppure successivamente si era attivato per procedere al saldo e per ottenere l’esenzione dall’iva. Ha dichiarato che l’inadempimento dell’RAGIONE_SOCIALE aveva fatto perdere l’interesse alla stipula del contratto definitivo e quindi, in via di reconventio reconventionis, ha chiesto di dichiarare sciolto il contratto preliminare in ragione del recesso legittimamente esercitato da RAGIONE_SOCIALE, accertare il diritto della società a trattenere la somma di Euro 6.900.000,00 ricevuta e condannare l’RAGIONE_SOCIALE al rilascio dell’immobile (lett. e delle conclusioni); ha chiesto il pagamento dell’importo di Euro 2.103.087,00, comprensivo dell’importo di Euro 800.000,00 di cui al decreto ingiuntivo e relativo alle prestazioni di cui ai negozi collegati (lettera f delle conclusioni); ha chiesto la condanna dell’RAGIONE_SOCIALE al risarcimento del danno (lettera g concl usioni) e in via subordinata la riduzione equitativa della somma da restituire come doppio della caparra (lettera h delle conclusioni).
Con sentenza n. 14230 depositata il 30-6-2014 il RAGIONE_SOCIALE di Roma ha dichiarato inammissibili le domande riconvenzionali di cui alle lettere d), f), g) e h) di RAGIONE_SOCIALE; ha rigettato le domande riconvenzionali dell’RAGIONE_SOCIALE di accertamento della l egittimità del suo recesso dal contratto preliminare di compravendita e di condanna di RAGIONE_SOCIALE alla restituzione del doppio della caparra; ha rigettato l’opposizione al decreto ingiuntivo e ha condannato l’RAGIONE_SOCIALE opponente alla rifusione delle spese della fase di opposizione.
2.Avverso la sentenza entrambe le parti hanno proposto appello, che la Corte d’appello di Roma ha deciso con sentenza n. 3322/2018 pubblicata il 18-5-2018. La sentenza ha dichiarato ammissibili le
domande riconvenzionali di cui alle lettere d), f), g) e h) di RAGIONE_SOCIALE; ha dichiarato risolto il contratto preliminare per il legittimo recesso di RAGIONE_SOCIALE, con conseguente suo diritto a ritenere la caparra confirmatoria di Euro 6.900.000,00 e ha condannato l’RAGIONE_SOCIALE a rilasciare l’immobile; ha condannato l’RAGIONE_SOCIALE a pagare Euro 1.347.951,68, di cui Euro 1.153.790,40 per lavori di ristrutturazione dei due immobili ed Euro 194.161,28 per spese varie; ha rigettato le altre domande riconvenzionali di RAGIONE_SOCIALE e ha integralmente rigettato l’appello dell’RAGIONE_SOCIALE, confermando il decreto ingiuntivo e condannando l’RAGIONE_SOCIALE alla rifusione delle spese.
3.Avverso la sentenza la Repubblica della Guinea Equatoriale e per essa l’RAGIONE_SOCIALE della Repubblica della Guinea Equatoriale presso la Repubblica Italiana ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione per la pubblica udienza del 4-7-2024 e nei termini di cui all’art. 378 cod. proc. civ. il Pubblico Ministero ha depositato memoria con le sue conclusioni ed entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso, intitolato ‘ violazione dell’art. 36 e 112 c.p.c. con riferimento all’art. 360 co.1 n.3 cod. proc. civ.’, l’RAGIONE_SOCIALE ricorrente censura la sentenza impugnata per avere ritenuto che, poiché l’RAGIONE_SOCIALE aveva chiesto in via riconvenzionale di vedersi riconosciuto il proprio legittimo recesso dal contratto preliminare e tale domanda era stata ammessa, dovevano essere ammesse anche le domande riconvenzionali di RAGIONE_SOCIALE Sostiene che la decisione abbia violato l’art. 36 cod. proc. civ., esattamente applicato dal primo giudice, che aveva circoscritto il perimetro di
operatività della reconventio reconventionis di RAGIONE_SOCIALE all’ambito delle difese svolte per contrastare la domanda dell’RAGIONE_SOCIALE di recesso del preliminare di compravendita dell’immobile di INDIRIZZO e di applicazione del regime della caparra, dichiarando inammissibili tutte le altre domande volte non a paralizzare la domanda di recesso dell’RAGIONE_SOCIALE , ma a ottenere un autonomo provvedimento positivo, domande che avrebbero dovuto essere proposte con la domanda introduttiva del giudizio. Quindi sostiene che l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non poteva formulare le domanda di recesso dal contratto preliminare di compravendita, di restituzione dell’immobile, di autorizzazione a trattenere la caparra confirmatoria, di accertamento del suo recesso dai contratti collegati al contratto di compravendita dell’immobile d i INDIRIZZO, di pagamento dei corrispettivi dei contratti di appalto e di pagamento delle forniture di beni e servizi vari.
1.1.Il motivo è infondato.
Secondo risalente orientamento giurisprudenziale di questa Corte, l’opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo a un ordinario giudizio di cognizione, nel quale il giudice deve accertare la fondatezza della pretesa fatta valere dall’opposto, che assume la posizione sostanzial e di attore, mentre solo l’opponente, che assume la posizione sostanziale di convenuto e ha l’onere di contestare il diritto azionato con il ricorso, facendo valere l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda o l’esistenza di fatti estintivi o modificativi di tale diritto, può proporre domanda riconvenzionale (Cass. Sez. 2 2020 n. 6091 Rv. 657127-01, Cass. Sez. 2 30-3-2006 n. 7571 Rv. 588997-01). Di conseguenza il convenuto opposto, proprio in quanto riveste la posizione sostanziale di attore, non può avanzare domande diverse da quelle fatte valere con il ricorso monitorio; l’unica eccezione sussiste nel caso in cui, per effetto di domanda ricon venzionale formulata dall’opponente, egli si venga a trovare, a sua volta, nella posizione processuale di convenuto,
al quale non può essere negato il diritto di difesa, rispetto alla nuova e più ampia pretesa della controparte, mediante la proposizione di reconventio reconventionis. In questo caso tale domanda deve dipendere dal titolo dedotto in causa o da quello che già appartiene alla causa come mezzo di eccezione o di domanda riconvenzionale (Cass. Sez. 2 25-2-2019 n. 5415 Rv. 652929-02, Cass. Sez. 1 22-6-2018 n. 16564 Rv. 649670-01, Cass. Sez. 3 4-10-2013 n. 22754 Rv. 62905601, Cass. Sez. 3 29-9-2006 n. 21245 Rv. 593890, per tutte).
Di seguito , alla luce dell’evoluzione avvenuta nella giurisprudenza di legittimità in tema di ius variandi endoprocessuale in applicazione dei principi posti da Cass. Sez. U 15-6-2015 n. 12310 (Rv. 635536-01) e Cass. Sez. U 13-9-2018 n. 22404 (Rv. 650451-01), la giurisprudenza più recente di questa Corte si è orientata nel riconoscere anche al convenuto opposto lo stesso ius variandi che compete all’attore formale; nel solco di Cass. Sez. 6-1 7-9- 2020 n. 18546 (Rv. 65899901) e Cass. Sez. 3 11-2-2021 n. 3571, non massimata, Cass. Sez. 1 24-3-2022 n. 9633 (Rv. 664369-01) ha ritenuto ammissibile la domanda nuova formulata dal convenuto opposto, anche nel caso in cui l’opponente si sia limitato a proporre eccezioni chiedendo la revoca del decreto ingiuntivo, qualora tale domanda si riferisca alla medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio, attenga allo stesso bene della vita, tendendo alla realizzazione, almeno in parte, salva la differenza tecnica di petitum mediato, della stessa utilità finale già avuta di mira dalla parte con la sua iniziativa giudiziale e sia comunque connessa per incompatibilità a quella originariamente proposta, giustificando così il ricorso al simultaneus processus (nello stesso senso Cass. Sez. 3 229-2023 n. 27183 Rv. 668674-01, Cass. Sez. 3 27-11-2023 n. 32933 Rv. 669523-01) . Inoltre, si registra che con ordinanza interlocutoria n. 20476/2023 pubblicata il 17-7-2023 è stata chiesta la rimessione alle Sezioni Unite del quesito se nel giudizio di opposizione il convenuto
opposto possa proporre domanda nuova, diversa da quella avanzata in INDIRIZZO monitoria, anche nel caso in cui l’opponente non abbia proposto una domanda o una eccezione riconvenzionale e in particolare se e in quali limiti sia ammissibile la modificazione della domanda di adempimento contrattuale avanzata con il ricorso per decreto ingiuntivo attraverso la proposizione di domanda di indennizzo per ingiustificato arricchimento o di domanda di risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale.
Facendo applicazione alla presente fattispecie dei principi esposti, senza che vi sia incidenza con la questione posta dall’ordinanza interlocutoria citata, bisogna considerare che la società ingiungente ha agito per ottenere il pagamento del saldo prezzo di Euro 800.000,00 della compravendita dell’immobile di INDIRIZZO e in INDIRIZZO l’RAGIONE_SOCIALE opponente ha chiesto l’accertamento della legittimità del suo recesso dal contratto preliminare di compravendita dell’immobile di INDIRIZZO, il suo conseguente diritto di ottenere il doppio della caparra versata, pari a Euro 13.800.000,00, e di conseguenza la condanna della società al pagamento di Euro 13.000.000,00, previa compensazione con il credito dalla stessa azionato. A fronte di questi dati, essendo stata la domanda riconvenzionale dell’opponente ritenuta ammissibile anche dalla Corte d’appello che ha rigettato il relativo motivo di appello incidentale della società, era stato introdotto e apparteneva alla causa anche il titolo relativo al contratto preliminare; quindi, a seguito della domanda riconvenzionale di accertamento della legittimità del recesso della promissaria acquirente e del diritto al pagamento del doppio della caparra formulata dall’RAGIONE_SOCIALE opponente, esattamente la sentenza impugnata ha ritenuto ammissibile la reconventio reconventionis proposta da ll’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al fine di ottenere l’accertamento della legittimità del proprio recesso, l’accertamento del diritto a
trattenere la caparra ricevuta e la condanna alla restituzione dell’immobile goduto in forza del contratto preliminare (lett. e delle conclusioni della comparsa di risposta di primo grado): tali domande dipendono dal titolo introdotto in causa dall’opponente e quindi sono ammissibili già in forza dell’indirizzo tradizionale sopra richiamato.
Ad analoga conclusione si deve pervenire con riguardo alle domande di cui alla lett. f) della comparsa di risposta di primo grado, della cui dichiarazione di ammissibilità da parte della Corte d’appello pure si duole la ricorrente. Tali domande, in quanto volte a ottenere il pagamento del corrispettivo relativo ai contratti di appalto e di prestazione di servizi vari conclusi dalle parti con riferimento ai due immobili oggetto della compravendita e del preliminare, seppure non dipendevano dai titoli dedotti nella fase monitoria dalla società ingiungente e nella fase di opposizione dall’RAGIONE_SOCIALE opponente, erano riferite alla medesima e unitaria vicenda sostanziale dedotta in giudizio da entrambe le parti. Quindi, correttamente la sentenza impugnata ha valorizzato la ‘complessiva unitarietà di tutti i rapporti più volte individuata dalla stessa RAGIONE_SOCIALE‘ (pag. 30) , al fine di ritenere l’ammissibilità anche delle domande riconvenzionali di cui alla lett.f) di RAGIONE_SOCIALE
2. Con il secondo motivo, rubricato ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 1322, 1362, 1366, 1385 e 14 53 c.c. con riferimento all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.’, la ricorrente impugna la sentenza nella parte in cui ha dichiarato l’esistenza di un collegamento negoziale tra i contratti di compravendita dell’immobile di INDIRIZZO, il preliminare di compravendita dell’immobile di INDIRIZZO e gli altri contratt i relativi alla ristrutturazione, all’arredamento, alla prestazione di servizi per i due immobili, in quanto tutti finalizzati alla realizzazione di un risultato economico unitario, per cui ha esteso la valutazione dei reciproci inadempimenti a tutti i contratti e poi, in violazione del
principio ‘ simul stabunt simul cadent ‘ , ha ritenuto sciolto solo uno dei contratti collegati e da adempiersi gli altri. Dichiara che i documenti e gli atti di causa escludono la sussistenza dei requisiti oggettivo e soggettivo del collegamento negoziale e che il giudice d’appello ha erroneamente individuato il requisito oggettivo, per il quale non viene in rilievo la volontà delle parti ma il nesso funzionale fra i negozi, e il requisito soggettivo, che non consiste nell’identità delle parti in quanto tale, ma nella volontà comune di porre in vita il collegamento allo scopo di raggiungere un solo risultato economico. Dichiara che il preteso collegamento negoziale è stato affermato da RAGIONE_SOCIALE con l’evidente scopo di ‘diluire’ il proprio inadempimento alle obbligazioni assunte con il preliminare e aggiunge che tale preteso collegamento è incompatibile con le domande svolte da RAGIONE_SOCIALE in reconventio reconventionis, con le quali aveva chiesto l’accertamento del suo recesso da uno dei contratti collegati con il diritto di ritenzione della caparra e l’adempimento degli altri contratti collegati, in violazione del principio che presiede al meccanismo di collegamento negoziale, per il quale il vizio che affligge un contratto si ripercuote sugli altri, stante l’impossibilità di raggiungere lo scopo a cui erano tutti i contratti preordinati nell’intenzione delle parti.
2.1.Il motivo è infondato, in primo luogo laddove lamenta che erroneamente la sentenza impugnata abbia ritenuto l’esistenza di un collegamento negoziale.
E’ acquisito il principio secondo il quale il collegamento negoziale postula un accertamento di fatto riservato al giudice di merito e incensurabile in sede di legittimità, se condotto nel rispetto dei criteri di logica ermeneutica e di corretto apprezzamento delle risultanze di fatto, considerando la volontà delle parti, alla stregua degli interessi dalle stesse perseguiti nella prospettiva dell’operazione economica complessiva (così Cass. Sez. 2 10-10-2023 n. 28324 Rv. 669374-01;
cfr. altresì Cass. Sez. L 22-9-2016 n. 18585 Rv. 641188-01, Cass. Sez. 3 10-7-2008 n. 18884 Rv. 604208-01, Cass. Sez. 3 12-7-2005 n. 14611 Rv. 58488001, secondo cui l’accertamento sulla natura, l’entità, le modalità e anche le conseguenze del collegamento negoziale realizzato dalle parti rientra nei compiti esclusivi del giudice di merito, il cui apprezzamento non è sindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione congrua e immune da vizi). Come si legge in Cass. 28324/2023, nel collegamento negoziale atipico si esprime in pieno l’autonomia privata, che soddisfa le esigenze delle parti utilizzando dinamiche negoziali composte da plurimi contratti, volte solitamente a realizzare operazioni economiche complesse.
Nella fattispecie la sentenza ha dichiarato che si configurava un collegamento negoziale, in quanto il rapporto tra l’RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE era costituito da una serie di contratti collegati tra loro all’interno di una complessa e unitaria operazione economica, finalizzata a reperire, ristrutturare e arredare due immobili in Roma, destinati a sede dell’RAGIONE_SOCIALE e alloggio dell’Ambasciatore; per questa ragione nell’analisi degli ina dempimenti reciproci si doveva tenere conto non solo del preliminare di compravendita, ma di tutti i contratti collegati. In questo modo la Corte d’appello, compiendo l’apprezzamento in fatto spettante al giudice di merito, ha considerato sia il profilo soggettivo che il profilo oggettivo del collegamento negoziale, relativamente al fatto che i contratti intercorsi tra i medesimi soggetti erano collegati dal nesso teleologico costituito dal comune intento delle parti di voler non solo l’effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti in essere, ma anche il loro coordinamento nell’ambito dell’unica operazione economica posta in essere al fine di soddisfare le esigenze dell’RAGIONE_SOCIALE in ordine al reperimento e all’allestimento della propria sede e de ll’alloggio per l’am basciatore.
Il motivo è infondato anche nella parte in cui lamenta che la sentenza, ritenuto il collegamento negoziale, non abbia applicato la regola ‘simul stabunt simul cadent’ . Infatti, tale circostanza non è in sé utilizzabile al fine di ritenere che la sentenza abbia erroneamente accertato che i contratti erano collegati, stante il principio già ricordato secondo il quale spetta al giudice di merito valutare anche le conseguenze del collegamento negoziale che ha in fatto accertato. Per di più, nella fattispecie nessuna delle due parti aveva formulato domanda al fine di ottenere la risoluzione di tutti i contratti intercorsi tra le parti, per cui la sentenza ha valutato l’esistenza del collegamento nei limiti in cui la questione era stata posta ed erano state formulate le domande in giudizio, al fine di valutare i reciproci inadempimenti in relazione alla domanda di accertamento del diritto all’esercizio del recesso dal contratto preliminare relativo all’immobile di INDIRIZZO.
3.Con il terzo motivo, rubricato ‘ violazione dell’art. 1175, 1337, 1358, 1455 e 1460 c.c. con riferimento all’art. 360 co.1 n.3 c.p.c.’, la ricorrente sostiene che la sentenza impugnata abbia fatto malgoverno dell’art. 1455 cod. civ., laddove la valutazione degli inadempimenti delle parti ha comportato il rigetto della domanda di accertamento della legittimità del recesso dell’RAGIONE_SOCIALE da l contratto preliminare e all’accoglimento dell’RAGIONE_SOCIALE domanda di RAGIONE_SOCIALE Evidenzia che la sentenza ha ritenuto prevalente l’inadempimento dell’RAGIONE_SOCIALE, nonostante la stessa avesse pagato Euro 6.900.000,00, pari al 98,5% del prezzo, per il fatto che non aveva pagato il saldo di Euro 100.000,00 e l’iva sul prezzo e nonostante RAGIONE_SOCIALE non avesse provveduto a estinguere le iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli, elencate nel contratto preliminare e con riguardo alle quali aveva assunto obbligazione di liberazione dell’immobile, per un valore complessivo di Euro 2.530.646,00; quindi, evidenzia come la sentenza non abbia tenuto conto del fatto che, in presenza di pignoramento trascritto in
data 8-2-2008, prima ancora della scadenza del termine pattuito nel preliminare per la stipula del rogito e dell’invito alla stipula del rogito, la vendita dell’immobile non sarebbe stata opponibile al creditore procedente.
La ricorrente sostiene altresì la violazione dei principi di buona fede nell’esecuzione del contratto e nel sollevare l’eccezione di inadempimento, in quanto la sentenza ha premiato la parte che ha agito in violazione di tali principi; per il caso in cui sia ritenuto il collegamento negoziale, sostiene che sussista la sproporzione tra i rispettivi inadempimenti anche con riguardo a quei contratti.
4.Il quarto motivo è rubricato ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2699, 2721, 2727, 2735 c.c., nonché art. 115, secondo comma e 116 c.p.c. con riferimento all’art. 360 comma 1 n.3 c.p.c. illegittima attribuzione di efficacia probatoria alle prove testimoniali prevalente su quelle documentali confliggenti -omessa valutazione del fatto notorio’ e con esso la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata abbia fondato l’accertamento della condotta dell’Ambasciat a attribuendo efficacia prevalente alla dichiarazione scritta del AVV_NOTAIO, poi confermata testimonialmente, in ordine al fatto che non era stato possibile stipulare il rogito in quanto l’Ambasciatrice in quella sede aveva dichiarato di essere sprovvist a delle somme necessarie a saldare il prezzo. Evidenzia che nel rendere la testimonianza il AVV_NOTAIO aveva dichiarato di non ricordare l’esistenza del pignoramento e che erano stati depositati i documenti da 13 a 15 dell’atto di citazione in opposizione al d ecreto ingiuntivo, dai quali risultava che alla data fissata per il rogito l’immobile era ancora gravato delle iscrizioni e trascrizioni elencate nel preliminare e che RAGIONE_SOCIALE si era impegnata a cancellare prima della data del rogito, oltre a essere gravato del pignoramento; aggiunge che l’estinzione della procedura esecutiva pendente il 20-10-2008 non potesse avvenire ed essere
trascritta entro la stessa data del rogito era nozione di comune esperienza, che il giudicante non poteva ignorare.
5.Il terzo motivo è ammissibile, diversamente da quanto eccepito dalla controricorrente, perché non richiede una ricostruzione in fatto diversa da quella eseguita dalla sentenza impugnata; il motivo è altresì fondato nei termini di seguito esposti perché, seppure la sentenza potesse valutare gli opposti inadempimenti con riguardo a tutti i contratti intercorsi tra le parti in quanto collegati, tale valutazione non è stata legittimamente eseguita.
E’ acquisito il principio secondo il quale il giudice, in tema di risoluzione del contratto per inadempimento, per valutare l’inadempimento, deve tenere conto di tutte le circostanze, oggettive e soggettive, dalle quali sia possibile desumere l’alterazione dell’equilibrio contrattuale (Cass. Sez. 3 4-3-2022 n. 7187 Rv. 66439401, Cass. Sez. 6-3 24-3-2021 n. 8220 Rv. 660990, Cass. Sez. 2 27-52015 n. 10995 Rv. 635646-01); in caso di inadempienze reciproche, la valutazione dell’inadempimento ha carattere unita rio, dovendo lo stesso addebitarsi esclusivamente al contraente che, con il proprio comportamento prevalente, abbia alterato il nesso di interdipendenza che lega le obbligazioni assunte mediante il contratto e perciò abbia dato causa al giustificato inadem pimento dell’altra parte (Cass. Sez. 2 12-2-2020 n. 3455 Rv. 657100-01, Cass. Sez. 2 11-6-2013 n. 14648 Rv. 626586-01, Cass. Sez. 2 24-9-2009 n. 20614 Rv. 609629-01). Specificamente, in tema di esercizio del diritto di recesso ex art. 1385 cod. civ., il contraente che esercita il recesso non deve essere a sua volta inadempiente e l’indagine circa il suo inadempimento deve avvenire tenendo conto del valore della parte dell’obbligazione non adempiuta rispetto al tutto, sulla base di un criterio di proporzionalità, occorrendo verificare, a seguito di una valutazione complessiva e globale del comportamento delle parti, se, per effetto
dell’inadempimento del recedente, si sia verificata ai danni della controparte una sensibile alterazione dell’equilibrio contrattuale o se, invece, tale alterazione non dipenda dall’inadempimento della controparte (Cass. Sez. 2 16-5-2019 n. 13241 Rv. 653825-01). Tale accertamento rientra nei poteri del giudice di merito ed è insindacabile se è congruamente motivato (Cass. Sez. 2 30-5-2017 n. 13627 Rv. 644328-01), ma nella fattispecie la mancata individuazione dei reciproci inadempimenti si è risolta nella relativa mancata comparazione e perciò nella violazione di legge lamentata, risoltasi nell’avere dichiarato la legittimità del recesso di RAGIONE_SOCIALE senza individuarne i legittimi presupposti.
Infatti, la sentenza ha considerato l’inadempimento dell’RAGIONE_SOCIALE promittente acquirente, consistito nel fatto che il giorno fissato per il rogito relativo all’immobile di INDIRIZZO l’Ambasciatore non aveva la disponibilità dell’importo di Euro 100.000,00 necessario per saldare il prezzo e dell’importo di Euro 1.400.000 relativo all’iva , nel fatto che non aveva pagato il saldo del prezzo per l’immobile di INDIRIZZO e nel fatto che non aveva pagato il corrispettivo dei contratti di appalto e di prestazione di servizi. Però, la sentenza non ha dimostrato di avere posto tale inadempimento a confronto con l’inadempimento imputato alla società promittente venditrice dall’RAGIONE_SOCIALE, considerando che l’RAGIONE_SOCIALE ha evidenziato in causa come non avere concluso il rogito era giustificato dal fatto che l’immobile di INDIRIZZO, per il quale aveva già pagato l’importo di Euro 6.900.000,00 (oltre ad avere pagato Euro 1.500.000,00 per l’immobile di INDIRIZZO) , non era stato liberato dalle iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli entro la data del rogito, diversamente da quanto previsto nel contratto preliminare. Con riguardo a tale questione, la sentenza si è limitata a dichiarare che RAGIONE_SOCIALE ‘si era dimostrata pronta alla data fissata del 20 ottobre
2008, a liberare l’immobile da tutti i gravami ancora pendenti , avendo già precedentemente provveduto a cancellare la locazione ultranovennale’ ; in relazione al pignoramento iscritto in data 8-22008, la sentenza si è limitata a dichiarare che RAGIONE_SOCIALE aveva tentato di ottenere la cancellazione, ‘non riuscendovi solo per una presa di posizione imprevista del soggetto terzo’ . Però, al fine di porre a confronto le rispettive condotte e valutare l’esistenza e la gravità dei reciproci inadempimenti, la sentenza avrebbe dovuto considerare se e in quali termini tali condotte accertate come poste in essere da RAGIONE_SOCIALE -essersi dimostrata pronta a liberare gli immobili dai gravami per la data del rogito, senza averlo fatto, e avere tentato di ottenere la cancellazione del pignoramento, senza averlo fatto, dopo avere già percepito per quell’immobile l’importo di Euro 6.900.000,00 sul prezzo pattuito di Euro 7.000.000,00- escludessero l’inadempimento della società medesima, o lo rendessero meno grave rispetto a ll’inadempimento dell’RAGIONE_SOCIALE . Secondo le previsioni del contratto preliminare relativo all’immobile di INDIRIZZO RAGIONE_SOCIALE si era obbligata a trasferire la proprietà dell’immobile libero dai pesi elencati nel preliminare medesimo ed è un dato di fatto acquisito in causa che, alla data del rogito, le iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli erano ancora tutte esistenti, a eccezione di quella relativa alla locazione ultranovennale, unica a essere stata cancellata. La sentenza avrebbe altresì dovuto spiegare per quale ragione la promissaria acquirente avrebbe dovuto essere disponibile ad accettare il trasferimento della proprietà di immobile sul quale era stato anche trascritto pignoramento immobiliare dopo la stipulazione del contratto preliminare, in tal modo concludendo vendita che non avrebbe sottratto l’immobile all’esecuzione forzata ; ciò in quanto si trattava di elemento necessario anche al fine di valutare il fatto che il giorno del rogito l’Ambasciatore non avesse la disponibilità della somma necessaria a eseguire il saldo
prezzo e a pagare l’iva. Invece, la sentenza si è limitata a dare rilievo alle dichiarazioni dell’Ambasciatore il giorno del rogito e alla disponibilità di RAGIONE_SOCIALE -ancora dichiarata alla data del rogito di cancellare iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli e già posta in essere a quella data senza esito con riguardo alla cancellazione del pignoramento-; ciò, senza considerare che non era la mera disponibilità oggetto delle obbligazioni assunte dalla società nel contratto preliminare e senza considerare che la società non aveva provveduto alle cancellazioni nonostante avesse percepito quasi interamente il corrispettivo pattuito nel contratto preliminare.
6.L’accoglimento del terzo motivo di ricorso impone la cassazione della sentenza impugnata e comporta l’assorbimento del quarto motivo, in quanto il giudice del rinvio dovrà provvedere a valutare i reciproci inadempimenti facendo applicazione dei principi esposti e attenendosi a quanto sopra ritenuto, con la conseguenza che le censure proposte con il quarto motivo rimangono prive di rilevanza.
Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo e il secondo motivo, assorbito il quarto, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione