Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 10067 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 10067 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/04/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 29167/2019 R.G. proposto da: COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME (CODICE_FISCALE e COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) del Foro di Salerno -ricorrente-
contro
COGNOME e COGNOME NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE del Foro di Salerno,
-controricorrenti- nonché contro
COGNOME NOME
-intimati- avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO SALERNO n. 897/2019 depositata il 27/06/2019.
Udita la relazione svolta alla pubblica udienza del 03/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME sentiti i difensori presenti all’udienza, avv. NOME COGNOME per il ricorrente e, in sostituzione per delega scritta dell’avv. NOME COGNOME avv. NOME COGNOME per i controricorrenti, che hanno richiamato e illustrato le rispettive difese; sentito, per il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, il dott. NOME COGNOME che ha ribadito e illustrato la richiesta di rigetto del ricorso,
FATTI DI CAUSA
Quanto al contesto in cui è sorta la controversia, in fatto non sono in contestazione le seguenti circostanze: -in data 12.6.2006 era intervenuto tra NOME COGNOME in qualità di promissario acquirente, e NOME COGNOME (nudo proprietario) e NOME COGNOMEusufruttuaria), quali promittenti venditori un contratto preliminare per la compravendita di un immobile in Salerno per il corrispettivo di € 1.200.000,00, di cui € 250.000,00 venivano versate alla stipula a titolo di caparra confirmatoria; -le parti avevano concordato inoltre che ulteriori € 450.000,00 sarebbero stati versati alla stipula del contratto definitivo, prevista per il 31.12.2006, e che il saldo di € 500.000
sarebbe stato corrisposto contestualmente alla consegna dell’immobile con immissione nel possesso dell’acquirente, pattuita per il 31.1.2007; -nelle pattuizioni negoziali si concordava pure che il termine previsto per la stipula dell’atto notarile, 31.12.2006, e quello successivo per la consegna dell’immobile, 31.1.2007, si dovevano intendere a favore esclusivo del promissario acquirente (che avrebbe potuto anticipare il primo); -i promittenti venditori si impegnavano inoltre a cancellare un’ipoteca insistente sull’immobile, a proprie cure e spese, prima della stipula dell’atto pubblico; -Ivo COGNOME aveva versato tra il 20 e il 21 dicembre 2006 un ulteriore acconto di complessivi € 150.000,00; -in data 31.12.2006 la stipula del contratto definitivo non era intervenuta e vi furono, fino ai primi giorni di gennaio (8.1) contatti tra le parti per posticipare le date della stipula e del rilascio del bene con previsione del versamento di ulteriori acconti; -in data 11.1.2007 i promittenti venditori erano receduti dal contratto affermando l’inadempimento del promissario acquirente e, nello stesso giorno, avevano stipulato un contratto preliminare, trascritto il 12.1.2007, con gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME contratto al quale era poi seguita la stipula del definitivo nell’aprile 2007; -il 15.1.2007 NOME COGNOME aveva intanto contestato il recesso, invitando la controparte avanti al notaio per la stipula del contratto definitivo per il 31.1.2007, data alla quale ancora risultava non essere stata cancellata l’ipoteca sull’immobile venendo in seguito a conoscenza dell’intervenuta conclusione dell’altro contratto preliminare trascritto.
Nel maggio 2007 NOME COGNOME aveva quindi esercitato il recesso ex art.1385 c.c., aveva chiesto e ottenuto il sequestro conservativo sui beni dei promittenti venditori e aveva poi introdotto la causa di merito nei loro confronti, coinvolgendo nello stesso giudizio anche i successivi acquirenti con domanda ex art.2901 c.c. (il sequestro conservativo era stato inizialmente negato; il COGNOME aveva iniziato il giudizio di cognizione e aveva comunque proposto anche reclamo avverso il diniego di sequestro; concesso il sequestro con termine per iniziare la causa di cognizione, aveva provveduto a radicare un altro giudizio, con le stesse domande svolte nel precedente; i due giudizi erano stati infine riuniti).
Costituitosi il contraddittorio con la partecipazione al giudizio di tutti i convenuti e svolta attività istruttoria anche attraverso l’assunzione di prove testimoniali, il Tribunale di Salerno aveva ritenuto, in accoglimento della domanda riconvenzionale in tal senso proposta (assieme a quella di risoluzione del contratto per inadempimento della controparte) dai signori COGNOME legittimo il recesso dei promittenti venditori, respingendo tutte le domande dell’attore.
NOME COGNOME aveva proposto appello reiterando tutte le domande respinte in primo grado; al giudizio di impugnazione avevano partecipato i signori COGNOME/COGNOME e i signori COGNOME/COGNOME.
La Corte d’Appello di Salerno aveva respinto l’impugnazione con piena conferma della sentenza di primo grado, con la seguente motivazione: -il primo motivo di appello costituisce una critica generica alla sentenza di primo grado, è in parte generico ed è privo della capacità di confutare le ragioni della decisione, limitandosi a prospettare una diversa ricostruzione dei fatti; l’appellante si limita a rilevare che il Tribunale non avrebbe considerato che in data 8.1.2007 erano ancora in corso trattative tra le parti per la modifica del preliminare e che ciononostante in data 11.1.2007 i promittenti venditori avevano promesso in vendita ad altri lo stesso immobile; la seconda parte del primo motivo, con cui NOME COGNOME lamenta che siano stati considerati non provati gli accordi sulla posticipazione della stipula dell’atto pubblico, avrebbe doglianze più specifiche ma ‘ questa Corte osserva che la decisione impugnata è fondata proprio sull’accertato e dichiarato inadempimento di NOME COGNOME avendo il primo giudice escluso, pur dando atto che vi sono in atti
elementi per ritenere che trattative tra le parti vi furono, che sia stata fornita, in concreto, dall’attore la prova della conclusione con i convenuti di un accordo modificativo del contratto concluso il 12.7.2006 e che quelle trattative erano dunque sfociate in tale accordo . Anche le dichiarazioni rese da COGNOME NOME in sede di interrogatorio formale confermano che effettivamente vi furono incontri con NOME COGNOME anche dopo la scadenza del termine fissato per la (s)tipula dell’atto pubblico, ma che gli stessi non approdarono a nulla in concreto; è da evidenziare, come peraltro dichiarato dallo stesso appellante, che COGNOME NOME aveva chiesto al COGNOME addirittura di anticipare la data della stipula dell’atto pubblico. A fronte della comparazione dei contrapposti interessi delle parti, il Tribunale, premettendo che alcun inadempimento potesse essere imputato ai promittenti alienanti e che la tesi attorea non era stata dimostrata, ha ritenuto che l’inadempimento del Russo nel convocare le parti per la stipula dell’atto pubblico di compravendita ed il seppur distinto, ma contestuale mancato integrale pagamento del secondo acconto di € 450.000,00, sia da qualificarsi grave perché non trova giustificazione ‘in alcun pregresso e/o paventato inadempimento della controparte contrattuale’ ; inadempimento correttamente apprezzato come grave da parte del tribunale e tale che, nonostante che il termine del 31.12.2006 non poteva ritenersi essenziale, tuttavia giustifica il recesso di Petrosino e COGNOME . Ogni altra doglianza resta assorbita. Ed invero, come espressamente evidenziato dallo stesso appellante, l’azione revocatoria era inequivocamente subordinata all’accoglimento della domanda principale, tant’è che lo stesso appellante stigmatizza la decisione del primo giudice, che ha provveduto ad esaminarla pur avendo rigettato la prima. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo ‘ (quella riportata è l’intera motivazione della decisione di primo grado).
NOME COGNOME propone ricorso per cassazione affidandolo a cinque motivi:
nullità della sentenza, ai sensi dell’art.360 co 1 n.4 c.p.c. in relazione all’art.132 comma 2 n.4 c.p.c.
La sentenza di appello sarebbe priva del requisito essenziale della motivazione, in concreto del tutto inesistente o, al più, solo apparente, non avendo dato conto la Corte d’Appello dei plurimi argomenti articolati con la proposizione di ben sei motivi di appello, attraverso i quali NOME COGNOME aveva contrastato specificamente tutti i profili del deciso di primo grado e che non potevano essere dichiarati semplicemente assorbiti;
II) Violazione o falsa applicazione dell’art.1385 comma 2 c.c., anche in relazione agli art.1453, 1455 e 1457 c.c. (art.360 comma 1 n.3 c.p.c.)
Si contesta l’inadempimento del ricorrente al contratto preliminare di compravendita del 12.7.2006, individuato nella mancata convocazione delle controparti avanti al notaio per stipula entro il 31.12.2006, trattandosi al più di mero ritardo ininfluente e superabile con l’adempimento tardivo. Ciò sia per l’esistenza di trattative per una proroga di detto termine (escludenti in radice l’ipotizzabilità del ritardo), sia per la sua accertata natura di termine non essenziale, sia per il breve lasso di tempo intercorso tra la scadenza e l’esercizio del recesso, sia per il versamento di un acconto di ulteriori € 150.000,00 a fronte del quale le controparti non avevano procurato la liberazione dell’immobile promesso in vendita dall’ipoteca (avendo inoltre taciuto l’esistenza di una ulteriore formalità negativa) rendendo comunque impossibile la stipula del definitivo anche ove fossero stati convocati per la data indicata (la previsione del termine nell’esclusivo interesse del promissario acquirente esclude che fosse necessaria la previa convocazione avanti al notaio per ‘stimolare’ detto adempimento); a ciò si sarebbe dovuto aggiungere il fatto che i promittenti venditori avevano già avviato trattative con altri soggetti prima di esercitare il
recesso, completandole con la stipula in data 11.1.2007 di altro preliminare immediatamente trascritto il giorno dopo. Non vi sarebbero state perciò le condizioni per ritenere legittimo, ex art.1385 co 2 c.c., il recesso esercitato dai promittenti venditori, invece gravemente inadempienti;
III) Violazione o falsa applicazione degli art.1337 e 1375 c.c. (art.360 comma 1 n.3 c.p.c.)
La mancata cancellazione dell’ipoteca, l’aver condotto trattative con terzi in pendenza del vincolo contrattuale, l’esercizio del recesso dopo aver concluso altro contratto preliminare avente ad oggetto lo stesso immobile, sarebbero tutti elementi che avrebbero dovuto essere valorizzati ai sensi degli art.1337 e 1375 c.c., palesemente violati;
IV) Violazione o falsa applicazione dell’art.2901 c.c. (art.360 co 1 n.3 c.p.c.)
Si richiamano, per il caso di accoglimento dei motivi precedenti, le doglianze articolate in atto di appello contro la pronuncia di rigetto della domanda ex art.2901 c.c., invece fondata in relazione a tutti i presupposti normativamente richiesti;
Violazione o falsa applicazione dell’art.91 c.p.c. (art.360 co 1 n.3 c.p.c.)
Con l’appello NOME COGNOME aveva censurato specificamente la sentenza del Tribunale di Salerno anche in relazione alla pronuncia sulle spese, sulla quale quindi la Corte di merito avrebbe dovuto comunque decidere; le spese del giudizio di primo grado avrebbero dovuto essere compensate almeno in parte dato che vi era stata soccombenza parziale delle controparti.
Hanno depositato controricorso NOME COGNOME e NOME COGNOME insistendo per il rigetto del ricorso.
NOME COGNOME e NOME COGNOME sono rimasti intimati.
Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione ha depositato memoria recante conclusioni scritte, con le quali ha chiesto il rigetto del ricorso, per essere tutti i motivi in esso formulati inammissibili -quanto al secondo, al terzo e al quarto- o infondati -il primo e il quinto-.
All’udienza pubblica del 3.12.2024 sia i difensori delle parti costituite, sia il Procuratore Generale, hanno illustrato le rispettive argomentazioni difensive confermando le conclusioni già proposte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso, che lamenta la nullità della sentenza della Corte d’Appello di Salerno per motivazione omessa o apparente, non è fondato.
Si richiama, in proposito, l’indirizzo interpretativo affermatosi nella giurisprudenza di questa Corte dopo la riforma dellart.360 co 1 n.5 c.p.c. intervenuta con d.lgv. n.83/2012, espresso nella sentenza delle Sezioni Unite n.8053/2014 e reiterato nelle pronunce successive, secondo il quale la possibilità di sindacare la motivazione della sentenza si deve considerare ridotta alla verifica del rispetto del “minimo costituzionale” desumibile dall’art.111 Cost.; la conseguenza è che ‘… è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione’ -cfr., tra le tante nello stesso senso, Cass. n.20721/2018, Cass. n.13977/2019 e ancora Cass. n.7090/2022-.
La sentenza d’appello in esame articola una motivazione che, seppure succinta e in parte rimandante alle valutazioni del primo Giudice, non presenta affermazioni inconciliabilmente contrastanti e permette di comprendere l’iter logico attraverso il quale la Corte di merito ha raggiunto la decisione presa.
12. Il secondo motivo di ricorso è invece fondato.
Il nucleo fondamentale del motivo in esame riguarda la corretta applicazione da parte della Corte di merito del disposto dell’art.1385 co 2 c.c., in relazione agli art.1453 e 1455 c.c., nella valutazione del comportamento di Ivo Russo come inadempiente e di gravità tale da giustificare il recesso della controparte, e nella valutazione, sotto lo stesso profilo, anche della posizione dei promittenti venditori.
12.1. In linea generale, si deve rilevare che ‘… la disciplina dettata dal secondo comma dell’art. 1385 c.c., in tema di recesso per inadempimento nell’ipotesi in cui sia stata prestata una caparra confirmatoria, non deroga affatto alla disciplina generale della risoluzione per inadempimento, consentendo il recesso di una parte solo quando l’inadempimento della controparte sia colpevole e di non scarsa importanza in relazione all’interesse dell’altro contraente. Pertanto nell’indagine sull’inadempimento contrattuale da compiersi al fine di stabilire se ed a chi spetti il diritto di recesso, i criteri da adottarsi sono quegli stessi che si debbono seguire nel caso di controversia su reciproche istanze di risoluzione, nel senso che occorre in ogni caso una valutazione comparativa del comportamento di entrambi i contraenti in relazione al contratto, in modo da stabilire quale di essi abbia fatto venir meno, con il proprio comportamento, l’interesse dell’altro al mantenimento del negozio (v., ad es., Cass. n. 398/1989 e Cass. n. 409/2012)’; il secondo comma dell’art. 1385 c.c., ‘presupponendo l’inadempimento della controparte avente i medesimi caratteri dell’inadempimento che giustifica la risoluzione giudiziale, configura uno strumento speciale di risoluzione di diritto del contratto, da affiancare a quelle di cui agli artt. 1454, 1456 e 1457 c.c., collegato alla pattuizione di una caparra confirmatoria, intesa come determinazione convenzionale del danno risarcibile. Al fenomeno risolutivo, infatti, lo collegano sia i presupposti, rappresentati dall’inadempimento dell’altro contraente, che deve essere gravemente colpevole e di non scarsa importanza (…), sia le conseguenze, ravvisabili nella caducazione “ex tunc” degli effetti del contratto (cfr. Cass. n. 18226/2011 e, da ultimo, Cass. n. 2969/2019)’. Così, in modo completo e totalmente condivisibile, è ricostruito l’ambito di operatività dell’art.1385 co 2 c.c. nella motivazione dell’ordinanza n.21209/2019 Cass. Sez.II -massimata come segue: ‘La disciplina del recesso di cui all’art. 1385 c.c. in ipotesi di versamento della caparra confirmatoria, alla stregua della disciplina generale in tema di risoluzione per inadempimento, presuppone l’inadempimento colpevole e di non scarsa importanza in relazione all’interesse dell’altro contraente; ne consegue che il giudice è tenuto ad una valutazione comparativa del comportamento di entrambi i contraenti al fine di stabilire quale di essi abbia fatto venire meno l’interesse dell’altro al mantenimento del negozio’-. La ricostruzione giuridica esposta è in continuità con quanto già affermato da questa Corte con la sentenza n.409/2012, che ha altresì chiarito come in presenza di una domanda di recesso ex art.1385 c.c., la verifica dell’esistenza e della gravità dell’inadempimento della controparte può essere effettuata d’ufficio, trattandosi di profili non correlabili ad eccezioni in senso lato, rimesse all’esclusiva iniziativa delle parti, e quindi svincolati dalle difese da questa formulate -si richiamano, nello stesso senso, delle sentenze esaminate, anche Cass. n.20721/2018 e Cass. n.12549/2019-.
12.2. Se si esamina la controversia sub iudice alla luce delle indicazioni che precedono, si deve rilevare che manca nella sentenza impugnata una concreta valutazione del comportamento di NOME COGNOME ai fini della verifica
dell’inadempimento e della sua gravità in relazione all’interesse della controparte al mantenimento del negozio e, quindi, alla giustificatezza del recesso esercitato dai promittenti venditori in data 11.1.2007, ed è totalmente omessa la considerazione, agli stessi fini e nell’ottica di una necessaria valutazione comparativa (pure questa assente), anche del comportamento dei promittenti venditori, nonostante la domanda del Russo si fondi anch’essa sul legittimo esercizio del recesso ex art.1385 c.c. da parte sua.
12.3. La Corte d’Appello, in adesione al deciso di primo grado, si è limitata infatti a considerare l’inadempimento di NOME COGNOME, identificato nell’omessa convocazione delle parti per la stipula e nel mancato pagamento integrale del secondo acconto che avrebbe dovuto essere contestualmente ad essa corrisposto, la cui effettiva esistenza e gravità è stata desunta solo dal fatto di ‘non trovare giustificazione’ ‘in alcun pregresso e/o paventato inadempimento della controparte contrattuale’ che però non rende di per sé l’inadempimento del promissario acquirente reale e comunque grave al punto di giustificare il recesso; il comportamento dei promittenti venditori non è stato invece preso in alcuna effettiva considerazione e tantomeno è stata operata quella valutazione comparativa necessaria per quanto sopra detto.
12.4. Ciò nonostante sia stato accertato che il termine del 31.12.2006 era stato pattuito a vantaggio esclusivo del promissario acquirente e che non sia contestato, in fatto, che: NOME COGNOME versò un ulteriore acconto di € 150.000,00 -pur non previsto in contratto- il 20-21.12.2006; il 31.12.2006 il contratto definitivo non avrebbe potuto essere stipulato quantomeno per il persistere dell’iscrizione ipotecaria sull’immobile che i signori COGNOME/COGNOME si erano impegnati a cancellare prima del rogito; vi furono effettivamente trattative per la modifica delle condizioni negoziale; il recesso fu esercitato dai promittenti venditori in data 11.1.2007, senza alcuna precedente richiesta di adempimento e/o diffida ad adempiere nonostante i pochissimi giorni trascorsi dalla scadenza del 31.12.2006, in concomitanza con la stipula da parte loro di altro contratto preliminare avente ad oggetto lo stesso bene, immediatamente trascritto il 12.1.2007.
12.5. La totale assenza dell’attività di valutazione dei comportamenti delle parti, assunti come reciprocamente inadempienti, anche nell’ottica della loro comparazione, nei termini sopra esposti e ai sensi dell’art.1385 c.c. -nell’ambito della disciplina enucleabile dagli art.1453 e s. c.c.-, integra una violazione rilevante ex art. 360 co 1 n.3 c.p.c., con accoglimento conseguente del motivo di ricorso sub iudice.
12.6. Il principio di diritto alla luce del quale il Giudice del rinvio dovrà provvedere a riesaminare ai fini del recesso ex art.1385 c.c. dal contratto preliminare del 12.7.2006, i comportamenti di entrambe le parti è il seguente: ‘La disciplina del recesso di cui all’art. 1385 c.c., così come la disciplina generale in tema di risoluzione per inadempimento, presuppone l’inadempimento colpevole e di non scarsa importanza in relazione all’interesse dell’altro contraente e richiede una valutazione comparativa del comportamento di entrambi i contraenti al fine di stabilire quale di essi abbia fatto venire meno l’interesse dell’altro al mantenimento del negozio’.
12.7. I motivi di ricorso articolati sub III e V rimangono assorbiti, mentre il motivo sub IV si deve considerare inammissibile: esso riguarda infatti la domanda ex art.2901 c.c. che non è stata esaminata dalla Corte d’Appello per affermato assorbimento e che dovrà pertanto essere sottoposta, ove la parte lo ritenga, al Giudice del rinvio.
12.8. Il Giudice del rinvio provvederà altresì alla liquidazione delle spese processuali anche della presente fase di cassazione.
la Corte respinge il primo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il quarto, accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti il terzo e il quinto, cassa e rinvia alla Corte d’Appello di Salerno, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità;
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della seconda sezione civile della