Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 22334 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 22334 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 02/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 21535-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 60/2023 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO, depositata il 03/08/2023 R.G.N. 160/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
Oggetto
Recesso del preponente dal contratto di agenzia
R.G.N. 21535/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 18/06/2025
CC
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte d’appello di Campobasso rigettava l’appello principale proposto dalla Fideraum -Intesa San Paolo Private Banking s.p.a. contro la sentenza del Tribunale della medesima sede in data 26.11.2022, mentre accogl ieva l’appello incidentale proposto da NOME COGNOME contro la medesima sentenza e, in parziale riforma della stessa, che nel resto confermava, condannava la Fideraum-Intesa San Paolo Private Banking s.p.a. alla rifusione in favore del Bernardo delle spese relative al giudizio di primo grado, come liquidate; condannava, inoltre, l’appellante principale al pagamento, in favore dell’appellato/appellante incidentale, delle spese di secondo grado, come liquidate.
Per quanto qui interessa, la Corte territoriale premetteva in sintesi: a) che il Tribunale di Campobasso, con ordinanza in data 5.10.2021, rilevava che la convenuta Fideraum-Intesa San Paolo Private Banking s.p.a. in tale giudizio intrapreso dal Bernard o secondo l’ordinario rito di cognizione aveva proposto in via riconvenzionale domande afferenti il rapporto di agenzia intercorso tra detta società e il Bernardo; domande riguardanti in particolare l’accertamento della giusta causa di recesso della preponente, la richiesta di manleva del pagamento di somme a titolo di risarcimento dei danni, costi, spese, rimborso in favore dei clienti ex art. 31, comma 3, TUF, e disponeva quindi separarsi la domanda riconvenzionale, rimettendola al giudice del lavoro; b) che lo stesso Tribunale, in funzione di giudice del lavoro, con sentenza del 26.11.2022, aveva rigettato tali domande, atteso, in particolare, che la comunicazione del recesso in data 6.12.2019 della preponente conteneva una generica contestazione che impediva la valutazione specifica
delle condotte ascritte al resistente, compensando tra le parti le spese di lite; c) quali fossero i rispettivi motivi dell’appello principale e di quello incidentale.
Tanto premesso, nel ritenere infondato l’appello principale della società, rimarcava quanto evidenziato dalla sentenza impugnata, ovvero che la comunicazione del recesso dal contratto di agenzia, inviata dalla Fideraum al Bernardo a mezzo racc.ta a.r. del 6.12.2019, conteneva una contestazione del tutto generica, ascrivendo al consulente finanziario Bernardo plurime violazioni del TUF, dei regolamenti attuativi, delle normative interne di Fideraum e del Gruppo Intesa San Paolo, senza tuttavia fornire una chiara indicazione delle singole condotte concretanti le violazioni contestate, nonché delle norme infrante, in tal modo impedendo una valutazione specifica delle condotte medesime.
La Corte territoriale, quindi, evidenziava che nella relazione Audit prodotta dall’allora appellante principale veniva specificato chiaramente che tutti i clienti sentiti da Fideraum avevano dichiarato di essere consapevoli del rischio relativo all’inve stimento effettuato e inoltre che la Fideraum non aveva prodotto in giudizio documenti atti a dimostrare che i clienti non sentiti avevano effettivamente operato investimenti su consiglio esclusivo del Bernardo, aggiungendo che Fideraum aveva unicamente prodotto in atti documenti attestanti che alcuni clienti avevano instaurato nei propri confronti giudizi risarcitori in relazione ai quali tuttavia non risultava intervenuto alcun accertamento giudiziale, ragion per cui, allo stato, non v’era prova di responsabilità in ordine alle condotte ascritte al Bernardo.
Pertanto, per la Corte si appalesava infondata la domanda di manleva da parte di Fideraum che peraltro quest’ultima aveva inammissibilmente proposto quale domanda di condanna futura. Inoltre, secondo la Corte, non risultava dimostrato che l’agente fosse a conoscenza delle violazioni contestate, anche perché la dichiarazione olografa del 30.9.2019, redatta dal Bernardo a seguito dell’incontro con i rappresentanti Fideraum, non poteva essere considerata un’ammissione della condotta violativa dei doveri da parte di detto consulente finanziario.
Evidenziava, ancora, la Corte territoriale che la Fideraum aveva opposto un rifiuto alla richiesta dell’agente di fornire copia di una comunicazione inviata con pec del 3.9.2019 da RAGIONE_SOCIALE alla Fideraum, adducendo quest’ultima motivi di riservatezza.
In definitiva, per la Corte: dall’assenza di prova in ordine alla giusta causa di recesso derivava anche il rigetto della domanda di restituzione della somma di € 29.113,53 per anticipi bonus e partnership erogati in costanza di rapporto; – risultava infondata anche la richiesta di risarcimento del danno per sviamento di clientela, asseritamente posto in essere dal Bernardo, non essendo stata fornita dalla Fideraum alcuna prova al riguardo.
Avverso tale decisione la RAGIONE_SOCIALEIntesa San Paolo RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi e successiva memoria.
L’intimato resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia ex art. 360, 1° comma, n. 3), c.p.c. ‘Violazione dell’art. 2119 c.c.’. Deduce che ‘tanto il giudice di primo grado quanto quello di secondo grado, in relazione alla giusta causa di recesso ex art. 2119 c.c., avevano omesso di concretizzare detta clausola generale tramite la valorizzazione dei fattori esterni relativi alla coscienza generale e dei principi tacitamente richiamati dalla detta norma, così come costantemente interpretata dalla giurisprudenza di legit timità (e di merito) nell’ambito del contratto di agenzia, per essere tutte le comprovate e documentate condotte tenute dal resistente tra quelle generalmente integranti cause che non consentano la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto, e, conseguentemente, violato l’articolo 2119’.
Il secondo motivo è rubricato come segue: ‘(art. 360, 1° comma, n. 3 e n. 4 c.p.c.): sulla violazione e falsa applicazione degli artt. 2730-27332735 c.c. e 116 c.p.c.’. Vi sostiene la ricorrente che ‘tanto il giudice di prime cure quanto la Corte terri toriale hanno violato’ le norme indicate in rubrica, ‘non ritenendo le dichiarazioni sottoscritte dal Bernardo sub all. 4 fasc. primo grado quali fatti sfavorevoli a quest’ultimo e favorevoli alla ricorrente, integranti tutti fattispecie sussumibili nell’ambito di applicazione dell’art. 2119 c.c., costituendo giusta causa di recesso da parte della mandante’.
Il terzo motivo è rubricato: ‘(art. 360, 1° comma, n. 4 c.p.c.): sulla violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c.’. Secondo la ricorrente, ‘sia il giudice di primo grado sia la Corte d’Appello, hanno violato l’art. 115 c.p.c. non avendo ritenu to fatti pacifici e non contestati le dichiarazioni rese dal Bernardo alle figlie della Sig.ra Circonciso sub all.ti 30-34 fascicolo di primo grado, aventi per oggetto condotte di quest’ultimo tutte
sussumibili nell’ambito di applicazione dell’art. 2119 c.c., costituendo giusta causa di recesso da parte della mandante’.
Tutti i motivi di ricorso, esaminabili congiuntamente per connessione, sono inammissibili.
Preliminarmente, nota il Collegio che le riassunte censure sono accomunate dal dato che la ricorrente deduce che le condotte asseritamente illecite, contestate all’agente, sarebbero state confessate da quest’ultimo (cfr. pag. 17 per il primo motivo, pagg. 24-25 per il secondo motivo) o comunque ammesse dallo stesso (pag. 25 per il terzo motivo).
Occorre allora ricordare che, in tema di prova civile, l’indagine volta a stabilire se una dichiarazione della parte costituisca o meno confessione -e, cioè, ammissione di fatti sfavorevoli al dichiarante e favorevoli all’altra parte si risolve in un apprezzamento di fatto non censurabile in sede di legittimità se fondato su di una motivazione immune da vizi logici (così Cass., sez. VI, 14.2.2020, n. 3698).
Ebbene, rileva sempre in via preliminare il Collegio che nessuno dei motivi in esame attinge direttamente la parte di motivazione in cui la Corte territoriale aveva confermato la valutazione del primo giudice nel senso che la comunicazione del recesso dal contratto di agenzia da parte della preponente contenesse ‘una contestazione del tutto generica’ (cfr. pag. 7 della sua sentenza).
Con precipuo riferimento, poi, al secondo motivo di ricorso, occorre premettere che la Corte di merito aveva considerato che: .
Ebbene, in primo luogo la ricorrente non censura sul piano motivazionale tale valutazione della Corte distrettuale ad essa riservata, che è indubbiamente argomentata.
9.1. Inoltre, la ricorrente nello sviluppo del secondo motivo non trascrive, o richiama , in violazione del disposto dell’art. 366 c.p.c. almeno, i passi salienti della nota del 30.9.2019 cui, a suo dire, si dovrebbe annettere valore di confessione stragiudiziale.
Occorre, ora, considerare che, secondo un consolidato orientamento di questa Corte, è inammissibile il ricorso per
cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass., sez. un., n. 34476/2019); così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (v. ex multis Cass. n. 8758/2017).
Orbene, nel primo motivo di ricorso la ricorrente dà anzitutto per ‘partitamente individuate ed elencate nella comunicazione di recesso sub all. 12, provate e, comunque, confessate da controparte’, ‘le illecite condotte del Bernardo’ (cfr. pagg. 17-19 del ricorso).
Successivamente, si riferisce ‘anche ai fatti integranti i gravi inadempimenti posti in essere dal resistente (v. infra), non indicati nella lettera di recesso sub all. 12 fasc. primo grado, da quest’ultimo perfettamente conosciuti sia per il ruolo attivo svolto nella causazione dei medesimi sia per le contestazioni e addirittura gli atti di citazione ricevuti dai clienti …’; inadempimenti, tra i quali, include la condotta tenuta dall’agente circa la vicenda relativa alla cliente Circonciso (cfr. pagg. 21-22 del ricorso).
La ricorrente, tuttavia, come già notato, non considera che la Corte territoriale, come il Tribunale, aveva anzitutto reputato ‘del tutto generica’ la contestazione contenuta nella comunicazione del recesso da parte della preponente.
La stessa Corte, inoltre, come pure già riferito in narrativa, aveva comunque ritenuto che non vi fosse ‘ prova di responsabilità in ordine alle condotte ascritte al Bernardo ‘ in
quella nota della mandante (v. in extenso pagg. 7-9 della sua sentenza).
Analogamente, circa le violazioni ‘non indicate nella lettera di recesso’, la Corte ha negato innanzitutto che l’agente ne ‘fosse a conoscenza’, escludendo, come si è visto, che la dichiarazione dello stesso in data 30.9.2019 rivestisse valore confessorio, e svolgendo a riguardo ulteriori considerazioni (v. in extenso pagg. 910 dell’impugnata sentenza).
La Corte, tra l’altro, poneva in luce che ‘tutti i clienti gestiti dal Bernardo ascoltati dagli auditor di Fideraum hanno confermato di aver effettuato operazioni di investimento in totale autonomia’.
Risulta, pertanto, inammissibile anche il terzo motivo, che si riferisce specificamente alla vicenda relativa alla Sig.ra COGNOME
Anche in tale motivo, invero, la ricorrente, in chiave di violazione o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., propone in realtà una diversa valutazione in punto di prova di una specifica vicenda rientrante, come si è accennato, tra gli asseriti inadempimenti non indicati nella nota con cui la preponente comunicava il proprio recesso (v. pagg. 25-26 del ricorso).
In definitiva, pure il vizio di sussunzione che la ricorrente denuncia nel terzo motivo di ricorso si fonda su una lettura delle risultanze processuali differente da quella senz’altro operata dai giudici di merito.
La ricorrente, in quanto soccombente dev’essere condannata al pagamento, in favore del difensore del controricorrente, dichiaratosi anticipatario, delle spese di questo
giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, ed è tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi e in € 4.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, IVA e C.P.A. come per legge, e distrae in favore del difensore del controricorrente.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 18.6.2025.
La Presidente
NOME COGNOME