Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20837 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 20837 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 23/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 28801-2020 proposto da:
NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente principale –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
ricorrente incidentale nonché contro
NOME COGNOME
ricorrente principale -controricorrente incidentale avverso la sentenza n. 597/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 16/03/2020 R.G.N. 384/2014;
Oggetto
Agenzia con deposito
R.G.N. 28801/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 26/03/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte d’appello di Venezia così provvedeva: a) rigettava l’appello principale proposto da NOME NOME COGNOME contro la sentenza del Tribunale di Treviso n. 13/2014; b) accoglieva parzialmente l’appello incident ale proposto contro la stessa decisione dal RAGIONE_SOCIALE Treviso e Belluno, società cooperativa, e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, condannava NOME COGNOME COGNOME al pagamento, in favore di detto Consorzio, della somma di € 51.268,63, oltre agli interessi dalla maturazione al saldo; c) dichiarava dovuta dall’Artico la somma di € 6.300,00 in favore dello stesso Consorzio; d) per l’effetto ordinava la restituzione delle spese del pari importo pagato in esecuzione della sentenza impugnata.
Per quanto qui interessa, la Corte premetteva: I) che tra le parti era intercorso un rapporto di agenzia con deposito dal quale aveva receduto per giusta causa il Consorzio in data 29.1.2007, a motivo della violazione degli obblighi contrattuali che determinavano un ammanco di merce per un controvalore di € 65.000,00 poi rettificato in € 40.238,00; II) che, con la sentenza impugnata, il giudice aveva rigettato la domanda dell’agente tesa al pagamento dell’indennità di risoluzione e dell’indennità di man cato preavviso, avendo il Tribunale ritenuto sussistente la giusta causa; III) che lo stesso aveva rigettato, altresì, la domanda risarcitoria del Consorzio relativa al ristoro per gli ammanchi, avvalendosi degli esiti di una consulenza tecnica d’ufficio d a cui ricavava esservi stato, da un lato, il
mancato esercizio della dovuta diligenza nel controllo sull’esatta imputazione e digitazione dei codici, delle quantità e degli importi, dall’altro, l’insussistenza di un danno, avvalorando la consulenza, nel punto in cui aveva concluso affermando che si trattava di errori di rilievo quantitativo marginale ovvero affermando che era impossibile una più completa ricostruzione; IV) che sempre il primo giudice aveva riconosciuto all’agente solo alcune differenze (minimo provvigionale 2006, rimborso spese, provvigioni ammassi, ore trasporto, compensi provvigioni 2007 e FIRR) per complessivi € 16.625,80.
Tanto premesso e dato conto delle doglianze dell’appello principale e di quello incidentale, la Corte riteneva che l’appello principale dovesse essere rigettato per le ragioni che giustificavano l’accoglimento, seppure parziale, di quello incidentale.
3.1. In particolare, brevemente richiamate le vicende che avevano connotato il rapporto di agenzia per quanto interessava in causa, e rammentate le deduzioni fondamentali delle parti in primo grado, la Corte passava a considerare quanto esposto e considera to dal consulente d’ufficio nominato in primo grado, il cui parere non condivideva.
La Corte, quindi, dopo aver dato conto delle risposte ottenute dalle parti ai chiarimenti loro richiesti giusta apposita ordinanza, illustrava le risultanze di una nuova consulenza tecnica d’ufficio dalla stessa disposta all’esito, specificando che il consulente nominato nel rispondere ai quesiti aveva operato secondo metodologia condivisa con i consulenti di parte.
4.1. Ebbene, dopo ampia disamina del nuovo parere ottenuto, la Corte accreditava la prima ipotesi ricostruttiva
proposta dal proprio consulente tecnico, in base alla quale era accertato un ammanco complessivo di merce per n. 29.315,04 unità, corrispondenti ad € 143.717,17, a fronte, tuttavia, di un’eccedenza di merce per n. 28.194,94 unità corrispondenti ad € 92.448 ,54; sicché, posto che era indubbia rispetto alla ragione di recesso della preponente la sussistenza di ammanchi, concludeva che il danno da risarcire, nei limiti dell’effettiva perdita economica da quella subita, era pari ad € 51.268,63.
Secondo la Corte, era da rigettare anche il motivo dell’appello principale, relativo alla maggior somma di cui l’agente aveva chiesto il rimborso, ed il motivo dello stesso appello sulle spese di lite risultava assorbito alla luce della necessaria loro complessiva rideterminazione in ragione dell’accoglimento del motivo dell’appello incidentale e del rigetto di quello principale.
5.1. Per la Corte, invece, doveva essere rigettato l’appello incidentale in relazione alle ulteriori voci (rimborso spese telefoniche e quota Enasarco) per le quali la documentazione di supporto non era assolutamente esplicativa delle ragioni di credito.
Infine, doveva essere disposta la restituzione delle spese di lite nell’importo pari a quanto pagato in esecuzione della sentenza di primo grado.
Avverso tale decisione NOME NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
L’intimato resiste con controricorso, contenente ricorso incidentale condizionato, affidato ad unico motivo.
Il ricorrente principale ha depositato controricorso rispetto al ricorso incidentale condizionato.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia ‘violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, c. 1 n. 4 c.(p).c.’. Lamenta che la Corte di merito non abbia preso in alcuna considerazione il proprio III motivo di appello (con il quale aveva dedo tto ‘Erronea valutazione dell’asserito inadempimento dell’agente, ai fini della giustificazione del recesso dal contratto di agenzia’), nonché il suo IV motivo di appello (a mezzo del quale aveva dedotto ‘Erronea valutazione della motivazione espressa e della tempestività del recesso per giusta causa da parte del preponente’).
Con un secondo motivo denuncia ‘violazione dell’art. 2119, 1458, 1746, 1750, 1751, 1766, 1767, 1768 c.c. in relazione all’art. 360, c. 1 n. 3 c.(p.) c.’. In sintesi, secondo il ricorrente, trattandosi di ‘contratto di agenzia con deposito’, gli elementi aggiuntivi, atipici rispetto al contratto di agenzia, dovevano essere valutati sulla base della diversa disciplina del contratto accessorio a cui si riferiscono, che nel caso di specie era il contratto di deposito. Pertanto, siccome il deposito si presume gratuito ex art. 1767 c.c., l’attività di tenuta del magazzino, da parte dell’agente, doveva essere valutata dalla Corte di merito con le regole proprie del deposito a titolo gratuito e, di conseguenza, con un rigore minore rispetto a quello richiesto all ‘agente, tenendo conto che non era stata
accertata una propria condotta dolosa, e che era stata accertata anche una eccedenza di merce.
Con un terzo motivo denuncia ‘violazione dell’art. 2119, 1458, 1746, 1750, 1751, c.c. in relazione all’art. 360, c. 1 n. 3 c. (p.) c.’. Censura ‘la sentenza impugnata per non aver considerato che nel recesso per giusta causa, quest’ultima forma elemento costitutivo della risoluzione e deve essere necessariamente essere conosciuta prima della comunicazione di recesso, diversamente, il recesso, pur legittimo, da un contratto a tempo indeterminato comporta le conseguenze proprie previste dalla legge e dagli A.E.C. applicabili’.
Con l’unico motivo del suo ricorso incidentale condizionato, il consorzio intimato deduce: ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 1223 c.c. e dell’art. 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., 1° co. n. 3)’ c.p.c. Secondo il ricorrente incidenta le, l’eccedenza di merce, che il giudice d’appello aveva considerato per diminuire il risarcimento liquidato in suo favore, non era riconducibile al fatto illecito dell’agente, né tanto meno alla sua opera o alla sua attività; il giudice d’appello doveva p ertanto condannare l’Artico a risarcire le perdite (gli ammanchi di merce) prescindendo da qualsiasi valore avessero le eccedenze di merce che costituivano un’autonoma situazione di vantaggio del consorzio rispetto alla quale il ricorrente era del tutto estraneo, sicché la riduzione del risarcimento invece operata dalla Corte di merito integrava violazione dell’art. 1223 c.c. Lamenta, inoltre, che il giudice d’appello non ha liquidato, anche in via equitativa, le altre voci di danno dedotte dal consorzio, trattandosi di danni patrimoniali per i quali era stata richiesta la liquidazione appunto anche in via equitativa e che si
ponevano come immediata e diretta conseguenza dell’illecito commesso dal ricorrente.
Il primo motivo del ricorso principale è infondato.
Secondo un consolidato orientamento di questa Corte, ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia, non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico -giuridica della pronuncia (così, ex multis , Cass. n. 8439/2020).
Ebbene, rileva anzitutto il Collegio che la Corte di merito, come chiaramente espresso nel dispositivo della sua sentenza (e a più riprese nella relativa motivazione), ha di certo integralmente respinto l’appello principale dell’agente.
7.1. La stessa Corte, inoltre, come accennato in narrativa, ha dato conto del contenuto saliente dell’appello principale dello stesso, con il quale l’agente chiedeva accertarsi l’illegittimità del ‘recesso con conseguente riconoscimento di indennità ex art . 1751 c.c. ovvero quella contrattuale di cessazione e quella di preavviso’, specificando in che senso egli aveva allegato i ‘presupposti per escludere il recesso per giusta causa della mandante’ e perché ‘In definitiva reputa insussistente il grave inadem pimento’ addebitatogli (cfr. in extenso § 3) alle pagg. 67 della sua sentenza).
Inoltre, dopo aver riferito i motivi dell’appello incidentale (v. § 4) della motivazione), la Corte, come già riportato in narrativa, ha specificato che: ‘5) L’appello principale va rigettato per le ragioni che giustificano l’accoglimento, seppure parziale di quello incidentale’.
7.2. Dopo la lunga ed argomentata disamina dedicata all’illustrazione delle complesse emergenze del duplice accertamento peritale (quello di primo grado e quello di secondo grado), la Corte, come già riportato in narrativa, ha ritenuta indubbia anzitutto ‘ rispetto alla ragione di recesso la sussistenza di ammanchi’, dipesa da una ‘grave e lacunosa gestione contabile rispetto al patrimonio del Consorzio’ e, quindi, ai fini del risarcimento del danno in proposito richiesto dalla preponente, ha considerato quella che ha giudicato l’effettiva perdita economica subita dal Consorzio (cfr. la fine del § 5 alla pag. 24 dell’impugnata sentenza); ed è per questo che ha escluso ‘la fondatezza del primo motivo di appello principale’ (v. inizio del § 6 sempre a pag. 24).
Non è questionabile, allora, che per tal modo la Corte si è espressa in modo praticamente esplicito su quello che il ricorrente indica come proprio terzo motivo d’appello (riportato in nota 3 tra la pag. 8 e la pag. 9 del ricorso), che non era altro che un complesso di argomenti ulteriori a mezzo dei quali l’allora appellante principale poneva di nuovo in discussione un proprio ‘grave inadempimento’ ai fini del ‘recesso per giusta causa’ da lui contestato; il che i giudici di secondo grado hanno senza meno considerato.
In ordine, poi, all’ ‘erronea valutazione della motivazione espressa e della tempestività del recesso per giusta causa da parte del preponente’, vale a dire, la ‘rubrica’ di quello che per
il ricorrente era il suo quarto motivo d’appello (trascritto in nota 5 tra la pag. 12 e la pag. 13 del ricorso per cassazione), la Corte ha anzitutto riportato il tenore testuale della lettera di recesso della società preponente (tra la pag. 10 e la pag. 11 del ricorso), che si riferiva esclusivamente ad una ‘condotta di ammanco di merce per il valore di circa € 65.000 del quale non ha provveduto ad informare la scrivente né ha saputo fornire alcuna giustificazione’.
9.1. Ma soprattutto, il primo giudice, sulla base della consulenza tecnica d’ufficio fatta espletare, aveva ritenuto esservi stato ‘il mancato esercizio della dovuta diligenza nel controllo sull’esatta imputazione e digitazione dei codici, delle quantità e degli importi’, e ‘l’insussistenza di un danno, avvalorando la consulenza, nel punto in cui aveva concluso affermando che si trattava di errori di rilievo quantitativo marginale ovvero affermando che era impossibile una più completa ricostruzione’ (cfr. pag. 6 dell’impugnata sentenza).
E nello svolgimento del quarto motivo, per come qui riferito dallo stesso ricorrente, da un lato, non si fa seriamente questione ‘della tempestività del recesso per giusta causa’ (cui si accenna nella rubrica della censura), dall’altro, in sintesi si deduc e che mancava ‘radicalmente una qualsiasi contestazione all’agente circa il mancato assolvimento di un qualche obbligo di diligenza nella digitazione dei codici delle merci introdotte o asportate dal magazzino’, anche ‘in corso di causa’.
9.2. La Corte, tuttavia, mantenendosi del tutto aderente alla causale del recesso espressa dalla preponente, che, come visto, ha premesso facendo richiamo testuale alla relativa nota di quest’ultima, ha condotto tutto il suo ragionamento decisorio sul terr eno dell’accertamento dell’effettività degli ammanchi
addebitati all’agente, della loro entità economica e del danno effettivo che ne aveva risentito la preponente.
Non ha fatto, invece, il benché minimo cenno a inesatte ‘imputazione e digitazione dei codici, delle quantità e degli importi’, da parte dell’agente, come aveva fatto il Tribunale.
9.3. E’ perciò evidente che la Corte distrettuale ha implicitamente, ma chiaramente reputato superati i rilievi contenuti nel quarto motivo dell’appello principale dell’agente, avendo riscontrato ben più di quegli errori, in qualche modo veniali, cui s’era riferito il giudice di primo grado (e che l’appellante giudicava in detto motivo estranei alla causale originaria del recesso e non contestati quanto meno tempestivamente durante il giudizio); infatti ha riscontrato una ‘grave e lacunosa gestione contabile’ da parte dell’agente, cui, nonostante le ‘eccedenze di merce’ considerate in suo favore, ha dato, ai fini risarcitori, una dimensione economica senz’altro apprezzabile, viepiù ove si ponga mente alla ricostruzione anche cronologica del rapporto, premessa dalla Corte; rapporto che aveva ‘avuto corso dall’1 febbraio 2006 a 29 gennaio 2007’ (v. § 5.3) alle pagg. 10-12 della decisione gravata), vale a dire, per meno di un anno.
Alla luce di tutti i superiori rilievi deve escludersi qualsiasi omessa pronuncia nell’impugnata sentenza.
Il secondo ed il terzo motivo del ricorso principale sono inammissibili per la medesima ragione.
Secondo un consolidato indirizzo di questa Corte, i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena di inammissibilità, questioni che siano già comprese nel thema decidendum del precedente grado di giudizio, non essendo
prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio, non potendo la parte modificare, nel giudizio di legittimità, la posizione rivestita nel giudizio di merito (in tal senso ex plurimis Cass. n. 11468/2022; n. 23792/2021).
Orbene, la questione che il ricorrente pone nel secondo motivo non risulta assolutamente sia stata trattata in secondo grado (e neanche nel primo), e del resto lo stesso ricorrente non deduce di aver posto la stessa in sede d’appello (cfr. ancora, tra le altre, Cass. n. 23792/2021 cit., Cass. n. 2038/2019).
A quest’ultimo proposito dev’essere sottolineato, come già s’è messo in luce, che l’agente, in veste di appellante principale, poneva in discussione sotto diversi profili la gravità del proprio inadempimento, ma, nonostante detto inadempimento riguardasse esclusivamente l’attività di ‘deposito’ svolta in favore della preponente (e non anche l’attività agenziale propriamente detta), neanche aveva allegato che il contratto in parte qua fosse a titolo gratuito, sicché una sua responsabilità per colpa quale de positario dovesse essere ‘valutata con minor rigore’ ex art. 1768, comma secondo, c.c.
13.1. Mette conto aggiungere che, come indirettamente riprova il rilievo che il ricorrente abbia avvertito l’esigenza di riprodurre fotostaticamente in ricorso (alle pagg. 16-17) il testo del ‘mandato di agenzia per rappresentanza con deposito’, la tesi attualmente da lui sostenuta implica in successione logicogiuridica: a) l’interpretazione di tale contratto scritto inteso appunto come atto, secondo i criteri ermeneutici legali di cui agli artt. 1362 e segg. c.c.; b) la sua conseguente qualificazione giuridica in termini di regolamento contrattuale a causa mista o
complessa, non riconducibile, cioè, al solo tipo dell’agenzia, ma anche, nel contempo, alla figura del deposito; c) la conclusione intermedia che, per la parte in cui il contratto comprende un deposito, sarebbe integralmente assoggettato alla disciplina le gale di quest’altro contratto tipico; d) la conclusione ulteriore che, sempre in parte qua , dovrebbe presumersi un deposito ‘gratuito’ ex art. 1767 c.c.; e) l’approdo finale che, quindi, la responsabilità dell’agente/depositario dovrebbe essere valutata co n minor rigore ai sensi dell’art. 1768, comma secondo, c.c.
Com’è evidente, si sarebbe in presenza di impegnativo percorso che implicherebbe anzitutto apposito accertamento in fatto a partire dal testo contrattuale.
Ma di una tale indagine fattuale e giuridica non v’è traccia nella sentenza della Corte di merito, che non risulta ne fosse stata investita dalle parti.
Analoghe considerazioni valgono per il terzo motivo.
La tesi in esso sostenuta è che, mancando in capo alla preponente la conoscenza -o la conoscibilità -dell’inadempimento dell’agente, ‘il recesso, avvenuto il 25 gennaio 2007 non può essere qualificato come recesso per giusta causa bensì come risoluzione del contratto a tempo indeterminato, sempre possibile, ma a cui accede necessariamente un termine di preavviso e tutte le altre conseguenze previste e volute dalle parti nel contratto originario, anche per il tramite degli invocati A.E.C.’ (così alla fine di pag. 24 del ricorso).
Ebbene, anche la questione così ora posta non risulta assolutamente trattata nell’impugnata sentenza, né il ricorrente
sostiene che lui stesso o la controparte l’avesse posta alla Corte veneziana.
Pure la stessa questione, del resto, s’incentra su un dato fattuale, per giunta negativo, ossia, l’assenza di conoscenza o di conoscibilità, in capo alla preponente, dell’inadempimento dell’agente quando fu esercitato il potere di recesso per giusta causa.
Ed infatti la tesi è sostenuta in base ad un premesso accertamento fattuale (cfr. pagg. 19-24 del ricorso), del tutto alieno da ciò che era stato discusso in grado d’appello; il che integra ulteriore profilo d’inammissibilità della censura.
Il complessivo rigetto del ricorso principale comporta l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato della preponente.
Il ricorrente principale, in quanto soccombente, dev’essere condannato al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, ed è tenuto al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato. Condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi ed € 6.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così dec iso in Roma nell’adunanza camerale del 26.3.2025.