Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 18759 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 18759 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/07/2024
LOCAZIONE AD USO DIVERSO -RECESSO DEL CONDUTTORE -GRAVI MOTIVI
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24180/2021 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, con domicilio telematico all’indirizzo PEC de i propri difensori
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, con domicilio telematico all’indirizzo PEC de l proprio difensore
-controricorrente –
Avverso la sentenza n. 1517/2021 della CORTE DI APPELLO DI MILANO, depositata il 29 giugno 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 febbraio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che
con sentenza n. 5639/2020, il Tribunale di Milano:
) accertò la cessazione, alla data del 28 gennaio 2018, del contratto di locazione ad uso diverso dall’abitazione, avente ad oggetto un intero edificio (della superficie di mq. 2.000 distribuita su cinque piani) sito in Milano, INDIRIZZO, stipulato il 29 marzo 2012 (con decorrenza dal 1° ottobre 2012), tra la RAGIONE_SOCIALE (poi divenuta RAGIONE_SOCIALE), quale locatrice, e la RAGIONE_SOCIALE, quale conduttrice, in virtù del recesso esercitato, ai sensi dell’art. 27 d ella legge 27 luglio 1978, n. 392, per gravi motivi indicati dalla conduttrice nella « consistente crescita del personale in organico, tale da determinare l’esigenza di disporre di spazi lavorativi più ampi rispetto a quelli attualmente resi disponibili presso l’immobile locato »;
-) determinò l’indennità di occupazione dovuta dalla conduttrice sino alla effettiva riconsegna del bene, avvenuta il 4 giugno 2018;
-) quantificò l’importo risarcitorio spettante alla locatrice per i danni arrecati dalla conduttrice all’immobile;
-) dato atto dell’entità del deposito cauzionale versato ed operata la compensazione tra i rispettivi crediti, condannò la RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore della RAGIONE_SOCIALE della somma di euro 193.659,09, oltre rivalutazione;
la decisione in epigrafe indicata ha rigettato l’appello avverso detta sentenza interposto dalla parte locatrice;
ricorre per cassazione la RAGIONE_SOCIALE, articolando due motivi; resiste, con controricorso, RAGIONE_SOCIALE;
Considerato che
il primo motivo, per violazione e falsa applicazione degli artt. 4, 2, secondo comma, 27, ottavo comma, della legge n. 392 del 1978 nonché dell’art. 2697 cod. civ. e dell’art. 116 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, numm. 3 e 5, cod. proc. civ. ,
censura la ravvisata sussistenza dei gravi motivi legittimanti il recesso anticipato dal contratto ad opera del conduttore;
in sintesi, parte ricorrente assume che ambedue i giudici di merito abbiano errato nel ritenere dimostrato l’aumento del personale, impropriamente riferito su base nazionale e non già alla sola attività svolta nel bene locato, e nel considerare detto aumento quale evento sopraggiunto ed imprevedibile e importante l’inidoneità dell’immobile;
in punto di diritto, invoca il principio di diritto affermato da questa Corte (Cass. 28/06/2012, n. 10624) secondo cui il giudice di merito non può limitarsi a considerare il fatto che vi sia un aumento del personale ma deve altresì verificare, sulla base delle prove raccolte, il cui onere spetta al conduttore recedente, se nello specifico ed in concreto le caratteristiche dell’immobile oggetto di locazione siano divenute inadeguate all’accresciuta dimensione dell’azienda così da rendere oltremodo gravosa la prosecuzione del rapporto locativo;
il motivo è inammissibile;
l’impugnata sentenza, sulla scorta delle risultanze documentali, ha riscontrato « l’incremento effettivo dei dipendenti da collocare presso la sede di Milano » nel periodo corrente dall’inizio del contratto e ha inferito « l’oggettiva esigenza della necessità di maggiori spazi » dalla differente metratura (oltre il doppio: mq 3.768 rispetto a mq 1.700) dell’immobile locato da RAGIONE_SOCIALE dopo il recesso dal contratto in controversia: ha, pertanto, ravvisato un « elemento sopravvenuto apprezzabile, indicativo di un cambiamento oggettivo significativo dal punto di vista aziendale, integrante un grave motivo »;
ciò posto, in linea generale, per fermo indirizzo di nomofilachia, in tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, i gravi motivi di cui all ‘ art. 27 della legge n. 392 del 1978, devono sostanziarsi in fatti involontari, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto ed essere tali da rendere oltremodo
gravosa per il conduttore medesimo, sotto il profilo economico, la prosecuzione del rapporto locativo (Cass. 09/05/2023, n. 12461; Cass., 24/09/2019, n. 23639): qualora, a fondamento del recesso, la parte conduttrice deduca il sopravvenuto andamento favorevole della congiuntura aziendale, la gravosità della persistenza del rapporto locativo deve essere valutata oggettivamente ed in concreto, utilizzando come parametri comparativi, da un lato, la dimensione e le caratteristiche del bene locato e del nuovo locale e, dall ‘ altro, le nuove esigenze di produzione e di commercio dell’azienda, non essendo di per sé sufficiente l ‘ incremento del fatturato aziendale o del personale lavorante (Cass. 10/07/2023, n. 20503);
orbene, la riassunta trama argomentativa della pronuncia gravata è conforme ai parametri di giudizio individuati come rilevanti da questa Corte ai fini della legittimità del recesso del conduttore: sicché, al fondo, l’argomentazione della ricorrente , al di là della apparente riconduzione a vizi in iure, si risolve (ma, al contempo, si esaurisce) nel sollecitare il giudice di legittimità ad una rivalutazione della quaestio facti della quale prospetta una ricostruzione diversa da quella operata dalla Corte territoriale: attività, tuttavia, estranea alla natura ed alla funzione del giudizio per cassazione;
ad onta delle disposizioni indicate in rubrica come asseritamente trasgredite, il ricorrente non prospetta infatti un’inosservanza dei criteri di riparto dell’onere probatorio (ed è noto che la violazione dell ‘ art. 2697 cod. civ. si configura soltanto nell ‘ ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l ‘ onere della prova ad una parte diversa da quella sui quali esso avrebbe dovuto gravare secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni: Cass. 23/10/2018, n. 26769; Cass., Sez. U, 05/08/2016, n. 16598, in motivazione) né adduce che il giudice di merito abbia disatteso il principio del libero apprezzamento delle prove in assenza di una deroga
normativamente prevista ovvero, all’opposto, abbia valutato secondo prudente apprezzamento una prova o una risultanza probatoria soggetta a diverso regime ( ovvero una violazione dell’art. 11 6 cod. proc. civ. nei termini sindacabili in sede di legittimità: Cass., Sez. U, 30/09/2020, n. 20867, cui adde Cass. 31/08/2020, n. 18092; Cass. 18/03/2019, n. 7618; Cass. 10/06/2016, n. 11892);
il secondo motivo, per violazione e falsa applicazione dell’art. 1590 cod. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., reca due distinte censure, concernenti il rigetto delle istanze di risarcimento danni:
2.1. per mancato ripristino degli impianti di condizionamento: parte ricorrente sostiene trattarsi di vizio occulto (per essere « i condotti posti sotto il pavimento galleggiante, non immediatamente visibili ») e per la cui denuncia non è previsto un termine decadenziale;
2.2. per mancato riconoscimento di « canoni per il tempo necessario alla remissione in pristino dei locali »: parte ricorrente denuncia la « motivazione assoluta errata ed illogica » della gravata pronuncia sul punto, adducendo che, irrilevante se la mancata o tardiva restituzione dei locali fosse ascrivibile a contegno della conduttrice o della locatrice, « come accertato dal C.T.U., sempre 30-40 giorni lavorativi consecutivi sarebbero stati necessari per eseguire le opere di ripristino »;
ambedue le doglianze sono inammissibili;
esse, in ultima analisi, criticano apprezzamenti di natura fattuale, tipicamente rimessi al giudice di merito (quale il carattere occulto o meno di un vizio) e richiedono a questa Corte un riesame di elementi istruttori finalizzata ad una diversa ricostruz ione dell’andamento della vicenda controversa, compito inibito al giudice di legittimità;
l’intera argomentazione dell’impugnante, poi, trae alimento dal richiamo – operato in maniera parziale e frammentaria, inidonea ad offrire adeguata e sufficiente conoscenza dell’elaborato – a stralci della
relazione di consulenza tecnica di ufficio, di cui tuttavia è omessa l’indicazione della collocazione nel fascicolo di ufficio o di parte e dell’ acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità, in spregio al disposto dell’art. 366, primo comma, num. 6, cod. proc. civ. , tanto integrando autonoma ragione di inammissibilità della censura ( ex plurimis, Cass., Sez. U., 27/12/2019, n. 34469);
quanto al motivo sub 2.2., infine, l’impugnante richiede un controllo sulla motivazione del provvedimento gravato, senza adombrare alcuna delle circoscritte anomalie motivazionali ancora rilevanti in forza del disposto dell’art. 360, primo comma, num. 5, c od. proc. civ.;
il ricorso è dichiarato inammissibile;
il regolamento delle spese del giudizio di legittimità segue il principio della soccombenza;
attes o l’esito del ricorso, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass., Sez. U, 20/02/2020, n. 4315) per il versamento da parte del ricorrente ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1bis dello stesso art. 13;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna parte ricorrente al pagamento in favore della parte controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 6.000 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento
da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione